Libera dopo che il suo arresto per lo sbarco senza permesso a Lampedusa non è stato convalidato, Carola Rackete è tornata in Germania. La comandante della Sea Watch 3 ha lasciato l’Italia ieri, dopo l’interrogatorio in procura ad Agrigento dove è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La comandante che ha forzato il blocco della Guardia di Finanza per entrare nel porto di Lampedusa e far sbarcare i migranti soccorsi che aveva a bordo non ha in programma per il momento altre missioni con la Ong tedesca. “Si riposerà per un po’”, fanno sapere da Sea Watch, sottolineando comunque che finora ad ogni missione conclusa l’organizzazione ha cambiato sia comandante che equipaggio. Dalla organizzazione umanitaria sono adesso in attesa di capire cosa accadrà proprio all’imbarcazione: la nave è infatti attualmente sotto sequestro probatorio nel porto di Licata, in Sicilia, a disposizione dell’autorità giudiziaria che non ha ancora preso provvedimenti definitivi in merito.
Sgombero CasaPound, adesso la Raggi ci crede
Sull’elenco dei prossimi futuri sgomberi CasaPound non figura ma Virginia Raggi ora è certa che si farà. “Finalmente @agenziademanio ha avviato iter per lo sgombero di #Casapound. Bene, questa situazione non è più tollerabile. Basta privilegi sulle spalle dei cittadini”, ha twittato ieri la prima cittadina. Cosa accadrà allo storico stabile nel quartiere Esquilino di Roma, occupato dal movimento di estrema destra, non è chiaro.
La partita degli sgomberi, per il momento, si gioca altrove. Matteo Salvini, attraverso la prefetta Gerarda Pantalone, vorrebbe sgomberare subito tutte le occupazioni, dagli storici centri sociali romani alle case in cui abitano almeno 11 mila persone. E non si è mai occupato di CasaPound. Il piano prefettizio è già iniziato, lunedì scorso, con l’evacuazione di 300 persone da una scuola occupata nel quartiere Primavalle. Il Comune ha trovato soluzioni provvisorie per 145. Non ci sono posti. Così Salvini e la prefetta dovranno andare più lentamente. Non è chiaro se ci saranno altri sgomberi quest’estate o nei mesi a seguire. Il cronoprogramma prefettizio prevede di liberare 23 edifici ma potrebbe iniziare solo nella primavera del 2020 e poi procedere con 4 interventi l’anno. Quelli ritenuti più urgenti sono l’edificio in via del Caravaggio a Tor Marancia e l’ex Asl di via Antonio Tempesta a Tor Pignattara. Due immobili, già nella lista rossa stilata dall’ex Prefetto Paola Basilone, dove vivono circa 500 persone, oltre 300 solo a Tor Marancia.
Nella lista c’è un complesso di via Prenestina 913, occupato il 27 marzo 2009 dove vivono in 200; l’ex manicomio di Monte Mario, in piazza Santa Maria della Pietà, oggi sede dell’associazione antagonista “Ex Lavanderia”, che organizza attività culturali, nel padiglione 25 attualmente vivono 7 nuclei familiari; la “Casa delle donne Lucha Y Siesta” nel quartiere Tuscolano occupata l’8 marzo 2008. E ancora i centri sociali “Strike”, occupato 18 ottobre 2002, “Spazio sociale 32” di via dei Volsci a San Lorenzo che non è più quello che è sempre stato, “Bam” (Biblioteca abusiva metropolitana) non più libera dal 25 settembre 2008 in cui vivono 10 anarchici a Centocelle e infine “Acrobax”, l’ex cinodromo comunale occupato il 20 novembre 2002, con 50 abitanti stabili.
Quanto a CasaPound, la replica alla Raggi e alla denuncia del Demanio non si è fatta attendere: “Il palazzo è mantenuto bene, le famiglie che ci stanno hanno la residenza, pagano le utenze e il Comune sa quello che succede. È una situazione assolutamente non prioritaria”.
Verso una rogatoria a Londra per la banca del caso Rubli
La caccia ai conti esteri del Rubligate è ufficialmente iniziata. La direzione seguita dalla Procura di Milano, che indaga per corruzione internazionale, oltre alla Russia prenderà la strada di Londra. Nuova rogatoria alle porte, dunque. Obiettivo: capire quali atti e movimenti ha fatto l’avvocato Gianluca Meranda che ha trattato il progetto della compravendita di gasolio utilizzando il suo ruolo di consulente all’interno della banca d’investimento inglese Euro-Ib, tra i cui dirigenti c’è l’italiano Glauco Verdoia. Il dato a oggi evidente è che la trattativa iniziata ai tavolini dell’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre, è poi proseguita.
Con Meranda, oggi indagato, che fa da regista alla proposta di acquisto che la banca invia al colosso russo Rosneft. Sei pagine firmate dallo stesso Verdoia (non indagato) che ricalcano l’accordo siglato al Metropol: tre milioni di tonnellate di gasolio da acquistare con un discount del 6,5%. A Mosca, il 18 ottobre, i tre italiani, tra cui, oltre a Meranda, Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini e il consulente bancario Francesco Vannucci (entrambi indagati), spiegano il progetto ai tre russi. La partita di gasolio discussa allora vale 1,5 miliardi di dollari e il discount pare del 10%, con un 4% (circa 65 milioni di dollari) da girare alla Lega e il resto a funzionari del Cremlino. Chi deve acquistare sulla carta è l’Eni, che però ha da subito smentito di aver partecipato all’affare. Si sa poi che l’accordo con Rosneft non andrà in porto, e per questo Meranda rilancerà a febbraio su Gazprom, ma questa volta all’insaputa della banca, almeno stando alle dichiarazioni di Verdoia alla stampa. Entrambe le proposte però finiscono in niente. Un dato non irrilevante, perché se la strada della banca londinese non è poi stata percorsa, torna di attualità il ruolo, ad oggi del tutto presunto, di Banca Intesa Russia, e cioé l’istituto di credito che viene più volte citato nell’audio pubblicato dal sito americano BuzzFeed. Al Metropol, Miranda, indicato come Ita2 spiega: “Intesa Bci Russia. E penso che abbiano dentro il loro uomo, quindi dovrebbe essere facile”. Ancora più esplicito: “La Lega ha già nel comitato direttivo un uomo lì dentro, si chiama Mascetti e quindi possiamo parlargli. Ma se è un’altra banca, allora non preoccupatevi, abbiamo i contatti sia in Svizzera che in Austria”. Si tratta, come già emerso, dell’avvocato Andrea Mascetti (non indagato), leghista vicino al sottosegretario nonché numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti. La pista che porta a Banca Intesa però al momento resta congelata. In attesa delle rogatorie in Russia e in Inghilterra, Procura e investigatori si concentrano su quello che si può fare subito in Italia. Nel mirino finiscono i conti dell’associazione Lombardia-Russia di cui Savoini è presidente dal 2014.
La Finanza però sta allargando il cerchio oltre alla sede milanese di via Bellerio, anche alle diramazioni in altre regioni. L’inchiesta dunque torna sotto traccia in attesa di nuove scoperte. A quanto si è appreso si sta approfondendo la cena avvenuta il giorno prima dell’incontro al Metropol e dove erano presenti oltre a Salvini e Savoini, anche Ernesto Ferlenghi e Luca Picasso, entrambi di Confindustria Russia e il consigliere strategico del vicepremier Claudio D’Amico. Inoltre dalle dichiarazioni di alcuni testimoni sentiti nelle scorse settimane si chiarisce la figura di Savoini, il quale già nel 2015 girava per i saloni del consiglio regionale lombardo a caccia di notizie sulla Russia. Savoini, che da un anno aveva aperto la sua associazione, era interessato agli incontri bilaterali organizzati tra la Regione Lombardia, all’epoca guidata da Maroni, e la regione russa della Siberia. “Stava lì da solo nella hall – ci viene spiegato –, occhiali scuri, chiedeva e s’informava sui viaggi in Russia, ma non si dichiarava mai presidente dell’associazione culturale, si sapeva solo che era una persona molto vicina a Salvini e lavorava per il Comitato regionale per le comunicazioni della Lombardia (Corecom)”.
Al ribasso le stime sul Pil: +0,1% nel 2019, +0,7 nel 2020
La crescita si avvicina allo zero. L’economia italiana ristagna. A lanciare l’allarme è l’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha analizzato le stime sul Pil. La crescita quest’anno raggiunge lo 0,1%. Un graduale miglioramento, che si assesterà attorno allo 0,7%, è previsto per il prossimo anno. “Il Pil – avvertono – oscilla intorno a valori medi sostanzialmente nulli”. Però, con la clausola di salvaguardia da 23 miliardi che prevede l’aumento dell’Iva, il Pil aumenterebbe solo dello 0,4%. Secondo l’Upb, la domanda estera “risente dell’indebolimento del ciclo internazionale” e l’Italia vive un “clima di incertezza”. La fiducia delle famiglie “si deteriora, nonostante le recenti indicazioni di miglioramento del mercato del lavoro”, con l’aumento dei contratti a tempo indeterminato. Le stime dell’attività economica, inoltre, subiscono la flessione dell’attività manifatturiera. Nel trimestre scorso l’economia è stata “ancora stagnante o in lieve contrazione”. Non mancano “i timori per le politiche commerciali” e “per l’instabilità geopolitica”, oltre all’incertezza per la politica di bilancio per il 2020. Proprio ieri Eurostat ha reso noto che il debito pubblico dell’Italia è salito al 134% del Pil nel primo trimestre 2019.
Zingaretti, un altro “Qualcosista” dem
Mentre le telecamere di In Onda giovedì sera seguivano in esterno un Salvini con tre ciambelle di adipe sotto la maglietta da tennista, che stringeva mani stordito dai sondaggi in crescita nonostante o a causa di tutto, in studio c’era Nicola Zingaretti. Mo’ se li magna, abbiamo pensato; e quando gli ricapita, una congiuntura favorevole come questa – crisi di governo incombente, pochade, magheggi russofili, la Lega in mano a grotteschi personaggi da poliziesco di serie B.
Il capo dell’opposizione non ci ha delusi. Ecco un florilegio del suo pronunciamento al Paese.
“È giusto che la magistratura indaghi”. Proponiamo una moratoria Tv: ogni volta che un politico dice “è giusto che la magistratura indaghi” et similia, verrà trasmesso il monoscopio con un suono continuo tipo segnale orario fino alla fine programmata dell’intervista.
“Bisogna costruire una nuova stagione”. Chissà come si costruisce, una stagione. E poi: chi la deve costruire? Se qualcuno la stesse costruendo, ce ne saremmo accorti, e non ci sarebbe bisogno di andare in Tv a dire che bisogna.
“Per ottemperare agli interessi degli italiani (sic) bisogna dare al più presto un governo che sia espressione del voto popolare”. Non come questo, che ha solo il 50% dei voti.
Sulla mozione di sfiducia, chiede Telese, qual è la linea del Pd? Risposta: “Strettissima concertazione tra il segretario, il capogruppo, il presidente, i due vicesegretari, i capigruppo…”, perbacco: una scattante macchina da guerra. Poi, “sulla base del dibattito, valutiamo se presentare la mozione di sfiducia”. Tradotto: non c’è alcuna linea politica, navighiamo a vista; ci rendiamo conto di quanto ci vogliono fare le scarpe i renziani e valutiamo come allungare il brodo. (Sembra Woody Allen in Io e Annie: “Finora è solo uno spunto, spero di trovare i soldi per trasformarlo in concetto, e poi in idea”).
“Abbiamo lanciato una grande mobilitazione per essere pronti a lanciare una grande speranza”. Tutto sta a scansarsi per tempo. “Dobbiamo interloquire con la voglia di futuro”. Deliziosa. Si vede proprio, che sta andando nelle fabbriche a parlare coi metalmeccanici. “Stiamo cambiando l’Italia, abbiamo isolato Salvini”. No comment. “Stiamo lavorando alla ricostruzione di un’empatia tra il Pd e gli italiani”. Come no. Dalle Asl di Roma sud alle rosticcerie di Messina fin su ai rifugi alpini, si respira empatia col Pd. Le file tra Roncobilaccio e Barberino del Mugello sono più corte, più fluide, o comunque più sopportabili, da quando si stanno facendo i lavori per l’empatia.
Per cercare di farlo reagire gli fanno vedere l’intervista a Bersani che dice che ci vuole “una cosa nuova” e a D’Alema che auspica un’alleanza tra sinistra e 5Stelle: “Noi siamo partiti con la Costituente delle Idee, che sarà il più grande dibattito sul futuro dell’Italia in questo Paese”.
Siamo andati a vedere cosa sia questa Costituente delle Idee: è un blog qualcosista, tipo blog di Renzi, che contiene “Valori, proposte e domande per riaccendere il Paese” (grazie alla rete i cittadini potranno fare e votare proposte: dove l’abbiamo già sentita questa?), per “riaggregare”, “essere più aperti” e altra fuffa. C’è una sezione “Diventa volontario”, con un minaccioso “Il Pd ha deciso di puntare su di te” (vogliono lavoro gratis, come graphic designer, curatore dei social ecc.).
“Ci siamo ributtati nella pancia dell’Italia”. Tipo l’helicobacter pylori. Lo sconfiggi, ma poi ritorna. Gli fanno vedere un’intervista a una signora disoccupata e disperata. Lui: “Dobbiamo deideologizzare questa discussione”. La signora avrà pasteggiato a champagne. Gli chiedono se intende mettere in discussione il Jobs Act: “Io credo che dobbiamo entrare in una stagione nella quale dobbiamo avere il coraggio di riaprire stagioni di innovazione delle politiche, senza nessuna paura di aprire una discussione su dove questo Paese deve andare”.
Testuale. Ci chiediamo come mai Salvini, insaccato nella sua tutina da tennis e nei suoi guai, non sia al 70%.
Crisi di governo: ora c’è, ora no. Cronache di una guerra lampo
La guerra lampo del Salvimaio incomincia giovedì alle 20 meno qualcosina, quando Enrico Mentana sul pizzo della scrivania annuncia che siamo sull’orlo del baratro, a un passo soltanto, forse già con un piede dentro ed elenca gli ultimi insulti che si scambiano ambo i vicepremier in un reciproco accusarsi di tradimenti e corruzione. Siamo alla crisi, c’è la crisi, oddio la crisi.
Altri tg, nel concitato susseguirsi degli eventi, ci dicono che Matteo Salvini va al Quirinale, anzi sta salendo, anzi è già lì da Mattarella nell’ora delle decisioni irrevocabili, e dunque per cortesia si faccia silenzio (“Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono, fate tacere il cane con un osso succulento, chiudete il pianoforte, e tra un rullio smorzato portate fuori il feretro, si accostino i dolenti”. W. H. Auden, Funeral Blues).
Ecco il Salvini furioso: altri tre no e finisce tutto (“A un mio segnale scatenate l’inferno”. Massimo Decimo Meridio).
Ecco il Di Maio sdegnato: se vuole la crisi di governo, lo dica (“Se mi vuoi lasciare, dimmi almeno perché”. Michele).
Torniamo su La7 per avidamente abbeverarci alle ultimissime, ma nello studio di In Onda c’è Nicola Zingaretti, che è un po’ come prepararsi a Springsteen e beccarsi Stockhausen. Attenzione però che il Capitano irrompe in quel di Barzago (Lecco) e subito le telecamere lo scrutano da presso per cogliere un segno, una smorfia, un battito di ciglia rivelatore.
“C’è la crisi?”, chiede un temerario. “No”, risponde lui immergendosi nel consueto bagno di folla, e ci s’interroga febbrili se sia un no alla crisi oppure un no non mi rompete. Nervoso zapping in cerca di novità. Cosa dice Conte? E Di Maio? Per caso ci sono nuovi audio di Savoini?
A In Onda, Zingaretti parla ininterrottamente da quaranta minuti: leggero assopimento dei conduttori. Mentre i dadi di ferro rimbalzano sul tavolo della Storia, altrove ci rintronano con i Don Matteo, Il Principe e il Pirata, Paperissima sprint.
Classica tecnica golpista della disinformazione. Zingaretti sembra incatenato alla sedia. Nessuna nuova da Barzago.
Pubblicità. Zingaretti è scomparso, forse traslocato di peso. Entra il ministro grillino Alfredo Bonafede. È la staffetta del Roipnol. Finalmente Salvini. No, oggi non cade nessun governo. No, nessun incontro al Quirinale. Sorriso caimano: “Mi correggo, penso che Di Maio sia una brava persona” (aveva detto che con l’altro era cessata la fiducia anche “a livello personale”). “Semmai il nostro problema sono alcuni ministri Cinquestelle non all’altezza”.
Per esempio, quel Toninelli che blocca la Gronda di Genova (anche se fosse vero, e non lo è, no che non si può fare una crisi per Toninelli). All’indomani anche Di Maio esclude la caduta del governo. Anzi, “vediamoci con Salvini e andiamo avanti”. Infatti, elezioni anticipate con questo caldo, come si fa? Massì, causa beltempo la crisi è rinviata a data da destinarsi (“Scavare trincee? Con gli uomini che mi muoiono come mosche lei suggerisce di scavare trincee? Non abbiamo tempo per scavare trincee! Comprale già fatte! Tieni: comprami quattro trincee”. La guerra lampo dei fratelli Marx).
Seriamente. È una crisi che si è ormai cronicizzata e che stenta a deflagrare per le ragioni note. Alla caduta di questo governo difficilmente il Quirinale potrebbe far seguire un governicchio, politico o tecnico, che andrebbe fatalmente e in breve tempo a schiantarsi sui conti pubblici. Nuove elezioni quindi che per i Cinque Stelle suonerebbero come una sentenza annunciata dopo la catastrofe delle Europee. Anche Matteo Salvini, pur con il vento dei sondaggi nelle vele sarebbe costretto a fare campagna elettorale con la minaccia incombente del Russiagate: nuovi audio, nuove carte, nuove indagini eccetera. Perciò si naviga a vista. Fino a quando ciò sarà possibile (intanto lo spread torna a crescere e la Borsa a calare).
Annullata l’elezione: Faraone non è più segretario della Sicilia
Davide Faraone non è più il segretario del Pd Sicilia. La commissione di garanzia dem ha annullato l’elezione del 13 dicembre scorso, accogliendo il ricorso che era stato presentato dai rappresentanti della mozione Zingaretti. La decisione sarà ora vagliata dalla direzione nazionale convocata per venerdì prossimo. Ieri c’è stato il voto a maggioranza nella commissione nazionale di garanzia. “Le aree congressuali di chi ha votato Giachetti e Martina hanno espresso parere contrario – spiega il deputato pd Marco Di Maio – mentre la maggioranza si è espressa in modo diverso”.
Alla commissione di garanzia erano arrivati diversi ricorsi dalla mozione Zingaretti che, in Sicilia al congresso regionale, aveva candidato l’ex deputata Teresa Piccione. La candidata zingarettiana, però, aveva ritirato la candidatura a pochi giorni dal voto denunciando irregolarità nelle procedure del congresso e nella presentazione delle liste. La decisione ha fatto scattare l’area renziana. Ora per la Sicilia potrebbe aprirsi la strada del commissariamento. La proposta dovrà essere avanzata dal segretario Zingaretti e quindi votata dalla direzione.
Ue, rimpasti e finti attentati: le mille balle del ministro
Per essere Matteo Salvini, di questi tempi, serve una buona memoria. Altrimenti il rischio è quello di non stare più dietro alle proprie parole, vista la frequenza comunicativa a cui il ministro ci ha abituati. Comizi, conferenze, interviste e dirette Facebook si accavallano mentre tutti aspettano l’oracolo: Salvini andrà in Parlamento a chiarire sullo scandalo rubli? Salvini farà cadere il governo? Salvini come voterà per la presidenza della Commissione Ue? Le risposte ci sono tutte. Il problema, complici i tentativi leghisti di deviare l’attenzione su tutt’altro dopo il caso russo, è capire quali siano attendibili e quali, invece, resistano giusto per qualche ora prima di una smentita dello stesso ministro.
Ursula in Commissione: che dice la Lega?
Partiamo dall’Europa. Si deve scegliere la presidente della Commissione europea. Il 15 luglio una delegazione leghista incontra lo staff di Ursula van der Leyen, le cose sembrano andare bene e così il 16 luglio Salvini apre all’ipotesi di votare la tedesca: “Le sue parole sulla lotta all’immigrazione clandestina, sul cambiamento delle regole che vedevano l’Italia come il centro di accoglienza europeo sono interessanti”. Quindi la Lega c’è? “Vedremo, se confermerà questa volontà di contrastare scafisti e trafficanti”. Che poi era la linea leghista fin dal 2 luglio, come da tweet di Salvini: “A prescindere dai nomi, è importante che in Europa cambino le regole sull’immigrazione, sulle tasse e sulla crescita economica”. Poi però al momento del voto, il 16 luglio stesso, i leghisti mollano la von der Leyen, sostenuta invece, tra gli altri, da Pd e Movimento 5 Stelle. E la tedesca diventa una specie di appestata: “5Stelle e Pd da due giorni sono già al governo insieme. Tradendo il voto degli italiani che volevano il cambiamento, i grillini hanno votato il presidente della commissione, proposto da Merkel e Macron, insieme a Renzi e Berlusconi (lo stesso con cui governa in Regioni e Comuni, nda). Una scelta gravissima”.
Matteo e Luigi? È finita, anzi no: “Ma i ministri…”
Avanti con le cose di casa nostra. Salvini vuole staccare la spina al governo? Dipende quando glielo chiedi. Helsinki, 18 luglio, mattina: “La fiducia è finita anche sul piano personale, perché mi sono fidato per mesi e mesi”. Salta tutto? Macché. Barzago (Lecco), 18 luglio, sera: “Mi correggo, io in Luigi Di Maio ho avuto e ho fiducia, secondo me è una persona per bene. Alcuni ministri dei 5 Stelle non sono all’altezza di fare i ministri. È difficile governare con chi sa solo dire di no”.
Da Bonafede alla Difesa: il rimpasto impossibile
Posto che il problema sono i ministri, quali sarebbero questi No che bloccano il Paese? “Autonomia, riforma della giustizia, manovra” (ancora da Helsinki, 18 luglio, pomeriggio). Uno dice: Salvini chiederà forse la testa del guardasigilli 5 Stelle Bonafede, se quelle sono le priorità. E invece ad Agorà estate, 19 luglio: “Basta No dai ministri Toninelli e Trenta”. Trasporti e Difesa.
Ministro in pericolo! Ma è un falso allarme
Cronaca. Il 15 luglio la Digos di Torino smantella un gruppo neonazista accusato di trafficare armi, a cui sequestra anche dei missili. Il giorno dopo Salvini svela un retroscena che odora quasi di anni di piombo: “L’indagine l’avevo segnalata io. Era una delle tante minacce di morte che mi arrivano ogni giorno. I servizi segreti parlavano di un gruppo ucraino che attentava alla mia vita. Sono contento sia servito a scoprire l’arsenale di qualche demente”. Passa qualche ora e la Procura però smentisce tutto: l’inchiesta non c’entra nulla con eventuali attentati a Salvini ed era partita da un esposto presentato a Torino da un ex spia del Kgb. E non certo dal ministro dell’Interno.
Altro che caro amico, Savoini è un carneade
Caso Rubli. Il 12 luglio Savoini è praticamente un estraneo: “L’associazione Lombardia-Russia non ha nulla a che vedere con la Lega. Gianluca Savoini non ha mai fatto parte di delegazioni ufficiali in missione a Mosca con il ministro. A nessun titolo. Né a quella del 16 luglio 2018, né a quella del 17 e 18 ottobre dello stesso anno”. Poi però escono le foto di quegli incontri. Savoini c’è, al tavolo col resto della delegazione italiana. E si scopre anche che la sera prima dell’incontro incriminato al Metropol Savoini era a cena proprio con Salvini. Sempre da imbucato, ovviamente.
Rubligate in Aula solo a giorni alterni
Di tutto questo Salvini parlerà in Parlamento? Anche qua, difficile capirlo. Il 10 luglio il ministro taglia corto: “Io sono domani in Parlamento, pero’ ripeto, mi occupo di lotta alla mafia, di lotta alla ‘ndrangheta. C’entro io personalmente? No.” Il 16 luglio apre uno spiraglio, ma solo durante il question time: “Certo che vado in Parlamento, è il mio lavoro. Ci vado bisettimanalmente e per il question time durante il quale rispondo su tutto lo scibile umano, sempre”. Troppo poco, tanto vale ribadire il concetto (17 luglio): “Non riferisco sulla fantasia”. Poi però, in serata: “Andrò in Parlamento a ribadire quello che ho sempre detto”. Sarà il 24 luglio, presentandosi insieme al premier Conte con una memoria scritta? “Magari anche prima. Quando uno ha la coscienza pulita. Non ho niente da temere”. Soltanto le sue contraddizioni.
L’Europa vuole Salvini all’angolo
Per Matteo Salvini deve essere ironico pensare che proprio quando ha iniziato a schierare la Lega su posizioni rigidamente atlantiche (vedi il voto di giovedì all’Europarlamento contro il governo venezuelano di Nicolas Maduro assieme a socialisti, popolari e quant’altro) gli torni tra i piedi il rapporto con la Russia. E proprio quel rapporto è il grimaldello con cui l’establishment europeo vuol mettere il leader leghista in un angolo.
Citeremo al proposito, a mero titolo di esempio, l’intervista che ieri Mario Monti ha rilasciato a Repubblica, in cui l’ex premier parla di un presunto stravolgimento della politica estera italiana: “Vi è un documento strategico segreto alla base del radicale riposizionamento dell’Italia? È un documento italiano o di qualche potenza ostile alla Ue?”. Poi, nel caso non fosse stato chiaro il collegamento: “ Un capo politico italiano non può andare a blandire gli avversari dell’Europa. È gravissimo”.
Le parole di Monti seguono quelle più genericamente anti-russe della neo presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nella sua prima intervista: “Siamo testimoni da un po’ di un atteggiamento ostile da parte della Russia, che spazia dalla lesione di leggi internazionali, come l’annessione della Crimea, al tentativo di dividere l’Europa”. All’ex ministra tedesca ieri si è però aggiunta, durante una conferenza stampa, la stessa Angela Merkel, che invece ha risposto a una domanda proprio sull’incontro dell’hotel Metropol di Mosca con annesso presunto commercio di petrolio per finanziare la Lega: “Un chiarimento tocca all’Italia e penso che il Parlamento italiano o altri chiederanno chiarezza sulla vicenda”. Certo, ha poi aggiunto rifiutandosi di entrare nel merito della situazione italiana, il comportamento di Mosca “solleva questioni: il fatto che i partiti populisti in Europa ricevano il sostegno della Russia è motivo di preoccupazione”.
E anche qui Salvini, volendo non pensare ai suoi improvvisati procacciatori d’affari moscoviti, potrebbe cogliere dell’ironia: lui ha costretto pure i suoi alleati grillini a prendersi il gasdotto Tap seguendo i diktat americani, mentre la Germania si costruisce il suo Nord Stream 2 con la Russia mentre accusa Mosca di “atteggiamento ostile”.
La Casellati riparte dalla Luna
Per carità,l’evento fu di certo epocale, storico, persino leggendario. Neil Armstrong aveva sicuramente ragione quando sosteneva che fosse un grande passo per l’umanità. Eppure neanche lui, con la retorica, aveva forse osato tanto quanto la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, in questi giorni impegnata come molti nelle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dello sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna. E allora, ieri la presidente ha sfoggiato tutta l’ars ciceroniana di cui è capace: “Ripartire dalle emozioni e dalle aspettative di quel 1969 potrebbe oggi forse avere un significato della stessa portata” . Ci spieghi meglio, presidente. “La Luna ci restituì d’un tratto un mondo bellissimo, pacificato, diverso. Sognare non solo era consentito o possibile, era doveroso”. Di più, di più presidente. “Tornare sulla Luna per riscoprire la Terra? Perché no!”. Dice davvero, presidente? “Forse è arrivato il momento di costruire nuove utopie, nuovi slanci ideali, nuove speranze. Forse, ripartendo proprio dalla Luna”. Ma sì, basta recuperare uno slancio vecchio di cinquant’anni. Comodo e alla portata di tutti.