Dunque sarà scissione, ma non prima di settembre. Dopo l’ennesimo schiaffo da parte di Silvio Berlusconi, Giovanni Toti (insieme a 6 senatori e 8 deputati, ma potrebbero essere di più) si prepara a lasciare Forza Italia, ultimo delfino spiaggiato dell’ex Cavaliere. Mara Carfagna, pure lei possibile delfina, ha preso una bella botta, ma resterà. E dire che Toti era stato scelto direttamente da Silvio come possibile successore, pescato nella truppa dei conduttori Mediaset. “È brillante, ha fiuto politico”, gli dissero. Et voilà, divenne il suo principale consigliere politico. Si era nel gennaio del 2014. Memorabile la presentazione a Cagliari. “Ho chiesto a un mio amico che da 20 anni lavora a Mediaset di venirmi a dare una mano: ha rinunciato a uno stipendio altissimo. Ve lo presento: si chiama Giovanni Toti ed è venuto per amore mio, ma voglio precisare che non siamo gay”, le parole di Silvio.
Toti, però, per i gusti dell’ex Cavaliere ha qualche chilo di troppo: un leader dev’esser magro. Così gli impone una settimana di remise en forme, a La maison du relax, a Gardone Riviera, sul Garda, vicino al Vittoriale: altra memorabilia la foto dal balcone con il prescelto in tuta bianca post seduta. Per quell’anno e in quelli a seguire Toti sarà il fedele scudiero del Caimano. “Io non sono un rottamatore. In Fi c’è un numero uno, che è Berlusconi, e poi infiniti numeri due”, spiegò sempre all’epoca dell’investitura.
Si era nell’anno del governo Renzi, col patto del Nazareno, le Europee in vista, B. ai servizi sociali e il processo Ruby ancora sul groppone. “Vorrei che i candidati azzurri alle Europee dedicassero qualche ora della loro campagna a opere di bene, per solidarietà al nostro leader, che la mattina va a Cesano Boscone”, se ne uscì Toti il 22 aprile. “Nel simbolo del nostro partito ci vuole il nome Berlusconi!”, sentenziò il 22 marzo. Le Europee si avvicinano. “Berlusconi fa paura, sono tutti terrorizzati dal nostro recupero”. All’epoca non gli piacevano nemmeno le primarie. “Sono una brutale conta numerica”, 15 giugno. “Il futuro di Fi è legato a Berlusconi leader, su questo non c’è discussione”, 3 novembre. “L’unico che può riunire il centrodestra è Berlusconi: lui è un grande padre, gli altri sono suoi figli”, 21 novembre. Un anno dopo gli scapperà anche un “Berlusconi è il sole cui tutti noi guardiamo ogni mattina”. Dentro Fi, però, Toti non è mai stato amato. “È un babbeo”, lo liquidò in un minuto Denis Verdini.
Ma pure gli altri possibili scissionisti non scherzano. Paolo Romani è stato per anni uno dei berluscones più fedeli, ex ministro dello Sviluppo economico ed ex capogruppo in Senato. “Io sono il più berlusconiano di tutti. Sto con lui da 20 anni, gli devo praticamente tutto. In politica ho iniziato con lui e finirò con lui…”, diceva nel marzo 2015. “Berlusconi è il nostro leader. Solo lui può guidarci”, sosteneva ogni due per tre, fino a poco fa, un’altra possibile scissionista, Laura Ravetto. Forse ci sarà anche Gaetano Quagliariello. “Berlusconi è uno di quei leader che, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo”, diceva nel 2008, da vicecapogruppo in Senato. E poi potrebbero esserci anche Giorgio Lainati, per anni pasdaran berlusconiano in Vigilanza Rai, il ligure Sandro Biasotti e il piemontese Osvaldo Napoli. Anche loro ultraberlusconiani, da tempo piuttosto critici col vertice azzurro e le scelte del leader.