Letali e susseguenti detonazioni alle nove del mattino di ieri. Un improvviso picco dei livelli radioattivi dopo l’esplosione registrata nella regione di Archangelsk. E poi due morti. Sono le prime notizie che arrivano in fila a Mosca dal siderale e lontanissimo Artico russo e nucleare. Sono informazioni che giungono da nord, dalla città culla dei gloriosi sottomarini sovietici, tradizionale banco di prova di segreti test balistici: i cantieri navali di Severodvisk.
Il poligono della Marina russa è andato a fuoco, come sta facendo in queste settimane la Siberia per gli incendi che divorano le sue foreste e che il governo ha fallito nel domare. Nel villaggio di Nenoksa, distretto di Severodvisk, nei pressi di Archangelsk, nella zona militare dove la Marina russa conduceva dei test su un motore a combustibile liquido, “è avvenuta un’esplosione e le attrezzature hanno preso fuoco”, si legge nella versione ufficiale del ministero della Difesa russo. Sei sono i feriti, due gli esperti specialisti morti e senza nome, dice il Cremlino. Lo vzryv, l’esplosione è avvenuta invece su una chiatta del poligono dicono i media, oppure su una nave, riporta ancora il giornale Baza.
L’aumento dei livelli radioattivi a Severodvisk, – centro abitato da 185mila nel profondo nord slavo, dicono i dati ufficiali –, è stato riferito prima di tutti dalla Tass, l’agenzia di notizie statale in contatto con le autorità municipali, che insieme agli altri media governativi, ha dato notizia di un’esplosione avvenuta in mare. Le fonti militari invece confermano che sia avvenuta a terra. Per la Tass sono quattro i feriti, per l’agenzia Interfax sei, per un’altra agenzia di Stato, Ria Novosti, i feriti arrivano a 15. Le ore scorrono, le cifre cambiano, i picchi aumentano. “Un temporaneo aumento delle radiazioni è stato registrato a mezzogiorno a Severodvinsk” ha detto la portavoce delle autorità cittadine, Ksenia Yudina, ma ora tutto è v norme, “tutto è rientrato nella norma”. Eppure gli avvisi ufficiali dell’amministrazione dei porti marittimi dell’Artico occidentale ora per ordine del ministero della Difesa avvertono che nel Mar Bianco, per un mese, verrà vietata la navigazione libera, ha detto il vice capitano del porto marittimo di Archangelsk, Serghey Kozub.
Guardando titoli e notiziari alla tv, Andrey Beresy, meno di 50 anni, in visita da sua figlia a Mosca, boccheggia. Lavora a due giorni di treno dalla Capitale, nello stabilimento Gazprom a Iamal, un centro abitato solo dagli operai specializzati delle multinazionali russe nello sconfinato territorio artico della Federazione. “Sarà difficile avere notizie da Severodvisk, è una città segreta, un mio amico ha prestato servizio nella flotta stanziata lì e non ci ha mai raccontato cosa succedeva davvero, nemmeno davanti a una birra”.
Andrey dice che Severodvisk è una zato, acronimo per le “città chiuse” d’eredità sovietica, con accesso ristretto per gli stessi residenti, e assolutamente vietate agli stranieri. Tra gli Urali e la Siberia le città fantasma sulla mappa dei sovietici erano decine e alcune sono rimaste tali dopo il crollo dell’Unione Sovietica, altre città sono state “aperte” dopo il 1992, come Tomsk. Incidenti ed errori: l’esercito e il governo russo in questa estate rovente di proteste elettorali continuano a inanellarli. Questo è il secondo lutto della settimana tra le divise, dopo l’esplosione avvenuta in una base militare siberiana la settimana scorsa. Bilancio: un morto e 16mila persone costrette ad abbandonare le loro case.
Intanto il simbolo delle radiazioni, giallo e nero, continua a lampeggiare sulla copertina del giornale Severnaya Nedelja, la settimana del nord. Radiazii v norme, le radiazioni sono rientrate nella norma. “Dalle 14 i sensori non superano il picco di 0,11 microsivert” assicura dall’Artico il capo della protezione Valentin Magomedov, ma nei commenti alla sua dichiarazione gli utenti chiedono tre cose: prove, perché si conducevano esperimenti nucleari nei pressi di un centro abitato da migliaia di persone e ancora prove.