Il clima nei Cinque Stelle è quello che è. Ma Francesco Silvestri, capogruppo vicario del M5S alla Camera, prova comunque a sorridere: “Mi ha chiamato per parlare di calcio, giusto?”.
Tradotto in termini calcistici, il capo politico Luigi Di Maio sembra assediato nella sua area. Si lamenta della stampa, ma è oggettivo che i gruppi parlamentari non gli diano più retta. Ad esempio i senatori gli hanno detto no allo scudo per Mittal.
Non è vero che i gruppi non seguono Di Maio, sulla stampa ho letto ricostruzioni prive di fondamento. Questo è un momento particolare per il M5S, perché dopo dieci anni c’è bisogno di una riorganizzazione. In un contesto politico così in evoluzione c’è bisogno di darsi una struttura per rilanciarsi. Di Maio si sta caricando sulle spalle un processo delicato, mettendoci come sempre la faccia. Colpendo lui si colpisce la riorganizzazione, ma Luigi è riconosciuto e stimato dai parlamentari.
Sarà. Ma durante il vertice sull’immunità a Palazzo Chigi assieme al premier Giuseppe Conte e ai parlamentari pugliesi Di Maio ha messo sul tavolo la crisi di governo: “Chi non voterà lo scudo se ne assumerà la responsabilità in aula”. Non è proprio il segno di un Movimento coeso, no?
Io c’ero, e il clima era buono. Dopodiché il tema dello scudo a oggi non è centrale. La vera questione di cui siamo tutti preoccupati è che c’è un’azienda, Mittal, che non rispetta gli impegni assunti per l’Ilva. Detto questo, è normale che i nostri eletti tarantini abbiano una sensibilità particolare sull’argomento, e la trasmettano con più passione. Ma anche mercoledì alla Camera la riunione sull’Ilva con il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli è stata molto positiva.
I parlamentari si sono affidati al ministro e non a Di Maio perché si è impegnato a discutere con loro dello scudo, e magari perché si fidano più di lui….
Non è così. Il rapporto tra Di Maio e Patuanelli è ottimo, di piena fiducia reciproca. Tutti cercano una soluzione, e i parlamentari lo sanno.
Sanno anche che oltre due mesi senza riuscire a eleggere un capogruppo a Montecitorio non è un bello spettacolo? Lei si è sfilato dalla corsa. Voleva favorire una soluzione?
L’ho fatto per provare a sbloccare la situazione. Le difficoltà che stiamo vivendo dipendono anche dal fatto che noi da regola vogliamo un capogruppo ampiamente legittimato, che abbia il consenso almeno del 50 per cento più uno dei deputati.
Regola masochista, no?
È una regola molto ambiziosa. Ma è chiaro che il gruppo ora deve capire perché non riesce a eleggere un nuovo presidente.
Lei che ne pensa? Perché?
Perché come ho detto il momento è particolare, e possono esserci punti di vista molto diversi che si incrociano. Ma sono certo che a breve si risolverà tutto.
Lei potrebbe ricandidarsi?
I passi indietro o avanti si fanno in base al contesto e alla sensibilità del gruppo. Andrà valutato.
Prima accennava alla riorganizzazione. Ma tanti chiedono soprattutto una segreteria politica. Condivide?
È un tema che può accompagnare quello della riorganizzazione. Tutti possono dare una mano a Di Maio con l’aumento del carico di lavoro e impegni. Parlarne non è un problema.
Stasera il senatore Ugo Grassi ha praticamente confermato il suo addio: “Lasciare il Movimento per me è un atto di legittima difesa”.
Penso che Grassi stia affrontando una fase conflittuale con il M5S, e lo sapevamo. Ma se c’è anche un minimo margine per recuperarlo sono sicuro che il capogruppo in Senato Gianluca Perilli saprà sfruttarlo.