L’Arca di Hammamet. Mancano meno di novanta giorni all’appuntamento col mare. Si salpa da Civitavecchia il 15 gennaio. La nave porta il popolo, due invece gli aerei già noleggiati dall’élite, e alcuni altri jet privati recapiteranno a Bettino Craxi le lacrime e la commozione degli amici più potenti e danarosi.
Il ventennale della scomparsa si trasforma in un quasi kolossal politico, e il comitato d’onore per le celebrazioni della vita e del pensiero del leader socialista, fuggito all’estero per sottrarsi al carcere, resistente alle condanne della giustizia italiana fino alla morte, giunta “in esilio” dopo una lunga malattia, chiama alla riabilitazione completa, alla decretazione finale di Padre della Patria.
Del resto nei giorni scorsi senza che nessuno glielo chiedesse a Giuseppe Conte è venuto in mente di tirar fuori “il Craxi di Sigonella”, quello che disse no a Ronald Reagan che pretendeva, in quanto americano, l’utilizzo della base aerea siciliana per i suoi aerei da combattimento, per illustrare la sua politica autonomista, gelosa della propria identità e dei suoi diritti. “Bettino si rivolta nella tomba” ha subito commentato Matteo Salvini, il padano che ieri inveiva contro e che oggi vede il meglio di quel peggio che la sua Lega illustrava al tempio del cappio in Parlamento. E infatti Giancarlo Giorgetti è atteso nel comitato d’onore, un’orchestra di 350 personalità, di ogni ordine e grado, che dovrà contenere la cornice solenne dell’anniversario. Invitato ad accettare l’invito a salire sull’arca e accogliere Craxi nel Pantheon anche Giorgio Napolitano, presidente emerito, e ora si attende l’adesione. Che è giunta naturalmente da Silvio Berlusconi, amico imbattibile, presente al cimitero nei tempi più tristi e che sarà ad Hammamet insieme a Fedele Confalonieri per suggellare non solo la storia ma la cura con cui Craxi ha seguito e un po’ agevolato l’avanzata di Fininvest sui teleschermi e l’approdo finale a regina della tv commerciale italiana.
Non è più tempo dei vecchi compagni d’armi, non più e non solo Ugo Intini e Claudio Martelli, Maurizio Sacconi e Renato Brunetta, ma Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri e Caterina Caselli, manager musicale di prima grandezza, e Eduardo Bennato e almeno un centinaio di deputati d’oggi svezzati al tempo del garofano, cresciuti grazie a Bettino e oggi mischiati nel Parlamento. Da Guglielmo Epifani in poi, lunga la lista di chi porterà un fiore, chiamati al ricordo, all’ardore di quel tempo, anche alla malinconia struggente.
Politici e cantanti, imprenditori e naturalmente giornalisti. L’ossequio a un uomo che diede al potere un timbro, un ritmo, anche un linguaggio. E quindi non poteva mancare Maria Giovanna Maglie, dalla narrazione cangiante e dal fiuto ineguagliabile (era del Pci quando l’assunsero all’Unità, del Psi quando l’assunsero in Rai. Poi di Berlusconi, e fece l’Isola dei famosi, quindi con Salvini, e stava per approdare in Rai come editorialista della sera). Maglie, tipica giornalista impressionista (l’impressione prima della precisione) è però saldata col lucchetto all’età craxiana. Bettino la fece assumere in Rai nel 1989, la Rai la fece dimettere nel ’92, scandalizzata per le note spese del suo ufficio di New York che costicchiava oltre la media. Archiviata perché inesistente l’accusa di truffa (provò che non aveva mai falsificato fatture), Maria Giovanna dovette dibattere e combattere a lungo per spiegare perché il suo ufficio costasse più di un miliardo e mezzo di lire all’anno, e solo l’acquisto dei giornali imponesse alla Rai un esborso mensile di due milioni e mezzo di lire e l’indirizzo di un informatore a note spese coincidesse con quello di un noto parrucchiere della Grande Mela.
La diatriba si chiuse con le dimissioni della Maglie, e tutto si acquietò. La vita continua e con lei altri colleghi (Sansonetti, Chiocci) celebreranno nel nome del garantismo l’eredità di quel tempo.
“Oggi tutto parla di Craxi”, dice Stefania, sua figlia, che anima la fondazione alla memoria. “Il presidenzialismo era la sua visione originaria, l’interesse a rivolgersi ai lavoratori autonomi anticipa il tema delle partite iva. Non parliamo della giustizia giusta”. Sarà un anno dedicato al pensiero di Bettino, un appuntamento al mese. Dodici iniziative tematiche che impegneranno nel ricordo tutto il 2020. “Nel sovranismo di oggi c’è tanto del carattere della sua azione, dell’orgoglio italiano di cui parla Salvini”, spiega Stefano Caldoro, chiamato alla tolda dell’organizzazione di questo viaggio.
Ad Hammamet si va. E proprio Hammamet è il titolo del film di Gianni Amelio che uscirà in quella settimana. Riuscitissima, sembra, l’interpretazione di Pierfrancesco Favino che in terra d’Africa alcuni mesi fa è sbarcato per le riprese, e quando la troupe ha avuto accesso alla villa del capo socialista, Amida, il suo fedele collaboratore domestico, chiamato soprattutto a curare le piante, gli amati carrubi, ha avuto quasi un mancamento. Gli è parso di rivedere il suo Bettino, gli è proprio sembrato che il signore che lo interpretava si muovesse come lui, fosse esattamente come lui, avesse cioè le stesse pause, gli stessi tic, gli stessi ardori e anche le medesime zone d’ombra. L’ira, a volte la superbia, altre la malinconica attesa del trapasso.
FOCUS
La caccia al tesoro scomparso
“Bettino Craxi è incontrovertibilmente responsabile dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento. La gestione di tali conti – si legge nella sentenza definitiva All Iberian – non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari”. I “fiduciari” erano Mauro Giallombardo, Giorgio Tradati, Silvano Larini, Gianfranco Troielli, Agostino Ruju, Maurizio Raggio, Miguel Vallado. Hanno movimentato negli anni un fiume di almeno 150 miliardi di lire, tra Svizzera, Liechtenstein, Caraibi, Hong Kong. Nel 1993, scoppiata Mani Pulite, Maurizio Raggio viene incaricato di far scomparire i soldi, il quale svuota i conti in Svizzera e fugge in Messico con 40 miliardi, poi depositati su conti cifrati alle Bahamas, alle Cayman e a Panama. Tornato in Italia, dice di averne spesi ben 15 per la sua latitanza e di aver restituito il resto a Bettino Craxi, su conti svizzeri e olandesi. Resta del tutto nell’ombra il “sistema Troielli”: conti in Svizzera, Hong Kong, Bahamas. Mai svelati, perché le Bahamas e Hong Kong non hanno mai risposto alle rogatorie dei magistrati milanesi.