La campana suona per David Sassoli, giornalista e politico, presidente del Parlamento europeo. Uomo cortese, salutato da un moto di affetto che pare sincero e quasi unanime.
I funerali di Stato sono nella chiesa di Santa Maria degli Angeli in piazza della Repubblica, nel centro di Roma. Un tappeto rosso e un picchetto d’onore accolgono l’arrivo del feretro, avvolto in una bandiera europea. Nelle file più vicine all’altare, dall’altro lato rispetto a familiari e amici, ci sono i vertici dell’Ue e della Repubblica italiana: la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, il commissario Paolo Gentiloni e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel; il capo dello Stato Sergio Mattarella, il premier Mario Draghi, i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati; il presidente spagnolo Pedro Sanchez e la presidente greca Katerina Sakellaropoulou. E poi praticamente l’intera politica italiana: tra ex premier, ministri, segretari, deputati e senatori, quasi un Parlamento in seduta comune. Una sua versione composta e solenne, per una volta, tra le navate e i banchi di legno della chiesa.
È una delle ultime uscite prima del voto per il Quirinale e in diversi parlano della mitezza di Sassoli come di una lezione di stile e di metodo. Lo dice Gianni Letta ai giornalisti (ed è la seconda volta, dopo le parole di giovedì alla camera ardente): “Spero che il presidente della Repubblica si possa eleggere in questo clima di serenità e di valutazione degli interessi generali del bene comune”. Gli risponde poco più tardi Matteo Renzi: “Sono d’accordo. Si è creato in Parlamento un clima bello in nome di David Sassoli. Un buon metodo per eleggere un presidente arbitro, imparziale”. È la stessa riflessione, dopo la cerimonia, di Stefano Ceccanti, compagno di partito di Sassoli: “Grazie a David è stato il primo funerale di Stato italiano e pure europeo. Speriamo che aiuti a illuminare tutti noi anche per le prossime scadenze”. Forse un’illusione retorica o l’omaggio per una persona che non c’è più, sta di fatto che da ogni lato si fa riferimento a un clima ammansito, a un’improvvisa concordia, in vista di una partita parlamentare che invece può diventare brutale.
Per il resto, nella mattina di Roma, la politica cede giustamente il passo ai ricordi personali. L’omelia è del cardinale di Bologna, Matteo Maria Zuppi, che conosceva Sassoli dagli anni del liceo Virgilio, a Roma: “In tanti lo consideravano ‘uno di noi’, quasi istintivamente, per quell’aria priva di supponenza, di alterità, empatica. Insomma un po’ per tutti era un compagno di classe”. Zuppi lo definisce “figlio della Resistenza e dei suoi valori, su cui è basata la nostra Repubblica” e lo saluta così: “Riposa in pace e il tuo sorriso ci ricordi sempre a cercare la felicità e a costruire la speranza, fratelli tutti”.
Fuori dalla chiesa, nel giardino delle Terme di Diocleziano dove è allestito uno schermo per seguire la messa, un centinaio di persone si sciolgono in un applauso, che poi si ripete all’uscita del feretro. Ci sono due giovani avvolti in una bandiera europea, uomini e donne di partito e di sindacato, persone comuni. Come Dante, 70 anni, poche parole di senso comune: “Non ho mai votato Pd in vita mia, sono venuto perché Sassoli mi è sempre sembrato uno perbene”. Non molto di più, può desiderare chi si è dedicato alla vita pubblica: essere ricordato come una persona buona.