Si chiama Charlotte ed è nata a Lione da genitori francesi. Ma in queste “Storie italiane” ci sta a pennello. Perché dell’Italia, e dell’Italia migliore, è ambasciatrice appassionata, più di tanti nostri connazionali che nulla ne sanno. L’amore per il nostro paese scoccò nel 2006, quando giunse in Erasmus a Venezia. Non era la sua meta preferita, giura. Ma il prezzo di antipatie superiori. Eppure arti e lettere sono sempre state il suo pane. “Mio padre insegnava alla scuola delle Belle Arti e mia madre faceva la stilista. Da piccola volevo dedicarmi all’egittologia, ma mi scoraggiai già al liceo perché sembrava una strada senza fine. Gli studi d’italianistica all’università li ho scelti perché da sempre ho saputo di voler fare l’insegnante. All’università di Lyon 3, i corsi sulla storia d’Italia mi hanno appassionato, insieme con la storia della lingua e della letteratura. Studi bellissimi”.
Grazie a quelli Charlotte, travolgente riserva di argento vivo, ha iniziato a venire spesso in Italia. Ha trovato amici a Bologna e lì “abbiamo fatto ‘la Bohème confortevole’ di Guccini, incontrando i mille accenti, le mille identità del paese. Quando poi con l’Erasmus mi hanno mandato a Venezia, passata la delusione iniziale mi sono immersa nella cultura veneta e da lì, come per una legge di gravità, nel favoloso dialetto veneziano. Abitavo a Mestre, dove ho incontrato Andrea, il mio compagno. E i suoi genitori mestrini, Mery e Berto, che mi hanno accolto come una figlia e con pazienza mi hanno insegnato il dialetto. Dopo sono tornata in Francia a preparare il concorso alla Normale di Lione e ho incontrato Jean–Claude (così chiama ora il professor Zancarini; ndr). Nella vita ci sono incontri che segnano una svolta. Lui è stato una svolta umana e intellettuale, mi ha insegnato la passione assoluta per la propria materia, la bellezza della ricerca e l’importanza di essere se stessi. È grazie a lui se ho potuto finalmente fare ricerca seriamente sulla mafia”.
Eccoci, dunque. Perché così arriviamo anche al primo incontro tra chi scrive e la allora ragazza francese. In una libreria di Bologna. Lei timida con una perfetta padronanza della nostra lingua e un coinvolgimento morale ed emotivo nella lotta alla mafia quasi totale. Sapeva tutto, era disposta al sacrificio. Una tesi di dottorato sulla memoria; tema che all’inizio, affrontando la sfera della politica, l’aveva un po’ delusa. “Ma appena mi sono messa a lavorare sulle vittime, ho capito l’importanza civile di un lavoro del genere. È una fortuna lavorare su persone che suscitano la nostra ammirazione ma è anche complicato. Oltre l’empatia provata e la difficoltà a tenere ‘a debita distanza’ l’oggetto di studio (per usare le parole della mia direttrice di tesi), l’impegno di quelle persone era stato così grande, così carico di senso, che sentivo il dovere morale di produrre, come per onorarle, un lavoro di qualità. Ce l’ho messa tutta. Volevo che il mio lavoro fosse un piccolo omaggio al loro operato”. Così ha conosciuto Palermo in lungo e in largo, nei quartieri popolari la chiamavano “la francisa”, una volta ci portò pure sua nonna. Ne è nato un lavoro monumentale e bellissimo.
Quanto a Mestre, a Venezia e tutto il resto, sarà stata una meta indesiderata. Ma con Andrea ha fatto la scelta di vita. L’ha seguita lui: ha imparato il francese, si è trasferito a Lione quando lei ha iniziato a insegnare, e ha trovato un lavoro. “Si è impegnato tantissimo e ne sono molto orgogliosa. Torniamo a Mestre tre, quattro volte all’anno. Per rivedere i suoceri che hanno già il frigo pieno di tutto quello che ci piace, e gli amici che hanno già l’elenco degli aperitivi da prendere ogni giorno”. Nel maggio dell’anno scorso, poi, è arrivato un piccolo ciclone di nome Giulia, che parla, balla e canta tra i gridolini di entusiasmo della suocera annunciante “ciò ! xe vanti sta putea !!! “.
Nel frattempo Charlotte è diventata ricercatrice e poi professore associato a Lyon 3, l’università dove ha studiato. Insegna italiano in un corso di lingue applicate al commercio. Ma non ha dimenticato gli eroi italiani, né Palermo e la lotta alla mafia. Promuove con il vecchio maestro Jean Claude incontri affollatissimi, dove chi arriva dall’Italia si riferisce a lei come alla “professoressa veneta”. Ora rappresenterà Lione in una rete internazionale di università contro il crimine organizzato. Vuole aprire un corso specialistico, le piacerebbe “Economia e legalità”. Della serie “conviene seguirli” sin da piccoli. Perché poi diventano famosi….