Con il solo tam tam dei social, quattro sconosciuti trentenni sono riusciti a battere la costosa macchina della propaganda leghista, scippando letteralmente lo show – e le prime pagine – a Matteo Salvini. Possibile?
A Bologna sì. Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni ancora non ci credono. Lanciata come una sfida civica e artistica su Facebook, sono riusciti a raccogliere (almeno) 13 mila persone in piazza Maggiore per dimostrare di essere più dei leghisti al PalaDozza. Tutti muniti di una sardina, disegnata o ritagliata, stretti stretti proprio come i pesci in scatola. “Non siamo noi i protagonisti, abbiamo intercettato un sentire che si è potuto esprimere”, spiegano.
Un “sentire” nuovo che rifiuta qualsiasi paragone: “I girotondi? Mai partecipato”. Soprattutto con il già visto: “Bella Ciao è un coro meraviglioso, ma è partito spontaneamente al termine del flash-mob, la nostra scelta è stata quella di iniziare con alcuni versi, e poi la musica, di Come è profondo il mare, una canzone scritta da un cantautore di Bologna non a caso e dedicata a noi che Bologna oggi l’abitiamo, è questa la cifra artistica della serata”.
Non “Bella Ciao”. “Ci riporta a una dinamica antica, come se Bologna contro Salvini avesse solo da offrire l’antifascismo e gli scontri, la piazza pacifica e silenziosa dell’altra sera dimostra che ci sono molte persone che rifiutano di mettere al centro la logica dello scontro, verbale o fisico, e scelgono l’arte e la non violenza. Non volevamo arrivare a quel dopo-elezioni in cui tutti si chiedono ‘come sia stato possibile’. Ecco mancano tre mesi, noi suoniamo la sveglia”.
Decine i politici locali che hanno partecipato e molti di più quelli che hanno condiviso foto dell’evento ringraziando i ragazzi. Di più, la convention bolognese del Partito democratico l’ha addirittura messa come ultima immagine del video di apertura dei lavori.
In città c’è già chi “teme” che i quattro organizzatori possano essere cooptati in una lista per le Regionali: “Non è ancora successo, ma non siamo stupidi, sappiamo che potrebbe accadere. Noi mettiamo al centro la società civile che era in piazza, la forza politica che saprà intercettare quel sentire sicuramente ci avrà tutti dalla sua parte”.
Intanto le sardine si allargano. Dopo il successo bolognese, il fish mob contro la Lega – e la sua candidata a governatrice Lucia Borgonzoni – trasloca a Modena lunedì prossimo.
Organizzato da due universitari che raccomandano di non portare bandiere di partito e associazioni, il ritrovo è in piazza Mazzini davanti alla sinagoga. Una scelta in onore della senatrice sopravvissuta ai campi di sterminio Liliana Segre: “Anche la Lega modenese in consiglio comunale ha scelto di non renderle omaggio, è tempo di reagire a questo modo di fare politica che alimenta la cattiveria delle persone. Attaccarlo sarebbe troppo facile, facciamogli sapere che l’Emilia-Romagna è un’altra cosa”.
Eppure, in questa stessa terra, cinque anni fa, il leghista Alan Fabbri, ai tempi sfidante del dem Stefano Bonaccini, prese 374.736 voti, quasi il 30% degli elettori (pochi) che votarono.
L’Istituto Cattaneo già da tempo sostiene che debba essere rivista la definizione di “roccaforte rossa”. In un’analisi del 2016 gli studiosi evidenziarono come gli elettori emiliano-romagnoli “si dimostrano sempre più mobili, disposti a cambiare schieramento e a punire gli amministratori in carica.
Una tendenza che, inevitabilmente, colpisce soprattutto il partito che elettoralmente, in regione, l’ha sempre fatta da padrone, ovvero il principale partito di centrosinistra in tutte le sue trasformazioni o configurazioni”. O come diceva Pietro Nenni “piazze piene, urne vuote”.