Alla ripresa delle lezioni, ieri mattina, “era assente, perché positivo, il 3,6% del personale docente mentre in quarantena, perché contatto stretto, il 2,4%. Tra gli studenti mancavano il 2,2% a casa ammalati e il 4,5% in quarantena”. Questi i dati ufficiali comunicati ieri dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, durante la conferenza stampa del premier Mario Draghi. Il numero uno di viale Trastevere ha anche riferito che “gli insegnanti sospesi, perché non hanno effettuato il vaccino, sono lo 0,72”. Numeri che, tuttavia, raccontano un’altra storia rispetto a quella che arriva dalle scuole. Non solo perché le percentuali fornite dal governo fanno riferimento a un sondaggio effettuato ieri dal ministero al quale hanno risposto solo il 63% delle scuole, ma soprattutto perché non vengono considerati i territori. “Ieri c’erano 100 mila docenti e collaboratori scolastici assenti (il 10% del totale) e circa 300 mila (10%) studenti a casa perché positivi o in quarantena”, ha infatti spiegato il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, confermando la previsione fatta da Tuttoscuola di 200 mila classi in didattica a distanza entro sette giorni. E se si guarda alle Regioni, i dati del governo vengono sconfessati.
Antonella Tozzo, dirigente dell’Ufficio scolastico regionale dell’Abruzzo ha riferito “un 20% di assenze per gli studenti”. Mentre per docenti e Ata (personale amministrativo, tecnico e ausiliario) “il dato è intorno al 10-15%”. Numeri confermati nella maggior parte delle scuole d’Italia interpellate. All’“Einuadi” di Bassano del Grappa, la preside Laura Biancato ha riferito di aver “avuto il 10% (149) di studenti in Dad (positivi o in quarantena) e il 10% di assenze fisiologiche (131). Cinque classi hanno fatto lezione online perché non sono riusciti a sostituire tutti i professori. Più della metà delle classi sono in didattica mista”.
Per il personale, la preside ha aggiunto: “C’è stato il 15% di assenze tra docenti (19) e Ata (10)”.
Dati preoccupanti anche a Taranto. All’istituto “Vico de Carolis” erano assenti il 5% del personale e il 20% degli alunni che – a detta della preside Vania Lato – “è rimasto a casa per paura dei contagi”.
A Genova le assenze dei collaboratori scolastici e dei docenti hanno oscillato tra il 7% e il 16%. Da Venezia, il governatore Luca Zaia, intervistato a “Mattino 5” su Canale 5 ha lanciato l’allarme: “La situazione è preoccupante, il 25-30% tra studenti e insegnanti non c’è con defezioni dovute a malattia, quarantena o mancata vaccinazione”.
A Torino, all’istituto “Tommaseo”, ieri all’appello mancava un centinaio di studenti, in media due per classe. Al “Salvemini” di Bari era a casa il 15% di studenti, perché positivi o in quarantena (circa 50 su 1.100, 3-4 per ogni classe), mentre quasi tutti i prof erano presenti.
Intanto dalla Campania è arrivata la notizia che la Quinta sezione del Tar ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla presidenza del Consiglio e dai ministeri dell’Istruzione e della Salute e, contestualmente sospeso, l’ordinanza con la quale la Regione ha disposto la didattica a distanza in tutte le scuole del territorio. La trattazione collegiale è stata fissata per l’8 febbraio prossimo. Non solo. Il presidente del Tar Campania, Maria Abbruzzese, nel decreto con il quale ha accolto il ricorso presentato da alcuni genitori sospendendo l’efficacia del provvedimento di De Luca ha scritto: “È palesemente contrastante rispetto alle scelte, politiche, operate a livello di legislazione primaria, peraltro incidente in maniera così evidentemente impattante sui livelli uniformi (a livello nazionale) di fruizione di servizi pubblici tra i quali quello scolastico”.
In Sicilia, invece, l’assessore all’Istruzione Roberto Lagalla sta ipotizzando di tenere chiuse le scuole 5 giorni anziché tre. Sullo sfondo la polemica sulla mancanza delle Ffp2 per tutti. Giannelli, nell’incontro avuto ieri con il ministro le ha chieste. Così come richiede la maggior parte dei presidi, tanto che il ministro Bianchi è stato costretto a spendere una promessa: “Porterò la questione in Consiglio dei ministri”.