Matteo Salvini alza la posta e minaccia di rovesciare il tavolo sulla giustizia. A cui è legata a doppio filo l’operatività delle nuove norme sulla prescrizione posticipate al 1 gennaio 2020 proprio in attesa del varo della riforma di sistema che sulla carta tutti vogliono. “La riforma della giustizia va fatta bene, non a pezzettini. I cittadini non possono essere ostaggi di processi infiniti” ha tuonato il capo della Lega reduce dalla maratona a Palazzo Chigi terminata con un nulla di fatto. Anzi peggio: un no a prescindere opposto al ministro Alfonso Bonafede. Che lo rintuzza: “Dico alla Lega che sono aperto a tutte le proposte, ma non stanno governando con Silvio Berlusconi. Se lo mettessero in testa”. Un paragone che ovviamente non piace a Salvini certo di poter fare molto di più dell’ex Cav che sparava a zero contro i giudici politicizzati soprattutto per fatto personale.
E Salvini? Non ha certo fatto nulla per nascondere la sua irritazione quando i magistrati si sono messi di traverso sulle politiche di sicurezza e antimigranti del Viminale. Ma sulle inchieste che riguardano la Lega e i suoi non ha compilato alcuna blacklist delle singole toghe nemiche. La sua strategia è stata un’altra fin dal caso del sequestro da 49 milioni di euro disposto a carico del suo partito dopo la condanna in primo grado di Umberto Bossi, dell’ex tesoriere Francesco Belsito e di tre ex revisori dei conti per rimborsi elettorali non dovuti dal 2008 al 2010. “Rispetto le sentenze” ha detto in quella occasione. Ostentando tranquillità. E infatti alla domanda se fosse preoccupato si era limitato a rispondere: “No, lo sono più per Milan-Juve”. Salvo poi salire al Quirinale poco dopo per parlare dell’agibilità politica della Lega che rischiava di essere compromessa. Salvifica la concessione dalla Procura di Genova di una rateizzazione del debito. Salvini insomma naviga sereno. E se ne frega – dice – pure delle altre inchieste, come quella sul finanziamento all’associazione “Più voci” presieduta dal tesoriere della Lega Giulio Centemero, indagato per finanziamento illecito. Sereno pure sull’esito del caso della nave Diciotti che rischiava di far terminare l’esperienza del governo gialloverde. Di fronte alla richiesta di autorizzazione a procedere per il reato di sequestro aggravato di persona Salvini aveva ripetuto per giorni: “Sono tranquillo, va bene in ogni caso”. Una serenità più che giustificata visto poi l’esito del voto del Senato.
Nel mezzo le vicende che hanno visto coinvolto il sottosegretario Armando Siri accusato di corruzione dalla Procura di Roma per una presunta tangente ricevuta da Paolo Arata, sospettato di essere socio occulto dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri ritenuto vicino al boss Matteo Messina Denaro. Il sottosegretario che ha dovuto mollare l’incarico al Mit è stato riabilitato sul campo da Salvini che lo ha voluto al suo fianco al Viminale all’incontro con le parti sociali.
Ma è in Parlamento che la Lega ha provato a sminare le trappole giudiziarie. Ad esempio con l’emendamento al decreto Spazzacorrotti che avrebbe potuto spalancare le porte della prescrizione a Edoardo Rixi se fosse stato condannato non per peculato (come è poi avvenuto), ma per indebita percezione. Sempre nello stesso provvedimento un altro tentativo era andato invece a vuoto e letto alla luce dell’inchiesta su Gianluca Savoini, ritenuto emissario della Lega a Mosca, fa riflettere. Di che si trattava? Di cancellare il divieto ai partiti e ai movimenti politici di ricevere contributi provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri, da persone giuridiche aventi sede in Stato estero. Molto meglio che inveire contro le toghe sui social. Ma i 5 Stelle in quell’occasione non hanno mollato.
Neppure quando Salvini ha annunciato ai quattro venti di voler abolire l’abuso d’ufficio “perché non posso bloccare 8 mila sindaci per la paura che uno possa essere indagato”. Un auspicio giunto dopo le inchieste che hanno coinvolto anche politici locali del Carroccio, primo fra tutti il governatore della Lombardia Attilio Fontana, indagato dalla Procura di Milano proprio per quel reato. E ora rilancia con la riforma delle intercettazioni, la separazione delle carriere dei magistrati e naturalmente la prescrizione. Ha detto ancora, ieri: “I pettegolezzi da spiaggia devono restare chiusi in un armadio altrimenti diteci che siamo in uno Stato di polizia e chiunque è titolato ad ascoltare chiunque. Noi la buona volontà ce la mettiamo ma se Bonafede inizia a tirare in ballo Berlusconi, il passato e il futuro…”. Forse Berlusconi ha finalmente trovato un delfino con il quid giusto.