“Educazione civica in classe, e se non basta due ceffoni a casa da mamma e papà”. Nella retorica sui bei tempi andati di Matteo Salvini, tutta patriottismo e nostalgia, il ritorno dell’educazione civica fra i banchi ha sempre avuto un posto di rilievo, magari insieme alla leva militare. Così, prima di andar via, il suo ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha voluto lasciare quest’ultimo regalo in eredità alla scuola italiana: un’ora obbligatoria alla settimana per tutti, dalle elementari alle superiori. Subito, già da settembre, con tanto di voto a fine anno che fa media in pagella. Senza però dire chi la insegnerà, come e al posto di cosa.
La riforma, se così si può definire, è fatta: a inizio agosto, pochi giorni prima della crisi, il parlamento ha approvato una legge a prima firma leghista che reintroduce l’educazione civica nel nostro ordinamento: si studierà la Costituzione, ma anche la storia dell’inno e della bandiera, la “cittadinanza digitale” e un’infarinatura di diritto. Non si tratta di un inedito assoluto: la materia era già stata voluta da Aldo Moro nel ‘58, salvo poi venire ridimensionata nel corso degli anni e resa facoltativa. Nel migliore dei casi era ricompresa fra storia e geografia, di fatto non si faceva quasi più. Nella fretta di tornare all’antico, però, il ddl ha pensato solo a ripristinarne l’obbligatorietà e non a tutto il resto.
La legge crea un paradosso: adesso nella scuola italiana c’è la materia di educazione civica ma non l’insegnante di educazione civica. Questa figura non esiste. Quella che vi si avvicina di più è il docente di scienze giuridiche (classe di concorso A-46), infatti il testo spiega che spetterà a loro insegnarla, “ove disponibili”. La postilla non è banale: è una categoria presente solo negli istituti tecnici e professionali e nei licei di scienze umane. Di ruolo ce ne sono 11 mila in tutta Italia. Altri 4 mila circa sono assunti nel cosiddetto “organico dell’autonomia”, il “potenziamento” di personale creato dalla Buona scuola di Matteo Renzi per fare attività varie. Le (poche) scuole che hanno la fortuna di ritrovarsene uno in casa sono a posto. E tutte le altre?
Il provvedimento non dice nulla, né prevede alcuna assunzione: dal 2020 sono stanziati 4 milioni di euro per “formare” i docenti, intanto è un bel problema e ci si dovrà arrangiare con ciò che c’è. Alle elementari ogni maestro farà un pezzettino di insegnamento (con un coordinatore che propone il voto), alle superiori invece spetterà al consiglio di classe individuare il professore più idoneo (senza ovviamente nessun compenso).
Non è l’unico nodo. La materia deve essere compresa all’interno del monte orario obbligatorio già previsto. Se si fa un’ora in più di educazione civica, ce ne dovrà essere una in meno di un’altra. Anche qui è tutto rimesso all’autonomia delle scuole. Facile immaginare che la disciplina sarà inserita nel pacchetto umanistico e impartita da uno dei suoi docenti, a scapito di italiano o storia e geografia, ma non è possibile escludere soluzioni più fantasiose. Ognuno sarà libero di regolarsi come meglio crede. “Fatta così, è un’arlecchinata”, attacca Ezio Sina, presidente dell’Apidge, l’associazione degli insegnanti di scienze giuridiche, i più interessati in teoria alla riforma. “Essendo obbligatoria, nessuno si potrà tirare indietro ma ogni scuola farà ciò che può e che vuole: sarà il caos”.
La legge, poi, oltre che male è stata fatta pure tardi. Il governo ha sforato i tempi di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, facendo così slittare l’entrata in vigore al 2020. Ma la Lega ci teneva così tanto a lasciare quest’ultima impronta sulla scuola che Bussetti, mentre faceva gli scatoloni per lasciare il ministero, ha firmato un decreto per partire subito sotto forma di “sperimentazione”. Una vera e propria forzatura, che però ha bisogno di passare dal Consiglio superiore dell’istruzione: il parere è obbligatorio per sperimentazioni nazionali, ma l’organo non è disposto a riunirsi con urgenza per un provvedimento che non piace quasi a nessuno, fra presidi preoccupati e sindacati imbufaliti. Infatti la riunione è convocata per l’11 settembre. Quando la scuola sarà già iniziata in diverse Regioni. Con o senza educazione civica ancora non è chiaro.