Energia, attenti a sirene del mercato libero “Offerte a prezzi bloccati non convengono”

Mentre la politica discute e si divide sulla possibilità di calmierare le bollette schizzate alle stelle anche attraverso una legge che introduca la tassazione degli extraprofitti realizzati dalle società grazie al caro-energia, tra chi è a favore e chi spiega che analoghe decisioni adottate in Francia hanno fatto crollare alla Borsa di Parigi il titolo Edf, sui profili dei social media e nelle caselle email di milioni di italiani tornano a fare la loro comparsa annunci pubblicitari che raccomandano “i vantaggi del prezzo bloccato”. Alcune offerte sono di questo tenore: “Come spiegano i media, in questo trimestre il prezzo del gas è aumentato ancora del 41,8%. Un rincaro che inciderà sul costo della bolletta, dal momento che hai un’offerta a prezzo indicizzato. Per metterti al riparo dalle variazioni di prezzo del mercato puoi scegliere subito la tranquillità e la convenienza di un’offerta gas del mercato libero con il valore del corrispettivo fisso per 24 mesi a partire dall’inizio della somministrazione. Ti stai ancora chiedendo quando passare dal mercato regolato a quello libero? Non aspettare più e scegli la sicurezza”. Ma queste offerte, come spiega uno specialista di diritto dei consumatori, celano un problema.

Secondo Giuseppe D’Orta, consulente finanziario indipendente, “farsi prendere dalla paura del momento per i rincari di elettricità e gas presenta dei rischi. La situazione mi ricorda quella del 2008, quando il petrolio arrivò a 150 dollari al barile e la benzina a 2 euro. I clienti dei servizi di fornitura di energia che in quel periodo firmarono questi contratti bloccarono sì i prezzi per periodi più o meno lunghi, ma sui massimi, quando i mercati avevano raggiunto il picco. L’unica via d’uscita, per chi ha sottoscritto le proposta, resta il recesso garantito per legge senza oneri, purché entro 14 giorni dalla firma”.

Una situazione simile era finita sotto la lente dell’Antitrust già in passato. La relazione annuale per il 2009 dell’Autorità spiegava che “nel solco di quanto già stabilito nel corso del 2008, l’Autorità ha avviato vari procedimenti istruttori concernenti messaggi pubblicitari nei quali si propagandavano offerte di energia elettrica e gas con condizioni economiche particolarmente vantaggiose” e che aveva comminato numerose sanzioni a grandi e piccoli operatori del settore per comunicazione ingannevole.

Crac bancari, sono migliaia le vittime incastrate nel labirinto degli indennizzi

Tra burocrazia, errori e incomunicabilità, molte vittime dei crac di Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti, Popolare Vicenza, Veneto Banca e di alcune Bcc venete sono rimaste escluse dai ristori del Fondo indennizzi risparmiatori (Fir). Grazie all’ultima legge di Bilancio, solo 9 mila tra loro hanno tempo fino al 15 marzo per completare le domande e chiedere il ristoro pari al 30% del prezzo medio di acquisto delle azioni e al 95% di quello delle obbligazioni subordinate. Ma migliaia di esclusi premono, mentre altre decine di migliaia di vittime non hanno mai presentato domanda.

Sono imponenti le cifre rese note dalla commissione tecnica di nove esperti che valuta le domande presentate al Fondo, finanziato con un miliardo e 575 milioni per il triennio 2019-21, attraverso la piattaforma online realizzata e gestita della Consap. Nel secondo semestre 2021 sono stati pagati 45.518 indennizzi per 417.478 milioni. Nel 2021 sono state valutate in tutto 118.002 pratiche per 745 milioni: 733,4 milioni con la procedura forfettaria del “primo binario” (117.027 domande) e 11,8 in procedura ordinaria, il “secondo binario” (975 domande). Sinora la Commissione ha definito il 79% delle 144.406 domande ricevute e il Fondo ha ancora disponibili circa 800 milioni.

il problema non sono (solo) i soldi. La segreteria della Consap invia al “primo binario” le domande di chi al 31 dicembre 2018 aveva un reddito inferiore a 35 mila euro o patrimonio mobiliare sotto i 100 mila euro e al “secondo binario” tutte le altre. L’esame spetta poi alla commissione. Ma secondo Milena Zaggia, vicepresidente del Movimento risparmiatori traditi, “con la commissione non si riesce mai a parlare. Eppure i nove esperti sono costati 1,55 milioni, 1,2 milioni per i primi due anni e altri 350mila per la proroga al prossimo 31 luglio”. Franco Spallino, azionista vittima del crac di Etruria, ribadisce che “da due anni cerchiamo di parlare con i commissari per capire le linee guida sulle violazioni massive, arrivate solo a fine 2019 e non ad agosto quando è stato aperto il portale del Fir. Ci dicono che la data di acquisto dei titoli che fa da spartiacque è il 2012, ma non abbiamo note ufficiali. I commissari a volte cassano domande dicendo che non rientrano integralmente nel periodo, ma non dicono qual è e quali titoli restano fuori. Eppure la sentenza di primo grado sulla bancarotta di Arezzo del gennaio 2019 riguarda anche danni per fatti del 2006 e la sentenza del 17 giugno 2021 sul crac della Vicenza dice che è stato danneggiato anche chi non ha venduto i titoli perché le condotte manipolative hanno inciso anche sulla scelta di non disinvestire, subendo un deprezzamento che si sarebbe potuto evitare”. Letizia Vescovini, avvocato specialista di risparmio e consulente dell’Associazione vittime del salva-banche, spiega che “serve che sia data la possibilità a chi ha avuto la domanda di ‘primo binario’ rigettata per questioni di reddito o patrimonio di poterla ripresentare nel ‘secondo binario’. La commissione, interpellata sul passaggio, dice che è impossibile e chiede di mandare una pec in autotutela, ma non ha un indirizzo email”.

Per Barbara Puschiasis, avvocato dell’Associazione consumatori attivi del Friuli-Venezia Giulia, “dai primi di dicembre la commissione chiede integrazioni di documenti. Che senso ha farlo adesso, molto tempo dopo la chiusura dei termini sulle domande? Sui rigetti per sforamenti reddituali o patrimoniali abbiamo chiesto a Consap di fornirci i documenti presentati dall’Agenzia delle entrate, ma la Consap li nega e invita a fare ricorso al Tar del Lazio entro 60 giorni, con costi assurdi. Quanto alla riapertura dei termini fino al 15 marzo prevista per 9mila domande non completate entro il 18 giugno 2020, in epoca di lockdown, perché non concederla a tutti? Le richieste incomplete sono circa 20mila, è una questione di equità”.

I 60 giorni concessi a inizio dicembre dalla Consap a chi ha domande “in bilico” stanno per scadere. Ecco perché le associazioni dei risparmiatori chiedono alla politica interventi normativi urgenti che chiariscano le procedure e risolvano le incongruenze del Fir una volta per tutte.

Stop alle moratorie sui prestiti: guai seri per imprese e famiglie

Non 25, ma 36 miliardi di euro. Questa è la “bomba” che grava sui conti dello Stato per i prestiti garantiti alle imprese per superare l’emergenza Covid. Una somma che le aziende rischiano di non poter rimborsare perché alle difficoltà per la recessione pandemica si è aggiunta la recrudescenza della variante Omicron. A certificarlo, dopo l’allarme (al ribasso) lanciato la scorsa settimana da Confindustria, è il nuovo aggiornamento della task force liquidità costituita per promuovere l’attuazione delle misure a sostegno della liquidità adottate in Italia negli ultimi due anni. Il 31 dicembre è, infatti, scaduto il termine entro il quale le imprese si potevano avvalere delle moratorie per la restituzione dei prestiti con garanzia pubblica. Ma, secondo il report è emerso che a fine anno risultavano ancora in essere sospensioni nei confronti delle imprese per 36 miliardi di euro, di cui 32 miliardi garantiti in base alle previsioni del decreto Cura Italia del 2020 a fronte di circa 400 mila richieste. Come spiega Il Sole 24 Ore, non si sa ancora quante saranno le imprese che da fine gennaio ricominceranno a pagare regolarmente le rate dei prestiti.

Dei 36 miliardi, infatti, una parte sono garantiti al 33% dal Mediocredito Centrale e un’altra parte all’80% da Sace, ma non è noto con quali proporzioni. L’ammontare garantito dallo Stato potrebbe quindi valere, secondo alcune stime, intorno ai 10 miliardi. Da qui la richiesta del mondo produttivo italiano e dell’Associazione bancaria italiana (Abi) di chiedere la proroga delle moratorie e far arrivare i sostegni fino alla fine dell’emergenza pandemica. La richiesta, tuttavia, per essere accettata ha prima bisogno che l’Italia ottenga dall’Eba (l’Autorità bancaria europea) una maggiore flessibilità per evitare che quei crediti diventino deteriorati (Npl). Di tempo, però, ne è rimasto poco per riattivare le moratorie ed estendere le garanzie.

“Il mancato rinnovo delle misure di sostegno per i prestiti di famiglie e imprese porterebbe a un’emergenza di liquidità per 1,2 milioni di soggetti con dissesti e fallimenti”, spiega Lando Maria Sileoni, il leader del principale sindacato dei bancari, la Fabi. Secondo un’analisi realizzata dalla federazione, è evidente che le misure previste per fronteggiare gli effetti della pandemia sul versante dei prestiti siano state efficaci. Dei 311 miliardi di euro stanziati in totale, circa 60 miliardi sono moratorie ancora attive, a fronte di 500.000 sospensioni accordate, tre milioni di richieste di finanziamenti presentate, più di 220 miliardi di prestiti garantiti da Mediocredito Centrale e 31 miliardi quelli erogati attraverso Sace. Numeri che, si legge nel report, a livello europeo, collocano l’Italia – insieme alla Spagna – ai primi posti per la percentuale di ricorso ai finanziamenti assistiti da garanzia pubblica (circa il 5% dei in essere del sistema bancario), con il primato del grado di copertura più elevato con un 85% medio rispetto alla Spagna e Germania (80%) e Francia (55%).

Falsi di Reggiani in tutta Italia. Giro d’affari per 1 milione

Un gruppocriminale, composto da mercanti d’arte, collezionisti e speculatori occasionali, con ramificazioni in tutta Italia, avrebbe creato una rete commerciale di ricettazione di opere d’arte false o contraffatte, attribuite a Mauro Reggiani, uno dei maestri dell’astrattismo. Lo hanno scoperto i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari, nell’ambito di una indagine della Procura di Lecce. Sono 60 i falsi dipinti sequestrati e 23 le persone indagate per ricettazione e circolazione di opere d’arte false/contraffatte. Giro d’affari: 1 milione di euro.

Patrigno Fatima ai pm: ‘Giocavamo in balcone’

La lanciava in ariae la riprendeva, un gioco che avevano fatto molte volte e che “la faceva tanto ridere”. È morta così Fatima, la bambina di tre anni che giovedì sera è precipitata da un palazzo del centro di Torino. A raccontarlo al gip Agostino Pasquariello, durante l’interrogatorio di garanzia, è stato Azhar Mohssine, il patrigno 32enne fermato dalla polizia con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. “Giocavo con lei sul balcone, la mamma ci guardava di sotto. Non so come sia potuto accadere”, si è giustificato l’uomo, di origini marocchine, che ha ammesso anche di avere bevuto e di avere preso dell’hashish, ma di non avere perso lucidità” se non quando si è reso conto che la bimba era caduta.

Bara e drappo nazista: “Ricostituzione Pnf”

Sono indagatiin base alle Legge Scelba e alla Legge Mancino gli otto militanti di Forza Nuova perquisiti ieri mattina dalla Digos della Questura di Roma e dai carabinieri del Nucleo Informativo del Reparto Operativo del comando provinciale, in relazione alla bandiera nazista esposta al termine del funerale di Alessia Augello, una militante di Forza Nuova, nella chiesa di Santa Lucia a Roma. Nell’inchiesta aperta dalla Procura di Roma si contestano i reati di riorganizzazione del disciolto partito fascista (Legge Scelba) e organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i vari scopi l’incitamento alla discriminazione all’odio o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (Legge Mancino).

Il pg: “Antimafia di facciata? 11 anni per Montante”

“È stata vera antimafia o antimafia di facciata? Non spetta al processo rispondere all’interrogativo. C’è stata una corsa al potere, anche spasmodica, di certo c’è che la logica del favore è incompatibile con l’azione antimafia e che il rispetto delle regole non ammette zone franche”. Sono le parole del sostituto procuratore generale Giuseppe Lombardo, pronunciate nell’aula bunker di Caltanissetta, nella requisitoria del processo d’appello all’ex paladino dell’antimafia Antonello Calogero Montante. Già condannato in primo grado in abbreviato a 14 anni, per Montante l’accusa ha chiesto la conferma della condanna con “parziale riforma”: 11 anni e quattro mesi. Imputato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico, secondo l’accusa il paladino dell’antimafia poteva contare su “una catena di montaggio nel quale ognuno aveva il suo ruolo”, e dove “tutti sapevano che facevano un favore a Montante e in cambio avevano dei vantaggi”. Montante, per i pm, non avrebbe gestito il “potere, ma lo creava” usandolo “negli enti pubblici e privati” per “collocare i clienti” come “moneta di pagamento per i favori illeciti che questi gli rendevano”. Chiesta la conferma delle condanne di primo grado per il colonnello della Guardia di Finanza Gianfranco Ardizzone (3 anni), il sostituto commissario Marco De Angelis (4 anni), il capo della security di Confindustria Diego Di Simone (6 anni) e per il questore Andrea Grassi (1 anno e 4 mesi).

Roma sperimenta il braccialetto anti-stalking

Un braccialetto anti-stalking da assegnare non al presunto persecutore, ma alla vittima. Potrebbe funzionare. Di sicuro, nei giorni scorsi ha salvato la vita a una donna di 37 anni della periferia est di Roma, che grazie al dispositivo assegnatole dal Tribunale di Roma è riuscita ad evitare che il suo ex compagno di 33 anni potesse tenderle un agguato sotto casa, violando il divieto di avvicinamento. All’arrivo dell’uomo, il dispositivo ha squillato, la donna e i carabinieri di Roma Settecamini sono stati avvertiti e tutto è andato per il meglio.

La notizia è arrivata fino in Campidoglio, dove ora la giunta guidata dal neo sindaco Roberto Gualtieri propone la città di Roma come capofila per la sperimentazione del braccialetto. “La tecnologia deve giocare un ruolo chiave per aumentare la sicurezza delle donne e dei loro figli minori”, ha commentato l’assessora Monia Lucarelli, supportata dalla collega Barbara Funari: “Uno strumento che si è rivelato già efficace in altre città d’Europa e che deve essere al più presto reso applicabile anche a Roma”.

Latina, picchia la suocera fino ad ammazzarla

Un 44enne è stato arrestato a Latina per l’omicidio della suocera: l’accusa nei suoi confronti è di aver provocato gravissime lesioni alla donna che, in seguito, ne hanno causato la morte. I fatti risalgono alla sera del 14 gennaio quando la figlia della vittima, rientrata in casa, ha trovato l’anziana agonizzante a terra con chiari segni di percosse. Nell’appartamento c’era anche l’uomo, che però non avrebbe saputo spiegare le cause del ferimento. La donna è stata trasportata in ospedale e sottoposta a un intervento chirurgico per rimuovere un vasto ematoma cerebrale, morendo poche ore dopo. Intervenuti sul luogo dell’accaduto, gli agenti hanno trovato il 44 enne in stato di agitazione: l’uomo si è peraltro rifiutato di indossare la mascherina, opponendosi ai pubblici ufficiali che l’hanno trasportato in Questura. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’accusato avrebbe percosso la donna per motivi ancora non chiari, facendola cadere a terra e colpendola. L’uomo si trova in stato di arresto a disposizione della competente autorità giudiziaria.

Shalabayeva, i pareri del governo favorevoli a Cortese e Improta: “Loro azioni corrette”

A 24 ore dal processo d’appello sul caso Alma Shalabayeva – moglie di Muhtar Ablyazov, ricercato da Kazakistan, Russia e Ucraina per reati finanziari e attualmente residente in Francia dove ha ottenuto il diritto d’asilo – il governo mette sul tavolo una ricostruzione degli eventi favorevole agli imputati. Partiamo dall’inizio: nel 2013 la Squadra mobile di Roma guidata da Renato Cortese, su impulso di un mandato d’arresto internazionale, effettua un blitz nell’abitazione romana di Ablyazov (non fu trovato e sfuggì all’arresto). In casa fu trovata sua moglie Alma Shalabayeva, che mostrò un documento di copertura (considerato falso) con il nome di Alma Ayan, non esibì né passaporto kazako né permesso di soggiorno e fu rimpatriata in Kazakistan in poche ore dall’ufficio immigrazione guidato da Maurizio Improta. Per la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Perugia nel 2020 fu un sequestro di persona e per la precisione di una extraordinary rendition perché sia Cortese sia Improta avrebbero dovuto sapere che Ablyazov era un rifugiato politico e che, quindi, sua moglie non poteva essere rimpatriata in Kazakistan, Stato riconosciuto come un regime totalitario. Rispondendo a un’interrogazione parlamentare del deputato Pd Carmelo Miceli il governo, in un documento di 6 pagine, non mostra alcuna esitazione sulla correttezza dell’operato di Cortese e Improta. Poi aggiunge che il nostro ministero della Giustizia ha collaborato con il Kazakistan in ben due occasioni, entrambe successive al rimpatrio di Shalabayeva (che poche settimane dopo rientrò in Italia con l’intervento del nostro ministero degli Esteri), per vicende giudiziarie che riguardavano sia Ablyazov sia sua moglie. Le richieste di assistenza giudiziaria kazaka tra il luglio del 2013 e il marzo 2015 furono pienamente evase dalla magistratura italiana e dal ministero di Giustizia anche in “base alla cortesia internazionale e con garanzia di reciprocità”. Segno che l’Italia – e ben 2 anni dopo il rimpatrio di Shalabayeva – non pare considerasse il Kazakistan un regime poi così spaventoso e, per di più, collaborava proprio su indagini che riguardavano Ablyazov e sua moglie. A questo punto, bisogna dedurre, gli unici obbligati a dover considerare il Kazakistan un regime totalitario, Ablyazov un rifugiato e idem sua moglie, in assenza di documenti, erano Cortese e Improta.