Neanche il tempo per Giuseppe Conte di accettare con riserva l’incarico che da Bruxelles arrivano le prime aperture di peso. Una benedizione che spazia dagli auspici del presidente della Commissione Jean Claude Juncker (“I miei più calorosi auguri”) a indicazioni ben più utili in vista della manovra. Da Berlino, il Commissario al Bilancio, Günther Oettinger, dismette i panni del falco e preannuncia un sostegno attivo: con un governo “pro-europeo” si sarebbe pronti “a fare di tutto per agevolarlo e premiarlo, con più spazio per una politica sociale”, spiega in un’intervista alla radio Swr. Uscita che, ça va sans dire, fa infuriare Matteo Salvini, peraltro insolentito dal tedesco (“Populista che fa politica in costume da bagno”): “Parla di ricompensa? È gravissimo. Cosa è stato promesso e svenduto? L’Ue getta la maschera, il governo nasce per farmi fuori”.
La benedizione europea illumina il campo da gioco. È ormai chiaro che il nuovo governo potrà contrattare con Bruxelles spazi di bilancio da una posizione più agevole. In teoria la manovra parte da 28 miliardi, 23 per disinnescare gli aumenti Iva più le spese indifferibili. I giallo-rosa, però, possono beneficiare della correzione (senza colpo ferire) già varata quest’anno, che ha effetti anche sul 2020, e al forte calo dei rendimenti sui titoli di Stato, che riduce il costo del debito. Il previsto annuncio di misure espansive della Bce a settembre ha avviato un calo generalizzato dei tassi, che per l’Italia però è più marcato (e continuerà). Lo spread tra il Btp e il Bund ha chiuso in netto calo a 167 punti, col rendimento del decennale italiano ai minimi storici allo 0,97%. Ieri l’asta dei Btp a 5 anni ha fatto il tutto esaurito con rendimenti in calo. Il 2020 parte in discesa, con il disavanzo (ha stimato l’Ufficio parlamentare di bilancio) che chiuderebbe all’1,7-1,6% del Pil nel 2020, contro il 2,1 messo a bilancio. Un risparmio da 8-10 miliardi. Ci sono poi i margini di “flessibilità” (lo sconto sulla correzione da fare), con Bruxelles che ha fatto già arrivare segnali di apertura. A bilancio c’è già la richiesta di 3,7 miliardi per “eventi eccezionali” (infrastrutture e dissesto idrogeologico), a cui il governo aggiungerà quella per un ulteriore 0,5% di Pil (8,5 miliardi) per un piano di investimenti per la riconversione energetica.
La nuova Commissione si insedierà a novembre e la presidente Ursula von der Leyen dovrà gestire la revisione del Fiscal compact. La crisi della manifattura dell’eurozona e soprattutto la recessione tedesca spingono per allentare la morsa. Ieri pure la futura presidente della Bce, Christine Lagarde, ha auspicato regole meno rigide. Per l’Italia a bilancio c’è una correzione da 0,6 punti di Pil, una mazzata. Se non fosse richiesta, il deficit 2020 potrebbe arrivare al 2,5% del Pil, ben lontano dal 3% auspicato dal Pd renziano. Basterebbe forse a evitare nuove stangate, ma non a finanziare i programmi dei giallo-rosa.
Cuneo fiscale Flat tax archiviata, distanze su 80 euro e salario minimo
Sulle tasse si gioca buona parte delle ambizioni del nuovo governo. La prima certezza è che non vedrà la luce la flat tax voluta dalla Lega (aliquota al 15% per redditi familiari fino a 55 mila euro), che aveva un costo stimato intorno ai 12-13 miliardi. La seconda è che saranno disinnescati gli aumenti automatici dell’Iva (23 miliardi nel 2020), archiviando l’idea del ministro dell’Economia Giovanni Tria di farne scattare una parte per finanziare sconti sulle tasse. L’obiettivo è però intervenire sul cuneo fiscale con misure incentrate sui redditi bassi. Sia M5S e Pd concordano sull’introduzione di un piano famiglia, con assegno familiare dove – chiede il Pd – dovrebbero anche confluire tutte le agevolazioni oggi sparse in diverse misure. La riduzione delle tasse potrebbe risolversi in un (piccolo) taglio delle aliquote (la proposta M5S di passare da 5 a 3 costa però 15-17 miliardi).
Idee ancora più vaghe sul taglio del cuneo fiscale (difficilmente lo stanziamento può superare i 6 miliardi). La proposta già studiata dallo staff di Luigi Di Maio al ministero del Lavoro è quello di ridurre la quota di contribuzione al nuovo sussidio di disoccupazione (Naspi) a carico delle imprese (uno sconto a carico dello Stato) per compensare i maggiori aggravi che deriverebbero per le aziende dall’introduzione di un salario minimo (fissato – nella proposta M5S – a 9 euro lordi). Costa 4 miliardi ma ha ben poco a che far col cuneo fiscale e peraltro non piace al Partito democratico. Il Pd punta invece a potenziare il bonus degli 80 euro – introdotto dal governo Renzi nel 2014 – ampliando la platea anche agli incapienti, oggi tenuti fuori dalla misura è di aumentare la dotazione per arrivare a dare una mensilità in più in busta paga a chi ha un reddito da lavoro dipendente fino a 55mila euro. No secco, invece, all’ipotesi studiata in questi mesi al Tesoro di trasformarlo in una detrazione, perchè i dem vogliono che il bonus resti ben visibile in busta paga.
Reddito e Quota 100 La misura M5s sarà potenziata Quella sulle pensioni rischia
Il primo banco di prova per i giallo-rosa saranno le due misure cardine del governo appena concluso. Il Pd ha criticato aspramente il reddito di cittadinanza, accusandolo di alimentare il lavoro nero, l’inattività e di mischiare politiche attive e lotta alla povertà. Le possibilità di cancellarlo, però, non esistono. La discussione tra i futuri alleati, allora, verterà su una revisione, che miri anche a potenziarlo. Per i dem va migliorata la parte che riguarda le politiche attive, dove si è in ritardo. La chiamata dei percettori idonei a lavoro doveva partire entro un mese (a luglio), invece scatterà da settembre. L’obiettivo è di potenziare il meccanismo, inasprendo però le sanzioni per i furbetti. L’altra richiesta è di ridurre il vincolo dei 10 anni di residenza, che colpisce soprattutto gli stranieri riducendo la platea: sui 5 milioni di poveri assoluti, 1,5 sono immigrati. Per farlo serviranno nuove risorse, e i 5Stelle sono pronti a chiedere un aumento degli stanziamenti, riducendo anche gli stringenti paletti (una domanda su quattro delle 1,4 milioni pervenute, infatti, è stata respinta).
Discorso più complesso per Quota 100, la mini riforma delle pensioni, fortemente voluta dalla Lega. Le domande pervenute sono 160 mila, meno delle attese. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio la spesa lorda ammonterebbe quest’anno a 2,4 miliardi (1 miliardo in meno rispetto a quanto preventivato) e a 4,9 miliardi il prossimo (2,4 miliardi in meno). Il nuovo governo, a caccia di risorse, potrebbe essere tentato dal cancellare la misura e dirottare altrove le risorse. Ipotesi caldeggiata da una parte del Pd. Al meeting di Comunione e Liberazione, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha spiegato: “Io ero per ridurre subito le tasse sui redditi medio-bassi con risorse più o meno corrispondenti a quota 100”, chiarendo però che sarebbe controproducente “avere politiche sussultorie”. L’ipotesi è di restringere i paletti, ma cancellarla sembra politicamente insostenibile. Quasi certamente, la misura “sperimentale”, non verrebbe rinnovata dopo il 2021.
Investimenti pubblici Piano di riconversione verde per ottenere più “flessibilità”
La componente “espansiva” della futura manovra non potrà che arrivare dall’aumento degli investimenti pubblici. Era l’obiettivo anche della scorsa legge di bilancio, ma l’intesa con Bruxelles che ha ridotto il deficit/Pil dal 2,4% messo a bilancio a ottobre al 2,04 di dicembre ha portato a una sforbiciata degli stanziamenti e sostanzialmente vanificato l’effetto. L’obiettivo dei giallo-rosa è di avviare un grande piano per la riconversione “verde”, che passi anche da sussidi e incentivi alle imprese. Nella bozza di documento consegnata a Giuseppe Conte dalle delegazioni di Pd e M5s – svelata dal Sole 24 Ore – il capitolo compare come “Green new deal”: piani contro il dissesto idrogeologico, aiuti alla riconversione per le aziende e nuovi stanziamenti per i Comuni. Un elenco di buoni propositi ma povero di dettagli, la cui portata potrà essere chiara solo una volta definiti i contorni della manovra. L’obiettivo del governo, però, è proprio usare il piano per ottenere nuovi margini di flessibilità sul deficit (il tetto massimo è pari a 0,5 punti di Pil, quasi 9 miliardi). Da Bruxelles sarebbero già arrivati segnali positivi.
L’accordo sulle linee programmatiche riguarda anche un tema caro ai 5Stelle: una “revisione delle concessioni”, non solo quelle autostradali, per garantire più investimenti e tutelare il “bene pubblico”. Un sostanziale via libera al rialzo dei canoni e, per le autostrade, al nuovo sistema tariffario già messo in piedi dall’Authorità dei trasporti e contestato dai concessionari che dovrebbe portare a una riduzione delle tariffe e alla remunerazione del solo capitale realmente investito (a tassi più bassi di quelli scandalosamente alti garantiti finora). L’obiettivo è anche quello di svoltare sulla “manutenzione, la tutela degli utenti e rafforzare il sistema della vigilanza in ordine alla sicurezza infrastrutturale”. Tradotto: basta con la sostanziale autocertificazione delle manutenzioni finora garantita ai signori delle autostrade.