Quando gli Stati Uniti e l’Alleanza atlantica avevano nemici ben definiti – l’Unione sovietica e il Patto di Varsavia – i Vertici della Nato erano rari e noiosi: tutto era già scritto prima e le folle che scandivano nelle piazze “Meglio rossi che morti” non spostavano d’una riga le certezze dei leader, che puntualmente confermavano la decisione di installare gli euromissili. Il massimo dell’emozione erano gli screzi tra Grecia e Turchia: Giorgio Papandreu padre arrivò qualche volta ad incrinare l’unità atlantica. Da quando ha vinto la Guerra Fredda, l’Alleanza si trova ad avere nemici sempre indefiniti e talora immateriali.
I Vertici della Nato sono più frequenti, ma ugualmente noiosi: se, sulla carta, c’è da inventarsi ogni volta una nuova missione, per rendere attuale l’Alleanza, lo sforzo è soprattutto quello di coprire gli screzi tra partner. Che esplodono quando gli Stati Uniti hanno toni e modi da padre padrone: accadde, ad esempio, con l’invasione dell’Iraq nel 2003; e accade di nuovo e di più ora, perché Donald Trump non polarizza solo l’opinione pubblica negli Stati Uniti, ma pure il campo dei suoi alleati.
Resta insoluto il caso Turchia: Erdogan ha ricevuto critiche per l’offensiva contro i curdi nel nord della Siria, ma ha tirato dritto. Il Washington Post, alla vigilia del Summit di Londra, convocato per celebrare i 70 anni della Nato, nota che i Vertici, tradizionalmente più succosi di notizie nei bilaterali che nelle plenarie, diventano un deserto di incontri a quattr’occhi, perché nessuno ha voglia di confrontarsi con Trump, una scheggia impazzita. Lui dall’Air Force One scrive su Twitter: “Da quando sono presidente il numero degli alleati della Nato che hanno adempiuto ai loro obblighi finanziari è più che raddoppiato! La spesa della Nato è cresciuta di 13 miliardi di dollari”, mentre nei 30 anni precedenti “era calata dei due terzi e solo altri tre membri Nato adempivano ai loro obblighi finanziari”.
A Londra, oggi e domani, Trump vuole concentrare l’attenzione sui pericoli rappresentati dalla Cina e dal 5G ‘made in Huawei e Zte’; e vuole distogliere l’opinione pubblica americana dagli sviluppi alla Camera dell’inchiesta sull’impeachment. Le questioni poste dal presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui la Nato è “cerebralmente morta”; le relazioni critiche con la Russia e gli irrisolti nodi ucraini; i contrasti sulle scelte nei confronti dell’Iran e l’altalena delle opzioni contro l’Isis e in Afghanistan non lo appassionano.
Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel, che pure critica il giudizio del francese sull’Alleanza, non arrivano per fare baruffa con Trump, ma neppure per fare concessioni. A loro, andrebbe bene se tutto si risolvesse nell’elogio, dal sapore magari un po’ funebre, della Nato, che, nei suoi 70 anni, ha quasi triplicato i suoi membri, convertendo nelle sue fila in alleati trenta ex nemici.
Quella dell’Alleanza è una crisi di mezza età tardiva: per consolarsene, la Nato progetta di regalarsi un aumento delle risorse, con l’obiettivo di arrivare a 400 miliardi di dollari nel 2024, e stanziamenti per la difesa e gli armamenti in ogni Paese membro pari a un minimo del 2% del Pil nazionale.
Il Vertice sarà preceduto da un incontro fra i leader di Regno Unito, Germania, Francia e Turchia sulla situazione in Siria alla luce della controversa operazione anti-milizie curde lanciata da Ankara. Seguirà in serata il ricevimento dei leader ospiti della regina Elisabetta a Buckingham Palace. Domani, i protagonisti si sposteranno a Watford, nell’Hertfordshire, per l’appartato e blindatissimo Vertice vero e proprio, nelle sale del Grove Hotel, dove le delegazioni saranno accolte dal premier britannico Boris Johnson e dal segretario generale dell’Alleanza, il norvegese Jens Stoltenberg.