Questa è una data che fa storia, è una data che illumina le trame sul petrolio al Metropol. L’11 ottobre 2014, in quel di Mosca, viene rifondata la Lega Nord. Quel giorno una delegazione capitata da Gianluca Savoini e Claudio D’Amico consegna il Carroccio ai russi di Vladimir Putin e al vizio degli affari con l’ostensione di Matteo Salvini. Il portavoce Savoini e il deputato D’Amico, fondatori di un’associazione culturale lombarda che venera la Russia e pure soci nel regno di Putin di un’azienda di consulenza commerciale, sono reduci da una missione in Crimea, compiacenti osservatori del referendum popolare che sottrae la regione a Kiev e la annette a Mosca.
I leghisti sbrigano le pratiche politiche, i barbosi bilaterali con referenti di piccolo calibro, rendono omaggio alla sacra Duma e poi vanno a cena con gli imprenditori italiani che, per mestiere, sanno procacciare i rubli. Così Vittorio Torrembini accoglie Savoini, D’Amico e uno spaesato Salvini: “Ho una sensazione: Salvini non guida il gruppo”. Torrembini è console onorario del distretto di Lipetsk, già presidente di Confindustria Russia, capo di Gim Unimpresa, un cartello che riunisce multinazionali del taglio di Banca Intesa, Campari, Enel: “Io capisco subito le intenzioni di Savoini e colleghi. Vogliono usare il credito politico per fare affari. Vanno oltre i limiti. Io rappresento le imprese e non posso fungere da filiale moscovita del Carroccio. Alcuni miei amici hanno comprato la tessera dell’Associazione lombarda, hanno pagato l’obolo, poi si sono accorti che erano inutili e dilettanti. Io sono contrario a mescolare politica e affari. Gli imprenditori devono aprire le società, non i surrogati dei partiti”. Rubli al Carroccio: “Io non ho le prove, ma da più parti si parla di contatti con gli oligarchi. E il Cremlino precisa che non sono mele del suo cesto”, chiosa Torrembini. Il riferimento, non esplicito, è al miliardario Konstantin Malofeev, sanzionato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. A Mosca per lo svezzamento internazionale di Salvini non manca Ernesto Ferlenghi, dirigente di Eni, successore di Torrembini in Confindustria Russia, appena assurto al vertice del forum dialogo italo-russo, una struttura plasmata dagli amici Silvio Berlusconi e Vladimir Putin per irrobustire le relazioni economiche. Ancora Torrembini: “A me l’approccio di Savoini e compagni non piace, non li sento più dall’estate del 2015. I rapporti tra la Lega e Confindustria Russia diventano più organici attraverso Fabrizio Candoni. Ferlenghi intuisce la crescita di Salvini, cavalca il cavallo, finché organizza il 17 ottobre 2018 un’assemblea industriale a Mosca, una sorta di spettacolo del Carroccio col ministro dell’Interno”.
Il 18 ottobre è il fatidico giovedì di Savoini che tratta una commessa di petrolio nel salone dell’hotel Metropol per mascherare un presunto finanziamento di 65 milioni di euro al Carroccio con l’ausilio di Eni, mentre Salvini addenta un panino in aeroporto e decolla per l’Italia. Il succitato Candoni s’intesta un merito: “Io ho sconsigliato a Matteo di andare al Metropol”. Era ignaro di argomenti e convenuti, però sapeva degli impegni di Savoini: “Voci, tante voci dopo l’assemblea. Dal punto di vista lombrosiano Savoini è pericoloso. Salvini si muove con centinaia di persone, è complicato interloquire, non saprei dire se ha percepito il mio segnale. Gli ho riferito: dove c’è Savoini, non andare”. Candoni mette ordine: “Ho visto Salvini l’ultima volta il 21 aprile a Pinzolo. C’è un’inchiesta, se mi chiamano sono pronto a parlare ai magistrati con tutti i dettagli”.
Candoni esce di scena, entra Ferlenghi. Per la visita di Putin in Italia (4 luglio), dopo un anno delle dimissioni annunciate a Palazzo Chigi, Luisa Todini lascia la presidenza del forum italo-russo. Il premier Conte, a cui spetta la designazione, raccoglie le indicazioni dei leghisti. L’ex deputato D’Amico, consigliere di Salvini a Palazzo Chigi, fa il nome di Ferlenghi, e assieme, D’Amico e Ferlenghi, fanno pressioni sul cerimoniale per consentire a Savoini di partecipare al forum con Conte e Putin e di cenare a Villa Madama con lo zar. È il cerchio che si chiude. O la botola che si apre.