Il sospetto c’era ed effettivamente fonti qualificate ci confermano che Luigi Di Maio non è Humphrey Bogart e non solo perché il secondo, com’è noto, aveva un cocktail di vantaggio sul mondo. Non essendo “Bogie”, non si capisce allora perché il ministro dello Sviluppo insista ormai da quasi un anno – fissato nel vuoto lo sguardo oceanico, serrata la mascella ed espettorato il fumo di una sigaretta immaginaria – ad imitarlo: “Revocagliela ancora, Ton”. E s’intendono la convenzione ad Autostrade per l’Italia e Toninelli. È quasi un anno dacché lo disse la prima volta, poco dopo il crollo del ponte Morandi, ed è quasi un anno pure da quando una lettera ad Autostrade firmata da Giuseppe Conte avviò “la procedura di caducazione”: da allora, però, ogni tanto Di Maio gliela revoca di nuovo. L’ultima volta, per dire, è successo venerdì, dopo che era stata diffusa una perizia che rivelava la nulla manutenzione fatta sul ponte di Genova. Sempre venerdì, peraltro, Atlantia – la holding dei Benetton che controlla Autostrade – presentava lusinghieri conti semestrali con un +4% di utili. E il futuro sorride: i Benetton partecipano anche all’operazione Alitalia e lo fanno su invito del ministero del revocatore Di Maio. Ora che arriva il primo anniversario della tragedia di Genova, c’è da scommetterci, la quantità di “revocagliela ancora, Ton” è destinata a salire alle stelle. E qui, va detto, una cosa che accomuna il Bogart di Casablanca al Di Maio di Autostrade c’è. La colonna sonora: As time goes by, mentre il tempo passa. Revocagliela ancora, Ton.
Povero B., poveri noi: da Ruby, Noemi e Patty a Lupi e Parisi
“Il progetto berlusconiano raccoglie le prime adesioni. Il sì di Parisi e Lupi. Gli autonomisti Svp: “Dialogo”.
Il Giornale
Povero Silvio, costretto a fondare un altro partito per ottenere qualche triste trafiletto nelle pagine politiche quando, nostalgia canaglia, dieci anni fa i giornali li faceva direttamente lui. Nel senso che nelle redazioni bastava solo aspettare e, prima o poi, ci avrebbe pensato il Cavalier Caimano a servirci, già bello che infiocchettato, lo scoop del giorno, o del mese, o dell’anno. Nell’indimenticabile estate del 2009, noi iene dattilografe fummo deliziati dalle mirabolanti acrobazie di Patrizia D’Addario nel lettone di Putin, con tanto di audio hot e autoerotismo consigliato. Una miniera di sesso, potere, promesse e ricatti, che sembrava scritta a quattro mani da Friedrich Durrenmatt e Georges Feydeau, con il giallo inchiesta mescolato al rosa avanspettacolo. Titoli scatolari, tirature alle stelle, lettori in visibilio. La grande abbuffata dei giornali si era già palesata a maggio con lo strano caso di Noemi Letizia e del Papi assatanato. Quando il maturo presidente del Consiglio era stato beccato all’inseguimento della giovanissima bellezza napoletana in una piccante tarantella. Dove ‘o malamente era probabilmente colui incaricato di ritirare le buste gonfie (fondamentale materiale di scena affidato in seguito alla solerzia del ragionier Spinelli). Ai giornalisti del Fatto Quotidiano prudevano i polpastrelli al pensiero del tanto ben di dio che ingolfava gli altrui computer mentre noi, maledizione, saremmo andati in edicola soltanto a settembre. Ci penserà Gianni Barbacetto, nella primavera 2010 a regalare al mondo lo straordinario personaggio della piccola (minorenne) fiammiferaia (ballerina) marocchina Rubi Rubacuori (Karima El Marough). In uno strepitoso tableau vivant, popolato da “figure di vergini che si offrono al Drago”(secondo la vivida immagine della divorzianda Veronica Lario). Nel frattempo (dicembre 2009), Massimo Tartaglia, a cui mancava qualche rotella ma non il gusto dell’accostamento simbolico, troverà il modo di colpire al volto il presidente-padrone con una statuetta raffigurante il Duomo, nella location di piazza Duomo a Milano. Erano i mitici tempi del tutti in Costa Smeralda, del palo sexy di Villa Certosa, delle olgettine travestite da infermiere, di Lele Mora e i suoi boys in un turbinio di cene eleganti, di bunga bunga e di primi ministri cechi spericolati (il povero Topolanek immortalato dal micidiale Zappadu con i gioielli di famiglia bene in vista). Ora, dite voi, dopo quella opulenta età dell’oro (come le farfalline inguinali donate dal munifico anfitrione) come possono giornali e lettori accontentarsi, in questa mesta estate di rutti e braghette, del turpiloquio di un vicepremier da spiaggia, e dove, a Milano Marittima? Noi che cantammo gesta e movenze di Patrizia, Noemi e Ruby, ci dica Cavaliere, cosa ce ne facciamo (con rispetto parlando) delle adesioni di Lupi e Parisi a L’Altra Italia? Anni fa, dopo fiere battaglie, incontrandolo gli concessi l’onore delle armi: “Berlusconi devo riconoscere che in fondo lei ha fatto la fortuna dei suoi amici ma anche dei suoi nemici”. Era la stampa, bellezza. Oggi è un mortorio.
Mail Box
La retorica del fare: Salvini come Renzi e Berlusconi
Travaglio ha evidenziato il legame che unisce Salvini agli altri demagoghi come Renzi e Berlusconi. Tutti e tre si riconoscono nell’Italia dei sì che si oppone all’Italia dei no. Tale slogan non è che l’esplicitazione della cosiddetta “retorica del fare” che i nostri eroi condividono. Ovviamente per costoro il fare per il fare, oltre a risolvere il secolare problema della quadratura del cerchio, assurge a valore in sè indipendentemente dai contenuti. Sperperare miliardi di euro per scavare un tunnel di 50 km in una montagna piena di amianto e di uranio diventa così cosa buona e giusta, anche se viene messa a rischio la salute della popolazione della Val di Susa. L’importante è fare un’opera inutile per garantire profitti megagalattici ad un esiguo numero di persone con i soldi dei contribuenti: ecco dove va a parare il mantra del “fare”. Tra l’altro, i tre demagoghi non sono neanche originali, perchè questa tecnica di comunicazione per abbindolare meglio la gente venne utilizzata da Mussolini quando, nel lontano 1919, pronunciò la seguente frase: “Noi fascisti non abbiamo dottrine precostituite, la nostra dottrina è il fatto”. La retorica del “fare” permetteva al capo del fascismo di nascondere le sue vere intenzioni, così da utilizzare, in modo spregiudicato, il suo attivismo per consolidare il potere delle classi sociali dominanti, industriali, banchieri, agrari, a danno dei ceti popolari. Niente di nuovo sotto il sole. Con l’aggravante che Mussolini riuscì ad imporre i suoi deliranti slogan facendo ricorso alla violenza, mentre i fanfaroni nostrani ottengono lo stesso risultato in modo pacifico, perchè nell’arco di un secolo gli italioti si sono così rimbecilliti che si bevono qualsiasi boiata.
Maurizio Burattini
Tutela ambientale in Italia: c’è omertà e manca senso civico
Il tema ambientale in Italia non è affrontato nel modo giusto, nonostante la situazione sia molto preoccupante. I rifiuti in molti comuni non sono gestiti adeguatamente, causando gravi disagi ai cittadini e situazioni di degrado e di pericolo per la salute pubblica. Manca il senso civico e l’educazione. Ma la cosa più preoccupante sono i forti interessi della criminalità organizzata, che fa guadagni e lucra. Ho fatto diverse segnalazioni ma non sono mai seguiti provvedimenti da parte del Comune in cui vivo. Anzi, mi hanno rotto il vetro della macchina e nessuno ha visto niente. L’omertà, la paura di reagire e parlare favorisce i delinquenti. Bisogna lottare perchè la questione ambientale è e sarà una delle tematiche prioritarie da affrontare per il nostro futuro.
Simone Modesti
Calunnia contro il cronista: ne va della nostra democrazia
La vicenda del cronista di Repubblica che ha reso noto un chiaro episodio di malcostume, dovrebbe destare la forte preoccupazione di tutta la comunità democratica, perché la democrazia è un bene collettivo. Siamo tornati alla primaria sintassi dei principi. Se Salvini si fosse scusato, la questione poteva dirsi chiusa. Restava un episodio di malcostume esecrabile, ma nulla di più. Al pari della Finocchiaro a cui la scorta faceva incomprensibilmente la spesa. Invece il Ministro è andato oltre, un eccesso di arroganza che raramente ho veduto in un leader politico. Durante la conferenza stampa, era evidente la sproporzione tra lui e il giovane cronista. Salvini ha costruito un’interlocuzione di pura prepotenza e arroganza, non rispondendo sul tema specifico e addirittura calunniando il suo pacato interlocutore. Anche le purghe staliniane spesso erano basate appunto sulle calunnie degli innocenti. Il Ministro è ancora in tempo per scusarsi. Chiedo alla stampa che leggo da una vita di tenere alta l’attenzione.
Enzo Cuccagna
Belluno, via libera alla caccia in anticipo nonostante i turisti
A quanto riportato dalla stampa bellunese. i cervi contati dai cacciatori, nella nostra provincia, sarebbero 10.000. Ma come fanno a contarli? I censimenti, a cui ho partecipato notando una scarsità di animali sul territorio, si effettuano di notte con semplice illuminazione sui prati, attraverso i fari delle auto. Il punto è che più animali i cacciatori dichiarano di aver conteggiato, maggiore è il numero degli abbattimenti che l’Ufficio caccia e pesca della Provincia di Belluno concederà loro! I censimenti devono essere affidati ai Carabinieri Forestali, come fu fatto nel 2013. Come si può permettere ai cacciatori, che hanno ottenuto l’autorizzazione a cacciare femmine e piccoli in anticipo, di circolare armati di fucili in pieno periodo turistico e con una vegetazione ancora florida che andrà inevitabilmente a ridurre la visibilità? Spero che le strutture turistiche e le associazioni sportive si facciano sentire e che Prefetto e sindaci si attivino, affinchè la sicurezza delle persone e dei turisti abbia la priorità. La politica deve prendere una decisione. “L’anticipo della caccia è stato approvato per 3 anni, poi capiremo se è stato efficace”, si legge sulla stampa locale. Intanto, però, sparano! Per sporcarsi le mani di sangue non serve imbracciare un fucile, basta anche una penna con cui autorizzare simili mostruosità.
Tamara Panciera
Gli avvocati di Stato si costituiscano sempre parte civile
Vi è una cosa molto buona che la Presidenza del Consiglio ed il Ministero della Giustizia possono fare per il processo penale, anche del tutto indipendentemente dal consenso di Matteo Salvini. Alludo ad una semplice circolare, rivolta all’Avvocatura Generale dello Stato, nella quale si impegnino gli avvocati dello Stato a tenersi costantemente informati su tutti i processi per reati contro la Pubblica amministrazione, al duplice scopo: di costituirsi parte civile in quelli in cui lo ritengano opportuno e utile, al fine di conseguire le restituzioni ovvero il risarcimento dei danni, sia patrimoniali che morali, inflitti dal reato agli interessi pubblici coinvolti e, comunque, in ogni caso, di interrompere la prescrizione delle azioni civili restitutorie e risarcitorie da promuovere contro gli imputati nel caso in cui il processo termini con la prescrizione del reato, anche utilizzando le prove raccolte in sede penale nel successivo processo civile da introdurre in tal caso.
Infatti l’istituto della prescrizione penale non è nocivo soltanto perchè impedisce la sanzione penale prevista per il reato, ma anche – e direi anzi soprattutto – per il fatto che di norma a essa si accompagna anche la prescrizione delle azioni civili restitutorie o risarcitorie, consentendo così ai responsabili non solo di restare impuniti penalmente, ma anche spesso di trattenere tutti i frutti e i vantaggi dei reati commessi.
Vorrei ricordare che – da questo punto di vista – l’abolizione dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari è stata – incredibilmente! – nociva per gli interessi patrimoniali dell’erario perchè, quando essa veniva negata dal parlamento, l’azione civile restitutoria o risarcitoria poteva essere immediatamente proposta, anche sulla base delle sole prove raccolte in istruttoria e, spesso, si otteneva la restituzione delle tangenti incassate o il risarcimento del danno subito addirittura prima che il processo penale iniziasse per gli altri imputati non parlamentari, sulla base di una semplice richiesta epistolare, in quanto l’azione civile, destinata a incidere sul portafoglio anche con possibili immediate misure cautelari – insieme al relativo immancabile clamore giornalistico – erano sovente temute assai più della celebrazione del processo penale, durante il cui lunghissimo corso l’imputato avrebbe potuto continuare a proclamarsi innocente, ovvero a invocare comunque la presunzione di non colpevolezza (come fa appunto ancora Salvini).
*Ex vice Avvocato Generale dello Stato
Un paese dove nulla è normale
Quando saranno tornati tempi normali, ci sarà qualcuno disposto a credere che a Roma, in una notte di luglio del 2019, un bravo carabiniere è stato mandato senza armi né ordini a incontrare sconosciuti assassini che lo hanno ucciso con crudele esattezza, per sconosciute ragioni di una catena di eventi che non sappiamo, sono scappati con lo zaino di qualcuno la cui narrazione della storia cambia sempre inseguiti da narrazioni sempre diverse? Il governo dichiara subito che il carabiniere è stato ucciso (del resto in modo tipicamente sanguinario da due africani), il ministro dell’Interno decide subito per i criminali neri lavori forzati a vita, incalzato dalla invocazione di pena di morte. In prigione alla fine si trovano due giovanissimi turisti americani (uno è biondo) che hanno ucciso in modo istantaneo e perfetto come per una esecuzione. Poi uno dei presunti colpevoli lo vediamo legato e imbavagliato mentre è in detenzione (chi lo ha legato, chi lo ha fotografato e diffuso l’immagine?) come non si fa nel mondo civile. Una ragione sarebbe la droga che però non esiste. I fatti, e la connessione fra gli eventi, continuano a mancare. E quando un parlamentare (che scandalosamente è Pd) chiede di visitare gli strani e indecifrabili detenuti, anche per rendersi conto, da deputato, delle condizioni di detenzione (che non prevedono ancora di buttare via la chiave) scoppia una rivolta, di parlamentari, giornali e popolo, come se il deputato Scalfarotto avesse chiesto di portare gli imputati a cena. Tristemente il segretario Pd si associa allo scandalo, dimenticando che onore al carabiniere ucciso è anche prendersi cura del trattamento umano agli indagati per quella serie di eventi delittuosi che nessuno ci ha ancora spiegato.
Si tratta di una matassa senza bandolo (cito Altan) che si è formato in una misteriosa notte, alle molte narrazioni diverse e ai vari comprimari: la guida allo spacciatore, lo spacciatore, che forse di vero mestiere fa altro, ma forse sono due spacciatori diversi, la vicenda della droga falsa (forse aspirina, forse tachipirina) venduta senza ragione (la transazione è minima); due ragazzi che non sembrano sprovveduti in materia, il tutto con la partecipazioni di molti personaggi sfocati, uno zaino rubato (“con documenti”) e, come luogo di residenza dei piccoli assassini, un albergo romano di lusso. Pensate che tutto si sta svolgendo, inclusa l’uccisione del carabiniere, mentre l’attenzione della Sicurezza italiana era puntata sul mare e su una nave da bloccare a qualunque costo. Gli ordini di Salvini erano di impedire lo sbarco dalla nave militare italiana Gregoretti di decine di adulti e bambini ammalati di scabbia e (in un caso) di tubercolosi. Il molto onore, offerto nel modo più solenne (e certo meritato), al carabiniere ucciso, ha l’aria di essere un tentativo deliberato di far dimenticare che nella notte assassina (i cui fatti restano oscuri) il governo non c’era perchè era alla prese con la nave dei naufraghi che, benchè militare e benchè italiana e benchè immensamente meritevole di onore per il lavoro i salvataggio svolto in mare, è stata lasciata per giorni in mare, sotto il sole più violento da decenni, mettendo in crudele punizione marinai italiani e famiglie salvate, compresi i malati. Triste coincidenza quella del carabiniere che muore da solo, dove nessuno ha calcolato, (o forse persino saputo) dello strano gioco di un losco sottomondo locale, e intanto la forza del Paese, con il silenzio non onorevole del Ministro della Difesa, (che non ha difeso i militari italiani) era puntata contro la nostra nave Gregoretti, come contro una nave nemica. Restano molti fatti da chiarire, e solo in parte saranno chiariti dalle indagini, ma alcuni eventi restano irreversibili. Quella mattina, aperta all’alba con la notizia del Viminale, varie volte ripetuta, che annunciava “un carabiniere ucciso dagli africani” resta ormai fissata nella mente di molti come fosse vera. Quello strano ruolo di Brugadelli, mediatore, pusher, derubato, denunciante, vittima e parte del reato, con comportamenti diversi e opposti sul furto dello zaino, non è spiegato e c’è da domandarsi se qualcuno troverà le spiegazioni.
È possibile, come lui racconta, che quando ha chiamato il suo cellulare (restato nello zaino rubato) abbia ricevuto minacce da qualcuno che, parlando a quel suo telefono, diceva di sapere dove abita il pusher-non pusher, e come rintracciarlo, visto che il gioco era proprio rintracciarlo, per procedere allo scambio? Di lui ogni dichiarazione sconfessa l’altra. Alla fine tutti si trovano di fronte i due giovani americani senza storia, né motivazioni, e alle immagini delle telecamere, che ci dicono che nessun pezzo della storia – tranne il tremendo delitto -, è vero o sensato. Sì, lo so, siamo solo al principio di una brutta storia. Ma già adesso, c’è da domandarsi: qualcuno crederà un giorno che l’Italia ha vissuto un simile periodo di sospensione della normalità?
La vita non dipende da ciò che si possiede: la vera ricchezza è Dio
In quel tempo, uno della folla gli disse: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: ‘Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!’. Ma Dio gli disse: ‘Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?’. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”. (Luca 12,13-21).
Il salmo della liturgia odierna mette la preghiera nella giusta prospettiva: Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio (Sal 89,12).
Gesù richiama fortemente il tema della vigilanza: fate attenzione e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché (…) la vita non dipende dai beni. La saggezza che cerchiamo e che chiediamo è quella che tocca le domande più decisive dell’esistenza: il senso della vita e la relatività di ciò che facciamo per raggiungere il riposo del cuore. Paolo ricorda ai Colossesi (3,1-2): cercate le cose di lassù (…) rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della Terra. Lo stolto pensa che Dio sia lontano, senza alcun interesse per noi e per la nostra storia. L’insipiente, dice Gesù, accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio, soprattutto è uno che “ragiona tra sé”, vive cioè davanti a se stesso, nella sfera della propria autoreferenzialità, in una chiusura che gli fa credere di possedere la propria vita: anima mia (che equivale all’espressione vita mia), hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, magia, bevi e divèrtiti.
Il ricco della parabola confida nella propria fortuna, rincorre l’ora del suo riposo e lo fa dipendere dalla realizzazione dei suoi disegni: costruire magazzini più grandi per raccogliere i suoi beni. Ma questi suoi progetti si rivelano vani e fragili, passeggeri e caduchi. Vale piuttosto arricchire presso Dio fiduciosi che solo Dio rende salda per noi l’opera delle nostre mani e ci riveste di novità di vita facendoci esultare e gioire in tutti i nostri giorni. Perché l’inganno della ricchezza è così subdolo? Perché ci illude con una promessa di felicità immediata che, in realtà, non può mantenere; è senza fondamento come la vita di colui che è stato così sciocco da darle credito.
Come arricchire, allora, agli occhi di Dio? Riconoscendo che la vita è Suo dono, che viviamo in una gratuità impegnativa: le buone relazioni con Dio alimentano positiva e concreta prossimità con ogni uomo. Siamo affidati gli uni alle cure degli altri. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Per non fuggire dagli impegni di quaggiù, dalle cose della terra, diamo ascolto all’apostolo Paolo che ci invita a rivestirci dell’uomo nuovo in Cristo, perché allora la nostra vita è nascosta con Lui in Dio!
Cozze a rischio diossina al mercato: nuovo sequestro
Il SEQUESTRO di tre quintali di cozze a piazzale Democrate a Taranto, attaverso un’operazione congiunta di polizia e Capitaneria di porto, avvenuto il 2 agosto, non ha impedito che ieri negli stessi luoghi venissero venduti molluschi senza il rispetto delle norme igieniche e la tracciabilità del prodotto. “Questi traffici – avverte l’attivista tarantino Luciano Manna di Veraleaks – riforniscono le attività commerciali della città e vanno ben oltre, raggiungono anche pescherie ed attività di ristorazione della provincia e della regione”. La filiera illegale delle cozze nel capoluogo jonico è costantemente monitorata dalle forze dell’ordine. Manna, braccio destro del professore Alessandro Marescotti di Peacelink, a maggio scorso aveva denunciato di aver ricevuto minacce proprio a causa delle sue segnalazioni in merito all’immissione sul mercato di mitili a rischio diossina e Pcb. A suo avviso, “la questione non si limita agli ambulanti abusivi perché ogni ambulante abusivo mette in vendita circa 50 chili di cozze mentre i centri di smistamento abusivi movimentano ogni giorno tonnellate di molluschi che provengono, anche, da tratti di costa interdetti alla mitilicoltura”.
Roma, riecco gli ombrelloni sul Tevere “Adesso riqualifichiamo tutto il fiume”
Grazie all’ostinazione della onlus Agenda Tevere e del suo animatore, il giornalista Claudio Gatti, per il secondo anno consecutivo un fazzoletto di terreno, area protetta, sotto il Ponte Marconi diventa il lido per chi vuol rimanere a pochissimi chilometri dal centro di Roma: da oggi e fino al 27 ottobre c’è Tiberis. Siamo a due passi dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura in uno scenario di sicuro suggestivo per piantare ombrelloni e sdraio tra pratino e sabbia che ricorda una spiaggia. Non mancano due campi di beach volley e un sistema di schizzi e nebulizzazione per rinfrescarsi dopo aver preso il sole di agosto.
È la seconda edizione e come lo scorso anno non c’è una piscina, sacrificata dalla burocrazia e da procedure autorizzative complicate, “tese anche a limitare l’impatto ambientale dell’iniziativa”, spiegano da Agenda Tevere. La manutenzione e il ricambio idrico avrebbero, inoltre, comportato difficoltà gestionali notevoli per un’avventura del genere.
“Abbiamo messo a disposizione risorse finanziare, professionalità e reti sociali per dare a Roma uno spazio estivo che nulla ha da invidiate ai circoli privati della città”, esulta Claudio Gatti. All’inaugurazione, ieri sera, ha partecipato anche la sindaca Virginia Raggi, soddisfatta nonostante il pantano amministrativo che ha ritardato l’apertura di Tiberis, nelle prime intenzioni prevista addirittura per giugno. Ma al di là della spiaggetta a disposizione dei romani, il progetto di Agenda Tevere è molto più ambizioso: “Lanciare un modello per riqualificare tutto il Tevere”.
Come? “Importando a Roma il modello di assunzione di compiti-responsabilità da parte della cittadinanza attiva – spiega sempre Agenda Tevere – sperimentato con successo a New York con la Central Park Conservancy: soggetto che negli anni 80, grazie al contributo professionale e finanziario di singoli cittadini, aziende e fondazioni e il supporto del Comune di New York, ha avviato il processo di rinascita della città”.
All’inaugurazione, e per una settimana ancora, a Tiberis ci sono anche i banchetti di Campagna Amica della Coldiretti, con frutta e gelato. Dai prossimi giorni arriveranno i punti ristoro di food truck al posto dei distributori elettronici della scorsa edizione, non è ancora chiaro da quando perché il bando è stato pubblicato soltanto il 1° agosto.
Conclude Gatti: “Per Agenda Tevere il progetto Tiberis 2019 è molto più di un esempio di riqualificazione di uno spazio verde urbano secondo criteri e crismi di qualità da capitale europea. È un modello di rinascita urbana e, ancor più di creazione di capitale sociale, la più straordinaria risorsa di una grande comunità urbana che però ultimamente a Roma fa fatica a emergere”.
E i fratini a rischio estinzione vanno tutti al tour di Jovanotti
Avete presente la scena della serie tv Chernobyl in cui gli uccelli cadono stecchiti, a piombo dal cielo? Ecco, non era colpa delle radiazioni. Era senz’altro colpa di Jovanotti. Pensate a un qualunque disastro ambientale degli ultimi 50 anni – da Seveso alle sabbie bituminose del Canada – e sappiate che è sempre e solo colpa di Jovanotti e del suo tour. E non importa se ai tempi non c’era alcun tour di Jovanotti. Le sue colpe sono talmente retroattive che secondo alcuni scienziati dell’Illinois, responsabile dell’estinzione dei dinosauri non sarebbe né un meteorite né il cambiamento climatico, ma un remix de L’ombelico del mondo. Se pensate che stia esagerando è perché non avete seguito la valanga di polemiche che ha accompagnato il Jova Beach Party, ovvero il suo tour sulle spiagge d’Italia. Io credo che nella speciale classifica della gente a cui sono stati stracciati i coglioni per i temi più disparati, subito dopo Ignazio Marino per la Panda rossa e Carlo Cracco per la margherita da 16 euro, ci sia il povero Jovanotti per questo tour.
La prima polemica nasce per la tappa a 2275 metri di altitudine, in val Pusteria. Reinhold Messner, uno il cui discorso più lungo fatto in vita sua è stato “Altissima Purissima Levissima”, contro Jovanotti trova una dialettica che manco Diego Fusaro dopo aver fumato cristalli di crack. Tuona dalla sua baita: “Sulla montagna si va a cercare il silenzio! Io non autorizzerei mai un concerto di questo tipo. Sto provvedendo a comunicare il mio disappunto alle funivie di Kronplatz!”. Ora, io capisco il diritto alla pace dei bucaneve, capisco che i camosci preferiscano il rumore dei ruscelli a quelli di Viva la libertà, capirei anche se mi si dicesse che le marmotte preferiscono Vasco Rossi, ma che saranno mai tre ore di musica in mezzo alle montagne? Tra parentesi, un coro degli alpini supera di almeno 5000 decibel un qualsiasi concerto dei Metallica, per cui al confronto una canzone di Jovanotti è un delicato arpeggio. Poi arriva la polemica sulla tappa del tour a Torre Flavia (Ladispoli). Gli ambientalisti urlano a gran voce che in quella spiaggia nidifica il fratino e sebbene nessuno abbia mai sentito nominare l’uccello fratino, tutti sono in ansia per le sorti del fratino, che poverino, è pure in via di estinzione. I fan di Jovanotti replicano che anche le cinquantenni nostalgiche con la fascia “Gimme five” sulla fronte sono a rischio estinzione, ma vince la Lipu e il concerto si sposta sulla spiaggia di Cerveteri. Dopo il concerto, Franco Sacchetti del “Comitato del fratino”, autore del volume Fratini d’Italia (giuro, è vero), strepita: “Danno ambientale ingente a Cerveteri dove ettari di habitat dunale, probabilmente interessato da nidificazioni di cappellaccia e beccamoschino, sono stati rimossi per il concerto”. Grande sconcerto per l’assenza di un Comitato della cappellaccia, ma per fortuna presto in libreria Vita e opere del beccamoschino con prefazione di Vittorio Sgarbi. Anche la tappa del tour a Rimini scatena polemiche per via del fratino. “Chiesto il rinvio del concerto, a rischio quattro pulcini!”, titolano i giornali. Del resto, questi fratini saranno abituati alla nota, soave beatitudine delle spiagge riminesi, c’è da capirli. Stessa storia a Fermo dove il concerto viene spostato di un mese per rispettare i tempi della migrazione dei fratini. Tra parentesi, come mai questi benedetti fratini siano a rischio estinzione ma uno se li ritrovi tra le balle su tutte le spiagge d’Italia è mistero fitto.
A Castel Volturno, Terra dei fuochi, il fratino non c’è anche perché se c’era è finito flambè, ma la spiaggia destinata al concerto viene sequestrata perché i proprietari del lido hanno bonificato una zona del litorale senza i permessi. Cioè, da decenni in quella zona si tollera lo smaltimento abusivo di qualunque schifezza e si punisce la bonifica abusiva. Geniale.
A Roccella Jonica gli ambientalisti chiedono la soppressione della tappa per rispettare l’habitat dei soliti fratini e delle tartarughe caretta caretta, anch’esse in via d’estinzione, le cui uova si schiuderebbero in quel periodo. In pratica, tutte le creature in via d’estinzione del pianeta si danno appuntamento al Jova Beach Tour. Ora si spiega anche perché ai convegni della Leopolda la musica in sottofondo era quella di Jovanotti. Alla fine – è notizia di ieri – l’ultima tappa del tour non sarà su una spiaggia (e te credo) ma su una delle piste dismesse dell’aeroporto momentaneamente chiuso di Linate. Lì di fratini non ce ne dovrebbero essere, anche perché se mai avessero tentato di nidificare a Linate, saranno stati risucchiati dai motori degli Airbus. E no, non è colpa di Jovanotti. Forse.
Troppa nemesi per Bentivogli
Marco Bentivogli, esuberante segretario della Fim-Cisl, una volta attaccava sempre il collega della Fiom, Maurizio Landini (e anche i giornalisti a suo dire compiacenti): “Quando il leader della Fiom parla di sindacato ci vado d’accordo, ma ultimamente fa un po’ troppo il politico. Troppi personalismi, attaccare il governo per ricomporre la sinistra. Alla Cisl se fai politica non stai nel sindacato”. Deve essere vero. Perché nella Cisl ben 42 segretari di categoria e regionali, come ha raccontato ieri La Verità, gli hanno scritto una lettera che, paragonata ai giudizi da lui espressi una volta, sembra un razzo nucleare. L’accusa è di “protagonismo contrassegnato da analisi, giudizi, concetti e toni nel tempo sempre meno condivisibili, che valicano il limite della paziente, ancorché basìta, tolleranza con cui tutta la Cisl ha osservato sin qui il crescendo degli effetti devastanti, per la stessa Cisl, del tuo smisurato egocentrismo e del tuo innato autoconvincimento di superiorità su tutti gli altri dirigenti della nostra organizzazione”. Una ripassata memorabile. Bentivogli è accusato di “essere borderline con la vita e la dialettica politica”, lui che senza fare politica scriveva manifesti insieme all’allora ministro Carlo Calenda. Partì per mazzolare e finì mazzolato, direttamente in casa propria. Troppa nemesi.