Ma nella vicenda della Lega e dell’hotel Metropol, i servizi segreti italiani dove sono? E per chi lavorano? Il comitato parlamentare che vigila sull’intelligence, il Copasir, la prossima settimana ne avrà di cose da chiedere ai direttori Mario Parente (Aisi), Luciano Carta (Aisi) e Gennaro Vecchione (Dis, il coordinamento). Ci sono un po’ troppe anomalie in questa storia.
Il primo articolo che racconta la riunione al Metropol di Mosca tra Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda, il misterioso Francesco e tre russi esce sull’Espresso il 24 febbraio 2019. In quel momento non è chiaro che ci sia un audio, i due cronisti Giovanni Tizian e Stefano Vergine dicono di essere stati testimoni diretti dell’incontro del 17 ottobre 2018 a Mosca. L’audio verrà pubblicato dal sito americano BuzzFeed il 10 luglio. Tra i due scoop passano quasi cinque mesi durante i quali qualcosa deve essere successo sul piano dell’intelligence.
Fino ai tempi del governo Gentiloni, l’intelligence, e in particolare l’Aise, era molto preoccupata per le possibili infiltrazioni dall’estero, a cominciare dalla Russia. Secondo quanto risulta al Fatto, ci sono state varie analisi sulla possibilità di rapporti russi con i Cinque Stelle. Senza risultati. Possibile che dopo l’inchiesta dell’Espresso nessuno indaghi su cosa è successo a Mosca? Nessuna delle risposte possibili è rassicurante.
Prima opzione: l’intelligence non indaga perché, da quando c’è la Lega al governo (partito che è gemellato con Russia Unita di Vladimir Putin), certi pericoli non sono più considerati tali. E quindi i nuovi direttori, coi quali il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha un dialogo costante, non si interessano più di Russia. Sui blog di settore circola anche già una linea di difesa ufficiosa dei direttori su questo punto: Aisi, Aise e Dis si occupano di gravi minacce per la sicurezza nazionale, in questa vicenda sono coinvolte figure di seconda fila e non risulta che la trattativa si sia conclusa.
Seconda ipotesi: i servizi si sono mossi eccome, hanno ricostruito tutto, hanno riferito a chi ha la delega all’intelligence nel governo, cioè il presidente del Consiglio in persona, Giuseppe Conte. Il quale, si immagina, di fronte alla possibile conferma di un mercimonio del genere svolto al Metropol di Mosca, avrà sicuramente messo in guardia Salvini dal continuare a frequentare certa gente. Ma Salvini non solo ha tenuto il filorusso Claudio D’Amico come consigliere a contratto, ma si è portato Savoini alla cena romana con Vladimir Putin, davanti ai fotografi. In ogni caso è impossibile che Salvini non abbia sentito l’esigenza di prendere informazioni su quanto successo al Metropol nei cinque mesi passati tra Espresso e BuzzFeed. A meno che non sapesse già tutto.
Terzo scenario: la registrazione al Metropol non è stata fatta da uno dei presenti che ha attivato il suo cellulare, ma a distanza con un trojan non autorizzato da un pm, in un cellulare, nell’ambito di un’operazione sul modello di quanto organizzato (non si sa bene da chi) in Austria per distruggere il vicecancelliere di destra Heinz-Christian Strache. Anche in quel caso, promesse di corruzione russe, video, “scoop” giornalistici.
Salvini è stato direttamente coinvolto nel rinnovo del vertice dei servizi – soprattutto sull’Aise, dove ha congedato Alberto Manenti per lasciare il posto a Luciano Carta – e nei mesi scorsi ci sono state forti tensioni per le nomine dei vicedirettori, che sono a discrezione del governo e per la prima volta si è parlato di uno spoils system che ha agitato il mondo dell’intelligence. Savoini, poi, viene da quell’estrema destra sulfurea che in tante fasi tragiche della storia italiana recente è stata agganciata da pezzi poco limpidi o criminali dei servizi. Potrebbe esserci un tentativo di ricatto tutto italiano dietro la “trappola”? Difficile. C’è chi parla piuttosto di un regolamento di conti interno ai russi, con una fazione che usa l’affaire Metropol per screditarne un’altra, bruciando un alleato sacrificabile: la Lega di Salvini.
Più fonti confermano che da Washington pezzi dell’apparato amministrativo americano – non sempre allineati con Donald Trump – hanno da tempo consapevolezza dei legami pericolosi tra Lega e Russia e hanno dato vari avvertimenti a Salvini. L’uscita dell’audio di Savoini su una testata Usa, BuzzFeed, all’indomani della visita di Putin a Roma sembra un po’ più di una coincidenza. Ma anche ammesso un coinvolgimento diretto della Cia, o di qualche sua emanazione, l’intelligence italiana cosa ha fatto tra febbraio e luglio? Ha lavorato per proteggere il governo, e soprattutto Salvini, dai traffici di Savoini e soci o ha indagato sulla loro entità e sull’eventuale minaccia che rappresentano per la sicurezza nazionale? Qualcuno dovrebbe spiegarlo.