Il Mose non costerà 5 miliardi 492 milioni 714 mila euro, come ha detto il ministro Paola De Micheli una settimana fa al Comitatone riunito a Roma. Il conto finale sarà invece di 5 miliardi 905 milioni di euro ovvero 413 milioni in più, pari al 7,5% dell’ammontare generale dell’opera. Servono per far fronte alle criticità emerse, vuoi per errori progettuali, vuoi per malfunzionamenti o per agenti naturali. La rivelazione è contenuta in un documento che i commissari del Consorzio Venezia Nuova hanno redatto nelle scorse settimane per tenere aggiornata la situazione e per raccapezzarsi dopo gli annunci del finanziamento da 325 milioni di euro che il governo ha detto di voler inserire nella Finanziaria: non nuovi investimenti, ma soldi già nella disponibilità dello Stato.
Possibile che quel pozzo senza fondo costituito dal “MOdulo Sperimentale Elettromeccanico”, la più grande incompiuta italiana a cui spetta il compito di salvare Venezia dalle acque alte, non finisca mai di ingoiare risorse, a 16 anni dall’apertura dei cantieri? Parte da questa domanda, in buona parte retorica, il viaggio nelle contraddizioni del Mose, che dopo le esperienze delle scorse settimane tutti invocano come l’ultimo baluardo contro le maree.
C’è un documento di patetica ingenuità nei meandri della storia burocratica del Mose. È il verbale dell’assemblea generale del Consiglio superiore dei Lavori pubblici che si tenne il 3 aprile 1982. Diede parere favorevole al “Progetto per la difesa della laguna di Venezia dalle acque alte”, approvando una previsione di spesa di 550 miliardi di lire per le opere progettate e di altri 160 miliardi per le opere “a lungo termine”. In totale, 710 miliardi di lire: equivalenti più o meno a 355 milioni di euro. Briciole. Una cifra che impallidisce di fronte alla realtà. È vero che sono trascorsi 37 anni, ma la spesa è lievitata di 17 volte. E ancora non siamo arrivati al collaudo. Il conteggio di allora fa sorridere: 300 miliardi di lire per opere fisse, 175 miliardi per opere mobili e apparecchiature. Si aggiungevano 50 miliardi per imprevisti e 25 per spese generali e tecniche. Ma c’era una seconda fase, a lungo termine, del costo di 160 miliardi di lire: 86 miliardi per la diga e la conca di navigazione alla bocca del Lido, 53 miliardi per opere alla bocca di Malamocco, 14 miliardi per imprevisti e altri 7 per spese generali.
Facciamo i conti al Mose attuale. Lo spartiacque è al 30 giugno 2019, due anni e mezzo prima della consegna, prevista per il dicembre 2021. È lì che si fissa quel 92% di realizzazione indicato nei giorni di alta marea. L’ultimo miglio è pari al 7-8%. Ma quanto è lungo e, soprattutto, quanto costa?
Totale generale. Il sistema Mose completo avrà un costo effettivo di 5,493 miliardi, come ha confermato il ministro De Micheli, che però ha messo le mani in avanti, demandando al commissario straordinario, Elisabetta Spitz, appena nominata, il compito di verificare i costi reali. È la cifra per interventi finanziati, secondo atti contrattuali già formalizzati dal Provveditorato alle opere pubbliche del Triveneto e il Consorzio Venezia Nuova (un tempo formato dalle imprese finite sotto inchiesta, ora amministrato dai commissari nominati nel 2015). Gli interventi già eseguiti sono pari a 5,031 miliardi di euro (92 per cento dell’opera). Ne restano da eseguire (luglio 2019-dicembre 2021) altri, per un totale di 461 milioni di euro.
Incompiute alle bocche di porto. A ben guardare, il costo del solo Mose, considerati i lavori alle bocche di porto dove sono installate le paratoie da alzare in caso di acqua alta, sarà di 4,577 miliardi di euro, un miliardo in meno della cifra ufficiale: di cui 4,2 miliardi già spesi (93%) e altri 303 milioni da spendere. In quest’ultima spesa, ci sono inserimenti architettonici degli edifici tecnici, scogliere, ripristino delle aree dove sono stati realizzati i manufatti alle bocche di porto di Malamocco, Chioggia e Lido (canali di San Nicolò e Treporti). In questo capitolo ci sono però 139 milioni di euro cruciali: riguardano gli impianti da ultimare nelle strutture delle bocche di porto che consentono di far alzare le paratoie. Finora la spesa è stata di 328 milioni, si deve arrivare a 467 milioni. Si tratta di impianti elettrici, di condizionamento (per togliere umidità nei locali in fondo al mare), sistemi antincendio, ascensori e montacarichi. È soprattutto la loro mancanza che ha impedito di alzare le dighe il 12 novembre scorso, quando c’è stata la seconda marea più alta di sempre (187 cm). Se le paratoie sono praticamente finite – il collaudo di alcune sere fa lo ha dimostrato – si dovranno spendere una quarantina di milioni per la soluzione di criticità, ad esempio le realizzazioni alla nuova porta di Malamocco (per far passare le navi a barriere alzate) che risulta inadeguata per errori di progettazione.
Altri lavori. Tutto qui? Macché. Quasi un altro miliardo di euro riguarda studi e progetti (347 milioni in totale), interventi di mitigazione ambientale voluti dalla Commissione europea (“Piano Europa” da 166 milioni di euro) e il centro comando operativo. Per le infrastrutture di quest’ultimo, la spesa a regime supera i 200 milioni di euro (realizzazione all’83 per cento), mentre è solo al 64% la parte gestionale (banche dati, strumenti, controllo del sistema) per cui è prevista una spesa di circa 136 milioni di euro già stanziati. Tutto per poter far funzionare il Mose, che altrimenti rimane un mucchio costosissimo di ferro e cemento inutilizzabile sotto acqua.
I costi extra. I 413 milioni di euro ancora da finanziare, invece – ovvero la spesa per interventi che vanno a risolvere le criticità – serviranno per i lavori alla diga Malamocco (29 milioni) e quelli per il pontone necessario per la rimozione dei sedimenti (21 milioni). I milioni salgono a 69 per sistemare gli “ammaloramenti” degli impianti meccanici, le corrosioni delle cerniere e il ripristino di opere civili, un’anticipazione di quali saranno i costi per mantenere l’opera in grado di funzionare. Come Roberto Linetti, ex provveditore interregionale alle opere pubbliche, disse: “Si è in presenza di un’opera interamente sommersa in acqua salata, la cui continua manutenzione e la cui periodica movimentazione, sono necessarie al fine della conservazione stessa”.