Manlio Messina, assessore regionale al Turismo della Regione Sicilia, tira un sospiro di sollievo e se la cava grazie alla prescrizione. Per l’ufficialità – i termini dopo sette anni e mezzo verranno raggiunti l’1 dicembre – bisognerà aspettare soltanto la prossima udienza, già fissata per il 10 dicembre. Il fedelissimo di Giorgia Meloni in Sicilia, nominato a luglio nella giunta del presidente Nello Musumeci in quota Fratelli d’Italia, era accusato dai magistrati della procura di Catania di truffa aggravata ai danni dello Stato.
Nel mirino i rimborsi del periodo 2009-2012, percepiti da Messina quando ricopriva l’incarico di consigliere comunale a Catania. Soldi per un ammontare di 31mila e 450 euro che il Comune aveva versato a una società privata in cui il politico ricopriva in modo simulato, secondo la Guardia di finanza, il ruolo di direttore commerciale. Insieme all’assessore alla sbarra sono finiti anche i titolari della ditta: Giuseppe Privitera e Danilo Belfiore.
Quello nei confronti di Messina è stato un vero e proprio processo lumaca, mai entrato nel vivo nonostante la prima udienza risalga al 29 marzo 2016. Poi appena sei udienze in tre anni e una lunga serie di rinvii, di cui almeno tre per dei clamorosi difetti di notifica agli imputati. In una occasione, giusto per citare un caso, il messo notificatore si sarebbe recato in via Etna anziché in via Etnea. L’ultimo appuntamento in tribunale ieri mattina. Appena una manciata di minuti utili agli avvocati difensori dei tre imputati, insieme al legale del Comune di Catania costituitosi parte civile, per conteggiare con precisione i termini per dichiarare ufficialmente estinto il reato. Alla giudice monocratica Eliana Trapasso non è rimasto altro che fissare una nuova udienza per chiudere la faccenda.