La fumata nera sulle autonomie e lo stop del governo al regionalismo sulla scuola agita i governatori di Lombardia e Veneto. Ieri Attilio Fontana e Luca Zaia hanno accusato il governo di “cialtroneria”, augurandosi “che l’esecutivo dia presto vita a un testo”, provocando la reazione di Giuseppe Conte. Parole poco gradite e definite “ingiustificabili” dal premier, la cui irritazione per queste “sterili polemiche” finisce con una minaccia: se si continua così, i ritardi nelle trattative saranno vostra completa responsabilità.
L’attacco più duro era arrivato dal lombardo Fontana, imbufalito soprattutto coi 5 Stelle: “Sono profondamente offeso che questi cialtroni ci facciano passare per truffatori del Paese e del Sud. Che persone che disistimo mi facciano passare per ladro è una cosa che mi ha fatto incazzare. Qualcuno vuole apparire paladino del Sud e salvare un pò di voti, ma così fa un danno al Paese”.
Fontana aveva però anche accusato direttamente il presidente Conte, reo di essersi appiattito sulle posizioni del Movimento: “Mi stupisce che Conte, che ancora stimo, sia stato coinvolto in questa cialtronata”. Parole simili a quelle di Zaia, che taglia corto: “Il Veneto la sua proposta l’ha fatta nell’ottobre del 2018. Il governo non decide quale autonomia attuare, ma quale testo sottoporci. Spero che l’esecutivo metta presto fine a questa agonia e ci faccia una proposta organica”.
La versione di Conte, però, è ben diversa. A partire dall’ultima bega, quella sulla scuola. Il progetto delle Regioni prevedeva assunzioni dirette in Lombardia e Veneto, contratti (e stipendi) ad hoc per gli autonomisti e, ovvio, un consistente trasferimento di fondi da Roma. I governatori accusano di aver fatto saltare l’accordo i 5 Stelle e Conte, che però affida la propria replica a una velina serale che ricorda come “tutti i ministri, compresi quelli leghisti, a partire da Erika Stefani per finire a Marco Bussetti, abbiano condiviso la decisione”.
Di sponda arriva anche una nota da fonti di governo del Movimento: “Non capiamo tutto questo nervosismo e gli attacchi rivolti al premier. L’autonomia si farà perché è giusto venire incontro alle richieste di Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, nel rispetto dell’unità nazionale e di tutte le altre regioni”. È proprio questo aspetto, però, che fa litigare le Regioni con Conte e i grillini. Ieri Zaia ha sbottato ancora: “Piantiamola coi discorsi sull’unità nazionale minata, chiedo solo l’applicazione della Costituzione”.
Nelle bozza iniziali d’intesa, però, le tre Regioni (che fanno il 40% del Pil) pretendevano di tenersi molti più soldi rispetto ad ora senza alcuna perequazione. È la “secessione dei ricchi” di cui ha parlato l’economista Viesti. Conte, però, non ci sta a far passare la solidarietà nazionale come una questione secondaria, tanto che ieri ha girato le colpe di eventuali ritardi a “chi continua a offendere il governo e a usare questi toni”, perché così “rischia di assumersi la responsabilità di rallentare e ostacolare questo processo riformatore”. Insomma, insistete così e un testo non lo vedrete mai.