Ieri è stata la giornata della triangolazione Roma, Washington e Hong Kong ormai campo di battaglia della guerra dei dazi. Il porto franco si prepara al decimo fine settimana consecutivo di manifestazioni in difesa della propria democrazia.
Dall’Italia è partito l’avvertimento della Cina agli Stati Uniti di non interferire nella crisi di Hong Kong in atto. Da Roma l’ambasciatore Li Junhua, nella sua prima conferenza stampa dal suo insediamento, ha denunciato, come “il mondo politico degli Stati Uniti stia dando sostegno e amplificando le idee dei manifestanti” che da giugno sono scesi in piazza contro la legge sull’estradizione dell’ex colonia britannica, e che oggi hanno iniziato un sit-in di tre giorni all’aeroporto della “città-Stato”.
A stretto giro di fuso orario dalla Casa Bianca il presidente Trump ha minacciato come i nuovi negoziati sul Commercio con la Cina – in programma per settembre negli Stati Uniti -, potrebbero essere cancellati. “Non abbiamo altra scelta se non fare quello che stiamo facendo. Vedremo se mantenere o meno il nostro incontro di settembre”. Il presidente ha poi ribadito l’accusa secondo cui la Cina è un “manipolatore di valuta” e ribadito la convinzione che l’aumento dei dazi sia un onere che sta pagando Pechino ma che non pesa sui consumatori americani. “Stiamo facendo bene – ha concluso – se guardate all’Europa loro hanno problemi”.
Intanto migliaia di manifestanti si sono dadi appuntamento nello scalo di Hong Kong per tre giorni di sit-in per sensibilizzare tutti viaggiatori del mondo in arrivo o di passaggio dall’ex colonia britannica, porta tra oriente e occidente, sulla loro volontà espressa chiaramente anche nello slogan HK to freedom: Hong Kong verso la libertà.
Per l’ambasciatore cinese Li Junhua invece “Hong Kong è della Cina e non accettiamo alcun tipo di interferenza straniera”, ha aggiunto Li, avvertendo Washington che “chi di spada ferisce, di spada perisce”. L’accusa dell’interferenza di attori esterni che avrebbero mosso “i fili dietro le quinte dei manifestanti più violenti”. Proprio nella capitale l’altro funzionario ha mostrato alcune immagini di manifestanti che tirano sassi e aggrediscono poliziotti e civili, insieme a una foto che mostra il capo dell’ufficio politico del Consolato Usa a Hong Kong, Julie Eadeh, con alcuni manifestanti: prova dell’ingerenza americana.
Restano impresse nella memoria del mondo le recenti immagini del fiume silenzioso e pacifico che ha inondato le strade di Hong Kong. Gli attivisti protestano per l’eccessiva ingerenza del governo cinese nella regione semi-autonoma e la repressione attuata dalla polizia. Di soli pochi giorni fa le non proprio velate minacce di Yang Guang, portavoce dell’ufficio cinese per gli Affari di Hong Kong e Macao: “Quelli che stanno giocando col fuoco finiscono bruciati”; citando il “formidabile potenziale” di cui dispone la Cina per sedare le proteste.