Cominciamo a temere seriamente per le condizioni mentali di Matteo Salvini. Ieri abbiamo visto l’uomo forte della Lega presentarsi ai microfoni dopo aver incontrato Mattarella: ebbene, non speravamo rivelasse la soluzione del gioco dell’estate, cioè il perché ha fatto cadere il governo che aveva appena promesso di sostenere (del resto abbiamo perso il conto delle mozioni di sfiducia che ha presentato e ritirato nell’arco di 24 ore); ma credevamo che almeno ribadisse l’irremovibile volontà di andare al voto, in virtù di quel “rifarei tutto” con cui martedì ha aperto il suo discorso dello sbraco.
L’esordio è stato spiazzante: “Qualcuno mi dice: ragioniamo perché dei no diventano sì. Miglioriamo il programma, miglioriamo la squadra e diamoci un obiettivo non contro, ma per”. Dunque, se ben interpretiamo la sciarada, Salvini sa da fonti certe che il M5S starebbe pensando di accettare alcune (ignote) condizioni dettate da lui. Scenario affascinante; se non fosse che poco dopo Di Maio ha esposto i punti di un governo politicamente incompatibile con Salvini (più il taglio dei parlamentari). Tre sono le ipotesi: o Salvini e Di Maio hanno parlato con due Mattarella diversi, uno che ha appreso che il governo continua e uno che sa che invece è finito martedì, come incidentalmente dichiarato dal presidente del Consiglio; o c’è una trattativa segreta tra i leader che Di Maio tiene nascosta all’opinione pubblica per fare il doppio gioco col Pd; o Salvini, accortosi della cantonata presa per pura smania ghiandolare, sta abdicando alla sua tenuta mentale.
Una breve digressione sul senso dei “no” che avrebbero indotto Salvini a innescare la psicotica pochade d’agosto. L’unico “no” inequivocabile pronunciato dal M5S è stato quello sul Tav, passato lo stesso in Senato grazie ai voti della Grande Armata del Sì composta da Pd, Lega, FI ecc. Mentre sulla Gronda di Genova pende una sospensione per via del possibile ritiro della concessione a Autostrade, sono legione i cantieri – Terzo Valico, Pedemontana, Tav Brescia-Verona, passanti autostradali di ogni genere e grado – su cui il ministero dei Trasporti ha dato via libera e/o piegato la testa (infatti ex-elettori e comitati locali se incontrano Toninelli per strada lo menano).
Ma torniamo all’indecifrabile discorso della Vetrata: “L’unica cosa che mi sento di dire, è che sarebbe irrispettoso veder rientrare dalla finestra quei Renzi, quelle Boschi, quei Casini, quelle Boldrini a far parte di un governo”. Qui è chiaro come le sabbie mobili in cui si è infilato obblighino Salvini ad aggrapparsi a nemici immaginari quali spaventosa alternativa a sé stesso (e in effetti, su Renzi qualche carta se la può giocare). Ma cosa c’entrano Renzi, Boschi, Casini e Boldrini nello scenario pre-7 agosto? Risulta forse all’ex ministro dell’Interno che stessero preparando un colpo di Stato? Lo spauracchio risente poi di un’insanabile aporia: è stato proprio Salvini, con le sevizie che ha tentato di infliggere alle Istituzioni, a ridare linfa al grande (si fa per dire) opportunismo politico del Machiavelli del Valdarno; sono state le sue manovre scomposte a far muovere le truppe renziane, ringalluzzite dall’ipotesi di far fuori Zingaretti coi noti metodi liquidatorî del capo. Le persone che Salvini voleva falciare col suo colpo di testa non erano certo i suoi (si fa sempre per dire) oppositori, ma i suoi alleati, e Conte che era il suo presidente.
Il finale è un rompicapo: “L’Italia non può avere un governo che litiga”, ha detto colui che ha aperto la lite: “abbiamo letto (quindi i giornali sono affidabili, ndr) che alcuni parlamentari 5Stelle sosterrebbero una manovra coraggiosa, espansiva”. Rassicurante: Salvini più una manciata di peones grillini potrebbero fare una manovra di mille fantastiliardi in deficit al solo scopo di pompare la propaganda, senza stavolta un Conte che vada a trattare in Europa per evitare all’Italia la procedura d’infrazione. Beninteso, e lo dice da “uomo concreto” e d’onore: “la via maestra sono le elezioni”. Se Salvini non sente le voci e non sta bluffando, può darsi che qualche scheggia impazzita del M5S sia tentata di sottostare ai suoi arbitrî credendosi indispensabile (è tipico di certi rapporti sadomasochistici), ma la ghiandola frigge. Ora, è chiaro che Zingaretti non vuole l’accordo, altrimenti ai 5 punti, talmente vaghi che potevano essere anche 256 e includere la salvaguardia dei panda, non avrebbe aggiunto condizioni (la rimozione di Conte) che il M5S non può accettare. Finora la soluzione più sensata è sembrata rompere il giocattolo a Salvini, formando un governo nuovo, Costituzione alla mano. Ma, se la politica fosse razionale, a Pd e M5S converrebbe andare al voto nel momento in cui Salvini è al suo minimo di credibilità e di lucidità.
Ps. L’onore è un lusso che solo i gentiluomini possono permettersi (Lettera da una sconosciuta, film del 1948 di Max Ophüls).