Gaetano Mosca (Palermo, 1858 – Roma, 1941), che Norberto Bobbio considera il padre della moderna scienza politica, nel 1900 tenne prima a Torino e poi a Milano una lezione-conferenza sulla mafia. Nel concluderla affermava che “è sperabile che le nostre classi dirigenti, edotte dall’esperienza, comprenderanno finalmente che, quando si permette uno strappo alla giustizia e alla legalità, non è possibile prevedere dove lo strappo andrà a fermarsi e che può eziandio accadere che esso si allarghi tanto da ridurre a brandelli tutto il senso morale di un popolo civile”.
Parole scritte ieri, parole quanto mai di attualità, anche se lo studioso si riferiva al processo per l’assassinio nel 1893 a Palermo del banchiere Emanuele Notarbartolo, un “affare” politico-mafioso che si sarebbe concluso con l’assoluzione del mandante e dell’esecutore dell’omicidio.
Di una validità non tramontata davvero straordinaria, principalmente per le annotazioni sullo “strappo alla giustizia” e sulla mafia “in guanti gialli”, quella dei piani alti del potere, il testo di Mosca è stato appena ripubblicato a oltre dieci anni di distanza dall’edizione Laterza, che comprendeva un saggio di Gian Carlo Caselli e Antonio Ingroia. A ristampare in una elegante edizione Che cosa è la mafia è Nino Aragno (pagine 58, euro 12), con una introduzione puntuale di Giacomo Ciriello. Ed è quest’ultimo a parlare giustamente di attualità da brivido, perché basta leggere poche pagine di Mosca per essere indotti a passare, nelle riflessioni, dal processo Notarbartolo del 1900 “a quello di Palermo del 2018”, cioè il dibattimento di primo grado sulla trattativa Stato-mafia. Le analogie impressionanti tra ieri e oggi, nei ragionamenti di Gaetamo Mosca, non si fermano al fatto che la mafia, già così rilevante allora, neanche oggi sia stata debellata per sempre, oppure che né il processo Notarbartolo, né quelli odierni, abbiano fatto piena luce sulle collusioni politico-mafiose nei vari gangli dello Stato. A fare rabbrividire sono le affermazioni dello studioso siciliano sullo “strappo alla giustizia”, e su come esso “si allarghi tanto da ridurre a brandelli tutto il senso morale di un popolo civile”. Scritto ieri, più che valido adesso, per l’appunto. Anzi: sempre più attuale. Con ogni probabilità gran parte dei componenti della classe politica italiana, quella di ora, non ha mai sentito parlare di Gaetano Mosca; e infatti se ne vedono gli effetti. Un testo, Che cosa è la mafia, nella nuova edizione Aragno o in quella Laterza, che invece dovrebbe essere letto dai politici per lo meno di buona volontà, ma soprattutto adottato nelle scuole (in fondo sono solo 58 pagine!) come libro di una possibile educazione civica.