Molte persone singole e intere comunità vogliono proteggere l’ambiente da ogni tipo di sfruttamento senza limiti e dalla distruzione ingiustificata. Il loro impegno non è apprezzato da tutti. Spesso esse devono affrontare resistenze forti e violente.
In Africa, un esempio tragico è quello di Ken Saro-Wiwa(1941-95), scrittore nigeriano, produttore televisivo, attivista ambientale e membro del popolo ogoni nel delta del Niger. In quell’area, a partire dagli anni Cinquanta, l’estrazione del petrolio a opera della compagnia Shell causò gravissimi danni ambientali.
Portavoce e presidente del Movimento per la sopravvivenza del popolo ogoni (Mosop), Saro-Wiwa guidò una campagna non violenta contro il degrado ambientale della terra e delle acque. Critico del governo nigeriano, fu processato da un tribunale militare e impiccato nel 1995. L’indignazione internazionale per la sua esecuzione provocò la sospensione della Nigeria dal Commonwealth delle Nazioni per oltre tre anni.
In Brasile, un altro esempio è quello di Dorothy Stang (1931-2005), suora e attivista ambientalista statunitense, appartenente alla Congregazione delle Suore di Notre Dame de Namur. Ad Anapu, nello Stato di Pará, dove viveva e lavorava, contribuì a fondare il progetto per lo sviluppo sostenibile denominato Esperança (“Speranza”). A causa della sua dedizione nel servire i poveri e nel proteggere l’ambiente, dopo aver ricevuto numerose minacce di morte da parte di imprese che disboscavano e di proprietari terrieri, nel 2005 fu assassinata da sicari assoldati da coloro i cui interessi finanziari erano minacciati dal suo impegno ambientalista.
Nel 2011, nello stesso Stato brasiliano di Pará, José Cláudio Ribeiro da Silva e sua moglie, Maria do Espírito Santo da Silva, furono uccisi in un’imboscata nella città di Nova Ipixuna. Da Silva era uno dei leader della sua comunità e criticava con forza la deforestazione dell’Amazzonia, in progressivo aumento.
Nel 2015, nello Stato settentrionale brasiliano di Maranhão, l’ambientalista Raimundo Santos Rodrigues fu ucciso per la sua sollecitudine nella protezione della foresta amazzonica orientale da imprese che disboscavano, da latifondisti che si appropriavano dei terreni disboscati per promuovere coltivazioni agricole industriali e intensive, e da proprietari di miniere che estraevano risorse dal sottosuolo e inquinavano. L’associazione Global Witness riferisce che tra il 2002 e il 2013 in Brasile sono stati uccisi almeno 448 ambientalisti. In altre nazioni, la resistenza allo sfruttamento sfrenato del Pianeta è contrassegnata dal sangue versato dai martiri ambientali.
Nelle Filippine, nel 2012, il leader indigeno Jimmy Liguyon fu ucciso davanti alla sua famiglia perché si era rifiutato di vendere la sua terra ai minatori. Nello stesso anno, in Cambogia, la quattordicenne Heng Chantha fu uccisa dalla polizia perché si opponeva all’espulsione dei cittadini e alla distruzione del villaggio per avviare una piantagione di alberi della gomma.
In Cambogia, Chut Wutty (1972-2012) fondò e diresse il Natural Resource Protection Group, un’organizzazione il cui scopo era la protezione delle risorse naturali della nazione. Egli criticava apertamente il disboscamento illegale operato da compagnie che avevano ottenuto concessioni di terreni in foreste protette grazie alla corruzione militare e governativa. Il 26 aprile 2012 fu ucciso a colpi di arma da fuoco mentre stava accompagnando due giornaliste del quotidiano The Cambodia Daily vicino a una foresta protetta, di cui aveva ripetutamente tentato di rendere noto il disboscamento illegale permesso da funzionari militari.
Nell’ottobre 2014, la Collaborative Partnership on Forests, un consorzio internazionale di 14 organizzazioni, segretariati e istituzioni coinvolte nella protezione delle foreste a livello internazionale conferì un riconoscimento postumo a Chut Wutty per onorare la sua dedizione nel proteggere la foresta locale. Questo premio, inaugurato nel 2012, è un riconoscimento dato a coloro che forniscono contributi eccezionali per preservare, ripristinare e gestire in modo sostenibile le foreste. Nel documentario I Am Chut Wutty, realizzato pochi mesi prima della sua morte e disponibile dal 2015, Chut spiega le ragioni del suo attivismo a sostegno della popolazione locale. Dopo il suo assassinio, la sua attività è continuata. L’intera comunità è divenuta “Chut Wutty”. Chi pensava che fosse sufficiente eliminare una persona per far cessare l’opera si sbagliava: Chut continua a vivere in ciascun membro della sua comunità: “l’eliminazione di Chut ha moltiplicato Chut”.
Nel 2015, la honduregna Berta Cáceres (1973-2016), in una nazione piagata da crescenti disparità socioeconomiche e violazioni dei diritti umani, vinse il prestigioso premio Goldman per i difensori dell’ambiente a motivo della sua sollecitudine nel proteggere un’importante fonte di acqua dolce, il fiume Gualcarque, minacciato dal progetto di costruzione della diga di Agua Zarca. Berta radunò la popolazione indigena lenca ed esercitò pressioni per bloccare la costruzione della diga. Il progetto minacciava di far prosciugare il fiume, con gravi conseguenze per i terreni agricoli circostanti. Il fiume è una risorsa importante per la vita della popolazione – dall’agricoltura al nuoto, alla pesca – e per il suo valore culturale e spirituale. A causa dell’iniziativa di Berta, il progetto fu trasferito sul lato opposto del fiume. La diga non sarebbe stata costruita su terreni agricoli, ma ciò non avrebbe evitato i danni all’agricoltura. Nell’ottobre 2015 la costruzione della diga iniziò nonostante le proteste di Berta e della popolazione indigena. Il 2 marzo 2016, due giorni prima del suo 45° compleanno, Berta fu uccisa a colpi di arma da fuoco. Dopo il suo assassinio, la popolazione indigena ne continuò l’opera, in suo nome. All’inizio del 2016, a seguito di altri episodi di violenza ai danni della popolazione, il finanziamento del progetto fu sospeso, e cessò definitivamente nel 2017.
Purtroppo, per tanti essere discepoli non risparmia dal diventare martiri ambientalisti. Essi vivono un ruolo profetico che ci interpella e ci chiede di unirci a loro con azioni concrete e, a livello spirituale, con un’unione di cuori e di menti nella preghiera, per vivere una solidarietà profetica nella nostra casa comune, nel nostro Pianeta.