In caso di Brexit, queste città disteranno solo pochi metri dalla frontiera europea ma il loro futuro non sarà più nell’Unione. È un duro colpo per chi vive al confine. Siamo in Irlanda del Nord, tra Newry, Belcoo e Strabane. “Voglio morire europeo. Ecco cosa ho risposto a mia moglie quando mi ha chiesto perché ho voluto un passaporto irlandese”. Donal O’Donnell è un ex giornalista nordirlandese. Lo incontriamo al mercato di Newry, una cittadina di 27.000 abitanti a cavallo del confine con l’Eire. Quando parla della Brexit, il suo sguardo si infiamma: “È un vero caos in Parlamento, non ho mai visto una cosa del genere!”. O’Donnell ha seguito come reporter i disordini politici dell’Irlanda del Nord “per più di 30 anni”. All’epoca, il conflitto – The Troubles, la “guerra a bassa intensità” (1968-1998) – scuoteva la provincia britannica. In questa guerra civile, protestanti unionisti vicini alla corona britannica si opponevano ai nazionalisti repubblicani favorevoli alla riunificazione delle due Irlande.
“Gli inglesi penseranno sempre di essere superiori agli altri, si sentono superiori persino ai francesi!” esclama O’Donnell, prima di concludere: “Oggi dobbiamo combattere contro il nazionalismo inglese”. Il giornalista in pensione critica severamente il Partito unionista d’Irlanda del Nord (Dup). Tre anni fa, il movimento conservatore ha preso posizione in favore dell’uscita dall’Unione Europea. Alleato del governo di minoranza, il Dup svolge un ruolo chiave nei negoziati sulla Brexit. Nei tre voti sull’accordo negoziato dall’ex primo ministro britannico Theresa May, il partito unionista ha rifiutato il backstop, la “linea di protezione” che avrebbe permesso all’Irlanda del Nord di restare nel mercato unico europeo in caso di Brexit. “Il Dup se ne infischia di cosa vogliono gli irlandesi del Nord – afferma O’Donnell -. Il popolo ha votato per rimanere nell’Unione europea”. Ma il Dup è il solo partito nordirlandese a riuscire a imporsi a Westminster. Dalla parte opposta dello scacchiere politico, il Sinn Féin, lo storico partito nazionalista e repubblicano, favorevole alla riunificazione delle due Irlande, rifiuta di entrare in Parlamento. “Non c’è nessuno che possa difendere la nostra causa”, protesta l’ex giornalista fermandosi davanti a un banco del mercato. “Non esiste uomo più ragionevole di lui”, dice, indicando col dito John Bradley. L’ex insegnante di 60 anni tiene uno stand di antiquariato al mercato di Newry da una ventina di anni. Vecchie riviste, medaglie e soprammobili sono disposti su un tavolo di legno aperto davanti a lui. “Penso che l’Unione europea dovrebbe dire al Dup di farsi da parte”, denuncia Bradley, che lascia per qualche minuto il suo stand per parlarci dei suoi timori: “Il ritorno di una frontiera terrestre sarebbe un passo indietro. Ho paura di cosa potrebbe succedere in caso di Brexit”. John Bradley non è il solo. Finanziata dall’Unione Europea, la Action Mental Health segue da vicino i progressi della Brexit. L’organizzazione, la cui sede si trova poco lontano dal mercato, accompagna le persone con disturbi mentali. Il centro ospita attualmente 145 persone. “La metà dei nostri finanziamenti proviene dall’Unione Europea”, afferma il suo direttore, Brian Huge. In caso di Brexit, l’organizzazione perderà i fondi europei. ”Ma il governo britannico ha promesso di stanziare del denaro entro il 2020-2022”, aggiunge. I pazienti del centro però sono lo stesso molto preoccupati, come Dell Rogers: “Dove andremo se il centro verrà chiuso?”.
A circa dieci miglia da Newry, i pescatori di cozze di Warrenpoint, secondo porto d’Irlanda, navigano in acque torbide. Hank Waverton, un marinaio olandese, sta fumando una sigaretta sulla porta di un pub. “Qui ci sono solo pescatori di cozze e la maggior parte delle aziende sono irlandesi o olandesi. Ma credo che il 95% delle entrate della pesca vada alle compagnie olandesi”, dice, con gli occhi rivolti verso il porto. L’olandese ci racconta cosa sta cambiando a causa della Brexit: “Da qualche tempo, la frontiera è più sorvegliata. Due mesi fa, una nave di Kilkeel, primo porto d’Irlanda del Nord, è stata fermata dalla marina irlandese”. I controlli a ripetizione ai due lati della frontiera stanno facendo fuggire i pescatori irlandesi che “non si recano più in Irlanda del Nord”. Waverton prende ad esempio quello che è successo a uno dei suoi amici: “Ha attraccato in un porto senza avere l’autorizzazione. Gli è costato più di 15.000 euro!”. Getta via il mozzicone di sigaretta: “Sfortunatamente – aggiunge dopo una pausa – nessuno sa dove sia il confine”.
Come i pescatori, anche gli agricoltori saranno in prima linea nel caso di una Brexit “dura”. Ne è consapevole John Sheridan, contadino nordirlandese che vive a Belcoo, paese di confine nella contea di Fermanagh, a nord-ovest di Newry. Questa contea d’Irlanda del Nord dipende economicamente dal turismo e dall’agricoltura. L’allevatore di pecore ammette che negli ultimi tre anni ha dovuto congelare gli investimenti per fronteggiare l’incertezza della Brexit.
“Per vendere la carne, abbiamo bisogno di 20 mercati a carcassa, ma non ci sono 20 mercati nel Regno Unito”, si lamenta Sheridan. Secondo lui, in caso di no deal le sue pecore “potrebbero essere tassate al 75%”. Al volante della sua jeep, l’allevatore attraversa sentieri scoscesi. “Siamo sul ponte al confine tra Belcoo e Blacklion, nella Repubblica d’Irlanda. Quando ero bambino, le forze britanniche erano distaccate qui sulla frontiera”, racconta il 56nne, guardando fisso la strada. Essendo nato nei primi anni 60, Sheridan ha conosciuto il periodo dei Troubles, anni che non potrà mai dimenticare. “Quando vedavamo uno scatolone per strada, la prima cosa che ci chiedevamo era se si trattasse di un pacco bomba”, ricorda l’agricoltore protestante. Nel 1998, l’accordo del Venerdì Santo ha messo fine a una guerra che ha segnato l’Irlanda del Nord per trent’anni. “È stato un accordo fantastico, raro e unico. Spero che continuerà a proteggerci”, confida Sheridan, che ringrazia l’Unione europea per aver semplificato il processo di pace. “Bruxelles ha iniettato oltre 7 miliardi di sterline tra il 2007 e il 2020. È in parte grazie a Michel Barnier, all’epoca ministro per gli Affari europei, se tutti questi soldi sono stati sbloccati. Non si sputa nel piatto dove si è mangiato”. La sua fattoria è stata finanziata dalla Ue: “Mi considero un figlio dell’Europa”, dice con un sorriso. Poco più lontano, dall’altra parte della frontiera, nella Repubblica d’Irlanda, si trova il borgo di Ballyshannon. È qui che vive Patrick Rooney, allevatore di pecore e mucche da latte. “Non condivido tutto ciò che l’Ue ha fatto – afferma -, ma penso che Bruxelles abbia collaborato in modo corretto con l’Irlanda”. Il contadino irlandese teme l’arrivo sul mercato britannico della carne bovina sudamericana: “Sono prodotti di qualità inferiore ai nostri e con una minore tracciabilità – osserva Rooney – In Irlanda abbiamo prodotti unici e se il Regno Unito dovesse imporre tariffe dal 15 al 30%, l’agricoltura irlandese rischia di essere distrutta”. Rooney si rivendica “europeo ma irlandese nel sangue”. Anche lui attraversa regolarmente la frontiera. Per l’allevatore, il controllo totale del confine sarebbe impossibile senza chiudere le strade secondarie. “Diventeremo l’unico paese europeo a condividere una frontiera terrestre con il Regno Unito”, aggiunge. Un confine che potrebbe separare di nuovo le città di Strabane e Lifford. La prima è in Irlanda del Nord, la seconda nella Repubblica d’Irlanda.
Oggi le auto circolano liberamente tra le due cittadine di confine. Alcune si fermano nel parcheggio del supermercato Asda di Strabane. Il 40% dei clienti sono irlandesi. “Se si dovesse instaurare una frontiera, ne subiremo direttamente le conseguenze, perché i clienti avranno bisogno del passaporto per fare la spesa” afferma uno dei gestori del negozio, che preferisce restare anonimo. Se le città di Strabane e Lifford fossero divise dalla frontiera europea, ostacolando gli scambi, il supermercato subirebbe dei danni, dal momento che una parte dei prodotti venduti nel negozio provengono dall’Unione Europea. Il ritorno a una frontiera terrestre preoccupa gran parte dei commercianti di Strabane. Con 18.000 abitanti, Strabane è la seconda città della contea di Tyrone, dopo Omagh. A Strabane, le due-tre strade principali del centro sono tappezzate con i manifesti elettorali del partito Sinn Féin. All’ingresso di un negozio di elettrodomestici, un commesso scoppia a ridere quando gli parliamo di Brexit: “Non succederà mai, è impossibile!”. Poi va a chiamare il responsabile del negozio, Conor Devan. Il direttore, poco più di trent’anni, racconta l’impatto che avrebbe il ritorno di una frontiera terrestre. “Consegniamo molti dei nostri elettrodomestici dall’altro lato. Con la Brexit, si rischia di incontrare delle difficoltà in termini di assicurazione”. Ma come prepararsi al peggio? A questa domanda Conor Doherty, 24 anni, non riesce a dare una risposta. Sua madre è proprietaria di un negozio di fiori a qualche passo dal negozio di elettrodomestici di Devan. “È difficile prepararsi perché ci sono troppe incertezze, almeno fino a quando non verrà presa una decisione – afferma il giovane nordirlandese – Il dibattito a Westminster è una grande presa in giro. Nessuno sa cosa vuole”.
Conor Doherty teme per l’attività commerciale della madre, che in parte si fa in Irlanda. “Consegniamo bouquet anche nella contea di Donegal (nel nord della Repubblica d’Irlanda, ndr) e molti dei nostri fiori provengono dai Paesi Bassi”, precisa il giovane. Si sistema gli occhiali e continua: “Già lottiamo contro i supermercati che vendono i fiori a prezzi molto bassi, è improbabile che la Brexit risolva le cose”. Come molte cittadine di confine, Strabane ha votato in massa per restare nell’Ue. Il 30 marzo scorso, un corteo di un centinaio di persone ha marciato fino alla frontiera per protestare contro la Brexit. Doherty avrebbe voluto partecipare alla manifestazione ma quel giorno aveva avuto “un contrattempo”. Nato dopo i Troubles, il giovane confida di voler vivere nell’unità. “Sono cresciuto dopo la guerra civile e questo ha influenzato la mia visione delle cose – dice – Nella mia testa sono irlandese. E più europeo che britannico”.
(traduzione Luana De Micco)