Gozi il macroniano che amò Almirante

La sinistra torni alle origini? Se la “sinistra” è Sandro Gozi, meglio di no. Già, perché l’ex deputato dem e sottosegretario durante i governi Renzi e Gentiloni, appena passato alla corte di Emmanuel Macron, ieri è stato pizzicato dalla rivista Il primato nazionale in una foto di gioventù assieme all’allora segretario del Movimento sociale Giorgio Almirante. Sandro Gozi sarebbe stato infatti iscritto al Fronte della Gioventù e in quell’occasione avrebbe ricevuto la visita di Almirante insieme agli altri ragazzi del partito. Versione confermata dallo stesso Gozi, che ha minimizzato: “Avevo 16 anni, il mio migliore amico era il segretario locale del Fronte della Gioventù. Venivo da una famiglia di centrosinistra e il mio fu un atto di ribellione. Ci ho messo poco a capire che quella non era la mia strada. È noto a tutti che il mio primo voto fu infatti per il Partito repubblicano. D’altra parte mi pare che anche Salvini fosse del Leoncavallo”. Ah beh, se il metro di giudizio è la coerenza di Salvini…

Il parere dei lettori: il 75% preferisce l’intesa 5S-sinistra

Dopo la decisione unilaterale di Matteo Salvini di sfiduciare il governo Conte e rompere il contratto siglato con il Movimento 5 Stelle nel maggio del 2018 per capitalizzare i consensi registrati alle elezioni europee e nei sondaggi, l’Italia è a un bivio. O le elezioni anticipate in ottobre (o al massimo in primavera), che probabilmente consegnerebbero il Paese a un governo monocolore di destra presieduto da Salvini col contorno di Meloni e forse di Berlusconi, che oltre a tutto il resto eleggerebbe nel 2022 il nuovo presidente della Repubblica. Oppure un governo di legislatura formato da Movimento 5 Stelle, Partito democratico e LeU, che potrebbe confermare Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e riprendere il breve dialogo fra M5S e centrosinistra avviato 14 mesi fa da Di Maio con la proposta di contratto al Pd e subito interrotto dal no di Matteo Renzi (ora tornato sui suoi passi) e realizzare alcune riforme importanti almeno fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato. Ma potrebbe anche tradursi in una rissa continua, sia tra i due schieramenti, sia al loro interno. Entrambe le soluzioni potrebbero rivelarsi un regalo a Salvini, ma nei prossimi giorni il M5S e il Pd dovranno indicare le loro intenzioni al presidente Mattarella. Voi, cari lettori, che cosa preferite: andare alle elezioni anticipate subito, oppure che si tenti un governo M5S-Pd-LeU che duri almeno due anni? Per rispondere basta andare sul sito www.ilfattoquotidiano.it

Ieri sera erano già undicimila i lettori che sul sito del Fatto avevano risposto al nostro sondaggio. Al momento la maggior parte di chi si è espresso lo ha fatto in favore di un governo Movimento 5 Stelle-Pd-LeU rispetto all’ipotesi di elezioni anticipate. L’idea di una maggioranza alternativa a quella gialloverde piace al 75 per cento dei lettori (8.088 votanti) mentre a richiedere le urne è il 25% (2.720 persone).

Sulla pagina Facebook del Fatto e alla casella di posta del giornale in tanti hanno motivato la propria scelta. Alessandro Puma, sostenitore di un governo Pd-5Stelle, scrive: “Abbiamo votato solo 14 mesi fa. Le votazioni non sono un gioco, ma una cosa seria che richiede dispendio di soldi, soldi nostri. La legge prevede che in caso di problemi, si giochi con le percentuali ottenute per creare nuove maggioranze. Quindi ok a un’eventuale governo Pd-5 Stelle”. Così anche Dario Lodi: “Con ogni probabilità, un governo M5S- Pd-Leu funzionerebbe. Il motivo mi sembra semplice: tutte e tre le formazioni hanno un’anima di sinistra (Renzi sospeso). M5S magari populista, ma in senso costruttivo, non punitivo verso il sistema. Il Pd ha bisogno di ritrovare una strada. LeU può essere una forza coerente. Certo, dovremo dimenticarci dell’uomo della provvidenza, ma dovremmo essere grandi e vaccinati, ormai, contro un simile, pericolosissimo, morbo”.

Secondo Antonio Frugis, invece, le possibilità per un nuovo governo ci sono, ripartendo da Giuseppe Conte ma cambiando alcuni volti chiave dell’esecutivo gialloverde e di quello renziano: “Se si basa su un programma valido, meglio sicuramente un nuovo governo, presieduto da Conte, discontinuo rispetto al passato (niente Di Maio, Toninelli, Renzi, Calenda)”. D’accordo su un nuovo governo Conte anche Angelo Casamassima Annovi: “Se Pd e 5 Stelle hanno giurato che non governeranno mai insieme, i dem potrebbero appoggiare dall’esterno un nuovo esecutivo Conte, formato da tutti quei parlamentari (e sono tanti) che non vogliono assolutamente andare al voto (per motivi ignobili, ma anche nobili). Così non sarebbe un governo tecnico”. Giovanni Casu spera in un governo di legislatura “che porti a termine le riforme bloccate a causa del tradimento di Salvini e poi, a fine primavera, le elezioni”.

A favore del voto immediato è invece Fabrizio D’Alfonso: “Ora che il Movimento 5Stelle è alle corde, secondo me dovrebbe accettare di andare all’opposizione per preservare e magari rafforzare la propria natura di partito diverso. Il Partito democratico è un partito affarista quanto e più della Lega, altrettanto spregiudicato e cinico. Non trovo in esso una sola faccia raccomandabile, nessun discorso credibile. Se i 5 Stelle, per un immediato ed effimero vantaggio di facciata, vogliono farsi massacrare anche dal Pd, facciano pure. E così sia!”. Sulla stessa linea è Claudio Giazzon: “Elezioni subito, ma mi piacerebbe tornare ad un sistema maggioritario”.

 

Pietrangelo Buttafuoco
Di Maio e Salvini hanno sbagliato ma insieme sono rivoluzionari

Hanno sbagliato entrambi. E hanno da tornare insieme, e subito. Un grave errore è stato quello del M5S di votare Ursula von der Leyen in Europa. Si sono consegnati all’establishment. Una totale pazzia è stata quella di Matteo Salvini di aprire la crisi con l’aggravante di vedere tornare tutto il cucuzzaro di regime: Matteo Renzi nientemeno, con tutti i suoi cari, quindi Romano Prodi e perfino Silvio Berlusconi che, di certo, non in prima battuta, ma subito dopo, un governo di quattro anni con tutte le più delicate nomine ancora da fare lo puntella, altroché se non lo puntella. Altrimenti come spiegare l’agitazione di queste ore dell’uomo forte di Forza Italia, ovvero Gianni Letta, impegnato a procurare “responsabili” e rassicurare così Dario Franceschini, quello che fa il lavoro sotterraneo sperando di trovare al Quirinale un altro Oscar Luigi Scalfaro. Urge far sì che ciò che è stato non sia mai stato. Presi singolarmente, Lega e M5S, non arrivano a nulla. Insieme fanno una sintesi che è rivoluzionaria. Quantomeno, pur pasticciata, lo è stata.

 

Andrea Scanzi
Sarebbe più facile con i gruppi in quota Zinga: ora il M5S rischia

L’unica certezza, in questo gran casino tragicomico, è che Salvini non merita niente. Uno che tradisce così – nel momento peggiore e pentendosene un secondo dopo – per tornare scodinzolante da Berlusconi non vale nulla. Vuole votare subito? Lo si faccia attendere, per anni e senza pietà, sperando che nel frattempo a qualcuno passi questa sbornia scema per l’ennesimo cazzaro nostrano. Al tempo stesso, un governo M5S + Pd avrebbe (forse) senso se i parlamentari fossero in quota Zingaretti. Non con questa ghenga perlopiù renziana: Paragone con Boschi fa ridere, Morra con Marattin fa vomitare e Taverna con Andrea Romano rivaluta l’Armageddon. Forse è il male minore, ma è comunque un male (che può regalare altri voti alla destra). Tanto per cambiare, quelli messi peggio sono i 5 Stelle. Se dicono No prendono il 10% a ottobre, se si fidano di Renzi (ossimoro) rischiano di passare alla storia come quelli che vinsero le elezioni ma si fecero turlupinare due volte di fila. I re dei gonzi lessi. Insomma: comunque vada, sarà catastrofe. Condoglianze.

 

Alessandro Robecchi
5 Stelle e dem devono provarci affidandosi a nuove leadership

Appurato che a Salvini, il piccolo Scelba in topless, non affiderei nemmeno una gelateria, figurarsi un Paese, duole constatare che tutt’intorno non è esattamente un convegno di talenti. In ogni caso, cercare soluzioni parlamentari è doveroso e ciò significa un patto 5S-Pd. Il rischio è che sia piccolo cabotaggio,  rinviare il voto, punire il traditore (i 5S), resuscitare carriere morte (il Pd). Peccato. Meglio sarebbe un  accordo vero, come si doveva tentare anni fa, quando il Movimento sputò in un occhio a Bersani, o un anno  e mezzo fa, quando Renzi sputò i popcorn in faccia a tutti. Ma un governo vero prevede ammissioni di  colpa, rettifiche della linea e ricambio di uomini. Chi si è fatto abbindolare dallo sceriffo Salvini sarebbe adatto? Quanto a Renzi, sarebbe come chiamare l’idraulico che ti ha già allagato la casa tre  volte. Ma se fosse, se mai si riuscisse, ci potrebbe essere un buon esordio: ritirare al primo Consiglio dei  ministri i decreti sicurezza, far sbarcare i naufraghi, tornare almeno decenti.

A cura di Lorenzo Giarelli

“Nascosti 38 miliardi di perdite”: bufera su General Electric

General Electric,una delle principali blue chip della borsa americana, è finito giovedì scorso nel mirino di un hedge fund che con le accuse di “frode contabile” ha fatto precipitare il titolo in Borsa dell’11%, bruciando in una sola seduta 8,9 miliardi di capitalizzazione. Ieri, poi, il titolo è risalito dell’8,74% dopo che l’ad Lawrence Culp ha acquistato titoli per 2 milioni di dollari. “Manipolazione di mercato, pura e semplice” la definisce il Ceo della società Larry Culp. Il principale accusatore, Harry Markopolos, conosciuto per aver portato alla luce il piano Ponzi di Bernie Madoff, non rivela per conto di chi ha indagato ma sostiene che il colosso americano abbia necessità di incrementare immediatamente le sue riserve di 28,5 miliardi, di cui 18,5 in contanti, per ripianare 38 miliardi di perdite nascoste. “È una frode più grande e più grave di quelle di Enron o WorldCom – scrive in un report – Il mio team ha trascorso gli ultimi 7 mesi ad analizzare la contabilità di Ge e crediamo che i 38 miliardi di dollari che siamo arrivati a trovare siano semplicemente la punta dell’iceberg, rappresentano oltre il 40% della capitalizzazione di mercato di Ge e sappiamo di averne trovato solo una parte”.

“Il M5S e il Pd unione naturale per affermarsi in Ue e in Asia”

Non solo un governo targato Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, ma anche un governo che sia progressista e pro-Europa: l’Italia, secondo Jeffrey Sachs (uno dei maggiori economisti statunitensi direttore del Centro per lo Sviluppo sostenibile del The Earth Institute alla Columbia University, ed esperto di crescita economica, salute pubblica, finanza e lotta alla povertà), non può permettersi una crisi di governo ora, né le elezioni, tanto meno un altro esecutivo con la Lega.

“Sta nascendo una nuova Commissione Europea, si stanno mettendo le basi per le politiche economiche comunitarie dei prossimi dieci anni e l’Italia deve esserci – spiega -. Ho sempre creduto che l’Italia abbia bisogno di un governo progressista e pro-Europa: progressista perché colmerebbe gli attuali bisogni politici dell’Italia e credo sia la scelta migliore per guardare avanti. E pro-Europa perché l’Italia dovrebbe essere una guida nell’Unione Europea in questo momento. Deve sedersi al tavolo di fronte a Francia e Germania, essere leader nell’Unione, prendere decisioni su energia, affari internazionali, politica estera, soprattutto sulla Cina”.

Professor Sachs, non è già così?

A causa della natura del governo nel suo assetto attuale, che è percepito come populista, nazionalista e antieuropeo, l’Italia non è un leader nel processo decisionale europeo ma è vista come una ‘brontolona’ e questa è una vera sfortuna. Potrebbe essere davvero un riferimento, uno dei più costruttivi. Questo, inoltre, è un momento fondamentale nella Ue perché c’è da comporre una nuova Commissione europea e ci sono le maggiori decisioni da prendere. Vorrei vedere una Italia che trascini gli altri in questo, non che sia in seconda o in ultima fila.

Come crede che possa accadere?

È un mio personale punto di vista, ma la situazione corrente è molto complicata: spero che il M5s e il Pd possano trovare un accordo di coalizione nonostante i personalismi di alcuni politici. Sarebbe una unione naturale. I due movimenti politici avevano già potenzialmente tanti punti in comune, li hanno ancora, avrebbero potuto trovare un compromesso anche in origine. Invece il Movimento 5 Stelle si è unito alla Lega e ha creato questo governo antieuropeo e populista, un governo che dal mio punto di vista non calza bene al Movimento e che non ha fatto e non sta facendo bene all’Italia in sé, né all’Italia in Europa, tanto meno all’Italia nel Mondo. Essere considerati degli estremi antagonisti non aiuta ad avere voce in capitolo e soprattutto di peso in Ue.

Quale potrebbe essere quindi il passo successivo da compiere?

Movimento 5 Stelle e Partito democratico dovrebbero dire molto semplicemente alla Lega: “Questo non è il momento giusto per la crisi di governo: abbiamo bisogno di un budget, di una programmazione economica, di una politica europea che sia più attenta ai bisogni politici del Paese in queste circostanze”. E c’è un’altra cosa.

Quale?

L’Unione Europea ha bisogno di coesione, ha questioni importanti da fronteggiare, da Trump ai rapporti con la Cina. Deve affrontare forze che al momento non sono per nulla amichevoli. Per questo, tutti i Paesi dovranno collaborare e cooperare. L’Italia, ad esempio, con la firma del memorandum con la Cina ha fatto una mossa corretta, molto intelligente. E ora, avere una coalizione progressista tra M5s e Pd, credo possa servirle per portare lo stesso tipo di idee mature a livello europeo, anche sui rapporti tra Europa e Cina, che sono fondamentali ma molto complicati al momento. La nuova Commissione, per dire, dovrebbe negoziare con la Cina nell’ottica di una strategia di investimenti euro-asiatici, prendere l’iniziativa del memorandum italiano e combinarlo con i piani di investimento dell’Ue. In pratica, mettere i due pezzi insieme, creare un programma di investimenti sostenibile che guardi a tutta l’Asia. Far sì che quello che ha fatto l’Italia sia solo il primo pezzo di un puzzle più ampio.

Che vantaggi ne trarrebbero l’Europa e l’Italia?

In questo momento è necessario che ci siano rapporti costruttivi e collaborativi da parte di tutti per far in modo che gli investimenti crescano, per incrementare la conoscenza, le tecnologie sostenibili, le infrastrutture, come dicevo, soprattutto guardando all’Asia. Su questo dovrebbe puntare il programma politico di quello che auspico sia il prossimo governo, diventando anche esempio per gli altri. Si creerebbe nuovo lavoro per l’Italia, per l’Europa e contribuirebbe alla trasformazione tecnologica. È ciò che serve a un Paese impegnato in un programma di crescita.

Pensa, insomma, che possa esserci un governo completamente europeista…

Sostenere la von der Leyen è fondamentale e l’idea che l’Europa spinga l’austerity non è corretta. L’Europa, in questo momento, dovrà impostare le strategie economiche per i prossimi dieci anni e per questo l’Italia dovrà essere presente con un governo di centrosinistra per discutere ciò che andrà fatto, magari con la Spagna di Pedro Sánchez come spalla e alleata. L’Italia non è solo un osservatore, è una delle tre economie leader in Ue e quindi deve essere ai tavoli decisionali. Ma se la sua voce non sarà lì, è un problema. Non è il tempo giusto per una crisi politica, è tempo di essere leader.

L’etiope ripescato da solo sul gommone: “Morti gli altri 14”

Erano 15non due i migranti a bordo di un barchino gonfiabile partito dalla Libia e soccorso dalla Marina maltese lunedì. Lo ha rivelato l’unico superstite della tragedia, Mohammed Adam Oga, etiope, in un’intervista rilasciata a Times of Malta. “Non avevamo né cibo, né acqua, né carburante. Siamo stati 11 giorni in mezzo al mare e a un certo punto abbiamo cominciato a bere l’acqua del mare. Dopo cinque giorni due di noi sono morti, ogni giorno ne morivano due” ha raccontato il sopravvissuto immortalato nello scioccante scatto che lo ritrae in ginocchio sul gommoncino riverso sul cadavere di un compagno. Il giovane etiope ha pagato 700 dollari al trafficante libico per ottenere il posto. “Sono morti tutti di stenti patiti in quegli giorni sotto il sole, in mezzo al mare, senza benzina, senza acqua, senza cibo e senza riparo”. Tra loro, anche una donna incinta. “Vedevamo passare navi, elicotteri, aerei. Gridavamo e ci sbracciavamo. Nessuno si è fermato. I corpi hanno cominciato a puzzare. Ed abbiamo dovuto decidere di buttarli a mare. Ogni giorno buttavamo in mare i corpi di quelli che non ce la facevano. Ed alla fine siamo rimasti soli”. Poi quelle parole: “Sono vivo. Sono felice”.

Berlino disponibile a una nuova missione militare Ue

La Germania auspica una riedizione dell’operazione europea “Sophia” oltre a “navi statali” che salvino migranti. A dichiararlo la stessa cancelliera Angela Merkel durante un incontro che si è svolto a Berlino.

Parole successivamente rilanciate anche ieri dal portavoce del governo tedesco. “Sicuramente sarebbe bene se avessimo anche oggi di nuovo una missione Sophia e navi statali che salvassero”. Nel sottolineare che non si tratta di una nuova posizione tedesca, portavoce Steffan Seibert ha rivelato come in Germania ci sia “rammarico che la missione Sophia sia stata fermata dato che in Europa semplicemente non c’ era, e non c’è alcuna unità” sulla questione della ripartizione dei migranti salvati in mare.

Ha poi proseguito spiegando che: “Abbiamo partecipato con convinzione alla Eunavfor e continuiamo a impegnarci politicamente per una solidale soluzione europea che renda di nuovo realistico un impiego di navi. Se ci fosse un accordo – ha poi concluso Seibert – valuteremmo positivamente un nuovo mandato”.

I primi sbarchi dirottati su Spagna e Malta. Ma da gennaio il Viminale ha sempre ceduto

Il 9 giugno Matteo Salvini è al Viminale da otto giorni. A Reggio Calabria arriva la Sea Watch 3: 232 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia. È il primo sbarco del nuovo governo. Lo stesso giorno ma nel porto di Pozzallo (Ragusa) attracca Seefuchs, il peschereccio dell’Ong tedesca Sea Eye rifiutato da Malta: 126 persone. Altre 109 vengono invece salvate dalla nave Diciotti della Guardia di Finanza.

Il primo caso Aquarius: vanno a Valencia

La svolta salviniana è annunciata il giorno dopo: “Porti chiusi”. E si concretizza subito con la nave Aquarius di Medici senza frontiere e Sos Méditeranée, che allora batte bandiera di Gibilterra e ha 629 naufraghi a bordo, tra cui 123 minori non accompagnati. L’Italia vieta l’approdo. La Spagna prende in carico la nave umanitaria che con la costosa scorta della Marina militare italiana il 17 giugno sbarca a Valencia. Qualche giorno dopo tocca alla nave dell’ong tedesca Lifeline sulla quale erano imbarcati 234 migranti tra cui 14 donne e 4 bambini con meno di tre anni: l’Italia dice no, lo sbarco avverrà a Malta. Il 19 luglio la nave Open Arms della ong spagnola Proactiva Open Arms arriva a Palma di Maiorca, in Spagna: sbarca Josefa, la migrante camerunense soccorsa il 17 luglio dopo il naufragio di un gommone di migranti e recuperata insieme ai cadaveri di un’altra donna e del suo bambino. Proactiva annuncia azioni legali contro l’Italia.

Bloccata dal Viminale anche la nave Diciotti

Nello stesso mese c’è il primo caso che coinvolge la nave Diciotti della Guardia costiera italiana. Si tratta di 67migranti che soccorsi dal rimorchiatore Vos Thalassavengono poi trasbordati e portati a Trapani. I primi a scendere sono i due indagati per violenza privata contro il comandante e del rimorchiatore: non volevano tornare in Libia, per questo saranno assolti. Il 20 agosto nuovo caso Diciotti: a bordo 177 migranti tratti in salvo al largo di Lampedusa. La tengono bloccata nel porto di Catania fino al 26, poi l’accordo dell’UE sulla ripartizione dei profughi. Salvini sarà indagato per sequestro di persona, la maggioranza gialloverde negherà l’autorizzazione a procedere.

Sea Watch a Catania in pieno inverno

Tutto tace fino a dicembre quando è ancora la Open Arms a vagare per giorni, Natale compreso, in mezzo al mare con il suo carico di 300 salvati; il 28 dicembre sbarcano a Algeciras dopo essere stati rifiutati da Italia, Malta e Francia. A gennaio l’Italia blocca la Sea Watch 3 con 47 persone a bordo, li lasciano all’àncora al freddo davanti a Siracusa, poi il Viminale accetta di farli approdare a Catania. Salvini finisce indagato assieme al premier Conte e ai colleghi Toninelli e Di Maio, ma la Procura chiede poi l’archiviazione, escludendo reati anche a carico dell’equipaggio e della Ong.

Braccio di ferro, poi le ong passano

A maggio, dopo il primo “no” di Salvini, scendono sempre a Catania i 30 soccorsi da Mare Jonio, la nave della Ong Mediterranea: subito sequestrata. La stessa Sea Watch 3 è la protagonista di un ulteriore scontro, a giugno: dopo 17 giorni in mare con 47 persone a bordo la comandante Carola Rackete forza il blocco della Guardia di Finanza e attracca a Lampedusa scatta l’arresto ma il gip non convalida e torna libera dopo 48 ore. Nave sequestrata. E ancora, il 9 luglio a Lampedusa approda la nave Alex dell’ong Mediterranea Saving Humans con 46 migranti. Anche la Alan Kurdi della tedesca Sea Eye viene dirottata su Malta con altri 65. Permesso negato, l’imbarcazione fa rotta verso Malta. Di questi giorni la decisione di Open Arms di fare rotta verso Lampedusa con 147 naufraghi: il Tar Lazio ha sospeso il divieto di entrare in acque italiane.

Un’altra lettera di Conte a Salvini: “E i minori?”

Eieri, a sera inoltrata, arriva la seconda lettera di Giuseppe Conte a Matteo Salvini, l’ennesimo capitolo della battaglia tra il presidente del Consigloi e ministro dell’Interno. La richiesta è sempre quella: far sbarcare i minori. E, s’intende, quelli imbarcati sulla Open Arms: 32, di cui 27 non accompagnati, su 134 persone in totale. Per capire la violenza dello scontro però, che non potrà che influenzare la crisi politica, bisogna partire dall’inizio, qualche giorno fa.

Quando Matteo Salvini ha preso lo schiaffone dal Tar del Lazio, che il 14 agosto ha sospeso il divieto di ingresso nelle acque italiane per la nave di Open Arms, la prima reazione è stata quella di emanare un nuovo provvedimento. D’altra parte, sostengono al Viminale, la situazione era cambiata: il Tar non aveva tenuto conto del secondo soccorso operato dalla Ong spagnola (39 persone salvate) e coordinato da Malta, tanto che La Valletta aveva poi offerto accoglienza a quei profughi. Il comandante della nave, però, aveva preferito evitare anche per la difficoltà di spiegare ai primi 121 saliti a bordo che gli altri sarebbero sbarcati e loro no.

Quel provvedimento immaginato da Salvini, però, richiede – dice il dl Sicurezza bis recentemente convertito in legge – che il ministro dell’Interno firmi “di concerto” coi colleghi della Difesa e dei Trasporti. Solo che Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, che avevano firmato il 1 agosto il divieto per Open Arms e l’8 agosto quello per Ocean Viking, stavolta hanno detto no. “Ho preso questa decisione, motivata da solide ragioni legali, ascoltando la mia coscienza”, ha scritto la ministra della Difesa, ma soprattutto “la mancata adesione alla decisione del giudice amministrativo potrebbe finanche configurare la violazione di norme penali”.

È un ragionamento perfino ovvio, condiviso dal giurista che siede a Palazzo Chigi. Ignorando il Tar si rischia un procedimento per abuso d’ufficio o inosservanza di un provvedimento dell’autorità o mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. Come il resto del governo, Giuseppe Conte aveva approvato a giugno il decreto Sicurezza bis che assegna al Viminale i poteri prima spettanti al ministero dei Trasporti sulle acque territoriali; quindi il 5 agosto ha incassato la fiducia sulla legge di conversione che l’ha modificato in termini che hanno allarmato il capo dello Stato, tanto da spingerlo a chiedere via lettera qualche correzione.

Nei giorni scorsi però Conte ha compreso che il nuovo braccio di ferro con le Ong era pericoloso, prima ancora che si pronunciasse il Tar del Lazio, quando i giudici minorili di Palermo l’8 agosto hanno scritto ai suoi ministri per ricordare il diritto degli under 18 a bordo di Open Arms “di essere accolti in strutture idonee, nonché di avere nominato un tutore e di ottenere il permesso di soggiorno” come prevede il Testo unico sull’immigrazione integrato dalla cosiddetta legge Zampa del 2017. E subito Conte ha scritto, riservatamente, a Salvini, invitandolo a fare tutto il necessario per assistere i minori. Questi però, ormai nel pieno della crisi di governo, ha replicato accusando Conte di voler far sbarcare tutti, d’accordo con Renzi e il Pd.

Il presidente del Consiglio non se l’aspettava, tanto più che per oltre un anno gli ha lasciato mano libera sull’immigrazione, consentendogli azioni di forza in mare a scopo sostanzialmente propagandistico, politiche che hanno aumentato gli irregolari sul territorio nazionale, umiliato la Guardia costiera e causato ripetute tensioni coi partner dell’Ue senza nemmeno avvicinarsi alle soluzioni condivise che invece a Conte sembrano le uniche da cercare.

Quindi la risposta del capo del governo è stata la durissima lettera, pubblicata su Facebook, il giorno di Ferragosto: “Gentile ministro dell’Interno, caro Matteo… Con mia enorme sorpresa, ieri hai riassunto [la] mia posizione su Open Arms attribuendomi, genericamente, la volontà di far sbarcare i migranti a bordo. Comprendo la tua fedele e ossessiva concentrazione nell’affrontare il tema dell’immigrazione riducendolo alla formula porti chiusi”, ma alterare “una chiara posizione del tuo presidente del Consiglio” è “un chiaro esempio di sleale collaborazione, l’ennesima a dire il vero, che non posso accettare”. Intanto Salvini twittava “porti chiusi” e il premier cercava e trovava “sei Paesi Ue pronti ad accogliere i migranti” di Open Arms. Ora, c’è la seconda lettera.

Open Arms bloccata in rada. Il pm: “Sequestro di persona”

Di qua Matteo Salvini che ripete “porti chiusi” e dà mandato per impugnare il decreto del Tar che gli ha dato torto. Di là 134 persone da quindici giorni sulla Open Arms, non più in alto mare ma dalla mattina di Ferragosto in rada davanti al porto di Lampedusa. “La situazione è drammatica, si è ulteriormente aggravata con atti di autolesionismo e minacce di suicidio, che mettono in pericolo imminente di vita le persone a bordo. Bisogna agire nelle prossime ore. Chiediamo che sia immediatamente autorizzato lo sbarco a Lampedusa prima che si aggiungano altre tragedie a quelle già vissute”, scrivono nell’ultimo appello Oscar Camps, fondatore della ong spagnola Proactiva Open Arms e Gino Strada, fondatore di Emergency.

In mezzo ci sono il prefetto di Agrigento Dario Caputo che aspetta ordini dal Viminale, i medici, gli avvocati, i magistrati della Procura di Agrigento che dopo l’esposto dei legali della ong hanno aperto un fascicolo per ora contro ignoti per sequestro di persona, violenza privata e abuso d’ufficio, quelli del Tribunale minorile che si apprestano a nominare i tutori per i 29 under 18 a bordo, la Guardia costiera che scrive al Viminale che “non vi sono impedimenti di sorta per l’attracco senza indugio a Lampedusa” e intanto spedisce barchini di salvataggio attorno alla nave nel timore che qualcuno si butti in mare per la disperazione. E ancora, il Garante dei detenuti Mauro Palma che chiama il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e scrive a Salvini per ricordare che le persone a bordo sono private de facto della libertà personale in violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti di cui alla Convenzione europea dei diritti umani e questo “espone anche il Paese al rischio di censure sul piano internazionale”.

Fino a ieri sera la situazione non si è sbloccata ma certo dovrà sbloccarsi. Anche perché c’è già l’accordo con sei Paesi per ricollocare i 134 a bordo: Francia, Germania, Spagna, Lussemburgo, Portogallo e Romania. L’ha detto ufficialmente Conte, Salvini gli ha risposto che non è vero, la Commissione europea ha fatto sapere che l’accordo c’è ma prima bisogna consentire lo sbarco. Potrebbe pensarci il procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella: se c’è un sequestro di persona dovranno interromperlo, magari mettendo i sigilli alla nave. Alla Procura si è rivolto l’avvocato Arturo Salerni che guida il collegio difensivo di Open Arms. Un altro esposto, questo contro il prefetto di Agrigento, l’hanno presentato gli avvocati dell’Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. Si è già pronunciato il Tar ordinando la sospensiva del divieto di accesso alle acque italiane, il Viminale ha dato mandato all’Avvocatura di Stato per ricorrere al Consiglio di Stato ma intanto quel provvedimento dovrebbe essere eseguito, sarebbe possibile anche la nomina di un commissario ad acta. “Peggio dei delinquenti – protesta Camps –. Questo isolamento forzato viola le regole minime per il trattamento dei detenuti adottato dal primo congresso delle nazioni unite sul trattamento dei criminali. L’Italia non rispetta la sentenza del Tribunale che afferma la necessità di assistenza immediata e urgente”. Al Viminale però ritengono di averla già assicurata, tant’è che, dopo le prime evacuazioni sanitarie dei giorni scorsi, ieri sono stati trasferiti a terra cinque nuclei familiari su indicazione dei medici del Cisom. Poi però un medico di Lampedusa ha detto che non stavano così male, solo uno aveva l’otite, così Salvini è ripartito all’attacco di Open Arms.

Resta invece in acque internazionali, tra Lampedusa e Malta, la Ocean Viking, la nave battente bandiera norvegese di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere (Msf), partita lo scorso 4 agosto da Marsiglia, che ha effettuato quattro operazioni di recupero, salvando 356 persone, di cui 103 sarebbero minori, 11 dei quali non accompagnati.

“Le nostre richieste all’Italia e a Malta di prendere il coordinamento e assegnare un pos non hanno ricevuto risposta – spiegano da Medici Senza Frontiere al Fatto –. Malta ha rifiutato di prendere il coordinamento, e l’Italia non ha risposto”. Anche in questo caso la situazione resta apparentemente immobile. Non ci sarebbero emergenze sanitarie a bordo, ma tra i migranti cresce la paura di dover restare in mare per molto tempo. “Non abbiamo presentato alcun ricorso – aggiunge Msf –, ma stiamo interessando anche gli altri Stati europei per trovare una soluzione tempestiva per lo sbarco”.

Alla festa di Pontida pure i nomi delle pizze irridono i migranti

Pontida è quel luogo dove la goliardia leghista, se così si può dire, dà il meglio o il peggio di sé. Il luogo simbolo del Carroccio, quello dove un giovane Salvini intonò il suo “Mamma che puzza” contro i napoletani, ieri è tornato alle cronache politiche per un altra discutibile manifestazione dell’ironia dei militanti salviniani. Nel menù del ristorante della festa della Lega ci sono due pizze battezzate “Sea Watch” e “Aquarius”, come le navi delle ong impegnate nel salvataggio dei profughi nel Mediterraneo. Se ci fosse bisogno di ricordarlo, questi scafi recuperano persone che rischiano di morire in mare. Accanto alle due pizze d’ispirazione Viminale, diciamo, c’è pure la pizza “del Capitano”, la “Flat Tax”, le vintage “Umberto”, “Ladrona” e “Va’ pensiero”. Per loro, i militanti leghisti, ovviamente è una “semplice goliardata”, al pari della maglietta verde tradizionale con l’Alberto da Giussano e una scritta in cirillico, che fa il verso al “caso rubli” e alla discussa cena del leghista Savoini all’Hotel Metropol di Mosca. Il sindaco di Pontida, l’ex parlamentare Pierguido Vanalli, la fa breve: “Ogni anno si sceglie qualche argomento di attualità per riderci sopra”.