“Renzi scelga: senatore o conferenziere”

Pubblichiamo la lettera aperta alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati scritta da un gruppo di costituzionalisti, giuristi, accademici, filosofi, docenti universitari e intellettuali. Nella lettera si chiede di fare chiarezza su Matteo Renzi: scelga “tra la sua appartenenza al Senato o a organismi promozionali di altri Stati a cui (…) pure appartiene”. Il riferimento è alla partecipazione (pagata 80mila dollari l’anno lordi) dell’ex premier nel board del Future Initiative Investment, la fondazione saudita creata per decreto dal Re Salman. È noto il ruolo del leader di Italia Viva come conferenziere: è stato Il Fatto il 6 novembre scorso a rivelare, tra gli altri, i pagamenti ricevuti dal “Ministry of Finance Arabia Saudita” o anche dal “Saudi commission for Tourism” per gli speech svolti in passato. Su Change.org è stata anche avviata una raccolta firme. Qui il link dove è possibile firmarla: https://chng.it/WzGG49HdbH. Di seguito invece il testo della lettera a Casellati.

Gentile Presidente, incombe al Senato che Ella presiede, il diritto e il dovere di imporre al senatore Matteo Renzi la scelta tra la sua appartenenza al Senato medesimo o ad organismi promozionali di altri stati a cui, per sua ammissione, pure appartiene. Non occorre alcuna nuova legge e nemmeno apposito regolamento parlamentare perché egli sia tenuto ad ottemperare a tale obbligo. Esso si evince dall’art.67 della Costituzione secondo cui “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione” e dall’art.54 che statuisce che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Nemmeno le procedure giudiziarie che lo riguardano, come la natura dei governi al cui servizio egli si è posto, aggiungono o tolgono alcunché a tale obbligo che evidentemente esclude ogni doppia appartenenza. È da osservare, infine, che diversi uomini di governo di altri stati – ad esempio, Tony Blair e Gerhard Schroeder – hanno assunto incarichi analoghi, ma sempre successivamente alla scadenza dei loro mandati parlamentari e di governo. Ne deriva che il perdurare dell’attuale posizione del senatore Renzi costituirebbe un negativo precedente per tutti gli stati democratici che si rifletterebbe sul rispetto anche internazionale che merita il Senato della Repubblica italiana. Tanto più negativo in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica che richiede a ciascun parlamentare decisioni in rappresentanza e a servizio di una e una sola Nazione.

Lotti rientra nel Pd: il Colle più importante dei processi

Si è rimesso gli scarpini per tornare in campo come quei giocatori di pallone, sua grande passione, costretti magari dopo un infortunio a un lungo stop: Luca Lotti ha deciso di rientrare nel Pd da cui si era autosospeso dopo le inchieste che lo hanno fatto finire sulla graticola e pure in tribunale. Acqua passata: ora intende indossare la maglia del marcatore nella partita più importante, quella per la scelta del nuovo inquilino del Quirinale. “Vuole far pesare la sua leadership di Base riformista che resta pur sempre la corrente maggioritaria del Pd” sussurra senza girarci troppo attorno un suo collega, entusiasta per la sua scelta di abbandonare la panchina giusto in occasione dello stato maggiore del partito, convocato per celebrare il rito dell’investitura al segretario Enrico Letta alle trattative che servono per scegliere il nuovo Capo dello Stato.

“Ho preso parte, dopo un po’ di tempo, alla direzione del Pd congiunta con i gruppi di Camera e Senato. Un po’ di tempo, in realtà, vuol dire dal 14 giugno 2019, giorno della mia autosospensione. Da quel giorno non ho più partecipato alle attività del mio partito (riunioni, assemblee e direzioni) ma ho comunque continuato a fare il mio lavoro quotidiano di parlamentare, a fare politica in aula, a lavorare nel gruppo della Camera e con i territori che mi hanno eletto in un collegio uninominale” ha scritto via Facebook Lotti, che si era defilato dopo il Palamaragate e polemiche annesse per via di quella cena all’hotel Champagne dove il trojan installato sul cellulare di Luca Palamara aveva rivelato la combine sulle nomine da fare ai vertici delle procure di Roma e Firenze. E soprattutto la sua presenza a tavola in compagnia dell’ex presidente dell’Anm, di cinque consiglieri del Csm e pure del magistrato prestato alla politica renziana Cosimo Ferri che giusto tre giorni fa la Camera ha salvato dal processo disciplinare in corso nei suoi confronti a Palazzo dei Marescialli. Lotti non è mai stato indagato a Perugia, ma in compenso è a processo nella Capitale per rivelazione di segreto e favoreggiamento per il caso Consip.

Mentre a Firenze è indagato di concorso in finanziamento illecito con Maria Elena Boschi, Alberto Bianchi e Matteo Renzi che ora è riuscito a convincere la Giunta delle immunità del Senato che vada sollevato un conflitto di attribuzione contro magistrati dell’inchiesta su Fondazione Open, sospettata di esser stata un’articolazione politico-organizzativa della corrente renziana del partito democratico. E pure Lotti pare ottimista a guardare le sue grane giudiziarie, “problemucci che affronto a testa alta” ha scritto Lotti su twitter qualche settimana fa anche per negare che i rapporti con Renzi si son guastati fino all’animosità: ieri annunciando la sua rentrée ufficiale nel Pd ha detto che i motivi che lo spinsero al passo indietro sono “abbondantemente superati dai fatti. In quel momento la mia posizione è stata strumentalizzata dal punto di vista mediatico e riempita di significati che col tempo si sono rivelati tanto assurdi quanto falsi. Oggi con la stessa autonomia metto la parola fine a questa autosospensione, perché sono sempre più convinto che in questo momento il Pd e il gruppo riformista abbiano bisogno del lavoro e dell’impegno di tutti”.

Per far cosa? Per contare nella partita del Quirinale, certo. E pure nel partito oggi a guida lettiana che vorrebbe riportare a casa quelli di Articolo 1, i Speranza, i Bersani e i D’Alema, fuoriusciti in polemica con l’ex segretario Rottamatore. “In questi primi giorni dell’anno abbiamo letto di tutto: interviste su presunte malattie, cavalli di troia, ipotesi di assurde epurazioni e caccia alle streghe. In alcuni casi addirittura si è sentito ventilare di persone da eliminare” ha scritto Lotti alludendo all’intervista con cui Massimo D’Alema ha definito la fase renziana del Pd una malattia terribile. Parole che avevano già provocato la reazione piccata di Base Riformista la corrente di cui è capo: ieri sull’altolà all’ex leader Maximo Lotti ha voluto metterci la firma.

“Serviranno richiami selettivi solo per chi è immunodepresso”

Sfiorati i 50 mila casi in 24 ore in Israele, un numero mai raggiunto prima. L’anno scorso erano circa 9 mila i positivi rilevati con 110 mila tamponi (2021), contro i circa 250 mila del 2022. Israele ha 9 milioni di abitanti. I decessi registrati ieri sono 25, mentre nello stesso periodo del 2021 erano 33. E Israele ha già vaccinato con la quarta dose 468 mila soggetti. Cosa sta accadendo nel Paese-laboratorio?

Cyrille Cohen, membro del board governativo sui vaccini e Direttore di Immunologia alla Bar Ilan University, le infezioni stanno toccando numeri mai registrati, nonostante le due e tre dosi somministrate: cosa sta accadendo?

L’onda Omicron finirà solo dopo che le masse saranno state infettate, come ho già avuto modo di dire.


Si aspetta dunque che da questa fase se ne uscirà con l’immunità naturale?

La protezione sarà acquisita sia con la vaccinazione, soprattutto contro la malattia grave, sia con l’immunizzazione naturale, dovuta al contagio. Il vaccino è meno efficace nel ridurre i contagi, è vero, ma ha una copertura che resta eccellente nel prevenire l’ospedalizzazione e la malattia grave, e la morte.

Andiamo verso una fase endemica?

Sì, è possibile che acceleri effettivamente la transizione verso uno stato endemico, ma ci vorrà del tempo per averne la certezza.

Con la quinta ondata, a un anno dall’introduzione del vaccino, con Omicron i casi hanno ripreso a correre, raggiungendo numeri mai visti. I vaccini riescono a “contenere” questo tsunami di contagi, ma Omicron sembra agire più sui bronchi che sugli alveoli, sui polmoni profondi. È una buona notizia?

È vero che Omicron sta causando meno complicazioni, ma non dobbiamo sottovalutare questa variante, proprio perché è altamente contagiosa. Finora c’è ancora una protezione importante contro la malattia grave. E questa mi sembra la buona notizia.


Quale è la strategia da adottare ora? Continuare a vaccinare quante più persone possibili, compresi i bambini? O proteggere in modo selettivo chi è più a rischio: anziani, fragili e immunodepressi?

Non possiamo fermare quest’onda, ma possiamo cercare di ridurre il suo impatto. I più vulnerabili dovrebbero vaccinarsi, indossare mascherine ed evitare il più possibile gli assembramenti. Il vaccino salva la vita prima di tutto a loro.

In Israele state già somministrando la quarta dose a fragili e anziani. E in questa direzione sembrano presto muoversi anche altri Paesi, come Danimarca e Spagna. Sarà questa la decisione anche per un’eventuale quinta dose?

Al momento è questa la decisione di Israele: la quarta dose solo per gli over 60, e per il personale medico immuno-compromesso ed esposto. Ma è solo una raccomandazione, non è obbligatoria.

Un’ultima domanda sull’Europa. L’Olanda rappresenta un caso da studiare: ha iniziato il lockdown il 19 dicembre, e ha pianificato di terminarlo il 14 gennaio. Ma proprio nel bel mezzo del lockdown, le infezioni sono aumentate. Cosa significa per la comunità scientifica?

Potrebbe essere che, in una prima fase del lockdown, stavano combattendo più Delta, così i numeri sono scesi. Ma con Omicron, proprio per quanto è contagiosa, non crediamo che queste misure possano bastare.

Class action contro Msc per la crociera-focolaio

Positivi “lasciati circolare per ore negli spazi comuni”. “Mancato rispetto del distanziamento”, “ai tavoli e nelle aree ludiche della nave”. Dispenser di gel sanificante “spesso esauriti”. Foto e video del brindisi di Capodanno e della sala bingo, con assembramenti e gente senza mascherina. Turisti imbarcati senza comunicare il focolaio già in atto. E ancora: nessun rimborso per chi aveva cambiato idea, a fronte del diffondersi di un cluster in una crociera che ospitava 5mila persone.

Tutte queste segnalazioni fanno parte del corposo dossier raccolto dall’associazione di consumatori Codici, che rappresenta oltre un centinaio di persone che hanno già aderito a una class action contro Msc. La causa mira a ottenere risarcimenti per la crociera di Capodanno nel Mediterraneo, terminata con 120 positivi: “Le richieste danni – spiega l’avvocato Stefano Gallotta – riguardano il rimborso dei biglietti per chi ha deciso di non partire e a chi ha subito lo stravolgimento del programma di viaggio”.

A fermare il contagio non è bastato il Green pass rinforzato, almeno due dosi di vaccino per tutti. “Ci hanno fatto credere di entrare in una bolla, libera da coronavirus – racconta Alice Enrici, musicista di 34 anni che vive in provincia di Torino – all’imbarco non ci hanno nemmeno comunicato che il contagio era già in atto. A Genova stavano sanificando la nave, ma gli altoparlanti giustificavano i ritardi con escursionisti che non erano rientrati dalla gita. Sono stata avvertita da mia mamma. Non volevano farci scendere, abbiamo chiamato la polizia”. La “Grandiosa” era salpata dal capoluogo ligure alcuni giorni prima della fine dell’anno. Tappe a Civitavecchia, Palermo, Malta, Barcellona e Marsiglia. La compagnia nega ogni addebito e ribadisce di aver applicato protocolli all’avanguardia, molto più rigorosi che “nella maggior parte delle attività commerciali turistiche”, sanificazione costante, e tre tamponi, all’inizio, a metà e a fine viaggio. “A bordo di quella nave è stata violata qualsiasi tipo di norma di prevenzione – sostiene invece Stefano Proietti, infermiere romano – così le mie due figlie hanno preso il Covid”. Con lui in viaggio c’era anche la moglie Elena De Santis, infermiera del Gemelli: “Abbiamo lavorato in reparti Covid senza infettarci, né infettare nessun familiare, abbiamo preso il virus in crociera. La lista delle cose che non andavano è lunga, a cominciare dal fatto che a Marsiglia, dopo il tampone rapido fatto alle 15, siamo stati tutti liberi di circolare fino alle 20. Solo su nostra insistenza ci hanno poi detto che nostra figlia era positiva. Moltissimi a cui era stata comunicata a voce la positività, hanno avuto un referto negativo, per poi scoprire solo una volta a casa di essere davvero positivi. Abbiamo visto malati di Covid prendere ascensori in cui salivano tutti e bimbi con la febbre alta che non venivano tracciati”. Msc sostiene che per i passeggeri fosse attiva una copertura assicurativa legata al Covid. “Non ci risulta – dice Gallotta – chi rinunciava perdeva tutti i soldi”.

Il tribunale di Napoli ha già accolto quattro class action per crociere guastate dal Covid. I crocieristi sono stati rimborsati con accordi stragiudiziali, vincolati alla segretezza. E le crociere sono andate avanti, nonostante la pandemia.

Guai Migliori: tensioni in piazza e anche il Tar boccia il governo

Tutti a San Giovanni, ma le piazze romane erano due. Di qua “Verità e libertà” il “movimento libertario”, il “coordinamento delle partite Iva”, le bandiere “Italexit” di Gianluigi Paragone e altri gruppi e gruppetti del composito mondo che si oppone ai vaccini e al Green pass, davanti al piccolo palco alla sinistra della basilica, con lo striscione “Libertà whatever it takes” che sfotteva il “whatever it takes” di Mario Draghi e i tappetini di gommapiuma per sedersi sul prato e sui marciapiedi. “Sparpagliatevi, abbiamo preso questo impegno”, dicevano al microfono. Un minimo di distanziamento c’era, se pensiamo alle manifestazioni sindacali o ai concertoni in quella piazza. Poche mascherine, ma pazienza non si può avere tutto.

Di là, vicino alla statua di San Francesco, con un’amplificazione più improvvisata e meno potente c’era un pezzo della sinistra antagonista romana, dei centri sociali e dei sindacati di base, contro l’obbligo vaccinale, lo stato d’emergenza e il “ricatto per lavorare”. “Perché di tutto questo rimarrà solo il Green pass, il controllo digitale ovunque vai, la luce rossa che si accende se non sei in regola”, dice un manifestante. Meno numerosi e nemmeno tutti no vax radicali, ma questo anche nel resto della piazza.

Erano almeno 10-15 mila, anche da fuori Roma. Non pochi visto che arrivano solo con il tam tam sui social e le chat di Telegram. Pacifici sotto un bel sole, finché è durato. Dovevano essere due piazze separate, in effetti, le ha riunite la Questura. C’era pure una manciata di estremisti di destra con due bandierine di Militia Christi e uno striscione del “Movimento dei patrioti”, quasi invisibili e poi separati da un cordoncino di polizia. Un tentativo di partire in corteo con un paio di fumogeni è stato scoraggiato dalle forze dell’ordine e anche dal palco. Qua e là qualche cartello delirante sui chip di Pfizer e l’ossido di grafene, ma il tema erano il pass, la libertà di fare una vita normale senza vaccino, “due dosi, tre dosi, quattro dosi… e poi?”, “giù le mani dai bambini”, “li-ber-tà li-ber-tà”, “Draghi nemico pubblico numero uno” e lo strapotere di multinazionali (del farmaco e non) e banchieri. Insegnanti e operatori sanitari sospesi si alternavano ai microfoni, da un lato e dall’altro, sia pure con toni e lessico diversi. Sembrava lontanissimo il 9 ottobre 2021, con il corteo guidato dai dirigenti di Forza Nuova che sono in carcere da allora, insieme ad altri, per l’assalto alla Cgil. Una è la 39enne Pamela Testa: ieri c’era uno striscione per lei, in mattinata la polizia ne ha arrestati altri cinque per quegli stessi fatti. Una manifestazione più contenuta ha visto duemila partcipanti a Milano con il premio Nobel Luc Montagnier, icona di chi nega l’evidente efficacia del vaccino almeno nel ridurre notevolmente malattie gravi e decessi; mille a Trento dove è arrivato un proiettile al presidente leghista della Provincia, Maurizio Fugatti, e altri a Firenze, Genova e Torino.

Nelle piazze no vax è stata accolta con entusiasmo la sentenza del Tar Lazio che ha annullato la circolare del 26 aprile scorso del ministero della Salute che richiamava i medici di famiglia a evitare corticosteroidi, eparina, idrossiclorochina e “l’uso empirico di antibiotici” nel trattamento a domicilio del Covid-19: “Imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale”, scrivono i giudici. È la circolare chiamata “tachipirina e vigile attesa”. E oltre alla “vigile attesa” che sta per “costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche” indica “paracetamolo e Fans (antinfiammatori non steroidei: nimesulide, ibuprofene e altri, ndr) in caso di febbri o dolori articolari o muscolari”, “misurazione della saturazione dell’ossigeno” e i parametri per valutare monoclonali e ricovero. Probabilmente il ministero impugnerà la sentenza. E nei prossimi giorni farà una nuova circolare che terrà conto dei nuovi antivirali, quello della Merck già autorizzato, e forse quello della Pfizer ora in attesa, e dei problemi di alcuni monoclonali con la variante Omicron. Contagi e ricoveri aumentano meno di prima, i morti ieri sono stati 308 e saliranno ancora. Ma gli esperti credono che siamo all’inizio del plateau, poi tutto dovrebbe scendere.

Il malato intermittente frega i giudici e guarisce per Draghi

2020, 12 agosto. Volato da Nizza a Villa Certosa ai primi del mese, Berlusconi riceve Flavio Briatore, che di lì a poco risulterà positivo al Covid (ma Daniela Santanchè garantirà che “è solo prostatite”).

2 settembre. Berlusconi e Marta Fascina, appena rientrati in Provenza, risultano positivi al Covid e si trasferiscono ad Arcore per la quarantena.

4 settembre. Berlusconi è ricoverato per polmonite bilaterale da Covid al San Raffaele di Milano nel reparto di rianimazione del prof. Alberto Zangrillo. Dimesso undici giorni dopo, dichiarerà: “È stata la prova più pericolosa della mia vita: i medici mi hanno assicurato che la mia era la carica virale più alta tra le decine di migliaia osservate al San Raffaele”.

28 settembre. Berlusconi, ancora in quarantena, ottiene il rinvio del processo Ruby ter milanese al 19 ottobre.

1° ottobre. Il Ruby ter senese, in attesa di sentenza da febbraio, slitta al 25 novembre per il solito impedimento.

7 ottobre. Berlusconi guarisce miracolosamente e partecipa con la Fascina e tutta la famiglia alla festa di nozze del figlio Luigi con Federica Fumagalli nella villa di Macherio.

16 ottobre. Lascia Arcore e torna in Provenza.

19 ottobre. Risulta di nuovo malatissimo e ottiene l’ennesimo rinvio del Ruby ter milanese al 16 novembre.

18 novembre. Promette il sì di FI allo scostamento di bilancio per il nuovo decreto Ristori. Salvini e Meloni sono furiosi, ma poi si adeguano.

30 novembre. Ruby ter a Milano: la difesa Berlusconi chiede di riformulare il capo d’imputazione perché due ville di Bernareggio progettate da Mario Botta e date dal Caimano in uso gratuito alle testimoni Barbara Guerra e Alessandra Sorcinelli, valgono non 900 mila euro ciascuna (come dicono i pm), ma 1,1 milioni. Il Tribunale approva e rinvia.

15 dicembre. I difensori di Berlusconi certificano suoi “seri problemi cardiologici” e ottengono il rinvio anche del Ruby ter romano fino a maggio.

21 dicembre. Rinviato al 2021 anche il Ruby ter milanese: la difesa Berlusconi obietta che dalla notifica del capo d’imputazione modificato sono trascorsi 19 giorni anziché 20.

2021, 9 gennaio. Conte cerca una manciata di “responsabili” al Senato per sostituire i renziani, ormai fuori dalla maggioranza. Berlusconi chiama a uno a uno i suoi parlamentari, minacciando di espulsione chiunque votasse col governo. Gianni Letta vola da lui in Provenza per chiedergli il via libera all’uscita “in pace” di alcuni governisti, ma Silvio risponde picche: nessun aiuto a Conte, i voti di FI andranno solo a un “governo dei migliori” extra-large. Meglio se guidato dall’amico Mario Draghi: “Alla Bce – dice ai suoi – l’ho mandato io”.

14 gennaio. Berlusconi è atteso contemporaneamente al Tribunale di Siena (per la dichiarazione spontanea che ha chiesto di rendere prima della sentenza sul filone locale del Ruby ter) e alla Procura di Roma (che indaga sull’audio del defunto giudice Amedeo Franco). Ma non si presenta in nessuno dei due uffici. I suoi legali annunciano che da tre giorni è ricoverato al Centro Cardiotoracico di Montecarlo per un “grave problema di aritmia cardiaca”, che Zangrillo ha ritenuto addirittura incompatibile col suo trasferimento al San Raffaele di Milano. E invocano il legittimo impedimento per tutti i processi. Il Ruby ter senese è rinviato all’8 aprile. Quello di Bari slitta direttamente a maggio.

15 gennaio. Berlusconi viene già dimesso dall’ospedale di Montecarlo.

24 gennaio. Conte si dimette in vista della relazione di Bonafede sulla giustizia, che ha buone probabilità di non avere la maggioranza al Senato. Salvini, per tener fermi i forzisti tentati dal Conte-3, annuncia: “Berlusconi può fare il capo dello Stato”.

27 gennaio. Dimesso da 12 giorni, Berlusconi necessita di “riposo domiciliare assoluto per 15 giorni dal 19 gennaio”: lo dice l’avv. Cecconi al Ruby ter milanese, esibendo un certificato di Zangrillo. Tutto rinviato al 24 marzo.

2 febbraio. Fallita l’esplorazione del presidente della Camera Roberto Fico, Mattarella decide di non rinviare alle Camere il Conte-2 (che ha appena ricevuto la fiducia da entrambi i rami del Parlamento) e di non consultare i partiti sul da farsi. Convoca subito Draghi per un “governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica” e invita “tutte le forze politiche presenti in Parlamento” a sostenerlo: in caso contrario scioglierà le Camere per votare in primavera. È quello che chiedono da giorni Berlusconi, Salvini e Renzi.

4 febbraio. Berlusconi, da Nizza, assicura all’amico Draghi il massimo appoggio di FI.

9 febbraio. Prodigiosamente guarito, Berlusconi atterra pimpantissimo a Roma e corre a Montecitorio per il secondo giro di consultazioni di Draghi. Che gli riserva il saluto più caloroso, con un siparietto di sorrisi, battute e “gomitini” anti-contagio. “Grazie per essere venuto”, dice Mario. “Ti sei preso una bella gatta da pelare”, ricambia Silvio.

12 febbraio. Draghi sale al Colle con la lista dei 23 ministri: 8 tecnici e 15 politici, fra cui i forzisti Brunetta, Gelmini e Carfagna. Berlusconi, dopo tre anni di astinenza, torna al centro della vita politica e occupa tutte le pedine-chiave per i suoi affari: oltre al giornalista Mediaset Alberto Barachini presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai, piazza i forzisti Gilberto Pichetto Fratin come viceministro del Mise (che comprende le Telecomunicazioni), Giuseppe Moles come sottosegretario all’Informazione e all’Editoria e Francesco Paolo Sisto (suo difensore nel processo Escort a Bari) come sottosegretario alla Giustizia.

18 febbraio. Più che mai in forma, Berlusconi fa visita ai giocatori del suo Monza.

27 febbraio. Assiste in tribuna alla partita Monza-Cittadella.

11 maggio. Il Ruby ter a Siena sta per ripartire e Berlusconi si sente di nuovo male: rientra al San Raffaele per “gli strascichi del long Covid” (molto long) e i suoi legali, certificato di Zangrillo alla mano, chiedono almeno due mesi di legittimo impedimento.

13 maggio. Il Tribunale di Siena si arrende. Stralcia la corruzione giudiziaria, che vede imputati Berlusconi e il suo pianista Mariani, rinviandola a un nuovo processo che inizierà il 21 ottobre. E giudica il solo Mariani per falsa testimonianza, condannandolo a 2 anni per aver negato ai pm i bunga bunga nella villa di Arcore.

17 maggio. La Cedu dichiara preliminarmente ammissibile il ricorso di Berlusconi contro la sentenza Mediaset e chiede al governo italiano di rispondere, tramite l’Avvocatura dello Stato, a 10 domande sulla regolarità del processo. I legali del Cavaliere invocano il legittimo impedimento alla vigilia dell’udienza del 19, dov’è prevista la testimonianza del suo ufficiale pagatore di testimoni, il ragionier Giuseppe Spinelli.

(35 – Continua)

Nella Capitale si vota il sostituto di Gualtieri

È il giornodelle elezioni suppletive nel collegio Roma 1 (quello del centro storico). Si vota dalle 7 alle 23 per la successione alla Camera di Roberto Gualtieri, divenuto sindaco dopo aver sostituito, a sua volta, Paolo Gentiloni (divenuto commissario europeo dopo le elezioni politiche di marzo 2018) alle suppletive del febbraio 2020. In campo la candidata del Pd, Cecilia D’Elia, contro l’attuale consigliera comunale della Lega, Simonetta Matone, per il centrodestra, e il candidato di Renzi e Calenda, Valerio Casini. Outsider Beatrice Gamberini per Potere al Popolo e il civico Lorenzo Vanni. Attesa una scarsa affluenza, sebbene chi vinca sarà determinante per l’elezione del prossimo Capo dello Stato.

La Cassazione “decapitata”: ieri riunione urgente al Csm

Il Csm è di nuovo sotto choc. Questa volta per l’annullamento, inaspettato e senza precedenti, delle nomine dei vertici della magistratura, quella del primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e della presidente aggiunta Margherita Cassano, dichiarate venerdì illegittime dal Consiglio di Stato, ad una settimana dall’inaugurazione dell’anno giudiziario, che apre proprio il primo presidente. La Quinta commissione, competente per la proposta delle nomine, normalmente si sarebbe dovuta riunire lunedì. Invece, secondo quanto risulta al Fatto, si è riunita ieri da remoto sia al mattino che al pomeriggio, convocata d’urgenza dal presidente Antonio D’Amato, data la portata dirompente della decisione del Consiglio di Stato. Una discussione tormentata, cui hanno partecipato quasi tutti i consiglieri, non solo i 6 componenti della Quinta – i soli, però, ad avere diritto di voto – Non si è, tuttavia, arrivati alla votazione, che ci sarà lunedì. La maggioranza, come abbiamo anticipato, è orientata alla riconferma di Curzio e spinge per il voto definitivo del plenum di mercoledì in modo da togliere dall’enorme imbarazzo Curzio per la cerimonia di venerdì. Ma c’è anche una minoranza che pensa che non si possano bruciare così i tempi, che non si possa rischiare di essere nuovamente perdenti di fronte al Consiglio di Stato facendo fare all’istituzione un’altra pessima figura. Chi vuole ancora Curzio e non il presidente di sezione della Cassazione, Angelo Spirito, che ha vinto il doppio ricorso, pensa che ci siano tutti i margini per la riconferma di quella nomina avvenuta 2 anni fa quasi all’unanimità, che ha visto d’accordo in quel caso Area (progressisti) che sosteneva Curzio, presidente, ed Mi (conservatori) Cassano, aggiunto. Diversi consiglieri ritengono che non ci sia stata alcuna violazione delle norme, che il CdS abbia sconfinato nella discrezionalità propria del Csm, che l’annullamento a pochi giorni dall’apertura dell’anno giudiziario sia uno sgarbo istituzionale.

Addio scheda bianca. Conte vuole un nome di “spessore morale”

Per Giuseppe Conte è il momento più delicato da quando ha accettato di prendersi sulle spalle il Movimento 5 Stelle. La sfida Quirinale è dietro l’angolo e le difficoltà per l’ex premier nel tenere insieme le truppe di Camera e Senato sono ben note, con una settantina di parlamentari che ormai giocano una partita tutta loro, di pura sopravvivenza, pronti a ostacolare l’ascesa di Mario Draghi al Colle per scongiurare la fine anticipata della legislatura.

Conte ha bisogno di dare una direzione finalmente chiara al Movimento e anche ieri ha incontrato i suoi per aggiornare la strategia sul Quirinale. Durante la riunione si è soffermato a lungo sull’ipotesi Berlusconi, su cui pure alle prime battute aveva avuto qualche inciampo e timidezza, ma adesso pronuncia parole nette: “Una proposta irricevibile e improponibile – ha detto – che non è garanzia di unità nazionale. È fatta per dividere e spaccare il Paese proprio in un momento in cui abbiamo maggiore bisogno di coesione e del più ampio coinvolgimento”. Va da sé che ogni ipotesi di confronto con il centrodestra è destinata a cadere sul nascere, finché resta in piedi la candidatura vessillo del Caimano: “Il solo fatto di annunciarla produce l’effetto di compromettere un dialogo costruttivo con il centrodestra – il ragionamento dell’ex premier –.

Mancano pochi giorni alla prima votazione e il solo fatto di insistere su questa candidatura produce l’effetto di allontanare una soluzione di alto profilo, anche morale, ampiamente condivisa di cui c’è urgente bisogno”. Il dibattito asfittico sul Quirinale, secondo Conte, sta producendo a cascata una paralisi generale dell’attività politica e di governo: “Significa stallo sui ristori a chi è colpito dall’emergenza pandemica, stallo su interventi contro il caro bollette”. Un’immagine imbarazzante, per l’ex premier: “La gente in fila per i tamponi e la politica che si chiude per una settimana a fare di conto col telefono in una mano e il pallottoliere nell’altra? Noi non lo permetteremo”.

E invece non si esce da lì, da settimane l’opinione pubblica resta cristallizzata sul racconto della corsa al Colle dell’ex Cavaliere. Una corsa inverosimile, secondo Conte. E pure impopolare: “È un’opzione è fuori dalla realtà”, scandisce. “Fatevi un giro sui social, sulle bacheche dei quotidiani, nei commenti sotto gli articoli che facevano il punto sul vertice del centrodestra: è il Paese a respingere questa candidatura. Non solo il M5S. I cittadini dimostrano ancora una volta di essere un passo avanti rispetto alle tentazioni e rivendicazioni di Palazzo. Non mi stupisce che Berlusconi giochi legittimamente le carte a sua disposizione. Quello che stupisce, semmai, è che non sia chiaro che questa opzione è fuori dalla realtà”.

Il centrodestra però ha fatto il suo nome, almeno sulla carta. Nel centrosinistra invece la strategia non è per nulla chiara, tra fedeltà draghiane, invocazioni di Mattarella bis e minacce di Aventino. “Per noi la partita è diversa – ragiona Conte – è più complicata. La nostra scelta per il Quirinale parte da un’asticella alta: per noi un nome non vale l’altro. Il profilo che auspichiamo richiama coesione, unità ed etica pubblica. Siamo aperti al confronto per il bene dell’Italia: se fosse così anche per centrodestra il dialogo unitario delle forze politiche sarebbe oggi a uno stadio avanzato”.

L’ex premier insiste, nei suoi discorsi, sulle parole “morale” ed “etica pubblica”. L’idea che prende forma nel Movimento 5 Stelle è quella di rinunciare all’ipotesi che era stata ventilata finora, di abbandonare l’aula nelle prime tre votazioni contro l’ipotesi Berlusconi o di votare scheda bianca. Ora si pensa invece che sarebbe più efficace contrapporgli subito un altro candidato. Una figura, appunto, di alto profilo e “spessore morale”. Un nome diverso da quelli che circolano.

Nel Pd ora c’è chi vuole una “rosa” dalle destre

Alla direzione del Pd convocata da Enrico Letta con i gruppi parlamentari si presenta pure Luca Lotti (via streaming, come tutti). Che annuncia la fine dell’autosospensione. Il segretario non ne sapeva nulla, tanto che al Nazareno il timing pare quantomeno inelegante. Il dettaglio è di quelli che illuminano il quadro. Perché ieri Letta incassa un sì unanime al mandato (con le capogruppo) “di seguire le trattative per l’elezione del presidente della Repubblica”, mentre tutti gli interventi introducono divergenze. Nel documento finale si parla di “una figura di alto profilo istituzionale e quindi non di parte” , frutto di “una scelta condivisa” a partire dall’“attuale maggioranza”. E anche di “stabilità nell’azione di governo” e della conclusione “nei tempi ordinari” della legislatura.

La rosa del segretario comprende Sergio Mattarella, Mario Draghi e Giuliano Amato. “Non abbiamo deciso se votare scheda bianca nelle prime tre votazioni o se cercare un candidato con gli alleati”, chiarisce. Lui lavora per il premier, anche se il bis non gli dispiace. Pone un punto fermo: “Berlusconi è il più divisivo che ci sia”. E fa balenare un accordo anche sulla legge elettorale. Al Nazareno sono pronti a offrire a Matteo Salvini e a FI il proporzionale, per disinnescare B. E per portare il leader leghista sul premier gli fanno balenare un governo dove lui possa avere più peso. Anche attraverso un rimpasto (che potrebbe essere l’occasione per sostituire Giancarlo Giorgetti). Ma nei gruppi parlamentari dem, che temono il voto, l’opzione preferita è il bis di Mattarella, poi un nome diverso da Draghi, infine il premier stesso. In molti (che ancora non vengono allo scoperto) non escludono di prendere in considerazione una rosa presentata dal centrodestra.

Tra le figure più potabili c’è Franco Frattini. Si parla persino di Maria Elisabetta Casellati. Come mediazione “asettica” torna Pier Ferdinando Casini (eletto nel Pd). Difficile immaginare Draghi a Palazzo Chigi con uno di loro al Colle. Il dibattito di ieri si svolge con questi ragionamenti sullo sfondo. Per la corrente di Franceschini parla Franco Mirabelli che definisce Draghi “fondamentale per l’azione di governo”. E come lui Goffredo Bettini che parla pure di necessità di “un’iniziativa politica” del Pd. Raccontano che accarezzi l’idea di un Franceschini eletto presidente, magari con i voti di Berlusconi, per vendetta contro gli alleati in caso di una sua bocciatura: scenario che vedrebbe la fine del governo Draghi.

A descrivere esplicitamente un “rischio tenuta” con la candidatura in campo di B. è Andrea Orlando. Un altro che Draghi al Colle non lo vuole. Il vicesegretario, Peppe Provenzano (che preferirebbe Amato) avverte: “Non possiamo bruciare alcuna carta”. Per Base Riformista, Alessandro Alfieri auspica un accordo tra i leader di maggioranza. Lorenzo Guerini, che guida la corrente, è considerato il più forte alleato di Letta per portare Draghi al Colle. Ma l’uomo brilla per pragmatismo. Sarà perché ha ben chiaro il quadro che per Letta è già importante aver ottenuto un voto su nessun no al premier.