Anche la macchina perfetta dell’Università di Catania, che secondo l’inchiesta “Università bandita”, sfornava concorsi truccati, ogni tanto si inceppava. Ma quando accadeva puntava a convincere anche i piani alti del ministero a soccorrerla, come nel caso di Daniele Livon, potente ex direttore generale del Miur e capace di attraversare indenne ben cinque governi fino all’approdo all’Anvur. Il suo nome è nelle carte dei pm catanesi, tirato in ballo dall’ex rettore dell’ateneo Giacomo Pignataro, ora sospeso, che dice di essersi rivolto proprio a Livon (estraneo all’inchiesta). Nell’estate 2016, Pignataro era stato dichiarato decaduto dal Tar siciliano. In quel periodo, intercettato dai magistrati, discute con Uccio Barone e Carmelo Monaco, altro docente, delle chiamate esterne a cui Monaco e Barone erano interessati (una delle quali riguardava il figlio di Barone) ma rimaste ferme perché non è stato possibile emanare i bandi. Scrivono i magistrati: “La stessa sera Barone chiama Pignataro: ‘Quel punto della… diciamo delle tre cattedre, perché si blocca e non può andare avanti?… C’è il problema delle risorse… se no si perdono’”. L’ex rettore spiega che non si tratta di ordinaria amministrazione e di aver già risolto, ottenendo da Livon l’accantonamento dei punti”.
“Era un periodo particolare, l’Università di catania era senza organi, la situazione era critica” ha detto Livon al Fatto. Spiega che i punti organico sono le facoltà assunzionali che vengono prorogati con decreti proroga, il cui utilizzo è sempre posticipato se ce n’è bisogno e che tra i suoi compiti c’era anche la gestione di queste dinamiche. “Conosco Pignataro – aggiunge – perché con lui ho avuto rapporti istituzionali come con altri”. Chiediamo a quale proroga potesse riferirsi: “Se la proroga si riferisce ai punti organico è prassi normale – spiega –. Se su altro, allora è diverso. Il ministero nel 2016 doveva ricevere il piano di programmazione triennale, forse a loro fu concesso di presentarlo più tardi”. In un altro passaggio dell’ordinanza, altre intercettazioni confermano la seconda ipotesi. Sono ancora Pignataro e Barone a parlare.
“Ho cercato di salvaguardare alcune cose e ci sono riuscito, no? C’era il rischio di perdere risorse perché entro il 20 dicembre avremmo dovuto presentare il programma triennale e mi sono fatto scrivere da Livon la nota che noi lo faremo entro il 20 marzo”, dice l’ex rettore. “C’è anche una eccezionalità” replica Barone. “Si certo – conferma Pignataro – ha messo nella lettera considerata l’eccezionalità del momento dell’ateneo”.
Su questo, spiega Livon, “c’è sicuramente un atto ufficiale: e se è arrivato a Catania evidentemente dipende da una richiesta ufficiale a cui è stata data una risposta ufficiale. Non c’è nulla di pilotato. Non sono termini perentori quelli delle scadenze. Tendenzialmente si rispetta la data ma può accadere che si diano proroghe. Era stato un anno devastante per Catania”. Chiediamo come abbia comunicato con Pignataro: “Con una nota ufficiale e protocollata”. Non ricorda però se e quando fosse arrivata. “In questo momento non ricordo. Però sono abbastanza sicuro sia stata una richiesta ufficiale”. Che però non fornisce e che dovrebbe essere al ministero dell’Istruzione: peccato che anche da cui ci rispondono che a dare gli atti ufficiali dovrebbe essere lo stesso Livon. L’unico a disposizione conferma la proroga: è il verbale del senato accademico del 16.2.2017: “L’Ateneo si è trovato nell’oggettiva impossibilità di adottare il documento di programmazione triennale 2016-2018 nei termini previsti, conseguentemente, il ministero ha disposto la proroga del suddetto termine al 20.3.2017”.
Due anni dopo, l’Unicatania si ritrova di nuovo senza rettore per l’inchiesta che ha colpito anche l’ex rettore Francesco Basile, nominato appena due anni fa. Oggi, si eleggerà il nuovo tra mille polemiche per via della data che chiama a raccolta gli elettori in una città semideserta e per la richiesta formale di alcuni giuristi catanesi (al consiglio del Ministri) di commissariare l’ateneo.