2013, 24 aprile. Dopo l’inaudito discorso alle Camere per strapazzare i parlamentari che l’hanno appena rieletto e minacciare di lasciare il Quirinale se il governo non sarà di larghe intese e non riformerà la Costituzione come vuole lui, il ri-presidente Giorgio Napolitano dà l’incarico a Enrico Letta. Il quale, ancora l’8 aprile, dichiarava: “Pensare che, dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come in Germania qui non ha senso”. Infatti ora presiede un governissimo Letta-Berlusconi, appoggiato da Pd, FI e centristi di Scelta civica-Udc-Fli. È stato proprio il Cavaliere a sceglierlo come premier, preferendolo all’altro pretendente: Matteo Renzi, il candidato alla segreteria dem che lui ha già ricevuto ad Arcore nel dicembre 2010 da sindaco di Firenze, ma che giudica troppo ambizioso. “Enrico Letta – dichiara – appartiene a una famiglia che conosciamo bene, certamente anche Letta nipote è un’ottima persona”. In nove mesi, il governo Letta farà una sola cosa degna di nota: il rinvio di un anno delle due rate dell’Imu per i proprietari di prime case, inclusi i magnati con ville e castelli (primo punto del programma del Pdl). Per il resto resterà paralizzato dai veti incrociati di Pd e centrodestra.
6 maggio. La Cassazione respinge l’istanza di rimessione dei processi a Berlusconi da Milano a Roma, sbloccandoli.
8 maggio. La Corte d’appello di Milano conferma la condanna di Berlusconi a 4 anni per frode fiscale (più 5 di interdizione dai pubblici uffici) e deposita contestualmente le motivazioni della sentenza, perché mancano pochi mesi alla prescrizione anche per le due frodi sopravvissute alla falcidie dell’ex Cirielli. Il condannato insulta i giudici “accecati dall’odio, patologia da eliminare”.
11 maggio. Nuova gazzarra di piazza del Pdl, stavolta a Brescia, contro i giudici di Milano. Presenti i neoministri Alfano, Lupi, Quagliariello e naturalmente Berlusconi, che arringa la folla paragonandosi a Enzo Tortora. Napolitano, anziché difendere i giudici e redarguire i ministri, dice di “capire chi si trova impigliato in processi e vicende giudiziarie di rilievo”. Impigliato per non dire imputato, anzi condannato. Il Pd nomina segretario reggente Guglielmo Epifani al posto del dimissionario Pier Luigi Bersani.
4 giugno. Letta nomina 35 saggi per riformare la Costituzione come vuole Napolitano. Tre di essi – Beniamino Caravita di Toritto, Giuseppe de Vergottini e Niccolò Zanon – stanno preparando un parere pro veritate per il ricorso di Berlusconi alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro la legge Severino (votata da FI), che lo espellerebbe dal Senato in caso di condanna definitiva.
19 giugno. La Consulta boccia il conflitto di attribuzioni sollevato dalla Camera per far annullare il processo Mediaset, a causa di un impedimento di Berlusconi dichiarato illegittimo dal Tribunale. Il Cavaliere attacca la Corte e Napolitano (“un comunista che non rispetta i patti”) per non averla fermata. Ma pure perché non vuole nominarlo senatore a vita.
24 giugno. Il Tribunale di Milano condanna Berlusconi a 7 anni (Ilda Boccassini ne aveva chiesti 6) nel processo Ruby per prostituzione minorile e concussione per costrizione. E invia gli atti alla Procura perché proceda contro 32 testimoni che hanno mentito in aula, probabilmente a pagamento. Il condannato strilla al “plotone di esecuzione” e all’“emergenza democratica”. Il premier Letta lo invita a cena a Palazzo Chigi per tenerselo buono. Giuliano Ferrara, con parrucca, rossetto e trucco pesante, raduna una piccola folla in piazza Farnese sotto lo striscione “Siamo tutti puttane”. C’è anche la fidanzata di Silvio, Francesca Pascale, che tira in ballo Napolitano e le sue intercettazioni con Mancino appena distrutte per ordine della Consulta. Brunetta si associa alla minaccia: “Faremo per Berlusconi ciò che ha fatto Napolitano per difendere i suoi diritti costituzionali”.
26 giugno. Napolitano riceve al Quirinale il neocondannato Berlusconi, che lo invita a “non restare neutrale” in vista della sentenza della Cassazione sul caso Mediaset.
9 luglio. La sezione feriale della Cassazione, guidata dal presidente di turno Antonio Esposito, fissa l’udienza Mediaset per il 30 luglio, senz’attendere la ripresa ordinaria di metà settembre. Così prevede la legge per i processi urgenti: quelli con detenuti e quelli che rischiano la prescrizione durante la pausa estiva o nei successivi 45 giorni. Fra questi ultimi c’è anche il processo Mediaset, iniziato nel 2005, che ha già visto prescriversi per la ex Cirielli 360 milioni di dollari di frodi, appropriazioni indebite e falsi in bilancio, lasciando due soli reati superstiti: le frodi di 4,9 milioni di euro del 2002 e di 2,4 del 2003. Ma la prima andrà in prescrizione il 1° agosto (secondo i giudici) o a metà settembre (secondo le difese): dunque la Corte deve sentenziare subito. Berlusconi, sconvolto dalla sola idea di essere un cittadino come gli altri, tuona contro la “nuova piazzale Loreto” e i giudici che “vogliono farmi fuggire come Craxi”. Minaccia di affossare il governo in caso di condanna. E ottiene un’incredibile sospensione dei lavori di Camera e Senato per 24 ore in segno di protesta, anche con i voti del Pd, pronto a dargliele tutte vinte pur di salvare il governo Letta. Negli stessi giorni i dem si rimangiano la promessa di appoggiare la proposta dei 5Stelle di renderlo ineleggibile in base alla legge 361/1957. E, su pressione di Napolitano, salva il ministro dell’Interno Angelino Alfano dalla mozione di sfiducia M5S-Sel (sostenuta anche da Renzi) per il sequestro di Alma e Alua Shalabayeva, moglie e figlioletta di un dissidente kazako, da parte della Polizia italiana al servizio del regime di Astana.
19 luglio. Nel processo Ruby-bis per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, il Tribunale di Milano condanna a 7 anni Lele Mora ed Emilio Fede e a 5 anni Nicole Minetti. E trasmette gli atti alla Procura perché proceda contro Berlusconi e i suoi legali per corruzione o subornazione di una trentina di testimoni. A Bari la Procura chiude le indagini sul Cavaliere, accusato di aver indotto il suo pappone Gianpi Tarantini a mentire sulle prostitute a Palazzo Grazioli (Patrizia D’Addario&C.).
30 luglio. Inizia l’udienza del processo Mediaset dinanzi alla sezione feriale della Cassazione. I giornali berlusconiani sono pieni di messaggi minacciosi e allusivi a Napolitano perché “rispetti i patti”. Negli ultimi giorni, il presidente Esposito ha respinto uno strano invito di Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa, ex leader di Magistratura Indipendente, ora sottosegretario alla Giustizia in quota Berlusconi) e una irrituale richiesta del primo presidente Giorgio Santacroce di incontrare i cinque membri del collegio. Davanti al Palazzaccio si riunisce una piccola folla di fan berlusconiani: l’“Esercito di Silvio”. La bomba atomica sulle larghe intese sta per esplodere.
(27 – continua)