Da un lato, per la prima volta, la presentazione in streaming, sotto gli occhi di tutti, dei 16 candidati per l’elezione di due consiglieri Csm, in quota pubblici ministeri, segnale di trasparenza che ha voluto lanciare l’Anm. Dall’altro, le brutte abitudini dure a morire, nonostante lo scandalo nomine abbia proiettato all’esterno quello che quasi tutti sapevano e che in diversi hanno accettato: la spartizione “uno a te uno a me” delle correnti con accordi pure fuori dal Consiglio e con la politica in mezzo.
Per queste elezioni più che altro c’è tanto “fuoco amico”. La corrente più “balcanizzata” è Unicost, centrista, fino a maggio dominata da Luca Palamara, l’ex consigliere Csm e pm di Roma, indagato per corruzione a Perugia, sospeso da funzioni e stipendio. È noto che fu protagonista di un incontro notturno con l’amico Cosimo Ferri, leader ombra di Magistratura Indipendente (i conservatori) nonché deputato della neo Italia Viva, ex dem renziano, come un altro presente, Luca Lotti, pure imputato a Roma, rimasto, però, nel Pd. Parlavano di come pilotare la nomina del procuratore di Roma con i consiglieri del Csm Morlini e Spina (Unicost), Cartoni, Lepre e Criscuoli (Mi) tutti dimissionari e sotto procedimento disciplinare.
Secondo quanto risulta al Fatto, Unicost va in tre direzioni: una porta al sostegno di Alessandro Crini, procuratore di Pisa. Al suo fianco Massimo Forciniti, giudice a Crotone, fedele alleato di Palamara alla scorsa consiliatura del Csm e Alberto Liguori, pure lui ex Csm e amico di Palamara. Con Crini anche le toghe di Mi rimaste al fianco di Ferri (più avanti spiegheremo perché). Un’altra via porta a Francesco De Falco, pm napoletano. A sostenerlo, l’ala “anti palamariana” del neo presidente Mariano Sciacca. Ne fanno parte pure i partenopei di Unicost come l’ex consigliere Francesco Cananzi. C’è anche una sponda dentro l’attuale Csm: i consiglieri Michele Ciambellini e Marco Mancinetti. La terza via, infine, è quella dell’astensionismo: diversi magistrati del Centro-Nord non stanno né con i vecchi né con i nuovi referenti.
E veniamo a Mi, l’altra corrente che esce a pezzi dalle intercettazioni di Perugia. Il candidato iscritto alla corrente è Antonio D’Amato, procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere. In questa campagna in cui c’è la gara fra candidati a chi è meno “correntizio”, ripete come un mantra che la sua candidatura è “autonoma”. Forse dai ferriani, visto che non intendono votarlo e confluiscono su Crini, con i palamariani di Unicost, per una lotta interna. D’Amato, infatti, è più vicino a Claudio Galoppi, ex Csm e ora consigliere giuridico della presidente del Senato Elisabetta Casellati. È Galoppi che vorrebbe rubare la leadership a Ferri, tuttora al timone.
Anche dentro Area, la corrente progressista, ci sono divisioni. Giuseppe Cascini, capogruppo al Csm ed Eugenio Albamonte, neo segretario di Area ed ex presidente dell’Anm, entrambi pm della procura di Roma, sostengono Anna Canepa, pm della Dna. Fa da contraltare Fabrizio Vanorio, pm di Napoli, insofferente, come una parte di Area, alla “romanocentricità” della corrente. Viene appoggiato da chi pensa che al Csm “la linea del gruppo non può essere decisa sostanzialmente dal solo Cascini”. Inoltre, le toghe milanesi di Area votano per l’indipendente Tiziana Siciliano, procuratore aggiunto. Forse non è un caso che il favorito di questa corsa sia il pm antimafia Nino Di Matteo, il più lontano da giochi di corrente e che ha avuto un rapporto “conflittuale”, suo malgrado, con il Csm, che lo ha penalizzato più volte. Il suo seguito è tra i magistrati della base, disincantati, a torto o a ragione, dai colleghi più interni alle correnti.
Nino Di Matteo
Promette autonomia anche da Davigo
Pm della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. A maggio scorso è stato defenestrato dal pool stragi per aver rilasciato un’intervista in ricordo di Falcone, durante la quale si è limitato a raccontare fatti noti. Ma secondo il procuratore Cafiero de Raho ha espresso valutazioni oggetto di discussioni interne al pool. Il provvedimento è all’esame del Csm. La carriera di Di Matteo è segnata da inchieste antimafia prima a Caltanissetta e poi a Palermo dove, tra l’altro, ha ottenuto le condanne in primo grado al processo trattativa Stato-mafia. Sulla sua eventuale elezione al Csm scrive: “Ho piena consapevolezza della fondamentale importanza di conservare a ogni costo piena autonomia di giudizio anche rispetto ai colleghi del gruppo di AeI che, insieme a tanti altri, mi hanno incoraggiato a candidarmi”. Sul sistema delle nomine, aggiunge: “Tutti dobbiamo contribuire ad arginare l’evidente degenerazione delle correnti oggi assimilabili a veri e propri centri di potere e clientele. Vorrei che diventasse prassi l’audizione dei concorrenti e che si prevedessero incisive forme di interlocuzione con i magistrati degli Uffici di provenienza dei candidati”.
Anna Canepa
Vuole più politica e meno clientele
Pm della Direzione nazionale antimafia dal 2009, in magistratura dal 1987. È stata in Procura a Genova e per un anno, dal 2008 al 2009, applicata, volontaria, a Gela, in Sicilia, dominata dalla mafia degli “stiddari”. Una vita professionale nell’associazionismo. Già vicepresidente dell’Anm e segretaria di Magistratura Democratica, la corrente delle “toghe rosse”. È stata tra i fautori della nascita di Area, che ha messo insieme Movimenti per la Giustizia e Md. Difende il diritto di esistere delle correnti: “È il deficit di politica, e non l’eccesso, che ha lasciato spazio a personalismi e clientele, causando questo disastro… Le correnti devono tornare al loro ruolo originario: luoghi di riflessione collettiva e di elaborazione di idee e proposte per la giurisdizione. In tanti, poi, hanno sottolineato gli effetti distorsivi del sistema elettorale entrato in vigore nel 2002, critiche che condivido”. Nel presentarsi parla anche della sua malattia: “Ho visto la morte in faccia per una devastante emorragia cerebrale. Sono sopravvissuta. Sono uscita ferita nel corpo ma indomita nello spirito”.
Alessandro Crini
Vicino a Palamarae agli uomini di Ferri
Procuratore di Pisa, magistrato da quasi 40 anni, la sua lunga carriera l’ha trascorsa soprattutto a Firenze dove è stato impegnato in indagini contro la criminalità organizzata. Ha collaborato con Gabriele Chelazzi e altri colleghi all’inchiesta sulle stragi del 1993. È stato tra i pm che hanno ottenuto la condanna di Mario Vanni e altri cosiddetti “compagni di merenda” per uno dei processi al cosiddetto mostro di Firenze. Mette in rilievo che la sua candidatura la deve “alla raccolta delle firme dei colleghi pisani”. Vicino a Unicost, la corrente centrista dominante tra le toghe, almeno fino al caso Palamara. Crini, nella sua autopresentazione per le suppletive Csm, non fiata in merito allo scandalo nomine: “Non entro nel merito delle ragioni che hanno condotto a questo drammatico appuntamento elettorale”. È appoggiato dai “palamariani” di Unicost e da chi in Magistratura Indipendente, la corrente dei conservatori, vuole ancora che il leader ombra sia Cosimo Ferri, deputato Dem che ha seguito Matteo Renzi nella sua Italia Viva.
Francesco De Falco
Corre con il sostegnodella “nuova” Unicost
Pm della Procura di Napoli, fa parte della Direzione distrettuale antimafia. Sua l’inchiesta sulla “paranza dei bambini” e sul clan Di Lauro di Secondigliano. Nella sua presentazione come candidato al Csm, De Falco a proposito dello scandalo nomine, scrive: “La vicenda che ha condotto a queste elezioni suppletive è una ferita nella giurisdizione e, in generale, nell’assetto democratico, rappresentando un corto circuito nei rapporti tra la componente togata del Csm la politica”. Su di sé scrive: “Comincerei con lo specificare quello che non sono e cosa non ho mai fatto: non sono un ‘addetto ai lavori’, non sono mai stato iscritto a una corrente e non ho mai ricoperto cariche o incarichi associativi; non sono mai stato collocato ‘fuori ruolo’; non ho mai ricevuto incarichi extragiudiziari significativi (solo 2 o 3 lezioni alle forze di polizia); non ho mai ricoperto un incarico direttivo o semidirettivo”. Fu Unicost, però, con successo, a candidarlo al Consiglio giudiziario di Napoli. E la gran parte di Unicost “post Palamara” lo sostiene per questa elezione.
Antonio D’Amato
“Indipendente” ma è iscritto a Mi
Procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, dove coordina il dipartimento “crimini economici”, è magistrato dal 1987. Fresco di toga va nella difficile Palmi. Nella sua carriera alterna la Calabria alla Campania, dove fa il pm anche a Napoli ai tempi di Agostino Cordova e segue indagini su massoni e altri poteri forti. La sua autopresentazione è il segno di uno dei periodi più difficili della storia del Csm. Si dichiara candidato “indipendente”, anche se è iscritto fin dalla prima ora a una corrente. È Magistratura Indipendente, la corrente conservatrice, quella che insieme alla centrista Unicost è uscita con le ossa rotte dallo scandalo nomine, con diversi consiglieri Csm costretti alle dimissioni. “Ho deciso di presentare una candidatura personale – scrive – poiché desidero offrire la mia esperienza in piena autonomia, quale ‘magistrato qualunque’ che crede nei valori costituzionali. Porto con me anche il bagaglio dei valori e principi di Mi, cui sono iscritto dal 1988”. È vicino a Claudio Galoppi, fuori ruolo come consigliere giuridico della presidente del Senato Casellati, che vorrebbe scalzare Cosimo Ferri come leader di Mi.
Fabrizio Vanorio
Ha difeso Woodcock e le toghe scomode
Pm della Procura di Napoli, dal 2012 è in Direzione distrettuale antimafia. Si è occupato del clan dei Casalesi, in particolare dei suoi collegamenti con ambienti politici e imprenditoriali. È stato il pm, con i colleghi Woodcok e Milita del processo sulla compravendita dei senatori, imputati Berlusconi e altri. Come primo incarico, nel 1997, ha chiesto di andare a Palermo dove è rimasto 8 anni. Lì è stato anche presidente dell’Anm locale. Iscritto ad Area, per rimarcare la sua personalità “indipendente” anche rispetto al suo gruppo, scrive: “Personalmente sono intervenuto con un’intervista a difesa dei magistrati della Procura di Napoli e in particolare di quelli ingiustamente attaccati da più parti per l’indagine Consip (Woodcock, Carrano, ndr) ora da quasi tutti ‘riabilitati’. A Palermo ho effettuato decine di interventi a tutela dei magistrati impegnati nei processi più delicati e solo per questo oggetto di campagne denigratorie”. Ci tiene a specificare, dato il periodo, che il suo impegno associativo non ha mai prevalso: “Pur dedicandomi all’attività associativa, ho sempre messo al primo posto l’impegno quotidiano nella giurisdizione”.
Tiziana Siciliano
Le inchieste sulla sanità e lo stop su Cappato
Nel processo che più l’ha coinvolta, quello a Marco Cappato per istigazione al suicidio di Dj Fabo, ha concluso la sua requisitoria chiedendo l’assoluzione: “Io mi rifiuto di essere l’avvocato dell’accusa. Io rappresento lo Stato”. Procuratore aggiunto a Milano, Tiziana Siciliano è stata la pm che ha indagato negli anni per corruzione quasi tutte le cliniche private e gli ospedali pubblici lombardi. È la pm dei casi Ruby 3 e Imane Fadil.
Andrea Laurino
In aula contro i verticidi Banca Marche
Quella di Andrea Laurino, 54 anni, sostituto procuratore ad Ancona, pm del processo per bancarotta contro l’ex dg di Banca Marche, è una candidatura indipendente. Iscritto da sempre all’Anm è stato presidente della giunta distrettuale. Da due anni è giudice tributario. Vuole contribuire a “porre fine al metodo di selezione basato su criteri familistici, alle pratiche per posti direttivi decise ‘per ritorsione’, ai concorsi per la Cassazione decisi altrove…”.
Anna Chiara Fasano
Reati ambientali tra Calabria e Campania
Nel video di presentazione sottolinea di non essere mai stata iscritta a una corrente. Magistrato da quasi sei anni, Fasano è stata pm a Paola, applicata alla Dda di Catanzaro per inchieste sul caporalato e i centri di accoglienza ad Amantea, su reati comuni e di pubblica amministrazione, su presunti abusi demaniali e sulla depurazione della fascia costiera calabrese. Da poco più di un anno Fasano è pm a Nocera Inferiore (Salerno), si occupa per lo più di pubblica amministrazione e ambiente.
Grazia Errede
Oltre 20 anni da giudice poi è passata in Procura
Risale a pochi giorni fa l’ultima condanna ottenuta da Grazia Errede, pm di Bari che si occupa di malattie professionali e infortuni sul lavoro: due anni in primo grado a un noto medico dell’ospedale “Di Venere” accusato di assenteismo. Lasciava sguarnito il reparto e si allontanava in scooter mentre risultava in servizio. In magistratura da quasi 28 anni, Errede fino al 2014 è stata giudice civile e penale tra Bari e Lecce, dove per un anno è stata coordinatrice del Tribunale del Riesame.
Paola Cameran
In prima linea contro discariche e amianto
Paola Cameran, 61 anni, unico candidato del Nord-est, fa parte del Movimento per la Giustizia e della componente di Area. Da pm, a Padova, si occupò di penale del lavoro e inchieste su discariche, valvole killer e amianto. Rinviò a giudizio gli ammiragli della Marina Militare per l’amianto sulle navi. A Trieste ottenne le condanne per i morti da amianto a Monfalcone. È sostituto pg a Venezia. (G. Pietrobelli)
Lorenzo Lerario
Indagava su caporalato e mafia del Gargano
Sostituto procuratore generale a Bari, è entrato in magistratura nel 1987 e ha fatto in tempo a fare il pretore. È stato pm a Bari, sezione criminalità economica e poi Dda, dove si è occupato di caporalato e di mafia del Gargano. Le sue indagini hanno contribuito a ispirare alcuni libri dello scrittore Alessandro Leogrande. “Ho maturato – dice – la convinzione che la divisione in correnti sia diventato un fenomeno dannoso”.
Francesco De Tommasi
L’obiettivo è tagliarem compensi e immunità
Sostituto procuratore a Milano, Francesco De Tommasi nella corsa al Csm si dichiara distante da ogni tipo di “politicizzazione” della magistratura. Nel suo programma: la riduzione degli emolumenti dei consiglieri del Csm, l’abolizione dell’immunità per i consiglieri e un organo terzo per l’autoriforma del consiglio, elemento decisivo, secondo il candidato, per superare “il sistema delle correnti”.
Alessandro Milita
Ha processato B., Cosentino e le Ecomafie
A Napoli ha condotto con i colleghi Piscitelli, Woodcock e Vanorio il processo che ha portato alla condanna di Silvio Berlusconi per la compravendita dei senatori, poi è arrivata la prescrizione. E ha fatto condannare in primo grado a sette anni l’ex sottosegretario Pdl all’Economia, Nicola Cosentino, per concorso esterno in associazione camorristica. Milita ha indagato anche sul boss stragista Giuseppe Setola e sull’inventore delle Ecomafie, l’imprenditore Cipriano Chianese.
Gabriele Mazzotta
Tra Cecchi Gori e il mostro di Firenze
Gabriele Mazzotta, 59 anni di Lecce, è tornato un anno fa come procuratore aggiunto a Firenze, dove era già stato dal 1991 al 2010 prima come giovane pretore e poi come sostituto procuratore. A lui si devono le inchieste sul crac della Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori, sui fallimenti pilotati a Firenze ma anche sugli insabbiamenti nell’inchiesta sul mostro di Firenze. Dal 2010 al 2018 sostituto procuratore generale in Cassazione. (G. Salvini.)
Simona Maisto
Dal caso Orlandi ai veleni di Malagrotta
Nata a Oristano, è figlia dell’ex giudice Afro Maisto. In magistratura nel ’95, è sostituto procuratore a Roma. Si è occupata dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, ma anche di tutela ambientale (gassificatore di Malagrotta) e infortuni sul lavoro. Si candida come indipendente e nella sua lettera di presentazione promette “energia e grinta” per “contribuire a ricostruire, non solo l’immagine, ma l’istituzione della magistratura”.