Cara Viola, per il booster bisogna aspettare 2 mesi
Ho ascoltato la dott.ssa Viola che a Otto e mezzo contestava quanto riportato da Travaglio sui lunghi tempi di attesa per vaccinarsi. Incredibile: ma dove vive? Sul sito della Regione Marche mio cognato, che ha prenotato per la terza dose nei primi giorni di dicembre, doveva aspettare oltre il 15 febbraio. E il centro vaccinale si trova a circa 20 chilometri dal nostro paese. Fortunatamente il mio medico curante mi ha trovato uno spazio il 18 gennaio, ma non tutti i medici di famiglia si sono resi disponibili a effettuare le vaccinazioni. È un vero peccato per il pubblico da casa non poter intervenire per telefono in occasione delle tante corbellerie che si ascoltano in tv.
S. G.
Le difficoltà di farsi vaccinare in Lombardia
L’altra sera mi sono cadute le braccia nell’ascoltare gli ospiti della Gruber, di fronte alle osservazioni di Travaglio sui ritardi effettivi sulle terze dosi. La Viola, che tutto sommato obiettiva, ha infilato una dietro l’altra delle inesattezze: a Travaglio che si riferiva alla Lombardia, ha risposto parlando del Veneto. Eppure sulla disorganizzazione lombarda sono testimone diretto e vi avevo pure scritto all’inizio di dicembre, quando ho provato a prenotare e il primo slot libero l’ho trovato l’11 gennaio, nonostante la mia veneranda età di 73 anni. A metà dicembre ho fatto due tentativi di vaccinazione senza prenotazione sia a Vimodrone che a Vimercate, e in entrambi gli hub mi hanno respinto. È facile per la Viola dire che in Veneto hanno vaccinato in pochi giorni lei e i suoi figli: si dimentica di riflettere sul suo cognome, che è una sorta di lasciapassare. Anch’io avrei potuto approfittare dei miei amici medici pavesi e andare a Pavia a farmi vaccinare… ma vi sembra il caso che facessi da Vimercate 150 chilometri fra andata e ritorno? È un Paese insopportabile: nessuna analisi reale, ma tutto viene filtrato dalla ideologia e dall’apparenza.
Tanino Armento
Come i renziani usano le parole degli avversari
D’Alema ha dichiarato che la malattia del Pd è andata via. Subito Renzi, sui social, ha risposto: “Un pensiero a chi è malato davvero, magari in un letto di ospedale”. La cosa non è nuova. Infatti a fine 2017 Travaglio scrisse: “La legislatura che sta per essere sciolta, si spera nell’acido, è stata tra le peggiori della storia repubblicana”. Le rispose prima Lucia Nobili, avvocatessa sfregiata dall’acido, con una lezioncina: “Chi, come me, ha conosciuto gli effetti dell’acido, si augura che questo non debba mai accadere a nessuno, nemmeno per scherzo”; e poi Renzi: “Un abbraccio a Lucia Nobili, donna coraggiosa”. La domanda sorge spontanea: ma quando la smetteranno i renziani con questa patetica speculazione sull’interpretazione peculiare delle parole?
Antonello Garofano
Credo mai. Senza queste speculazioni da poveracci non esisterebbero neppure nell’unico luogo dove ancora si notano: la tv, i giornaloni e Twitter.
M. Trav.
Il “Fatto” non parla mai nelle conferenze stampa
Leggo sui social che nessun giornalista del Fatto Quotidiano sarebbe stato accreditato per partecipare alla conferenza stampa di Draghi. Se sì, volevo semplicemente darvi il mio supporto morale. Per assurdo, ma neanche tanto, avrei preferito che nessun giornalista del Fatto avesse voluto parteciparvi! Continuate così e grazie per esserci.
Fausto Beggi
Caro Fausto, dicono di “sorteggiare” i giornalisti abilitati a fare domande e guarda caso escono sempre le stesse testate. “Fatto” a parte, si intende. Si credono forti, ma sono debolissimi.
M. Trav.
In Italia disincentiviamo i medici di famiglia
A proposito dei medici di base: se ne vanno in pensione, o a fare altro, perché sono soli e, contrattualmente, “deboli”. Quelli inglesi hanno una base scientifica e istituzionale molto forte: il Royal College che, insieme al Gmc, verifica la loro formazione, li unisce, li accredita. Sono stati coinvolti subito nella gestione della pandemia. I medici se ne vanno perché è difficile relazionarsi con persone malate, impaurite o solo disinformate se non si hanno le spalle forti. La Società Italiana di Medicina Generale, così come i sindacati medici hanno la responsabilità di fare prevalentemente gli affari propri. Nella pandemia i medici inglesi hanno più finanziamenti temporanei per le vaccinazioni, ma lo stipendio di base è simile, se non addirittura inferiore a quello degli italiani. In pensione un medico ci va perché è demoralizzato o si sente solo. I soldi non sono tutto.
Pierluigi Struzzo