Avvenire. Donna oggetto, evasione fiscale e gaffe: i lettori del quotidiano dei vescovi contro Silvio

Le ragioni del no sono molteplici e note e certamente la lettera che più colpisce è questa, firmata da Marina Del Fabbro, insegnante di Trieste. Vale la pena leggerla per intero: “Caro direttore, molestie, violenza sessuale a danno delle donne… la notte di Capodanno a Milano… gli stupri di gruppo a Roma e altrove. Tutti (o quasi) d’accordo nell’affermare che la causa di questi fatti disgustosi risiede nella inaccettabile mentalità che riduce la donna a oggetto a disposizione del maschio e da ridurre al profilo fisico e sessuale. In questo contesto, da cittadina e da insegnante, mi chiedo come sia possibile anche solo pensare di proporre alla presidenza della Repubblica una persona come Berlusconi che questa mentalità ha tanto contribuito a crearla: con lo stile di vita, le parole, le ‘barzellette’ e le visioni che ha fatto circolare nella nostra società…”.

Quante volte abbiamo discusso delle macerie lasciate dal berlusconismo? Eccone qui una dimostrazione grave. Una lettrice del Fatto? No, di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani diretto da Marco Tarquinio. Ieri la seconda pagina del giornale (nell’edizione più letta della settimana) è stata quasi tutta dedicata alle proteste dei lettori contro la grottesca candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale. Le missive sono dodici e coprono l’intero arco delle malefatte dell’impresentabile Caimano. Ma soprattutto danno corpo al malessere del Paese sull’ultima ambizione del Pregiudicato. Vincenzo Ortolina da Carugate, nel Milanese: “Una fetta significativa dello stesso elettorato di centrodestra si sente in imbarazzo su tale proposta, e non parliamo di quello orientato a centrosinistra. Da giorni sento affermazioni del tipo: ‘Io mi vergognerei di dirmi italiano’. E non pochi aggiungono persino, certo forse esagerando un poco: ‘Io cambierei Paese’. Qualunque sondaggista credo che potrebbe confermare questo diffuso disagio”.

I motivi appunto sono noti, dalla satiriasi dell’ex Cavaliere alla sua condanna del 2013 e alle sue tremende gaffe internazionali: “Abbiamo pensato a una boutade, ma poiché ora la candidatura è appesa solo al ‘sì’ dello stesso candidato, la cosa non fa ridere più! Chi non ricorda le gravi espressioni nei confronti di Angela Merkel e il sorrisetto fra lei e Sarkozy? Chi ignora le ‘leggi ad personam’ e le ‘compere’ di parlamentari? Chi ha dimenticato la condanna per frode fiscale e gli attacchi al galantuomo Enzo Biagi?” (Raffaele Pisani, un napoletano a Catania).

Un lettore italiano dalla Germania, infine. Scrive Piero Bartalesi: “Tanti, quasi tutti, sanno che è stato condannato per evasione fiscale e che pesa su di lui il sospetto che lo abbia fatto più di una volta. Ora, nel caso tale persona fosse eletta, si direbbe a tutto il mondo in maniera ufficiale: ‘L’italiano doc è l’evasore’! Chi evade, chi non è solidale con i suoi concittadini, diventerebbe infatti il rappresentante di tutto il nostro popolo, con buona pace degli onesti. Vorrei invece esser fiero dell’Italia e dei suoi valori”. E nella sua risposta, Tarquinio, mette in evidenza un dato reale dell’attuale quadro. Cioè che debolezze e inerzia nonché la mancanza di lucidità possono far tagliare a B. il suo traguardo di “rivincita”. Oremus.

 

Sfregio al Paese adibire un’ala del Quirinale al bunga bunga

In Italia si è acceso da giorni un inquietante dibattito sulla possibile candidatura di Silvio Berlusconi a presidente della Repubblica che si è formalizzato dopo la riunione del centrodestra a Villa Grande. Un dibattito alimentato quotidianamente dai giornali e dalle tv di proprietà della famiglia Berlusconi. La prima riflessione è: ma certi giornalisti come possono perseverare a perorare con cotanta genuflessione una tale richiesta?

Anche solo ipotizzare di far salire alla più alta carica dello Stato vetusti rigurgiti del passato con pedigree “opinabili” è davvero raccapricciante, ma soprattutto un segnale pericoloso. Ci troviamo in un momento estremamente critico sia dal punto di vista sanitario che economico e la politica deve accelerare, non frenare assecondando proposte indecenti che sono irricevibili. Il presidente della Repubblica deve essere un garante di tutti. Come si può anche solo ipotizzare di eleggere alla più alta carica dello Stato un pregiudicato per frode fiscale che ha fondato un partito con Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa? Sarebbe davvero un paradosso che un pregiudicato che secondo i giudici ha pagato la mafia, possa diventare il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura come previsto dall’art. 87 della Costituzione. Inoltre immaginare che un’ala del Quirinale possa essere adibita al bunga bunga sarebbe uno sfregio alle nostre istituzioni. L’Italia necessita, ancor più in questo momento delicato, di figure credibili, integerrime. E proprio su tale figura sta lavorando il nostro presidente Giuseppe Conte con, a differenza di quello che è stato scritto, il pieno sostegno dei gruppi parlamentari.

Auspico che la politica possa volare alto e garantire al Paese una donna (sarebbe giunta l’ora) o un uomo di alto spessore morale. Gli italiani ne hanno diritto. Oggi ancor di più.

*vicepresidente 5S al Senato

Notizie, diciamo. Chirurgie etiche ed estetiche, reni sacrificali, poliziotti boomer, offerte irrinunciabili, tragedie immaginarie e matrimoni di carta

Birmingham Chirurgo radiato dall’albo per aver “firmato” con le sue iniziali i fegati dei trapianti

Lo Zorro della chirurgia è un dottore che “marchia” i trapianti lasciando le proprie iniziali – ben nascoste – sui pazienti. La firma raccapricciante, scoperta a distanza di anni, appartiene al 57enne Simon Brahmall. La notizia è sul Guardian: “Un chirurgo che ha bruciato le sue iniziali sul fegato di due pazienti durante un intervento di trapianto è stato cancellato dall’albo dei medici. Simon Bramhall, 57 anni, ha ammesso di aver utilizzato un raggio di argon – usato per arrestare l’emorragia del fegato durante le operazioni e per evidenziare un’area su cui lavorare – per firmare ‘SB’ negli organi dei suoi pazienti nel 2013, quando lavorava all’ospedale Queen Elizabeth di Birmingham”. Il chirurgo evidentemente considerava quegli interventi un’opera d’arte e godeva da pazzi all’idea di siglarli all’insaputa di tutti. Finché un collega non ha scoperto il marchio “alto 4 cm” durante un intervento di follow-up su uno dei suoi pazienti. Zorro Brahmall è stato denunciato e infine radiato dall’ordine professionale.

 

Chirurgia etica A un ex criminale, malato terminale, viene innestato il cuore di un maiale geneticamente modificato

A proposito di chirurgia e trapianti, il Washington Post si chiede: è giusto che un (tentato) omicida sia in lista per un’operazione che gli salva la vita prima di altre persone perbene? Il giornale americano racconta una storia che si può riassumere così: il 57enne malato terminale David Bennett, condannato in gioventù per aver accoltellato sette volte un ragazzo, lasciandolo paralizzato, è stato salvato da un’ avveniristica operazione con la quale ha ricevuto il trapianto del cuore di un maiale geneticamente modificato. La sorella della vittima di Bennett – che dopo le coltellate ha vissuto in sedia a rotelle ed è morta d’infarto nel 2005 – ha commentato la notizia con comprensibile amarezza: “Sarebbe stato più giusto se quel cuore fosse andato a un destinatario meritevole”. Bennett ha pagato con il carcere il suo debito con la giustizia e aveva ogni diritto di vivere fino in fondo la sua seconda opportunità. Se non altro, lo farà con un cuore di porco.

 

Usa Licenziati due poliziotti: hanno ignorato una rapina perché erano troppo impegnati a giocare con i Pokémon

La polizia americana non è famosa solo per mandare al padre eterno con una certa orripilante disinvoltura uomini e donne di colore. Ci sono agenti che si distinguono per altri meriti: due poliziotti sono stati licenziati perché hanno ignorato una richiesta di intervento per una rapina, dal momento che erano troppo impegnati a giocare a Pokémon Go. Scrive Tgcom24: “Una giuria composta da tre giudici della Corte d’Appello della California ha confermato il licenziamento dei due poliziotti, dopo che questi ultimi avevano sostenuto di essere stati licenziati impropriamente a causa dell’uso di una registrazione fatta nell’auto di pattuglia. L’appello ha reso noto che la coppia aveva ignorato la chiamata per una rapina in corso perché troppo impegnati a catturare uno Snorlax, creatura mitica del gioco in realtà aumentata di Niantic. La sentenza afferma che i due agenti della polizia losangelina avrebbero giocato a Pokémon GO per quasi venti minuti dopo aver ignorato la richiesta”.

 

Acireale È in vendita la villa del “Padrino” di Francis Ford Coppola. Prezzo di partenza: 6 milioni di euro

È la classica offerta che non si può rifiutare: la villa del Padrino è sul mercato. Ce ne informa La Sicilia: “È in vendita il castello che fece da sfondo ai film Il Padrino – Parte III del regista Francis Ford Coppola, interpretato da Al Pacino”, ma pure di un film meno celebrato come Un bellissimo novembre, protagonista Gina Lollobrigida. “Costruito sul finire dell’Ottocento, il maniero della nobile famiglia Pennisi di Floristella è un’esclusiva residenza privata che Sotheby’s International Realty ha messo sul mercato con un prezzo stimato in 6 milioni di euro”. Il castelletto si trova ad Acireale ed è considerato “un pregevole esempio di eclettismo, caratteristico dell’architettura dell’epoca, in stile neogotico”. “Il fascino dei suoi anni intrisi di storia e di emozioni è vivo ancora oggi, con la sua superba regalità ha resistito al terremoto del 1908 e ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale da parte degli inglesi”. Se a qualcuno avanzano 6 milioni, si affretti, l’umile dimora ha un suo perché.

 

Pavia “C’è un neonato nel Naviglio”. Arrivano sommozzatori, carabinieri e ambulanze, ma è una statua di Gesù bambino

Natale è finito da un pezzo, sono stati rimossi gli alberi e smantellati i presepi, ma a Giussago (Pavia) ci si è andati forse un po’ pesante, visto che un Gesù bambino di legno è stato lanciato nel naviglio. Col risultato di scatenare il panico cittadino, visto che all’inizio qualcuno aveva pensato che fosse un infante in carne ed ossa. Lo scrive La Provincia pavese: “Quel corpicino nel Naviglio ghiacciato sembrava proprio un neonato. Lo ha visto dal ponte pedonale sul Naviglio all’altezza della frazione Osteriette un pensionato uscito a fare una passeggiata. All’inizio non ci ha dato peso, poi è tornato a casa ed è tornato sul posto con i familiari che hanno deciso di chiamare i carabinieri. Sul posto sono arrivati anche i vigili del fuoco e i sommozzatori”. Insomma, l’illusione ottica collettiva si è trasformata in un’autentica missione di salvataggio che ha allertato e coinvolto le forze dell’ordine di svariati reparti locali. Per tirare fuori dall’acqua una statua di legno, sebbene sacra.

 

Messico Il tiktoker dona un rene alla mamma della sua fidanzata, ma lei lo lascia e si sposa con un altro

Inquietanti storie d’amore nell’epoca della pandemenza digitale: un Tiktoker (cioè uno che ha successo nel periglioso universo del social network TikTok) ha donato un rene alla mamma della sua fidanzata, ma poco dopo l’operazione la signorina l’ha mollato e dopo un mese si è sposata con un altro. Lui c’è rimasto un po’ male. Comprensibile. Ma il lutto per il rene perduto è durato il giusto: asciugate le lacrime, il tiktoker ha raccontato la storia al suo pubblico in un video di enorme successo, visualizzato da 16 milioni di persone in cinque giorni. Viviamo in un mondo orribile. “Uziel Martinez ha 43mila follower su TikTok – racconta Leggo – ma il suo video di sfogo è diventato così popolare da aver raggiunto ogni angolo del mondo ed è stato visualizzato da milioni di utenti”. Una parte del suo pubblico però è persuasa dalla struggente storia d’amore rinnegato: “Tanti utenti hanno chiesto a Uziel di far vedere la cicatrice a dimostrazione dell’operazione sostenuta”. San Tommaso su TikTok.

 

Londra Cerca moglie mettendo la faccia su un cartellone pubblicitario: “Salvami da un matrimonio combinato”

“Salvami da un matrimonio combinato”. La bizzarra richiesta di aiuto è comparsa – gigantesca – sulle pubblicità stradali di Londra. Allo scapolo 29enne Muhammad Malik evidentemente non bastavano Tinder e le varie app che aiutano a trovarsi compagnia, ha fatto le cose in grande: ha piazzato il suo faccione sorridente sui cartelloni pubblicitari della città, con lo slogan citato sopra e un indirizzo internet a cui inoltrare eventuali curricula: findMALIKawife.com (“trova una moglie a Malik”). L’operazione, a quanto pare, ha riscosso un successo insospettabile: “Da quando ha pubblicato gli annunci, ha ricevuto centinaia di messaggi da potenziali candidate e presto esaminerà tutte le domande – secondo la testata turca Tnt World –. Malik ha detto che il suo partner ideale è una donna musulmana sui 20 anni che è in grado di ‘tenere il passo con le battute’ dei suoi familiari”. In bocca al lupo a Malik e alla fortunata signora.

L’ultima di Lotito: lettera falsa di garanzia per il 37% Alitalia

Ha urlato, strepitato, usato tutti i mezzi a sua disposizione pur di agguantare il seggio che ancor gli sfugge, nonostante tutto. La voglia matta di Claudio Lotito di indossare il laticlavio senatoriale è la partita della vita e intende giocarsela anche oltre il 90º minuto: domani ancora una volta Forza Italia tornerà alla carica per mettere la questione della conferma della sua elezione nel calendario dell’aula di Palazzo Madama prima che inizino gli scrutini per il Quirinale che non vorrebbe perdersi.

Ma la vigilia della conferenza dei capigruppo si preannuncia amara per il patron della Lazio ché Report, la trasmissione di inchiesta di Sigrfrido Ranucci su Raitre, ha deciso di tornare a occuparsi di lui, della sua passione per il calcio ma soprattutto della vicenda Alitalia per la quale era sceso in campo nel 2019 con un’offerta sorprendente, 375 milioni di euro per il 37 per cento delle azioni. Con quali garanzie? Quella di Banco Santander che però si è rivelata farlocca, come ha certificato lo stesso Banco Santander in una lettera inviata a Ferrovie Italiane, partner industriale dell’operazione di salvataggio della compagnia di Bandiera avviata nel 2018. “Con la presente desideriamo confermare che tale documento non è stato rilasciato da Banco Santander né da alcuna delle sue società affiliate. Confermiamo inoltre che i nomi dei firmatari non corrispondono ad alcuno dei nostri impiegati. Le consigliamo di valutare se sia opportuno informare le autorità locali”. Una lettera per smentire l’autenticità della certificazione prodotta da Lotito quando aveva formalizzato il suo interesse a entrare nella newco “New Alitalia” con Fs ministero dell’Economia e Delta.

E per disconoscere come propri funzionari tal Miguel Centinos Rubalcava e Ruben Lenero firmatari della missiva in cui era stato messo nero su bianco che il patron della Lazio aveva tutti i requisiti per partecipare all’impresa da capitano coraggioso: “All’esito dell’analisi finanziaria da noi effettuata, che include la comprensione dei processi amministrativi e delle capacità del Group facente capo all’amministratore Claudio Lotito, noi, Banco Santander SA. confermiamo che il Gruppo è capace di sostenere sistematicamente l’impegno economico di euro 375.000.000,00 secondo i requisiti di cassa previsti dalla partecipazione nel piano triennale fornitoci, intitolato ALITALIA, datato 14/06/2019. Il contributo finanziario che verrà fornito troverà il medesimo ed adeguato sostegno nei flussi finanziari”. Magnifico falso alla Totò truffa.

Ora Lotito intervistato da Report fa spallucce. “Quel documento mica l’ho preparato io”. Insomma, tanti saluti e caso chiuso anche se restano varie ombre ancora da chiarire perché il suo interesse per l’ex compagnia di bandiera si intreccia con altre storie in cui ricorrono gli stessi personaggi. Come Enrico Laghi (arrestato per qualche mese in qualità di commissario dell’Ilva) che all’epoca dei fatti era commissario Alitalia e che è lo stesso professionista, noto commercialista della Roma che conta, a cui si è rivolto per l’affaire legato alla cessione della Salernitana valutata 70 milioni e ceduta a dieci e su cui Lotito ha già annunciato ricorso, sua specialità che si tratti di pallone o di Senato.

Ormai consegnato agli annali del calcio quello presentato contro la condanna che gli ha inflitto la giustizia sportiva per via di certi tamponi. A cui erano stati appositamente sottoposti in un laboratorio di Avellino i giocatori della Lazio, risultati tutti sorprendente negativi (e dunque schierati in campo) checché la Uefa avesse accertato che no: si era appellato al collegio di Garanzia dello Sport presieduto da Franco Frattini, ora promosso al vertice del consiglio di Stato e quirinabile, che gli ha ridotto ad appena due mesi la pena dell’inibizione, ma intanto la Procura irpina ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di falso.

Lotito si proclama anche in questo caso vittima del sistema che ce l’ha con lui che ha fatto i soldi iniziando la sua ascesa da imprenditore dal settore dei servizi della vigilanza e delle pulizie Per poi comprarsi la Lazio per soli 21 milioni ma con un debito con l’Erario di 140. Com’è riuscito nel miracolo di risanarla nessuno lo sa: nel frattempo s’è comprato pure la Salernitana che però gli hanno imposto di cedere ora che è salita in A. Poco male farà ricorso sperando in una legge ad Lotitum come quella che spera gli regalerà infine il seggio al Senato.

Oms: “In Italia picco vicino” In arrivo regole più leggere

Con 149.512 nuovi casi registrati nelle ultime 24 ore sfonda quota 2,5 milioni il numero degli attualmente positivi in Italia. Ma l’ultimo bollettino del ministero della Salute mostra che nell’ultima settimana la velocità della crescita sta rallentando. Così ieri, anche complice la giornata festiva che, insieme al lunedì, fa sempre registrare dati più bassi, i tamponi processati sono stati 927.846 (contro 1,2 milioni di sabato), 248 i decessi (60 in meno), mentre in terapia intensiva sono 14 in più i pazienti assistiti con 128 ingressi giornalieri. Questo significa, secondo il direttore dell’Oms per l’Europa Hans Kluge, che il picco nel nostro Paese è “vicino” e che potrebbe essere toccato in 2-3 settimane, per poi essere seguito da una fase di decrescita dell’epidemia. “La strada seguita dall’Italia è quella giusta, con le vaccinazioni, le terze dosi, le mascherine”.

Osservata speciale, ancora una volta, è Omicron. La variante raggiungerà tutti, “non c’è scampo. Non c’è dubbio che entro la fine del 2022, salvo che arrivi un’altra variante, quasi tutta la popolazione avrà incontrato questa”, ha detto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, precisando che “chi è vaccinato avrà influenza o nulla. Chi non lo è ha più rischi di andare in ospedale o peggio, in terapia intensiva”. E poi: “La pandemia sta cambiando e per questo anche la comunicazione dei dati deve essere aggiornata”, ha aggiunto Sileri spiegando che “la nuova fase dell’epidemia deve portarci entro breve a rivedere le regole per la gestione degli ospedali” con la revisione dei bollettini che “potrà essere fatta nei prossimi giorni, entro due settimane, con una distinzione tra i positivi al virus e i malati”.

Insomma, un’apertura alla richiesta delle Regioni che continuano a voler semplificare le procedure sull’isolamento dei positivi, le quarantene a scuola, i tamponi e, ovviamente, il sistema dei colori. L’altra linea delle Regioni è quella che vorrebbe il “liberi tutti” dopo 5 giorni di isolamento, senza alcun tampone in uscita, per i positivi asintomatici con la terza dose. Intanto, da mercoledì, sarà l’Emilia Romagna a dare il primo strappo alla riduzione dei tempi dell’isolamento per i positivi.

A una settimana dalla riapertura delle scuole, il ministro Patrizio Bianchi difende la scelta fatta dal governo: “Il famoso disastro che ci doveva essere con la riapertura della scuola non c’è stato”, ci sono stati “disagi differenziati zona per zona, ma la scuola ha riaperto e si è affermata la convinzione che la scuola è un elemento fondante, la scuola è la priorità, è un diritto”. Qualche criticità però sembra permanere: dalla mancata distribuzione nelle scuole dell’infanzia delle Ffp2 alle complicazioni burocratiche sulla quarantena e sui rientri per i contagiati.

Sul fronte europeo, va segnalato che l’Austria ha confermato l’entrata in vigore dal primo febbraio della vaccinazione anti-Covid obbligatoria per gli adulti, con multe tra 600 e 3.600 euro per i trasgressori. Mentre la Francia ha dato il via libera al pass vaccinale, l’equivalente del super green pass italiano.

“B. al Colle? Allora preferisco Veronica Lario presidente”

Antonio Manzini, questa elezione del presidente della Repubblica sta diventando simile a un giallo?

(Stupito) No!

Allora è un noir…

(Peggio di stupito) No e no.

Un romanzo rosa…

Macché, quel tipo di letteratura prevede il lieto fine e qui trovo difficile piazzare l’happy end proprio nelle ultime pagine.

Allora?

(Riflessivo) È peggio di una commedia ignobile, peggio di una farsa.


A che “livello di rotture di coglioni” siamo?

Altissimo.

(Antonio Manzini, scrittore, è il creatore della serie di romanzi e film dedicatati a Rocco Schiavone. Ora è di nuovo in libreria con una nuova indagine del suo vice-questore dislocato ad Aosta, Le ossa parlano

, sempre edito da Sellerio. Schiavone classifica i problemi della vita in rotture di coglioni da classificare in una scala che va da 1 a 10)

Chi vorrebbe al Colle?

Una donna.

Chi?

Ce ne sono tante, anzi tantissime tra studiose, ricercatrici, docenti universitarie.

Non sta citando la politica.

No; se guardo l’emiciclo parlamentare, mi viene da piangere.

Come mai in molti invocano il Mattarella bis?

Perché c’è il terrore di cambiare, di scoprire cosa c’è dopo, così è più facile affidarsi al “certo”.

Il settennato di Mattarella come lo giudica?

In questi anni mi è apparsa una persona seria, pulita, attenta e con i toni giusti, nonostante questo lungo periodo di emergenza sanitaria (pausa).

C’è dell’altro….

Con lui si ha la sensazione, forse la certezza, che quando dichiara “a”, voglia realmente riferirsi ad “a” e non giocare poi su “b”.

Nel pratico.

Nel Parlamento emergono di continuo gli atteggiamenti, le strategie, la forza dei voltagabbana. E sono dei personaggi sconfortanti, leader che magari hanno dichiarato di volersi pulire il culo con il tricolore e poco tempo dopo urlano “viva gli italiani”.

Proviamo con esplicitare qualche nome di papabile per il Quirinale?

Ne è sicuro?

Iniziamo da Pier Ferdinando Casini.

(Risponde d’istinto, immediato) No.

Walter Veltroni.

(Prolungato) Nooo.

Marcello Pera?

(Ride) Ma si riferisce all’ex presidente del Senato ai tempi di Forza Italia?

Sì…

(Ride di più) No.

Dario Franceschini.

(Pausa) Mi sta costringendo alla monotonia: no.

Mario Draghi.

(Si arrende al dialetto romano) None!

Silvio Berlusconi.

Giuro che se diventa Presidente della Repubblica cambio Paese. Sì, me ne vado dall’Italia.

Per dove?

Credo in Portogallo.

Senza appello.

Un tempo, in questo Paese, i bidelli dovevano presentare la propria fedina penale pulita.

Quella di Berlusconi non è immacolata.

Ma come possono solo pensare di eleggere uno come lui a capo della magistratura, del Csm! (Qui il tono è alto) Un condannato in via definitiva che nel frattempo si è apparecchiato un numero vergognoso di leggi ad personam. (Pausa) Anche mia moglie verrebbe in Portogallo con me.

Senza appello.

A Berlusconi preferisco Veronica Lario.

Il presidente che ha maggiormente amato.

Giuseppe Saragat; (sorride) no, scherzo.

Chi, allora?

Senza dubbio Sandrone Pertini.

Di lui cosa ha apprezzato in particolare?

Perché era un ex partigiano, uno che aveva imbracciato il fucile; e poi esprimeva concetti giusti, di sinistra, da vero socialista e da vero padre della Costituzione.

Nelle sue “ quirinarie” non si è ancora sbracciato per il bis di Mattarella…

È possibile? Allora andrebbe benissimo, lo accetterei tutta la vita; pure Gentiloni non mi dispiacerebbe.

Tra le donne c’è chi ha paventato l’attuale presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati…

È una donna perfettamente inserita dentro l’emiciclo. Quindi no.

Non si scappa…

Ripeto: da lì dentro, da quel luogo, non c’è nessun nome adatto. È meglio puntare su qualcuno esterno.

 

La destra vuole far votare pure i positivi. Conte cerca nomi per sventare Draghi

Nella partita a scacchi dove Silvio Berlusconi è aspirante Re, il numero dei pedoni può essere decisivo. Per questo il centrodestra spinge per far votare anche i grandi elettori positivi al Covid, variabile altrimenti imprevedibile. Altro fattore a cui sono appesi calcoli e strategie per il Quirinale. Battaglia cui i giallorosa, Pd, M5S e Leu, si preparano con la stessa priorità, fermare il Caimano, ma con idee ad oggi diverse su strategia e nomi. Perché per il segretario dem Enrico Letta Mario Draghi resta la prima via d’uscita, mentre per il leader del M5S Giuseppe Conte l’attuale premier sarebbe solo un male minore, a fronte dell’unico candidato che gli consentirebbe di tenere uniti i gruppi parlamentari del Movimento, Sergio Mattarella. Tuttora il più gradito anche per l’altro capo che tutti vede ma che nulla dice, Luigi Di Maio, che su Draghi potrebbe convergere solo in cambio di rassicurazioni, sul suo ruolo di ministro degli Esteri e magari altro.

Ma prima ci sarà un’altra, lunghissima settimana. In cui si discuterà, ancora, se permettere agli eletti colpiti dal Covid di votare. Ieri su La Stampa uno dei questori di Montecitorio, Edmondo Cirielli (FdI), ha rilanciato: “Se la conferenza dei capigruppo ci chiederà di assicurare il voto anche di chi è positivo o in quarantena noi dovremo farlo”. E la soluzione sarebbe un seggio apposito per i positivi. Ma il centrosinistra fa muro. E fonti istituzionali scuotono la testa: “Così verrebbe creato un paniere a parte, con rischi sulla tutela del voto”. Così ieri a In mezz’ora il presidente della Camera, Roberto Fico, ha dovuto ricordarlo: “I grandi elettori del Colle positivi non possono votare, come previsto dalla legge”. Però se ne discuterà di nuovo oggi, in una nuova conferenza dei capigruppo. Fico, consapevole della posta in palio, calibra il suo scetticismo: “L’istruttoria sul tema continua. In un momento di emergenza sanitaria non dobbiamo dare messaggi sbagliati, ma ne discuteremo ancora”. Il centrodestra insisterà, perché se punta davvero ai 505 voti alla quarta chiama per Berlusconi, o chi per lui, si giocherà sul filo dei numeri. “E comunque – obietta Federico Fornaro di Leu – il centrodestra non ha diritto di prelazione sul nome”. Nell’incertezza, Conte cerca contromosse, innanzitutto contro Berlusconi. “Se il centrodestra insisterà su una soluzione improponibile, troveremo una risposta che faccia comprendere cosa intendiamo per personalità di alto profilo che rappresenti tutti” sostiene l’ex premier. In una delle ultime riunioni con vicepresidenti e capigruppo, Conte ha assicurato: “Con Letta lavoriamo a due o tre nomi coperti”. Continua a circolare come opzione il direttore generale del Dis, Elisabetta Belloni. Ma prima bisognerà individuare figure simboliche da contrapporre a B. come candidati di bandiera: Liliana Segre o la costituzionalista Lorenza Carlassare. E convincere gli alleati. Il Pd continua a ritenere le schede bianche nelle prime tre chiame – quella con il quorum dei due terzi degli eletti – una mossa utile, soprattutto se il centrodestra non dovesse scoprire le carte prima della quarta. Conte invece ritiene che sarebbe un brutto segnale. Ma il rischio di agguati nel voto segreto è alto.

Nell’attesa, Letta ripete al Tg3: “Il nome di Draghi va tutelato”. Conte sa che si potrebbe arrivare all’ex presidente della Bce. Ma fa di tutto per scongiurarlo e i suoi temono l’elezione del premier come la miccia per il voto anticipato, “esito che sarebbe inevitabile” sussurra un 5Stelle di governo. Così in serata trapelano altre sillabe contiane: “Non possiamo per perdere neppure un minuto nell’azione di governo, per avviare e sostenere questo esecutivo abbiamo messo da parte i nostri vantaggi”. Tradotto, al governo Draghi abbiamo donato troppo sangue per accettarne la fine. Così si torna alla prima speranza, Mattarella. Suffragata da un ragionamento che si fa largo ai piani alti del M5S: “Se Berlusconi capisse di non avere i numeri, potrebbe farsi da parte proprio per un Mattarella bis. Così non apparirebbe sconfitto da Draghi e non lascerebbe al resto del centrodestra il ruolo di kingmaker”.

Colle: dai domiciliari i 10 consigli di Verdini a B. tramite Dell’Utri

È stato il suo stratega occulto per anni, da quando per lui faceva e disfaceva maggioranze mostrando i gemelli d’oro nel salone Garibaldi del Senato. Oggi anche Denis Verdini vuole dare il suo contributo per la sfida della vita di Silvio Berlusconi, quella del Quirinale. E allo stesso tempo far sì che il kingmaker sia il genero Matteo Salvini, fidanzato della figlia Francesca. Gioca per entrambi, Verdini, anche se nell’ombra. Se fallisce il primo, deve essere il leghista a giocare la partita del Colle.

Così, negli ultimi giorni, l’ex macellaio di Fivizzano si è confrontato con altri due vecchi amici tornati alla corte di Arcore per aiutare l’ex premier nella scalata verso il Colle: Marcello Dell’Utri e Fedele Confalonieri. Come se il tempo non passasse mai. Come se i problemi giudiziari non esistessero. Dagli arresti domiciliari della sua villa fiorentina di pian de’ Giullari (sta scontando una pena a 6 anni e 6 mesi per bancarotta), Verdini ha parlato a lungo con Dell’Utri e Confalonieri e mercoledì ha mandato loro una lettera indicando un piano per eleggere Berlusconi al Colle. “Caro Marcello, caro Fedele, è stata davvero una bella mattinata nella quale alcuni ‘vecchietti arzilli’, come quelli di Cocoon, hanno ritrovato il gusto del sogno” è l’incipit della lettera, anticipata ieri dal Tirreno. Verdini fa riferimento a una chiacchierata che i tre hanno avuto nelle ore precedenti alla e-mail e poi scende nel dettaglio, sperando che i due amici la facciano arrivare a Berlusconi e ai suoi collaboratori. Eleggere Silvio al Colle, è l’introduzione di Verdini, “sarebbe bello per la rivalutazione di tutta la nostra storia” ed “è stato ancor più bello pensare agli innumerevoli ‘suicidi’ (sic!) dei vari Travaglio, Gruber, Zagrebelsky ecc… che sarebbero provocati da questo evento”. Dopo l’introduzione, poi, Verdini passa ad elencare la strategia perché “finora si è giocato sul piano esclusivo della comunicazione ma fra 12 giorni a ciò che si comunica dovrà seguire ciò che si fa. Altrimenti sarà un disastro”. Da una parte, continua Verdini, Berlusconi (chiamato il “Nostro”) ha una “legittima ambizione” di andare al Colle e “nessuno del centrodestra può negargli questa opportunità”, ma dall’altra non può “pretendere da Salvini di rinunciare al tentativo di fare il kingmaker”. Perché al leader della Lega, continua il suocero, “si può chieder lealtà ma non fedeltà assoluta perché un’eventuale sconfitta sul Quirinale pregiudicherebbe la sua carriera politica”. Insomma, è la tesi di Verdini, “il Nostro non potrà fare il candidato e il kingmaker”.

Verdini poi presenta la strategia per far eleggere Berlusconi al Colle. La precondizione è che il leader di FI garantisca che il partito resti nel centrodestra: “Niente patti con Letta e Renzi” e “basta chiacchiericcio” sulla possibilità di appoggiare altri candidati “come Draghi e Amato”. Perché, continua Verdini, “se Salvini o Meloni capissero che il ‘Nostro’ ha seconde carte o piani B, sarebbe l’intero centrodestra a saltare per aria e chi smania per votare Draghi (Meloni) o far pesare i suoi 215 grandi elettori (Salvini) si sentirebbe libero di fare come gli pare”. A quel punto, l’ex sherpa stila dieci punti per far eleggere Berlusconi dal quarto scrutinio: niente “giudizi negativi su altri candidati di centrodestra”, “riconoscere l’agibilità politica del risultato a Salvini”, “espandere i voti della coalizione e non comunicare i nomi dei peones conquistati per evitare sputtanamenti” ma anche “rendere riconoscibile i voti del centrodestra”. Come? “A FdI – continua Verdini – sarà detto di votare Silvio Berlusconi, alla Lega on. Silvio Berlusconi e così via. È tutto nelle mani di Silvio, auguri a tutti noi”. La conclusione di Verdini però riguarda il genero: se non riuscisse ad essere eletto, Berlusconi “dovrebbe ritirarsi con dignità” e “permettere a Salvini di portare a termine l’obiettivo di eleggere un presidente di centrodestra, fornendogli tutto il suo appoggio”. Questo potrebbe avvenire però solo se Berlusconi avrà tutti i voti della destra perché se venisse impallinato dai franchi tiratori, conclude Verdini, “sarebbe un disastro. E ancora peggio per chi lo ha portato a questo punto”. Ma un detenuto che sconta la pena ai domiciliari, può avere contatti epistolari con un pregiudicato esterno in Cosa nostra? Il tribunale di Sorveglianza lo sa?

L’anima e l’arte di Firenze svendute a sponsor e loghi

Ecosì questa volta il modello Renzi-Nardella si è inceppato, e il sindaco di Firenze ha dovuto fare marcia indietro. Non ha avuto il buon gusto di chiedere scusa, figuriamoci: si è limitato a sconfessare i suoi che avevano proiettato, alla fine del pacchianissimo F-light (Firenze Light Festival), il logo dello sponsor, l’American Express, sul loggiato brunelleschiano degli Innocenti e su Ponte Vecchio, assicurando che non si ripeterà più. Bontà sua. Cosa era successo? Le foto che avevano preso a circolare sul web hanno suscitato un’inedita ondata di sdegno: lo stimatissimo abate di San Miniato al Monte (che aveva già denunciato “la trasformazione del mirabile frontespizio geometrico della facciata romanica di San Miniato in variopinta luminaria da albero di Natale… effimera e cangiante cornice esornativa, degna più del collodiano “paese dei balocchi” che della nostra Firenze”) ha commentato su twitter con un inequivocabile: “Basta, basta, basta!”.

E questo era il punto: perché non si è trattato di un incidente isolato, ma dell’ennesima violenza morale al corpo prostrato e prostituito di Firenze. Ricordate la cena della Ferrari a Ponte Vecchio, la cena di Stefano Ricci sul Ponte a Santa Trinità, il Battistero fasciato da un enorme foulard di Pucci, l’assurda ricerca del “Leonardo” nel Salone dei Cinquecento, le sfilate di moda agli Uffizi, le partite di golf nella Biblioteca Nazionale, l’addio al celibato e poi la “mostra” di Lagerfeld nelle sale della Galleria Palatina di Palazzo Pitti, il convegno dell’Hard Luxury in Palazzo Vecchio, la cena della Morgan Stanley in una cappella di Santa Maria Novella? E queste sono sole pochissime tra le infinite operazioni di sponsorizzazione selvaggia degli ultimi anni.

Quando Mattarella venne a Firenze per gli Stati generali della lingua italiana (2016) nel piazzale degli Uffizi erano esposte due scintillanti auto di lusso, e il sito di Fca chiariva che “la Maserati Quattroporte esposta a Firenze da questa mattina è di colore bianco ed è situata esattamente sotto la statua di Francesco Petrarca, mentre Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio con motore 2.9 litri V6 da 510 cavalli di colore rosso si trova sotto la statua di Giovanni Boccaccio. Questa iniziativa rappresenta uno dei numerosi modi trovati negli ultimi tempi dal gruppo italo americano del numero uno Sergio Marchionne per promuovere la propria gamma di prodotti”. All’incredulità e all’indignazione dei passanti, esterrefatti dalla riduzione a show room dello spazio pubblico monumentale, l’allora assessore (all’istruzione!) Cristina Giachi replicava che “allo sponsor qualcosa si deve pur concedere”. Qualcosa, cioè Firenze: la sua faccia, la sua anima. Se a questo sommiamo l’incessante privatizzazione degli spazi pubblici (che sta culminando nello scempio del convento di Costa San Giorgio trasformato in resort di lusso) si capisce a cosa dica “basta!” l’abate Bernardo: basta alla mercificazione della città.

Nardella vuole che lo crediamo stupito e contrariato per il fatto che un festival che gode del patrocinio del suo Comune possa culminare in una simile marchiatura commerciale dei monumenti. Dovrebbe leggersi un meraviglioso racconto di Primo Levi (In fronte scritto, 1971) in cui si racconta di una coppia che, avendo bisogno di soldi, accetta di fare la fine di Firenze: “Due giorni dopo Enrico e Laura firmarono, ritirarono l’assegno e discesero al centro grafico. Una ragazza in camice bianco pennellò loro sulla fronte un liquido dall’odore pungente, li espose alla luce abbagliante di una lampada e stampigliò 5 ad entrambi, verticalmente al di sopra del naso, un giglio stilizzato; poi, sulla fronte di Laura, scrisse in elegante corsivo: ‘Lilywhite, per lei’, e sulla fronte di Enrico, ‘Lilybrown, per lui’”. Alla fine la coppia decide di farsi togliere quella terribile pubblicità scritta in fronte, ma “a dispetto delle assicurazioni della ragazza in camice bianco, la fronte di Laura rimase ruvida e granulosa come per una scottatura: poi, guardando bene, il giglio stilizzato si distingueva ancora, come le scritte del Fascio sui muri di campagna. il loro bambino nacque a termine regolarmente: era robusto e bello, ma inesplicabilmente portava scritto sulla fronte ‘Omogeneizzati Cavicchioli’”.

È successo proprio così, a furia di vendere l’immagine di Firenze, quella scritta sulla fronte si vede, riemerge, rinasce da sola, sempre più prepotente e invadente: proprio come Venezia, Firenze viene da anni umiliata e prostituita da una “classe dirigente” (non solo quella politica) che continua a ripeterci che tanto si tratta di operazioni effimere, che tutto si cancella e si dimentica. Finché non succede che il marchio della carta di credito più esclusiva proiettata sul capolavoro di Brunelleschi sotto il cui loggiato oggi dormono gli esclusi, non ci ricorda bruscamente che abbiamo ancora quella scritta in fronte, e che a cancellarsi è stata invece la nostra anima collettiva. Basta, sì: ma davvero.

Cassazione cassata per poca prudenza

Il Consiglio Superiore della Magistratura è previsto dalla Costituzione come organo di governo autonomo dell’ordine giudiziario per la magistratura ordinaria.

Hanno altri organi di governo autonomo la magistratura amministrativa (TAR e Consiglio di Stato), quella contabile (Corte dei conti), quella militare e quella tributaria. Il CSM ha al suo interno una Sezione disciplinare che pronuncia sentenze ricorribili innanzi alle Sezioni Unite civili della Corte Suprema di cassazione, mentre per le altre magistrature (tranne quella militare) le sanzioni disciplinari sono inflitte con atti amministrativi.

Tutti i provvedimenti del CSM (diversi dalle sanzioni disciplinari) sono adottati con atti amministrativi, come tali ricorribili al giudice amministrativo: in primo grado Tribunale amministrativo regionale ed in appello Consiglio di Stato. Le sentenze del Consiglio di Stato sono ricorribili innanzi alle Sezioni Unite civili della Corte suprema di cassazione solo per motivi di giurisdizione (come quelle della Corte dei conti). Nei motivi di ricorso per giurisdizione rientra anche quello che viene chiamato “eccesso di giurisdizione” così riassunto dalle Sezioni Unite nella sentenza 3978:5 del 23.11.2021 depositata il 14 dicembre 2021 ricorrente Prestipino Giarritta Michele: “Fuor di dubbio è che le decisioni del giudice amministrativo siano sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione quando detto giudice sconfini nella sfera del merito riservato all’amministrazione, anche quando la decisione finale pur sempre esprima la volontà del giudice di sostituirsi a questa, pur nel rispetto della formula dell’annullamento (tra le ultime, Cass., sez. un., 3 novembre 2021, n. 31311). E questo principio acquista particolare pregnanza proprio con riguardo al Consiglio superiore della magistratura, il quale, in ragione delle proprie competenze di rilievo costituzionale, gode di un tasso di discrezionalità particolarmente elevato”. In tale sentenza le Sezioni Unite hanno peraltro escluso che fosse presente tale sconfinamento.

La questione da un lato è potenzialmente idonea a ledere le “competenze di rilievo costituzionale” del CSM (se si riduce il concetto di sconfinamento) e dall’altro può incidere sulla tutela giurisdizionale affidata al giudice amministrativo (se il concetto di sconfinamento viene ampliato). La giurisprudenza delle Sezioni Unite sul punto presenta qualche oscillazione che non è qui possibile approfondire. Il recente caso in cui due sentenze del Consiglio di Stato hanno annullato la nomina del Primo Presidente e del Presidente aggiunto della Corte Suprema di cassazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 14.1.2022 n. 267 e n. 268) potrebbe essere l’occasione per una pronunzia che tracci in modo chiaro i confini della giurisdizione amministrativa, anche se l’eventuale decisione, investendo i vertici della Corte, sarà accompagnata da polemiche.

Un recente articolo (15 gennaio 2022) apparso su “Giustizia Insieme” (online) a firma della Redazione ha rilevato in ordine alle due citate sentenze del Consiglio di Stato: “È pacifico che si tratti di candidati eccellenti e che vi sia stata effettiva comparazione dei rispettivi curricula ai fini della nomina. È pacifico che non vi siano state violazioni dei criteri di nomina così come predefiniti nel T.U. sulla dirigenza giudiziaria (…), nel senso che è pacifico che il CSM abbia deciso in base a questi e non altri criteri”. Nel caso della nomina del Presidente, il Consiglio di Stato ha tuttavia ritenuto insufficientemente motivati i giudizi di prevalenza in quanto privi di “spiegazione concreta e circostanziata” laddove hanno ritenuto sostanzialmente equivalenti esperienze consistentemente diverse (funzioni di legittimità); ovvero privi di ragionevole e compiuta spiegazione dell’esito valutativo perché “l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi” (partecipazione alle Sezioni Unite); o ancora formulati “al di là della opinabilità, e cioè del fisiologico esercizio della discrezionalità spettante all’amministrazione nel quadro degli indicatori previsti dal Testo unico” nel momento in cui si è ritenuto che una determinata sezione (la Sesta Civile) rivestisse un ruolo essenziale e strategico quale Sezione filtro perché tale valutazione sarebbe avvenuta “in assenza di criteri (predeterminati) in tal senso nell’ambito del Testo unico” e conduce evidentemente “ben oltre la discrezionalità valutativa nell’apprezzamento dell’uno o dell’altro profilo curriculare” (ufficio spoglio).

Nel caso della nomina del Presidente aggiunto, il Consiglio di Stato ritiene del pari che “l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alla conclusione di ritenuta equivalenza dei profili dei candidati, conclusione che non risulta invece allo stato esplicabile né ragionevolmente intellegibile alla luce dello scarno passaggio motivazionale speso dal Csm al riguardo. Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono – oltre all’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione – un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni della prevalenza di un candidato sull’altro”.

Sembra così rimanere poco più che una clausola di stile il riconoscimento al CSM della “esclusiva attribuzione del merito delle valutazioni, su cui non è ammesso alcun sindacato giurisdizionale”, a dispetto del fatto che in presenza di situazioni di eccellenza il giudizio diventa inevitabilmente sottile e raffinato e veramente difficile da sindacare. E diventa altresì difficile comprendere quali sarebbero i margini entro i quali potrebbe muoversi la valutazione di merito, se tutto deve essere necessariamente predeterminato in maniera assolutamente vincolante. Pronunce siffatte rendono evidente l’anomalia di un sistema che concentra nel giudice amministrativo il sindacato sulle nomine agli uffici di pressoché tutte le magistrature nazionali e che, nel momento in cui include anche le proprie (della magistratura amministrativa) e quelle degli organi chiamati a sindacare le sentenze stesse del Consiglio di Stato (Cassazione), appare di dubbia costituzionalitá (cfr. Corte cost. 168/1963).

Come si vede la materia può diventare esplosiva innescando scontri istituzionali. Peraltro non bisogna dimenticare che il Consiglio Superiore della Magistratura si è dotato di un Testo unico sulla dirigenza (nonostante il nome altisonante è una circolare) che in taluni punti consente letture opposte e che era stato oggetto di una proposta di modifica che le vicende che hanno colpito il CSM ha impedito di attuare. A ciò si sono aggiunte, specie nella precedente consiliatura (che effettuò circa mille nomine di direttivi e semidirettivi per il repentino abbassamento dell’età pensionabile con il pensionamento anticipato di circa 500 magistrati, quasi tutti direttivi o semidirettivi, e il trattenimento in servizio di 18), nomine che non sempre hanno convinto. È perciò opportuno che tutti gli organi coinvolti nella questione (Consiglio di Stato, Corte Suprema di cassazione e Consiglio Superiore della Magistratura) facciano uso di una virtù cardinale talvolta dimenticata: la prudenza.