La maggioranza gialloverde guadagna un voto in più al Senato: è stato assegnato a Emma Pavanelli, prima dei non eletti del Movimento 5 stelle in Umbria, il seggio fino ad oggi rimasto vacante in Sicilia. E rivendicato dai pentastellati che alle ultime politiche nell’isola avevano eletto tutti i candidati disponibili sia nell’uninominale sia nei collegi plurinominali.
Una vicenda che si trascina da oltre un anno e che è terminata con un braccio di ferro durato ore a Palazzo Madama e che ha investito le più alte cariche dello Stato. Il Pd già venerdì scorso ha scritto una lettera al Capo dello Stato Sergio Mattarella perché in qualche modo si facesse sentire. E la decisione venisse alla fine bloccata perché ritenuta contraria al dettato costituzionale che prevede che il Senato venga eletto su base regionale.
Questo per evitare la proclamazione di un senatore “abusivo”, come lo ha definito Dario Stefàno del Pd. Con una decisione “palesemente incostituzionale” ha detto Maurizio Gasparri di Forza Italia che è presidente della Giunta per le elezioni dove la questione è stata esaminata in prima battuta già da settimane. Ma in aula sono volate parole più impegnative: “Una forzatura di regime”, ha detto qualcuno. “Una deriva autoritaria” ha aggiunto un altro. Ma c’è pure chi ha sottolineato “la torsione del diritto per mero calcolo opportunistico”. Fatto sta che nonostante le sollecitazioni scritte e orali, il Colle non ha battuto un colpo.
Così ieri il gruppo dem al Senato prima del voto ha occupato l’emiciclo per impedire la ratifica della decisione. Un assedio durante il quale è stato recitato come un mantra l’articolo 57 della Costituzione che prescrive appunto che il Senato della Repubblica è eletto a base regionale. E che la ripartizione dei seggi si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni.
Per la verità l’articolo 57 dice pure un’altra cosa: ossia che il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici. Anche se per qualcuno il plenum non è un totem . “Se arrestano un senatore si va sotto quota 315.O no?” ragiona Gaetano Quagliariello di Forza Italia, mentre gli passa accanto Luigi Cesaro che si concede un caffè alla buvette: sono mesi che l’aula ha congelato la richiesta dei magistrati di Napoli che vorrebbero usare le intercettazioni che lo riguardano in un processo in cui rischia l’osso del collo. Sorride, lui. Mentre in aula si grida all’attentato contro la Costituzione per il seggio siciliano e il Pd minaccia le barricate. Fino a quando qualcuno di buon cuore suggerisce a Maria Elisabetta Alberti Casellati la mossa del cavallo per uscire dall’assedio: la presidente del Senato scriverà al presidente della Corte Costituzionale per segnalare gli aspetti problematici della vicenda del seggio siciliano. “Si tratta di una trasmissione di atti pubblici: la Corte Costituzionale si pronuncia solo se investita nei modi prescritti” commenta il capogruppo di FdI, Luca Ciriani. Una rasoiata per il Pd. Quasi peggio del voto con cui, poco dopo, l’aula ratifica la decadenza del senatore dem Edoardo Patriarca.