Ora che è in campo, anche se non ufficialmente, Silvio Berlusconi vuole giocarsela fino alla fine. Deve trovare una cinquantina di voti entro una settimana, così dice il pallottoliere considerando una quota fisiologica di franchi tiratori, che gli servirebbero per arrivare a 505 ed essere eletto presidente della Repubblica al quarto scrutinio.
Se capirà di non avere i numeri, alla vigilia della quarta chiama, Berlusconi potrebbe fare un passo indietro e intestarsi un altro nome. Quello che, sotto sotto, sperano sia Matteo Salvini sia Giorgia Meloni che in queste ore si sono sentiti e hanno concordato sul fatto che “serva anche un piano b”. Un nome alternativo, dunque, da offrire al centrosinistra nelle prossime ore.
Al momento però ad Arcore, dove Berlusconi è tornato per il weekend prima di volare a Strasburgo lunedì per la commemorazione di David Sassoli, l’eventualità di un ritiro non viene presa in considerazione. L’obiettivo è cercare i voti uno a uno. Così, da una parte lunedì partirà il coordinamento dei capigruppo che si riuniranno a Montecitorio per aggiornarsi costantemente sul pallottoliere (“sarà un monitoraggio” spiegano da Lega e FdI), dall’altra da martedì Berlusconi, con l’aiuto di Vittorio Sgarbi (il cui lavoro non è apprezzato nel cerchio magico), incontrerà a Villa Grande alcuni parlamentari che spera di convincere. A tutti propone una candidatura. Tra questi ci sono tre ex 5Stelle tra cui Nicola Acunzo, Bianca Laura Granato e, si dice, Lello Ciampolillo. Altri sono stati contattati, ma non hanno accettato. “Mi hanno chiesto un incontro ma ho declinato – dice l’ex 5S Alessio Villarosa – ma nel M5S Berlusconi può trovare 40 voti”. Anche l’ex deputato 5S Michele Sodano fa sapere di essere stato contattato ma di aver rifiutato un incontro e di non voler votare il leader di FI. Lo stesso la senatrice Rosa Silvana Abate. Considerata nel pallottoliere di Arcore una delle 13 in “forse”. Anche i renziani Francesco Bonifazi, Luciano Nobili e Cosimo Ferri sono stati contattati ma senza successo. I numeri, dunque, ancora latitano. Tra i report che girano ad Arcore si parla di 493 voti attuali ma in pochi ci credono davvero. A ogni modo, Salvini e Meloni hanno dato una condizione a Berlusconi: la prova del voto avverrà solo se ha in tasca almeno 510 voti. Altrimenti dovrà fare un passo indietro. Ma questo potrebbe avvenire solo alla vigilia del quarto scrutinio. Non prima.
Qui si inserisce la strategia di Salvini e Meloni. Il primo ieri ha fatto sapere che serve un presidente che “riformi il Csm” e poi ha replicato a Enrico Letta che nella direzione del Pd ha fatto capire di puntare su Mario Draghi o su un bis di Mattarella. “Dal Pd non accettiamo veti – ha detto Salvini – a sinistra tirano per la giacchetta Mattarella che si è detto indisponibile, ma anche Draghi che deve affrontare l’emergenza sanitaria ed economica: pensare a un altro ruolo diverso dal presidenza del Consiglio è una mancanza di rispetto”. Se per adesso la Lega resta compatta su Berlusconi, Salvini proverà a farlo desistere nel caso non ci fossero i numeri. E per questo sta preparando una rosa di nomi – Casellati, Frattini, Moratti e Pera – da sottoporre al centrosinistra dal quinto scrutinio (“abbiamo una settimana per lavorare con gli altri partiti” dice) e a Matteo Renzi che ha detto di poter votare “un candidato di centrodestra, ma non Berlusconi”. Luca Zaia è scettico sul leader di FI: “All’ultimo miglio arriveranno i candidati veri”. Anche Meloni assicura il sostegno leale a Berlusconi, ma ai fedelissimi pone una condizione: che il prossimo presidente debba dare l’incarico a chi vince le elezioni con un sistema maggioritario evitando “inciuci con il proporzionale”. “Chiunque sia il presidente, dovrà far governare chi arriva primo” spiega Ignazio La Russa. A partire dal premier Mario Draghi.