L’euforia con cui ieri si è aperto il vertice Mercosur in Argentina sembra il contrappasso di quanto sta accadendo in Europa dove l’accordo commerciale siglato il 1º luglio tra i quattro Paesi latinoamericani – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – e l’Unione europea è ormai finito sotto attacco da più parti.
L’intesa era stata salutata entusiasticamente dal presidente uscente della Commissione europea, Jean Claude Juncker: “Misuro le parole con cura nel dire che si tratta di un momento storico”. L’accordo giungeva in effetti dopo venti anni di fallimenti delle trattative nonostante Ue e Mercosur sommino circa 760 milioni di abitanti e un Pil pari a circa il 25% di quello mondiale. A intestarselo, però, al momento sembra essere solo la parte sudamericana.
“Abbiamo molto da mostrare al mondo e lo faremo”, ha detto il ministro degli Esteri argentino aprendo i lavori del Mercosur. E i presidenti, che per la prima volta dalla firma dell’accordo si vedranno faccia a faccia, hanno intenzione di beneficiare al massimo dei vantaggi di immagine derivanti da quell’intesa che, in particolare Brasile e Argentina, intendono potenziare.
In Europa, invece, dove l’accordo costituisce una risposta al protezionismo di Trump ma anche al clima da Brexit, si registrano forti contrarietà soprattutto in Francia, Irlanda, Polonia e Italia. E dato che per entrare in vigore occorre l’accordo dei 28 Parlamenti, il problema non è di poco conto.
L’accordo prevede l’eliminazione del 91% dei dazi fissati dal Mercosur sulle merci europee e del 92% di quelli previsti dall’Ue. Molto favoriti i settori europei dell’industria, in particolare automobilistica, chimica e farmaceutica, che vedono abolire dazi dell’ordine del 35, 18 e 14 per cento.
In cambio la Ue consente importanti contropartite al settore agricolo latinoamericano, fissando quote supplementari pari a 99 mila tonnellate di carni bovine con dazi del solo 7,5%, una quota supplementare di zucchero pari a 180 mila tonnellate e ancora 180 mila tonnellate di pollame. Ci sono riduzioni dei dazi applicate a prodotti Ue anche per cioccolato e dolciumi, vini e alcolici, olio di oliva con tassi che vanno dal 10 al 28%. Inoltre, ben 350 prodotti europei a denominazione geografica (su cui si è arenato ad esempio l’accordo Ttip tra Usa e Ue) saranno tutelati e tra essi figura il prosciutto di Parma, lo speck tirolese, il formaggio Comté francese, la vodka polacca e altri prodotti rinomati. Importante anche l’accordo sulla proprietà intellettuale e gli appalti nei Paesi del Sudamerica, che favorisce le industrie europee.
Lo scambio sostanziale, in effetti, è tra la grande industria europea, soprattutto quella automobilistica, e una parte dell’agricoltura sudamericana, in particolare l’allevamento di bovini argentini e la produzione di zucchero in Brasile. L’associazione europea dei costruttori di automobili (Acea), salutando con soddisfazione l’accordo, sottolinea i 3,3 milioni di vetture vendute lo scorso anno nel Mercosur a fronte di un’esportazione verso l’Europa di sole 73 mila auto, pari al 2,2% del mercato totale. Quando si parla di industria automobilistica in Europa si pensa ovviamente innanzitutto alla Volkswagen, quindi alla Germania, pilastro di questo accordo.
Anche il presidente francese Macron ha dato il suo assenso, ma proprio in Francia, come in Irlanda, Polonia e, ultimamente, Italia, sono sorti i primi problemi. “Accordo inaccettabile” lo ha definito Christiane Lambert, leader del primo sindacato agricolo, Fnsea. I timori si concentrano sull’aumento della quota di carni bovine dalle 200 mila tonnellate attuali, nonostante il consumo annuale europeo ammonti a 8 milioni di tonnellate. Ma l’agricoltura europea è un ginepraio di industrie potenti e piccoli allevatori, sovvenzionati e a volte con bassi redditi, spaventati da questa possibile concorrenza.
Lo stesso è avvenuto in Irlanda, che pure esprime il Commissario all’Agricoltura, Phil Hogan, firmatario del Mercosur. Lo scorso 11 luglio il Parlamento ha respinto l’accordo con 84 voti contro 46 approvando una mozione della sinistra del Sinn Fein votata anche dal Fine Gael party (popolari) di cui Hogan è membro. La mozione si è concentrata soprattutto sulle preoccupazioni relative ai disastri ambientali che potranno essere provocati in Amazzonia per via dell’incentivazione all’agrobusiness brasiliano – e la preoccupazione ambientale è molto diffusa in Europa con 340 ong che hanno firmato una petizione in tal senso –, ma che è centrata soprattutto sul timore per “la devastazione dell’industria irlandese del bovino”.
A queste reazioni si associa anche l’Italia. “Oggi come oggi dire sì al Mercosur vuol dire puntarsi una pistola alla tempia”, ha detto il ministro italiano, Marco Centinaio, nel corso dell’ultimo vertice europeo. Dietro di lui ci sono le associazioni agricole: “Riso, agrumi, zucchero, pollame, secondo la Confagricoltura, sono le nostre produzioni più esposte alla più forte concorrenza dei Paesi Mercosur”. La Coldiretti, che riunisce i coltivatori più piccoli, mette l’accento sulla “sicurezza a tavola”, ricordando lo scandalo brasiliano Carne Fraca, ma avanza preoccupazioni anche “per le concessioni al settore dello zucchero, del riso e degli agrumi”.
La Commissione europea ha risposto alle critiche sottolineando che si tratta di quote contingentate che alterano relativamente il mercato europeo (1,2% nel caso delle carni bovine e del pollame, 1% nel caso dello zucchero, 2,2% per il riso) e sulla diluizione nel tempo, da 7 a 15 anni, della piena entrata in vigore degli accordi. Ma nel tempo dei protezionismi la paura è più forte delle rassicurazioni. Ursula von der Leyen avrà da fare anche su questo versante.