Trump ammonisce il Gop: chi non è con lui è un idiota

Dopo mesi sotto traccia, Donald Trump torna sul palco di un meeting ‘Save America’, in un festival a Florence, in Arizona: il magnate ex presidente scalda il suo pubblico e tiene viva la sua campagna in vista delle Presidenziali 2024, ma cerca anche galvanizzare la base repubblicana verso il voto di midterm dell’8 novembre. Trump ripete il ritornello delle “elezioni rubate” e nega ogni responsabilità degli eventi insurrezionali del 6 gennaio 2021, quando migliaia di suoi fan, da lui sobillati, presero d’assalto il Campidoglio e invasero il Congresso, cercando di impedire la ratifica della vittoria di Joe Biden, che aveva avuto sette milioni di suffragi popolari in più. L’Arizona fu uno degli Stati più contesi. È la prima volta quest’anno che Trump compare in pubblico: il 6 gennaio, aveva evitato il confronto a distanza con Biden. Se le sue sortite sono rare, più frequenti ma molto riservate sono le raccolte di fondi che organizza nei suoi golf club di Mar-a-lago, in Florida, e di Bedminster, nel New Jersey. Il prossimo comizio sarà a fine mese, a Conroe, nella contea di Montgomery in Texas. La tecnica retorica è sempre la stessa: rilanciare la teoria delle elezioni rubate e scaricate su altri, l’intelligence o i Democratici, le responsabilità del 6 gennaio.

Con i suoi fan, funziona. E sembra funzionare anche con il partito repubblicano: la maggioranza di deputati e senatori temono di essere ‘tagliati fuori’ dal voto di novembre. Chi prende le distanze dal magnate, rischia di trovarsi contro un ‘trumpiano’ nelle primarie repubblicane. L’ex presidente spara a zero contro chiunque riconosca la vittoria di Biden nel 2020: in settimana, se l’è presa con il senatore del South Dakota Mike Rounds, che ha osato ammettere la legittimità di Biden come presidente. “O è pazzo o è stupido – ha scritto Trump – non appoggerò mai più questo idiota”. Alla Camera, tutti i 435 seggi saranno in palio a novembre. Al Senato, una trentina su cento. Fino a ora, una quarantina di deputati hanno già deciso di non ripresentarsi. Fra questi, John Katko, uno dei 10 repubblicani che votarono per l’impeachment di Trump. Le manovre politiche verso il midterm 2022 sono state appena lanciate. I democratici, che devono riconquistare il proprio elettorato, ‘squagliatosi’ negli ultimi mesi per gli impacci di Biden nell’attuare il proprio programma e per l’effetto dell’inflazione sui redditi, cercano di contrastare la ridefinizione dei collegi – gerrymandering, nel gergo politico Usa – e le norme che rendono più difficile l’esercizio del diritto di voto delle minoranze introdotte negli Stati repubblicani. Non è detto che ci riescano: devono stroncare l’ostruzionismo repubblicano, ma la loro senatrice dell’Arizona Kyrsten Sinema non ci sta. Vanno avanti l’inchiesta della Commissione della Camera sul 6 gennaio e le inchieste della magistratura sulle pratiche finanziarie e fiscali della Trump Organization. Trappole che, se scattano, bloccano l’ex magnate. Nonostante la sua sicumera, il narcisismo dell’ex presidente subisce qualche smacco. Direct Tv, uno degli operatori di tv satellitari, ha ‘scaricato’ una delle tv di destra su cui Trump conta, Oan, considerata a un certo punto un’alternativa a Fox News, troppo tiepida nel sostenere il magnate. La decisione di Direct Tv avrebbe a che fare con la ripetuta diffusione, da parte di Oan, d’informazioni false sulle elezioni 2020 e sulla pandemia.

Per gratificare il suo ego, Trump apre un bar a tema sulla sua presidenza, “45 Wine and Whiskey (lui è stato il 45º presidente Usa), dentro la Trump Tower sulla Fifth Avenue, dove risiedeva quando ancora stava a New York. L’arredo rispecchia il gusto kitsch del magnate e di Melania: 39 foto ricordano i momenti giudicati più significativi della sua presidenza e una gigantografia lo ritrae alla scrivania nell’Ufficio Ovale. Peter York, giornalista di moda, definisce l’insieme “stile dittatore”, mentre il Guardian trova “esorbitanti” i prezzi.

Teheran ora è provincia di Pechino

La finestra riaperta l’anno scorso dalla Amministrazione Biden per salvare il trattato sul nucleare iraniano sembra stia per richiudersi e l’annuncio dell’entrata in vigore dell’accordo globale di cooperazione tra Pechino e Teheran forse contribuirà a velocizzare la procedura o, al contrario, a rallentarla. Nel caso dovesse prevalere il tentativo di ridare vita al Jcpoa, sarà infatti soprattutto per evitare che la Cina si impossessi di fatto anche della potenza sciita a cui sta giá garantendo la sopravvivenza economica dopo l’imposizione delle sanzioni americane nel 2018. Riguardo l’inizio dell’attuazione di questo accordo strategico della durata di ben 25 anni, siglato lo scorso anno dopo 6 anni di trattative, ne hanno dato notizia il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e l’omologo iraniano Hossein Amir-Abdollahian in un incontro a Wuxi, nella Cina orientale.

Del contenuto della partnership invece si hanno poche informazioni essendo segreto, ma il New York Times due anni fa ha rivelato che avrebbe assicurato una fornitura regolare di petrolio alla Cina. L’Iran ha una vasta riserva di petrolio che, pur essendo molto poco raffinato, fa gola a Pechino alla perenne ricerca di combustibili fossili. La Cina ha ufficialmente smesso di importare petrolio dall’Iran, ma gli analisti affermano che il greggio iraniano continua a entrare nel paese mascherato da importazioni provenienti da altri paesi. Va anche sottolineato che il Dragone è già da anni il principale partner commerciale dell’Iran. Wang ha ribadito al suo omologo che la Cina avrebbe continuato “a opporsi alle sanzioni.” Firmato a Teheran nel marzo 2021 quando era ancora presidente il moderato Hassan Rouhani, l’“accordo strategico” implica una cooperazione a tutti i livelli : economico, militare e di sicurezza. In cambio di forniture di petrolio a prezzi altamente scontati per un quarto di secolo, la Cina entrerà con tutto il suo peso nel devastato settore bancario e nelle telecomunicazioni, costruirá e ammodernerà le infrastrutture essenziali come porti e ferrovie, ovvero si accaparrerà gli asset principali dell’Iran così come ha fatto in molti paesi africani. Sono previste anche esercitazioni militari congiunte, ricerche e sviluppo di armi, condivisione di intelligence ufficialmente “per combattere il terrorismo, il traffico di droga e di esseri umani e i crimini in generale”, scriveva il New York Times. Di conseguenza il regime ateo di Pechino farà tutto ciò che è in suo potere per mantenere al potere lo spietato regime islamico degli ayatollah. Durante la visita, il ministro iraniano ha anche consegnato una lettera del presidente conservatore Ebrahim Raisi al presidente Xi Jinping che, ovviamente, non è stata svelata alla stampa. Il falco Raisi ha più volte sottolineato che sotto la sua amministrazione verrà dato spazio a una politica estera “asiacentrica” che include la Cina come attore principale. La visita di Amirabdollahian è arrivata in mezzo a una serie di incontri internazionali nella città del Jiangsu. Prima di lui era sbarcato il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), e i ministri degli esteri di quattro dei suoi paesi membri – Arabia Saudita, Kuwait, Oman e Bahrein – oltre al ministro degli Esteri turco.

I due ministri hanno discusso anche del proseguimento dei colloqui a Vienna volti a ripristinare l’accordo nucleare del 2015.

Amirabollahian ha detto ai giornalisti che l’Iran è pronto a raggiungere un accordo nel più breve tempo possibile: “Un’impresa che sarà resa possibile con il sostegno di Cina e Russia”.

Wang Yi ha aggiunto che la Cina sostiene la posizione “logica” dell’Iran nei colloqui di Vienna: “Ci auguriamo che anche le parti occidentali continuino i negoziati a Vienna con una visione realistica volta a raggiungere un accordo che veda assicurati anche gli interessi del popolo iraniano.” Il Dragone ha ribadito la propria opposizione alle sanzioni unilaterali contro l’Iran imposte dagli Stati Uniti e alla “manipolazione politica sulla base dei diritti umani e alle gravi interferenze negli affari interni” di Teheran.

Il ministro degli Esteri iraniano ha tuonato contro i paesi occidentali partner ed ex membri del Jcpoa – Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito – per quella che ha definito la loro mancanza di “iniziativa” nei colloqui.

Intanto i capi delle delegazioni negoziali hanno concordato di tornare nelle proprie capitali per due giorni per consultazioni, ma i colloqui non sono in pausa poiché i gruppi di lavoro continuano a tenere sessioni.

Mail box

 

 

 

Per votare al Quirinale basta il Green pass base?

Ho appreso dal Tg2 delle 13 del 14 gennaio i criteri che ognuno dei “grandi elettori” deve possedere per poter avere diritto alla votazione del prossimo presidente della Repubblica. Ciò che mi ha interdetto è stato che, sia dalla voce della giornalista sia dalla tabella visibile, era evidente che il requisito relativo alla posizione vaccinale è il solo possesso del Green pass base. Nella speranza che si tratti di un errore grossolano chiedo, in piena fiducia alla vostra redazione, di chiarire bene questo fatto che, nel caso fosse vero, dovrebbe indignare tutto il resto dei normali elettori, plurivaccinati e oltre.

Monica Ceccanti

 

Cara Monica, è così: per votare il prossimo Presidente della Repubblica ai grandi elettori basterà il “pass” base, cioè tampone o vaccino. Questo perché l’obbligo del Super green pass non riguarda il diritto al voto, costituzionalmente garantito. Basti pensare che oggi, nel collegio di Roma 1, i cittadini potranno votare senza mostrare alcun Green pass. Semmai il vero problema, ancora irrisolto, riguarda quei grandi elettori che, perché in isolamento o contagiati, rischiano di non poter votare.

Gia. Sal.

 

Caimano: che scandalo la compravendita

Ormai che la corruzione sia una prassi normale nella raccolta dei voti per l’elezione del presidente della Repubblica ce lo dice nientemeno che un senatore (cioè un funzionario pubblico) il quale, prestandosi a contattare coloro che potrebbero essere disposti a votare per Berlusconi, afferma candidamente (ingenuamente?) che costoro sono molto ricettivi in quanto… non sanno quale sarà il loro destino. Ecco: il “loro” destino, non il destino del Paese. La politica, intesa come strumento per il perseguimento dei propri interessi personali, c’è sempre stata, ma qui siamo più avanti: siamo all’ufficializzazione di una prassi aberrante che porterà allo smantellamento definitivo delle regole democratiche.

Ugo Massolo

 

Il governo è in ritardo pure sul costo delle Ffp2

Non solo il booster è stato organizzato con grave ritardo di almeno tre mesi, ma anche la questione delle mascherine, anzi ancora di più. Dopo due anni stiamo nella merda, per utilizzare un eufemismo, e tutte le precauzioni a nostra disposizione erano e sono molto importanti per contenere il virus. Si sa sin dal primo momento che la differenza di efficacia tra le chirurgiche e le Ffp2 era notevole, lo sapevano benissimo in molti. Io non so se gli esperti abbiano avvertito i politici, però ricordo il prof. Crisanti che lo diceva già ben più di qualche mese fa, ma non si è fatto nulla. Si sarebbero evitati tanti casi di persone infettate e molti morti indossando una mascherina piuttosto che un’altra. la comunicazione è deficitaria, poco chiara, assente e spesso incomprensibile ai più anche perché contraddittoria. La comunicazione è molto importante, l’ho capito lavorando in multinazionali, e anche lì funzionava male: solo che andava a scapito dell’efficienza della produzione, e non delle vite umane. Io, nel mio piccolo ho cercato di convincere le persone che conosco e i miei cari a usare le mascherine Ffp2.

Delfino Biscotti

 

A scuola ci si ammala per le finestre spalancate

Mia nipote frequenta la quarta elementare e, benché in Sicilia la temperatura sia mite, stare seduti nel banco vicino alla finestra in inverno risulta per chiunque fastidioso. La sua compagnetta, dopo giorni di esposizione alla corrente d’aria fredda, accusa un raffreddore e inizia a starnutire. Essendo lo starnuto ormai un atto degno di un attentatore, la maestra la riprende: “Cara, ma tu in queste condizioni non puoi venire a scuola. Stai a casa, riguardati”. Mia nipote: “Maestra, ma lei prima di venire a scuola stava bene; è in classe che si è raffreddata!”. Se l’ha capito mia nipote, pensate che ce la potrà fare anche Patrizio Bianchi, il ministro dell’Istruzione?

Carmelo Sant’Angelo

Al Colle vada una persona perbene

 

 

“Ci ha dato un’idea di politica fatta di brave persone”.

Cesare De Virgilio, un giovane venuto da Bari ai funerali di David Sassoli, “Il Messaggero”

 

 

Quella è una brava persona: quante volte abbiamo detto o ascoltato questa definizione che non ha quasi mai bisogno di essere declinata, poiché le brave persone lo sono prima di tutto nella considerazione degli altri. Nella reputazione che hanno conquistato presso il prossimo. Non esiste un manuale per essere una brava persona: in genere lo si è e basta, c’è tutta una vita a dimostrarlo. Spesso si dice: è una brava persona, tanto è vero che non ha fatto carriera. Come se avere successo nella vita fosse una controindicazione per le brave persone, un sintomo che in fondo qualcosa nell’essere delle brave persone non ha funzionato. Perché, questo dice il senso comune, se fosse stata veramente una brava persona non sarebbe mai diventato quello che è diventato. David Sassoli è uno che “ha fatto carriera”, una splendida carriera, fino a raggiungere il vertice del Parlamento europeo. Dopo aver raggiunto meritata popolarità e successo come firma del Tg1. Eppure era lo stesso (e continua a esserlo nel ricordo di tutti) una brava persona. Dunque, come ha detto quel giovane specializzando in Medicina venuto da Bari, esiste “un’idea della politica fatta di brave persone”. Coloro che compiono quotidianamente il proprio dovere (altra parola straordinaria) con dedizione e competenza. Che godono dell’affetto di chi li ama, ma anche del rispetto di chi non li ama (a parte qualche mascalzone social). Considerata la disistima che circonda il potere politico (e il potere tout court) non è qualcosa di miracoloso? Sono (rari) personaggi politici considerati perbene anche per contrasto rispetto a certi loro colleghi considerati non perbene (e non sono pochi). Un giudizio, tuttavia, che in qualche caso può rivelarsi controverso.

Chi scrive considera, per esempio, non particolarmente perbene un ex premier che si candida al Quirinale pur se condannato in via definitiva per frode fiscale (senza contare un’ottantina di processi in cui è riuscito a farla franca ma che pure qualcosa vogliono dire). Questo signore cerca di convincere i cosiddetti Grandi elettori che non conosce (e a cui si presenta, soprattutto se donne, come “quello del bunga bunga”). Agisce attraverso la lusinga e qualche concreta promessa chiamandoli uno per uno, come farebbe un piazzista di sciroppi miracolosi. Questo per limitarci all’essenziale visto lo spazio ridotto della rubrica. Ecco, chi scrive (e, probabilmente, anche chi legge) sogna che al Quirinale vada soprattutto una persona perbene. Un presidente come Sergio Mattarella. E come avrebbe potuto essere David Sassoli. “Auguri a noi e auguri alle nostre speranze, grazie e buona strada”: ha detto rivolta al suo papà la figlia Livia al momento del commiato. Auguri che facciamo anche nostri. Che ci riguardano. Parole splendide, come quelle pronunciate dalla mamma Alessandra e dal fratello Giulio. Sì, la famiglia perbene di un uomo perbene.

Sul bel Danubio blu, la sarta succosa flirta con il marinaio

Dai racconti apocrifi di Tibor Déry. Su una sponda del Danubio vivevano un traghettatore e sua moglie. Lui, forte come un bue e altrettanto sveglio, si chiamava Ferenc, e si guadagnava da vivere trasportando gente da riva a riva con la sua barca a remi. Lei, Magda, una sarta, era una donna disinvolta con un corpo succoso come pochi, e quando a letto apriva le gambe si aveva la sensazione come dello spaccarsi lento della melagrana e del fico. Il suo volto non era meno bello, ma quando, pettinandosi alla finestra, lo tuffava tra i fiori tenuti nel vaso sul davanzale, potevi scorgervi la malinconia che intristisce i tratti delle mogli trascurate.

Un giorno, un marinaio domandò a Ferenc di portarlo all’altra riva. “Puoi pagare?”. “Non ho soldi” disse il marinaio “ma se mi fai questo favore ti farò ridere e piangere allo stesso tempo”. “Voglio proprio vedere come ci riuscirai”, disse Ferenc. Arrivati sulla sponda opposta, il marinaio lo ringraziò: “Adesso porta qui la tua barca e rovesciala”. Sempre più curioso, il traghettatore obbedì. A quel punto, il marinaio liberò dalla patta il suo uccello poderoso e afferrandolo come una mazza sferrò sulla chiglia un colpo talmente energico che mandò il fasciame in pezzi. Lo spettacolo fu così sbalorditivo che il traghettatore scoppiò a ridere, ma un attimo dopo, contemplando la barca distrutta, non poté fare a meno di scoppiare in singhiozzi. “Che il diavolo ti porti!” gli urlò Ferenc. “Vattene!”. Era furioso.

Arrivò a casa che la rabbia era sbollita, e aprì la porta ridendo di gusto al ricordo di quell’appendice mostruosa; subito dopo, però, pianse ripensando alla barca sfasciata. Bevve d’un fiato un bicchiere di vino rosso, e raccontò alla moglie cos’era successo. “Stupido!” lo sgridò lei, che si era eccitata alla storia e non stava perdendo tempo. “Quello non era un marinaio qualunque! Era mio fratello! Mi aveva scritto che sarebbe venuto a trovarci. Presto, sella un cavallo e vai a cercarlo. Sono anni che non ho notizie della mia famiglia”. Ferenc lo trovò in una bettola. “Perché non mi hai detto che eri il fratello di mia moglie? Puoi stare da noi”. Il marinaio non capì nulla, se non che gli conveniva stare al gioco: “Come potevo sapere che eri il marito di mia sorella? Non ci siamo mai visti”, disse a Ferenc, poiché non era affatto stupido. Magda lo accolse gettandogli le braccia al collo: “Che bello rivederti, fratello mio! Hai fame? Vieni, mettiti comodo. Ferenc, prendi il suo sacco”. Il marinaio, a quel corpo voluttuoso che gli si strofinava addosso, non stava nella pelle; e a tavola dovette inventare parecchio per assecondare le domande della donna, ma la fantasia a un marinaio non manca di certo. “Questo gulasch è proprio buono, sorellina. Come quello di mamma”. “È la sua ricetta”. “E sentirai la torta!” aggiunse Ferenc.

Trascorsero la serata in allegria e, scesa la notte, Magda accompagnò il marinaio nella camera degli ospiti, dicendo a Ferenc: “Io e mio fratello dobbiamo ancora dirci tante cose. Resto qui un po’. Tu vai pure a dormire, marito mio”. Stanco com’era, Ferenc poco dopo già russava della grossa, ma Magda e il marinaio ci davano dentro con tale foga che a Magda sfuggì un gemito. “Cos’è stato?” urlò Ferenc, svegliatosi di soprassalto. “Ho appena saputo che mio padre è morto, caro”. “Riposi in pace” disse Ferenc segnandosi, e si riaddormentò. Qualche minuto dopo, Magda cacciò un grido ancora più forte. Ferenc si risvegliò: “Cos’è stato?”. “È morta anche mia madre”. “Dio l’accolga fra i suoi angeli” disse Ferenc. E la cosa continuò per tutta la notte, finché anche i cugini di secondo e terzo grado non furono nella tomba.

 

Gli oceani scottano tanto quanto sette bombe atomiche

In Italia – In una stagione finora modesta quanto a freddo e neve, con temperature sopra la media di circa 1 °C a scala nazionale, cenni d’inverno sono arrivati nell’ultima settimana al seguito della depressione “Doreen” in rotta dal Mare del Nord al Mediterraneo orientale. Tra domenica 9 e lunedì 10 gennaio nevicate hanno imbiancato le coste romagnole (5 cm a Rimini, succede quasi ogni anno) e le colline dal Chianti al Foggiano, ma nella notte tra martedì e mercoledì spruzzate di neve hanno sfiorato anche Roma. Sotto un freddo vento di grecale il cielo rasserenava poi in tutta Italia, con temperature minime tra -7 °C e -10 °C nelle pianure e conche più gelide del Settentrione, ma tra venerdì e ieri un tiepido anticiclone ha già riportato anomale atmosfere primaverili in montagna al Nord. I monitoraggi Ingv ed Enea dicono che la temperatura dei mari Ligure e Tirreno è aumentata di 0,6 °C dal 1999, rendendo il Mediterraneo tra i mari soggetti a più rapido surriscaldamento al mondo nel quadro dello studio Another Record: Ocean Warming Continues through 2021 despite La Niña Conditions, su Advances in Atmospheric Sciences: gli oceani globali non hanno mai contenuto tanto calore come nel 2021, con un incremento rispetto al 2020 equivalente all’energia rilasciata da sette bombe atomiche al secondo per tutto l’anno! L’emergenza climatica incalza, eppure i ministri Cingolani e Giorgetti, anziché imboccare strade virtuose e convenienti a lungo termine tra efficienza energetica e fonti rinnovabili, contano di affrontare il caro-bollette raddoppiando l’estrazione di gas italiano – le cui riserve certe corrispondono ad appena sei mesi di nostri consumi – senza alcun beneficio per cittadini e imprese e con un danno ambientale a causa delle emissioni-serra.

Nel mondo – La notizia più preoccupante dall’Australia non è tanto l’affaire Djokovic, quanto i 50,7 °C registrati giovedì a Onslow, sulla costa nord-occidentale, che eguagliano il record assoluto di caldo per tutto l’emisfero meridionale del 2 gennaio 1960 a Oodnadatta, sempre nel continente australiano. Tuttavia il valore attuale, registrato in un luogo di solito mitigato dall’Oceano Indiano, assume una maggiore eccezionalità rispetto al precedente, relativo a un arroventato deserto interno, lontano dal mare. Prosegue la calura storica pure in Sud America, dove Buenos Aires è giunta venerdì a 41,5 °C, secondo valore più elevato in oltre un secolo dopo i 43,3 °C del gennaio 1957, e da settimane la città soffre ripetuti blackout a causa della straordinaria domanda elettrica per il rinfrescamento degli edifici. Anomali diluvi e inondazioni invernali in Norvegia intorno a Trondheim e sui Pirenei francesi, a Tolosa la Garonna ha raggiunto i massimi livelli dall’evento del giugno 2000, strade e ferrovie interrotte. Continuano le alluvioni nello stato brasiliano di Minas Gerais, almeno 15 vittime e timori per il possibile cedimento di una diga, allagamenti anche in Tessalica (Grecia), nonché alle isole Fiji al transito della tempesta tropicale “Cody”, mentre intense nevicate insistono in Giappone dove lo spessore nevoso totale tocca i 330 cm presso la città costiera di Aomori (il record fu però di 566 cm nel 2013). Secondo Nasa e Noaa l’anno appena concluso è stato il sesto più caldo al mondo con 1,1 °C sopra la media di fine Ottocento, e tutti gli otto anni più roventi in almeno un secolo e mezzo si sono concentrati dal 2014 in poi. Impressionante dicembre 2021 negli Usa, di gran lunga il più caldo mai registrato con quasi 4 °C di troppo. La Terra scotta, e Lufthansa annuncia che, pur di non perdere i diritti di decollo e atterraggio negli aeroporti in base alle folli regole del mercato aereo, farà volare a vuoto 18 mila velivoli altrimenti fermi per la crisi Covid. Voli senza ritorno… verso l’abisso climatico.

 

L’acqua è vino. Dio si rivela alla fine della festa nelle situazioni imbarazzanti

Giovanni ci porta dentro una festa di nozze che si volge nella città di Cana in Galilea. Gli usi ebraici volevano una festa protratta per più giorni, sette o pure quattordici. Gli invitati arrivavano e partivano ogni giorno durante la festa. C’era la madre di Gesù, nota l’evangelista. E fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Gesù sarà a arrivato a un certo punto della festa. Gli sguardi si intrecciano in questo andirivieni. Così i sorrisi e i saluti, le chiacchiere. Ma Giovanni ha puntato decisamente l’obiettivo sulla madre di Gesù. Dice semplicemente: “C’era lei”. Di Gesù dice solo che “fu inviato”.

Manca il vino. Che cos’è una festa senza vino? Dev’essere stata molto allegra se il vino è finito prima del tempo. Siamo evidentemente alla conclusione dei festeggiamenti. Forse è l’ultimo giorno. Il clima deve essere quello tipico di una festa che finisce. Giovanni tiene fisso il suo obiettivo sulla madre di Gesù che parla e si rivolge al figlio. C’è un breve dialogo qui. Si susseguono battute brevi, cenni enigmatici. Maria gli dice: “Non hanno vino”. Gesù è secco: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Maria ribatte agli inservienti: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Non c’è il tempo di capire. L’asimmetria delle parole sembra trovare una sua armonia negli sguardi che possiamo, però, solo immaginare. Che cosa avrà voluto dire Maria? Sottolineare semplicemente la situazione imbarazzante? Dire che bisogna fare qualcosa per aiutarli? Gesù è ancora più enigmatico della madre nella sua risposta secca, troppo. Maria è decisa, noncurante della risposta del figlio. Sembra lei l’onnipotente qui. È certa che il figlio farà qualcosa. I due si intendono nel paradosso.

Giovanni stacca l’obiettivo dal gioco di sguardi tra madre e figlio e posa lo sguardo su sei anfore di pietra per la purificazione rituale, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. Gesù si rivolge ai camerieri con un ordine: “Riempite d’acqua le anfore”. I camerieri obbediscono e le riempiono fino all’orlo. Dice poi: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. I gesti sono ritmati da due ordini precisi. Senza senso. Che senso ha mettere acqua in anfore per la purificazione che sono vuote e che non servono più? Che senso ha portarle in quel momento a chi dirige il banchetto, ora preso dal panico per l’imbarazzo del quale però non ha colpa: è lo sposo ad aver fatto l’ordinazione del vino. Quell’uomo si vede arrivare i suoi dipendenti con anfore per l’acqua! Un paradosso. Lo sappiamo: accade un miracolo. Ma lo sappiamo a cose fatte: come il direttore ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, chiamò lo sposo. Giovanni non è affatto interessato alla trasformazione dell’acqua in vino, al prodigio in sé: 700 litri di buon vino a fine festa! Gli interessa la reazione del direttore, che non sa nulla di Maria, di Gesù e dei loro discorsi. Resta stupito dalla bontà di quel vino, e dice allo sposo: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Il primo miracolo di Gesù avviene senza effetti speciali nel corso di un incidente banale. Nessuno se ne accorge. Si rivela come una bella sorpresa e allieta gli animi. Così si manifesta la sua gloria: con una sovrabbondanza non eclatante, normale. Se ne gustano gli effetti, come si gusta un buon bicchiere di vino. La festa ora può proseguire. Dio si rivela nelle situazioni imbarazzanti o quando la festa sembra ormai lasciare il posto alla nostra malinconia.

 

Da B. a trump: adesso c’è il padrone del padrone

L’indagine della giustizia americana sull’assalto del 6 gennaio 2021 al Campidoglio, sede storica e simbolica del Parlamento (Camera e Senato) e della democrazia Usa, restituisce soltanto immagini deformate di ciò che è avvenuto, immagini riflesse in uno specchio ondulato, in cui è molto difficile distinguere la caricatura dalla rivelazione. Si capiscono due cose: ciò che accade è rigorosamente preparato, tanto che alcuni accessi di solito rigorosamente controllati sono già aperti, il personale di guardia è ridotto al minimo in un giorno che negli Usa non è di festa, e anche dopo ore, quando il disordine è diventato violenza, nessun soccorso è arrivato.

L’altro fatto da notare è che – nell’assalto al Campidoglio – è mancato del tutto l’impegno, tradizionale di questi eventi, a coprire le fonti, in modo da poterle sviare con vari meccanismi di accusa. In Campidoglio ciò che stava accadendo è stato invece narrato ad alta voce, quasi in radiocronaca, mentre accadeva. La voce, ben conosciuta e dunque dichiarazione di responsabilità, era quella dall’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha ripetuto decine di volte una accusa semplice e infantile: “Mi hanno rubato le elezioni. Il vero vincitore sono io”. È importante notare (ma l’argomento è stato abbandonato subito sia dalla politica sia dall’informazione) che l’intera organizzazione delle Forze dell’ordine e delle Forze armate è rimasto immobile (salvo arrivi modesti, tardivi, privi di compiti) e che i membri del Parlamento (tutti presenti perché era previsto il voto di ratifica dell’elezione del nuovo presidente Biden) hanno tenuto un comportamento da classe scolastica disorientata ma disciplinata, pronta a nascondersi, pronta a scomparire, pronta a tornare alla votazione prevista senza particolari dichiarazioni o segni di un modo o dell’altro di partecipare all’evento (adesione, opposizione, condanna, valutazione del pericoloso evento vissuto, fra morti, feriti, uffici vandalizzati e luoghi simbolo del Paese diventati percorso di una insensata passeggiata che forse è stata, a un certo punto, annullata, benché non si sappia da chi).

Nonostante la stanca inchiesta che sembra cercare di far luce su ciò che è accaduto o doveva accadere, il risultato dell’assalto al Congresso è stato enorme. Il presidente è apparso debole di una debolezza estenuata, ed è bene che limiti alle buone qualità espressive la sua controffensiva. I suoi uffici appaiono vuoti oppure frequentati da personaggi non incompetenti, ma immensamente prudenti.

Non credono sia tempo di reagire e non reagiscono. Un errore gravissimo, come quello della vicepresidente democratica degli Stati Uniti che dice a una folla di migranti latino-americani “non venite” ovvero “non tentate di passare la nostra frontiera”, dimostra che nei luoghi in cui lavora non si discute di nulla, non si affrontano problemi, non si tracciano percorsi, non si disegna una presidenza Biden, che infatti non c’è.

Resta quindi intatta la figura sgradevole di Donald Trump che, si può dire con una certa sicurezza, non è amato da nessuno e non ha un suo popolo, ma ha certamente una massa di seguaci pronti a proseguire la distruttiva marcia del 6 gennaio contro il Congresso e oltre, pur di far danni. È ciò che del resto è successo a Roma con l’assalto alla Cgil, un evento trasportato su gracili spalle fasciste e su robuste spalle no vax, dunque al di fuori della ragione, come le truppe di Trump che credono nelle elezioni rubate.

Ha ragione Luciano Canfora nel suo ultimo libro (Laterza) La democrazia dei signori: la politica ha perso il popolo. Un’altra drammatica controprova è che in Italia, Berlusconi è in discussione fra adulti per una possibile elezione al Quirinale, come se fosse una persona normale.

E qui siamo di fronte alla domanda che sembra complottistica e invece è logica: chi, che cosa c’è dietro? Trump non ha inventato e gestito la sua stramba vita, fra enormi case del gioco d’azzardo che devono sembrare la vita ed enormi case super lusso costruite su spazi rubati, che devono sembrare i palazzi reali del potere. E Berlusconi è il padrone di molto, ma non di se stesso, e la sua immensa corte risponde al padrone del padrone.

Ma è improbabile che il padrone del padrone si faccia vedere se non c’è qualcuno, in politica, che vada a stanarlo.

 

Il “secolo” di Bocchino pensiona il cavaliere

Nel giornalismo i refusi – al pari dei lapsus nella vita quotidiana – fanno spesso la gioia di Sigmund Freud. Ieri il Secolo d’Italia, ovvero il giornale edito dalla Fondazione Alleanza Nazionale e vicino a FdI, ha pubblicato in prima pagina un clamoroso errore, chissà se soltanto di battitura: “Colle, il centrodestra: Il Cav scelga la riserva’”. Ma come, Berlusconi deve scegliere la riserva? Nel senso che deve lasciare il posto a qualche altro candidato nella corsa al Quirinale? Il comunicato del centrodestra chiedeva ovviamente a B. di “sciogliere” la riserva, non certo di sceglierla. Ma basta un minimo sindacale di malizia per leggere nel titolo del Secolo d’Italia (peraltro diretto da Italo Bocchino) un poco amorevole messaggino all’alleato Silvio. Della serie: non è meglio ritirarsi e andare al parco a leggere il Giornale? Sulla maiuscola, in questo caso, nessuno griderebbe al refuso.

Il mistero gaudioso di Letta senior ricevuto a P. Chigi dall’uomo di Draghi

C’è una domanda che non trova risposta dalle parti di Palazzo Chigi: a che titolo Gianni Letta viene ricevuto alla corte del premier per un colloquio con il suo capo di gabinetto, in una giornata incandescente per la corsa al Quirinale? Perché Antonio Funiciello incontra il consigliere personale di Berlusconi in una sede istituzionale? Lo abbiamo chiesto allo staff della presidenza del Consiglio, che però non ritiene di dover alcun chiarimento. E il mistero rimane.

A leggere i retroscena politici, è un mistero per lo stesso ex Cavaliere, che ha fatto sapere di essere del tutto ignaro dell’operazione del suo gran visir. D’altra parte le ultime dichiarazioni pubbliche di Letta senior, che raramente si concede con questa frequenza a taccuini e telecamere, hanno lasciato sorpresi. Ben due volte, nel giorno della camera ardente e poi in quello dei funerali di David Sassoli, Letta si è fermato con i giornalisti per dettare virgolettati che non paiono affatto in linea con le aspirazioni quirinalizie del suo fraterno amico: “Il clima che si respirava per la commemorazione di Sassoli in Parlamento – ha detto – era straordinario, di serenità e di armonia, di desiderio da tutte le parti di contribuire a guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte”. E, come noto, nessun candidato è più di parte e più divisivo di Silvio Berlusconi.

Insomma Letta va a Palazzo Chigi ma non per sostenere la causa del Caimano. E viene ricevuto dal capo di gabinetto di Draghi come se fosse un attore istituzionale o un leader di partito. La corsa al Colle prende pieghe sempre più strane.