Era il 1973 quando la giuria del “Premiolino” di Milano, uno dei più vecchi e importanti premi giornalistici italiani, decise di assegnare il riconoscimento a Vittorio Nisticò (Soverato, 1919-Roma, 2009), direttore de L’Ora di Palermo, e alla redazione del quotidiano siciliano. Nella motivazione si leggeva, tra le altre cose, che Nisticò “insieme ai suoi giovani redattori, da molti anni sostiene con coraggio e con un giornalismo tecnicamente molto efficace una battaglia civile quotidiana contro la mafia e contro la collusione fra le forze della criminalità e il sottogoverno”.
Nisticò se n’è andato nel giugno del 2009. La mafia c’è sempre. Invece il giornale L’Ora, quello di Mauro De Mauro, di Felice Chilanti, di Marcello Cimino, di Mario Farinella, di Giulana Saladino, di Salvo Licata, degli articoli di Leonardo Sciascia e dei disegni di Bruno Caruso, era morto nel maggio del 1992. Quando, come scrive Nisticò in Accadeva in Sicilia (Sellerio), “per le sprovvedutezze dei suoi editori”, la società Nem e il Partito democratico della sinistra (il Pds, ossia l’ex Pci), “le pubblicazioni un certo giorno furono sospese davvero”. Chiudeva per sempre dopo quasi un secolo di storia, che era cominciata il 22 aprile del 1900, sotto la direzione di Vincenzo Morello, noto come “Rastignac”, e con il denaro di Ignazio Florio jr., a capo di una delle più rilevanti dinastie imprenditoriali del Regno. La storia grande ed eroica dell’Ora, però, storia civile e politica, morale e culturale, ebbe come scenario non più la “Palermo felicissima” di Ignazio e di donna Franca Florio, bensì la Palermo della nuova mafia del cemento e quindi della droga, delle collusioni con la politica, del sacco edilizio della città e della strage dei carabinieri a Ciaculli, delle bombe messe dai “picciotti” alla tipografia del giornale, del sequestro e dell’assassinio di Mauro de Mauro e di altri due redattori dell’Ora, Cosimo Cristina e Giovanni Spampinato.
Era la mafia di don Calogero Vizzini e di Genco Russo, di Luciano Liggio e dei La Barbera, dei Bontade e dei Badalamenti, che avrebbe avuto come referente politico la Democrazia Cristiana di Giovanni Gioia, di Salvo Lima e di Vito Ciancinino, e che sarebbe diventata la Cosa Nostra di Totò Riina e di Bernardo Provenzano, delle stragi, degli omicidi di giudici, poliziotti e carabinieri, uomini politici, sacerdoti, imprenditori che si erano ribellati alle estorsioni. In quella Palermo, in quella Sicilia, per più di quarant’anni, da quando, nel dopoguerra la proprietà era passata al Pci, e in seguito attraveso la cooperativa dei giornalisti, il piccolo grande quotidiano di sinistra e antimafia di piazzetta Francesco Napoli, e prima di Palazzo Villarosa, fu un avamposto di donne e di uomini lasciati molto spesso soli nella difesa della democrazia, della libertà e della legalità. Come soli, d’altronde, vennero lasciati i magistrati Costa e Terranova, Chinnici, Falcone e Borsellino, i commissari Boris Giuliano, Cassarà e Montana, i capitani dei carabinieri Basile e D’Aleo, e Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Libero Grassi.
L’Ora non c’è più da un bel po’ di tempo. I suoi redattori sono emigati altrove, diversi sono in pensione, altri sono mancati. Chi è rimasto, tuttavia, non ha mai dimenticato quel legame e quell’amore per il giornale, quella stima e quell’affetto per chi, come Nisticò, lo diresse per oltre vent’anni, dalla metà dei ’50 al 1975. Così per ricordare il centenario della nascita di Nisticò, “maestro di tre generazioni di cronisti”, il Comitato ex giornalisti de L’Ora, presieduto da Marcello Sorgi, ha promosso a Palermo una giornata di celebrazioni per il 29 settembre. Ci sarà un momento ufficiale, o meglio, una postuma pubblica riconoscenza, con lo scoprimento di una targa commemorativa, da parte del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, in piazzetta Napoli, ultima sede del quotidiano. In serata sarà proiettato un video dedicato all’avventura de L’Ora, con particolare riferimento alle figure di Nisticò, di Mauro De Mauro, di Salvo Licata e di Nino Sofia. Verranno inoltre anticipate copertina e pagine del libro L’Ora – Edizione straordinaria, che comprende gli scritti di 46 ex redattori ed è stato coordinato da Sergio Buonadonna, Antonio Calabrò, Giuseppe Cerasa, Francesco La Licata, Claudia Mirto e Franco Nicastro.
Scriveva Nisticò, sempre in Accadeva in Sicilia, che, nei lunghi anni trascorsi a combattere mafia e politica sporca, attorno a lui e ai suoi cronisti c’erano “un’immensa palude di conformismo e di paure”, e “una vera selva di armature istituzionali poste a protezione delle degenerazioni del potere” e del “perenne compromesso, esso sì ‘storico’, della classe politica dominante con la mafia sovrana”. Fu in questo contesto che maturarono le bombe all’Ora dell’ottobre 1958, quando il giornale riuscì comunque a uscire e titolò “La mafia ci minaccia/ L’inchiesta continua”, e il sequestro-omicidio di De Mauro, nel settembre 1970. E fu in quel medesimo contesto che L’Ora, mai intimidito e mai messo a tacere, pubblicò le inchieste sulla mafia, sugli scandali della politica, sul neofascismo, di Orazio Barrese, Chilanti, De Mauro, Cimino, Farinella, Enzo Perrone, Saladino, Giovanni Spampinato, Nicola Volpes. Un impegno, rammentava Nisticò, che il giornale pagò “in termini di tre suoi redattori assassinati, di attentati e di perscuzioni giudiziarie”. A lungo unico quotidiano di sinistra di tutto il Sud, L’Ora fu capace anche di confrontarsi con le avanguardie culturali, i bisogni delle giovani generazioni e delle donne. Un giornale, in definitiva, e dei giornalisti, come sottolineò la giuria del “Premiolimo”, “unici nella storia del giornalismo in Italia”.