Grave sconfitta nella battaglia di alcuni pensionati d’oro per stoppare e farsi risarcire il contributo di solidarietà triennale imposto dall’istituto di previdenza dei giornalisti (Inpgi) sugli assegni pensionistici più elevati. Per il Consiglio di Stato è legittimo, equo e giustificato dalla necessità di fronteggiare la crisi finanziaria in cui versa l’istituto privato, per assicurare le prestazioni future senza oneri per il bilancio pubblico.
Lo ha stabilito la terza sezione del Consiglio di Stato presieduta da Franco Frattini, confermando una precedente sentenza del Tar del Lazio. Il prelievo viene applicato sugli assegni dai 38mila euro annui in su con aliquote progressive in funzione della somma percepita. Per i 2050 titolari di pensione fino a 56.999 euro lordi il contributo va da un minimo di 0,1 a un massimo di 189,9 euro lordi annui (15,8 euro lordi mese). Ai 70 pensionati che percepiscono un assegno tra i 150 mila e i 199.999 euro lordi è applicata un’aliquota del 15%, da un minimo di 6.300 euro lordi annui (525 euro mese) ad un massimo di 13.797,4 euro (1.150 mese). Oltre i 200 mila euro (35 pensionati), il prelievo, del 20%, va da 1.150 euro al mese ai 4.358 euro. Quelli che percepiscono somme superiori ai 300 mila euro sono solo 9. Su circa 10 mila iscritti, hanno avuto la trattenuta in 6.554. Ma a presentare ricorso in punta di principio è stato un gruppetto di pensionati collocati nell’alta gamma reddituale. Tra questi, l’editorialista Marcello Sorgi, già direttore del Tg1 e del quotidiano La Stampa e Guido Paglia, per dieci anni direttore della Comunicazione, relazioni esterne e rapporti Istituzionali della Rai. Paglia è stato membro della giunta esecutiva della Fnsi, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Roma e del Lazio ed è attuale direttore delle testate online Sardinia Post e Sardinia Post Magazine. Nell’elenco dei ricorrenti c’è anche l’editore Marco Benedetto, ex capoufficio stampa della Fiat, ex ad della Stampa e del Gruppo Espresso. Grandi professionisti pensionati da tempo e che continuano a lavorare con sostanziose retribuzioni. Ma che si sono sentiti nel pieno diritto di denunciare “l’erroneità e l’ingiustizia” della sentenza del Tar.
Il contributo di solidarietà, in media 80,5 euro al mese, ha fatto risparmiare alle agonizzanti casse dell’Inpgi circa 19 milioni di euro dal 2017 al 2019, permettendo di non far gravare solo sulle ormai magre retribuzioni dei giornalisti “attivi” il pagamento dei trattamenti pensionistici e di disoccupazione, in drammatica crescita. Nel ritenere infondato l’appello, il Consiglio di Stato ha ribadito l’autonomia dell’ente sulle misure per assicurare le prestazioni future. “L’Inpgi ha voluto ripartire gli oneri conseguenti alle misure volte al contenimento della spesa previdenziale – si legge nel dispositivo della sentenza – mediante l’applicazione del criterio di equità tra diverse generazioni di iscritti, in contemperamento col principio del pro rata, ovvero tenendo conto legittimamente della improponibilità di porre esclusivamente a carico delle generazioni di futuri pensionati il peso economico delle necessarie riforme”.
La pronuncia di secondo grado arriva in una fase delicata per il tentativo di salvataggio dell’Inpgi messo in atto dal governo. Il Cda dell’istituto ha deliberato nei giorni scorsi le prime misure di rafforzamento dell’equilibrio di bilancio chieste nel decreto Crescita: nuovi tagli alle spese e un incremento delle entrate contributive anche con il trasferimento di alcune categorie di lavoratori dall’Inps all’Inpgi. L’ampiamento della platea è stato già finanziato dal decreto, anche se si demanda a disposizioni successive al febbraio del 2021 il compito di individuarei profili contrattuali che traslocheranno.