“Se non ci fossero stati di mezzo quei morti avrei alleggerito la collana pure a Sfera Ebbasta”. In un’intercettazione registrata dagli inquirenti, uno dei sette arrestati nella notte tra venerdì e sabato a Modena racconta un episodio simbolo legato alla strage nella discoteca “Lanterna Azzurra” di Corinaldo (Ancona), avvenuta tra il 7 e l’8 dicembre scorsi in cui hanno perso la vita una donna di 39 anni e cinque adolescenti.
Quella notte, il gruppo dei sette giovani stava rientrando in Emilia quando, in una stazione di servizio, ha casualmente incontrato il noto trapper, atteso nella discoteca dell’Anconetano quella sera di dicembre per un concerto. Evento cancellato quando Sfera Ebbasta, uscito poco prima dalla nota discoteca riminese “L’Altromondo Studios”, era stato avvisato del caos scoppiato dentro e fuori la Lanterna Azzurra.
Una tragedia che, da quanto emerge dall’inchiesta, non fermò l’azione della banda. La morte della mamma 39enne Eleonora Girolimini e dei giovanissimi Asia Nasoni, Emma Fabini, Daniele Pongetti, Benedetta Vitali e Mattia Orlandi, tutti tra i 14 e i 16 anni, generò un livello più alto di attenz one, ma uno di loro solo tre mesi dopo “non ha avuto alcuno scrupolo – scrive il gip Carlo Cimini – a procurarsi nuovamente lo spray al peperoncino e usarlo per agevolare le condotte criminose”. Ignaro di essere ascoltato tranquillizza un membro del gruppo: “Ormai va di nuovo di moda il gas… Già l’hanno dimenticato”. “Eh… era quel periodo lì ,. queste le usavamo sempre. Era il periodo che… Gaaasss… (…) andavamo avanti a sgasare. Io le facevo… per riuscire anche a non pagare fra’ (…) Mamma mia fra’ ci aveva preso la mano!”, diceva un altro.
Ma quella notte è una macchia indelebile: “Sono morti in sei per questo giochino e noi lo sappiamo bene” si legge nelle intercettazioni. Un gruppo, uno dei tanti attivi nel centro-nord, specializzato nelle rapine con strappo e furti di monili e oggetti di valore all’interno delle discoteche e dei locali di mezza Italia e non solo: blitz e colpi in nove regioni e trasferte addirittura in Repubblica ceca e al parco giochi Disneyland di Parigi, dove sono stati fermati e rilasciati poche settimane fa. Queste ed altre intercettazioni compaiono nelle 176 pagine dell’ordinanza che ha portato in carcere sette soggetti, tutti tra i 19 e i 22 anni ad eccezione del 65enne Andrea Balugani, titolare di un compro-oro di Castelfranco Emilia e individuato come il presunto ricettatore. I sette sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti con strappo e rapine mentre i sei più giovani – Raffaele Mormone di 19 anni, Andrea Cavallari di 20, Badr Amouiyah di 19, Ugo Di Puorto anch’egli di 19 anni e figlio di Sigismondo arrestato perché vicino al clan dei Casalesi, Akari Moez di 22 anni originario di Tunisi, Haddada Souahib 21enne nato in Marocco – devono rispondere anche di omicidio preterintenzionale e lesioni personali.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Ancona, è stata condotta dal Nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Ancona. Resta intanto in piedi il filone dell’inchiesta legata alle condizioni di sicurezza del locale: la stessa procuratrice di Ancona, Stefania Garulli, ha ammesso che quella notte nel locale c’erano almeno 1200 persone, ben oltre la soglia consentita di 871 unità, e che diverse irregolarità del locale sono già state accertate tra biglietti staccati, capienza consentita, regolarità delle uscite di sicurezza e degli impianti e così via. In questo filone d’indagine la Procura ha indagato 18 persone: i tre gestori del locale, i quattro proprietari dell’immobile, un addetto alla sicurezza, un dj, il sindaco di Corinaldo, i cinque membri della commissione di vigilanza provinciale e due tecnici che hanno assistito i gestori.
La sera della strage, i sette presunti membri della banda sono arrivati alla discoteca “Lanterna Azzurra” di Corinaldo poco prima della mezzanotte su due auto. Un locale noto: il 31 ottobre scorso, quaranta giorni prima della strage, alcuni di loro avevano effettuato un sopralluogo, mentre due settimane prima avevano messo a segno una serie di colpi in un club di Fabriano, sempre in provincia di Ancona. Alle 0,45 dell’8 dicembre la banda è entrata in azione, ognuno con il suo ruolo prestabilito. Uno di loro ha utilizzato lo spray al peperoncino verso uno dei bocchettoni da cui usciva il fumo per l’effetto nebbia. In pochi secondi si è generato il panico: “La gente tossiva, inciampava, cadeva a terra, ne ho saltati tre alla volta” ricorda di quella notte uno dei giovani durante un’intercettazione ambientale.
Ma dalle carte emerge anche un altro episodio macabro: uno degli indagati quella notte ha strappato via il bracciale dal polso di uno dei ragazzi che stava soccorrendo altri coetanei caduti nella calca del fuggi fuggi verso l’uscita posteriore del locale. In dieci minuti la banda ha messo a segno cinque colpi, poi, pochi minuti dopo l’1 di notte, tutti i membri del sodalizio si sono ritrovati all’esterno e hanno lasciato la discoteca.
Nessun rimorso secondo gli inquirenti, solo più attenzione. Il gruppo dei preziosi strappati alle vittime ha continuato a scorrazzare nelle discoteche, senza usare gli spray al peperoncino, ma solo per qualche tempo. In conferenza stampa gli investigatori hanno spiegato che la banda riusciva a racimolare circa 15mila euro al mese, soldi che venivano investiti in abiti firmati, apparati tecnologici e anche in sostanze stupefacenti, cocaina in particolare.
L’intervista Giuseppe Orlandi
“Mio figlio non tornerà più. Quel locale non era sicuro”
Giuseppe Orlandi è il padre di Mattia, 15 anni di Frontone (Pesaro-Urbino), una delle sei vittime della strage della discoteca di Corinaldo Lanterna Azzurra nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018
Ha saputo dell’inchiesta e dei sette arresti?
Certo. Il nostro stato d’animo non cambia. Colgo l’occasione per ringraziare gli inquirenti, per la professionalità dimostrata e per esserci sempre stati vicini. Ci aspettiamo una giustizia esemplare, ma la storia non finisce qui.
Cosa intende dire?
La strage poteva e doveva essere evitata se i criteri di sicurezza fossero stati rispettati, se al posto di quelle scale ci fosse stato uno scivolo e tanti altri aspetti. Le sembra normale che prima di diventare discoteca fosse un deposito agricolo?
Quindi la discoteca doveva essere chiusa?
Non spetta a me dirlo, mi baso soltanto sui fatti. Spero che l’inchiesta vada avanti e che si arrivi a risultati completi. Sia chiaro, l’inchiesta è importante ma non basta. A me e a mia moglie è stata tolta la luce della vita, perdere un figlio è terribile e in quel modo è allucinante. La ferita non si rimarginerà tanto facilmente. Il sacrificio di Mattia e degli altri angeli, oltre alla giovane mamma morta quella notte, devono servire affinché tragedie di questo genere non capitino più. Non cerchiamo vendette.
Lei parlava di “giustizia esemplare”, cosa intende precisamente?
Una giustizia che faccia il suo corso fino in fondo. Vede, l’accertamento della verità ha un’importanza che va oltre la chiusura di un’inchiesta, perché serve a dimostrare che il Paese ha ancora una tenuta sociale forte, un argine contro la deriva generale.
Cosa ha pensato quando ha saputo che i presunti responsabili di quella tragedia sono giovani poco più grandi di suo figlio?
Profonda amarezza per loro e per le famiglie, per quello che hanno fatto e tutto il resto. Bisogna impegnarsi tutti per dare ai giovani una direzione diversa, imporre modelli alternativi, valori umani che altrimenti rischiano di essere persi. I giovani non possono pensare di ottenere facili guadagni in quel modo, lo devono fare con il lavoro e i sacrifici.