C’era una volta l’uno vale uno, ora è arrivato il due vale tre. È il sistema aritmetico parallelo di casa Cinque Stelle: quando i conti non tornano, si fa prima a cambiare metodo di misurazione. Il “mandato zero” è l’invenzione con cui Luigi Di Maio risponde all’annoso problema del Movimento, che con l’aria di crisi s’è fatto più urgente: mancano le truppe, figuriamoci la classe dirigente. E ogni volta che c’è un’elezione tocca imbarcare i primi che passano. Colpa della regola sul doppio mandato, un caposaldo M5S: serviva a scongiurare il rischio di creare politici di professione, è finita per produrre un discreto numero di dilettanti. Così, al compleanno numero dieci, il M5S si ritrova con la vecchia guardia già esaurita, consumata tra le due infornate in Parlamento e le consiliature di Comuni e Regioni. La regola dei due mandati è diventata stretta. E se non la puoi sconfiggere, fattela amica: “Abbiamo deciso di introdurre il cosiddetto mandato zero – spiega Di Maio agli attivisti chiamati a votare le nuove regole – È un mandato, il primo, che non si conta nella regola dei due mandati, cioè un mandato che non vale”.
L’artificio è suggestivo, va detto. E consapevole degli sfottò a cui si espone, Di Maio l’ha ammantato di una certa virilità. Vale solo per “i coraggiosi” che si sono ricandidati nei consigli comunali pur senza avere chance di diventare sindaci. Quelli che “con le regole attuali” – dice un Di Maio sconcertatissimo – rischiano di “segnare la fine” della loro “esperienza da portavoce”. Non riguarda chi il sindaco lo ha già fatto o lo farà – Raggi e Appendino, insomma, sono escluse – ma si rivolge ai soldati semplici che poi sono il pane che manca al Movimento, costretto in più di una occasione a non presentarsi alle elezioni locali perché nessuno voleva sprecarsi la fiche, chessò, per fare il consigliere a Bagno a Ripoli. Di Maio lusinga loro e quelli che verranno: “Non solo puoi completare il tuo secondo mandato e alla fine di questi cinque anni ti puoi candidare altrove – spiega il capo politico – Ma puoi decidere di candidarti anche durante il mandato”. Questo, a dirla tutta, è il vero totem che viene giù: il precetto grillino per cui, se hai chiesto fiducia da una parte, non puoi andartene e presentarti agli elettori da un’altra. Ma “l’esperienza di quel consigliere comunale è preziosissima”, dice adesso il leader 5 Stelle. Evidentemente consapevole che se si dovesse andare al voto, oggi, girandosi indietro, non troverebbe nessuno.