Una Flat tax composta da un’aliquota al 15% fino a 55.000 euro di reddito familiare e con un’unica deduzione fiscale che assorbirà tutte le centinaia di detrazioni e deduzioni esistenti. Così l’ex sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, descrive alle parti sociali la sua creatura. “Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti, un grande impulso ai consumi e risparmi per 3.500 euro per una famiglia monoreddito con un figlio”, ha assicurato. L’intenzione della Lega è di portare nelle tasche dei beneficiari “12-13 miliardi di euro”.
Numeri che però non tornno al momento. In base ai dati del Tesoro, il numero delle famiglie monoreddito con o senza coniuge che guadagnerebbero (sulla carta) col nuovo regime sarebbero in realtà poco più di 4 milioni. Secondo le prime indiscrezioni si lascerebbe la possibilità di scegliere tra vecchio e nuovo regime a seconda delle convenienze. Ma non si sa per quanto.
E qui la questione si complica, proprio in funzione della composizione del nucleo familiare. Una stima dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale dei commercialisti rivela, per esempio, che la Flat tax leghista premia il monoreddito e incentiva di conseguenza il divorzio. Perdono le coppie che hanno reddito complessivo individuale sotto i 21 mila euro e fino a 24 mila in caso di due figli a carico. Dividersi in due famiglie monoreddito sotto la soglia farebbe risparmiare fino a 14 mila euro annui.
Mentre annuncia tagli di imposte per il ceto medio dipendente e pensionato, con incerte ricadute sui singoli contribuenti, la Lega promette di voler far “pace” un’altra volta con gli evasori. Il sottosegretario al ministero dell’Economia, Massimo Bitonci ha proposto in vista della manovra, altri due condoni. “Ci sono 150 miliardi nelle cassette di sicurezza, l’emersione di questo contante è prioritaria”, ha detto durante la riunione.
L’idea non è nuova, ci aveva provato anche il governo Renzi nel 2017, ma la provenienza illecita di molte giacenze aveva tagliato le gambe alla misura. Si lavorerebbe poi a una seconda fase della pace fiscale, con la possibilità di chiudere con le imprese altri contenziosi “con un intervento di natura forfettaria”. In realtà il fondo del barile è già stato raschiato. Le precedenti “rottamazioni” non sono andate bene. Al 31 dicembre risultano incassati 10,4 miliardi di euro, a fronte di crediti lordi originari per oltre 45 miliardi e di un’aspettativa di introito alla fine del 2018 di 21,8 miliardi di euro, se si escludono le rate, differite, della rottamazione-bis di novembre e febbraio scorso.