Ieri era tornato in discussione in commissione Giustizia al Senato, che ha dato mandato all’unanimità – sempre però al senatore Simone Pillon (tra i fondatori del Family Day e mediatore familiare) – di redigere un nuovo testo unificato sull’affido condiviso. Una mossa che, secondo il M5s, implica l’addio al primo e contestato ddl Pillon e fa slittare a settembre la discussione con un nuovo testo che riunisca non solo i sei ddl depositati, ma anche quanto emerso dalle oltre cento audizioni svolte in questi mesi. Altrimenti, assicurano, non ci sarà l’approvazione.
Fino ad oggi, il disegno di legge – senza tenere conto anche di quello della senatrice Binetti che presenta invece forti criticità sul modo di affrontare la violenza domestica – è stato fortemente criticato (ieri ci sono state proteste e sit in di “Non un di meno” ed altre associazioni): giudicato discriminatorio, impari e reo di sacrificare l’interesse dei figli per l’interesse degli adulti.
Il ddl prevedeva, per dire, l’introduzione di metodi di risoluzione alternativa al tribunale per i conflitti familiari come, ad esempio, la mediazione civile obbligatoria in caso di figli minorenni per “salvaguardare per quanto possibile l’unità della famiglia”. Si disponeva che il mediatore familiare fosse tenuto al segreto professionale e che nessuno degli atti del procedimento di mediazione familiare potesse “essere prodotto dalle parti nei procedimenti giudiziali”. Neanche in caso di emersione di violenza. E tutto a pagamento. Si prevedeva, poi, che “indipendentemente dai rapporti tra i due genitori” il minore abbia diritto a mantenere “un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali e a trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati, paritetici ed equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale”: 12 giorni al mese con uno, 12 con l’altro. E ancora: il doppio domicilio, mantenimento diviso equamente tra i due genitori per il tempo in cui il figlio gli è affidato, un piano genitoriale che contenga la ripartizione esatta per ciascun capitolo di spesa, il contrasto alla cosiddetta “alienazione parentale”.
Associazioni, psicologi, operatori, giuristi e movimenti femministi si sono opposti al testo. Tra questi, anche le relatrici speciali delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne. Molte le critiche: separazione e divorzio con figli minorenni coinvolti diventano più onerosi e complessi, con il pagamento obbligatorio di un mediatore anche in caso di modifiche minime del piano genitoriale (che nella sua rigidità riduce la libertà di scelta del minore). In molti hanno fatto notare che il ddl aveva un principio adultocentrico, che il principio di bigenitorialità paritaria a tutti i costi renda il minore “un bene”. Per il Coordinamento italiano per i servizi maltrattamento all’infanzia (Cismai) “la divisione a metà del tempo e la doppia residenza dei figli ledono fortemente il diritto dei minori alla stabilità, alla continuità e alla protezione dalle lacerazioni che inevitabilmente le separazioni com portano”. Fuori, infine, i casi in cui le separazioni sono dovute a violenza domestica, costringendo la vittima a negoziare con il proprio aggressore. Nessuna definizione di “violenza” né inserimento nell’iter giudiziario per regolamentare i rapporti tra genitori.