Massimo Carminata fuori dal regime di carcere duro riservato ai boss mafiosi: il “Nero” dice addio al 41-bis. C’era una volta Mafia Capitale, infatti. Dopo la sentenza della Cassazione rimangono le vicende dei protagonisti del Mondo di mezzo, non più mafia, ma due associazioni a delinquere distinte anche se in affari tra loro. E ieri è arrivato l’ok dal ministero di Grazia e Giustizia dopo gli scontati e obbligati pareri positivi della Dda di Roma e della Superprocura antimafia: resterà dietro le sbarre ma in regime ordinario l’ex Nar (i Nuclei armati rivoluzionari dell’estrema destra eversiva), 61 anni, padrone incontrastato di Roma nord, già vicino alla Banda della Magliana, rispettato dal sottobosco criminale e non solo di tutta la Capitale, dalla Tuscolana dei Senese a Ostia, coinvolto in diversi misteri d’Italia, ma sempre rimasto in piedi fino al colpo inferto dalla procura guidata da Giuseppe Pignatone e dal Ros dei carabinieri con la retata del 2 dicembre 2014.
Al carcere duro a Parma: dicembre ’14-luglio ’17
Il “Cecato”, chiamato anche così a causa dell’occhio perso per un proiettile sparatogli in faccia dalla polizia nel 1981 vicino al confine svizzero, è appunto detenuto dallo storico arresto avvenuto a Sacrofano, al 41-bis esattamente dal 25 dicembre 2014 (fu trasferito dal carcere di Tolmezzo a Parma, lo stesso che ospitava sempre murato vivo al 41-bis il capo dei capi di Cosa nostra Totò Riina) fino al 24 luglio 2017: infatti, dopo la sentenza di primo grado – il tribunale decise non essere mafia come la Cassazione farà successivamente – Carminati lasciò già una prima volta il carcere duro. E si ritrovò nella casa circondariale di Oristano in Alta sicurezza.
Alta sicurezza a Oristano, ora d’aria col boss Senese
In Sardegna incontrò, come spiegò lo stesso Carminati al suo legale Giosuè Bruno Naso, un vecchio amico, il capo della camorra a Roma: “Qui sto bene, benissimo. Sto bene di spirito e di corpo: mi sono anche abbronzato. Tutti cattivi eh, cattivissimi. Addirittura ho potuto rivedere Michele Senese. Ci siamo salutati”. Era il 4 agosto 2017.
Ripristino della misura ultrarestrittiva nel 2018
Più di un anno dopo, l’11 settembre 2018 la Corte d’appello lo condanna per il 416-bis, associazione a delinquere di stampo mafioso. E Carminati ritorna al 41-bis, questa volta nel supercarcere di Sassari. In primo grado Carminati è stato condannato a 20 anni senza “mafia”, in appello con la “mafia” a 14 anni e 6 mesi. Ha già scontato cinque anni, resterà dentro anche se non più al 41-bis, deciderà il Dap la nuova destinazione. Il ricalcolo della pena sarà stabilito col ritorno in Corte d’appello, si saprà quando fra una sessantina di giorni, dopo il deposito delle motivazioni della Cassazione.
E l’ex ras delle cooperative prova a ritornare libero
Lo stesso discorso vale per Salvatore Buzzi, 63 anni, capo storico delle cooperative sociali romane, assassino riabilitato e laureato in carcere nei primi anni Ottanta, al vertice della seconda associazione a delinquere in affari con il sodalizio di Carminati. Il legale Alessandro Diddi ha già presentato istanza di scarcerazione: “Il mio assistito, Salvatore Buzzi, va fatto uscire di galera, gli va immediatamente revocata la misura cautelare in carcere”. Deciderà la Corte d’appello, potrà seguire il ricorso in Riesame, e Buzzi in linea del tutto teorica potrebbe rimanere fuori almeno fino al ricalcolo della pena se non sarà ravvisato pericolo di fuga o reiterazione del reato. Anche Buzzi ha già scontato cinque anni di carcere, in primo grado senza “mafia” fu condannato a 19 anni e in appello con la “mafia” a 18 anni e otto mesi.