Dei missili americani venduti alla Francia sono stati ritrovati poco lontano da Tripoli, in una base militare delle truppe del generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica. Nonostante le smentite del ministro della Difesa, Florence Parly, tutto lascia pensare che Parigi abbia armato le truppe ribelli, violando l’embargo delle Nazioni Unite e gli accordi con gli Stati Uniti. Parigi è già molto criticata per la vendita di armi all’Arabia Saudita e per il loro uso nella guerra in Yemen. Ora emerge che il governo francese sarebbe implicato anche nella fornitura di armi alla Libia, in violazione dell’embargo decretato dalle Nazioni Unite. Il sospetto serio è che Parigi stia armando le truppe ribelli del generale Haftar, il militare che controlla l’est della Libia e la regione di Bengasi e che lo scorso aprile ha lanciato una violenta offensiva militare per conquistare Tripoli. Secondo l’Onu, l’attacco avrebbe già fatto più di mille morti e 5.500 feriti. Ufficialmente, nella situazione libica, la Francia dialoga con “tutte le parti” in causa: il campo del generale Haftar e il governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite. Nei fatti Parigi, come l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati arabi uniti, non ha mai smesso di sostenere il generale Haftar. Già nel 2016, François Hollande aveva ammesso che tre agenti della Dgse (la Direzione generale della sicurezza esterna, i servizi segreti della Francia che intevengono all’estero, ndt) erano morti in un incidente di elicottero mentre erano impegnati al fianco di Haftar. Più tardi il governo francese ha anche riconosciuto il dispiegamento di forze speciali nella regione di Bengasi, ufficialmente per portare avanti delle missioni “di lotta contro il terrorismo”. Si passa ora a una fase ulteriore. Martedì scorso, 9 luglio, il New York Times ha rivelato che dei missili anticarro francesi erano stati trovati il 26 giugno scorso a Gharian, in una base militare strappata a sorpresa alle forze ribelli dall’esercito ufficiale (nel frattempo, giovedì 11 luglio, il governo libico di unione nazionale ha chiesto alla Francia “spiegazioni urgenti” su queste rivelazioni”, ndt).
Gharian, a una sessantina di chilometri a sud di Tripoli, era stata la base strategica di Haftar nell’offensiva sulla capitale libica. Vi si concentravano armi, materiale e truppe. Per Parigi è stato particolarmente imbarazzante che i quattro missili siano stati identificati in brevissimo tempo, dagli Stati Uniti. Si tratta di missili anticarro Javelin, fabbricati dai gruppi americani Raytheon e Lockheed Martin e venduti alla Francia nel 2010. L’acquisto aveva riguardato all’epoca 260 di questi missili per un contratto di 69 milioni di dollari (cioè 260 mila dollari l’uno). Ecco dunque che quattro di questi missili sono stati inaspettamente trovati nel quartier generale di Haftar, abbandonato d’urgenza in seguito all’operazione vittoriosa dell’esercito fedele a Tripoli! La posta in gioco è alta per il governo francese: consegnare armi alle truppe ribelli non viola soltanto l’embargo internazionale (già ampiamente eluso da Egitto e Emirati arabi uniti), ma anche l’accordo commerciale con gli Stati Uniti, che vieta formalmente la riesportazione, la rivendita e la disseminazione di questo tipo di missili. Di qui le spiegazioni confuse fornite dalla ministra della Difesa, Florence Parly, sin dal 9 luglio. Contattato da Mediapart, il ministero ha dato una spiegazione in tre punti: “Le armi erano destinate a proteggere un reparto francese distaccato sul territorio per raccogliere informazioni in materia di anti-terrorismo”; “Le munizioni, danneggiate e fuori uso, erano state temporaneamente stoccate in un deposito in vista di essere distrutte. Non sono state consegnate a forze locali”; “Queste armi, detenute dalle nostre forze per la propria sicurezza, non erano sottoposte alle restrizioni sulle importazioni in Libia”.
Queste spiegazioni ci sono parse poco credibili ma il ministero ha rifiutato di rispondere a ulteriori domande poste da Mediapart sin da mercoledì 10 luglio. Per un caso di calendario, quello stesso giorno, nel tardo pomeriggio, Florence Parly doveva essere convocata a porte chiuse in Assemblea nazionale per essere ascoltata dalla Commissione per la difesa sulla questione della vendita di armi della Francia e sul Rapporto annuale al Parlamento sulle esportazioni di armi, risultato poco trasparente. È la terza volta in tre mesi che la ministra viene convocata in Assemblea, mentre continuano a emergere nuove rivelazioni che dimostrano sempre di più l’uso di armi francesi in alcuni conflitti, come la guerra in Yemen, “la peggiore crisi umanitaria nel mondo”, secondo l’Onu. Ma torniamo ai fatti. Un reparto francese sarebbe stato dunque presente a Gharian nella base militare strategica di Haftar situata lungo il fronte? Se così fosse, vorrebbe dire che si ammette un impegno francese senza precedenti in una guerra civile in Libia, tanto più che non è lungo il fronte e nel vivo delle operazioni militari che si portano avanti le missioni “antiterroriste”. Prima incoerenza. Tutti gli specialisti lo affermano: le forze speciali di intelligence possono portare avanti delle operazioni puntali e limitate, ma di sicuro non sono attrezzate di missili anticarro. Se così fosse, vorrebbe dire che erano impegnate direttamente sul campo di battaglia. Seconda incoerenza. Dei missili “danneggiati e fuori uso”, ha detto la ministra. Come potevano allora proteggere i soldati francesi? Forse erano già stati utilizzati, ma da chi e in quali circostanze? Il silenzio del ministero svuota di senso questo argomento. Un’altra ipotesi è che questi missili erano stati dimenticati o abbandonati dalle forze francesi in un altro luogo e poi recuperati dalle forze del generale Haftar e trasportate alla base di Gharian. Ciò che è a sua volta poco credibile. Se così fosse, queste armi sarebbero effettivamente sotto il controllo esclusivo delle “forze locali”, diversamente da quanto affermato dal ministero. Contattato da Mediapart prima dell’udienza con la ministra, Olivier Faure, segretario del partito Socialista e membro della commissione per la Difesa in Assemblea, pensava di farle queste domande: “Come è possibile che le forze speciali abbiano potuto dimenticare delle armi di quel genere? Dove sono state abbandonate? E soprattutto, perché Haftar ha recuperato questi missili se non poteva servirsene?”.
Il deputato de La France Insoumise Bastien Lachaud si pone le stesse domande. Una in particolare lo tormenta: “Cosa fa la Francia in Libia e cosa fa con le sue armi?” Il parlamentare insiste: “Il governo deve spiegarsi. Ci deve dire la verità perché il caos che c’è in Africa, in particolare nella fascia del Sahel, è la conseguenza della crisi libica, sulla quale la Francia ha la sua parte di responsabilità dai tempi di Sarkozy”. Il responsabile politico di Lfi esprime il suo disappunto sull’opacità del sistema francese: “Interrogheremo la ministra, ma interrogare è una grossa parola. L’udienza si tiene a porte chiuse e, diversamente dai colleghi del Congresso americano, noi non abbiamo diritto né a discutere né a rilanciare. Quando sarà di fronte a noi, la ministra proporrà lo stesso discorso fatto su Twitter”. Le spiegazioni del ministero della Difesa lo sconcertano: “Come è possibile abbandonare delle armi così dopo un’operazione e come è possibile che finiscano in una base di Haftar? E se erano davvero inutilizzabili, che ci facevano in Libia?”. Si possono rilevare altre due “stranezze”. La prima è una dichiarazione fatta il primo luglio su Twitter dall’ambasciata di Francia in Libia. Con l’hashtag #Fakenews, l’ambasciata aveva “smentito categoricamente la presenza di soldati o personale militare francese a Gharian”. La seconda riguarda l’equipaggiamento delle forze francesi. I missili Javelin erano stati acquistati nel 2010 nell’attesa che entrasse in funzione un missile francese di nuova generazione prodotto da Mbda, il missile a media portata. Secondo diversi specialisti, il missile Javelin è in parte obsoleto, e comunque meno efficace del missile Mbda. Come nota il sito specializzato Opex360, questo missile francese doveva essere dispiegato nel Sahel entro il 2018. Informazione che avalla ancora di più l’ipotesi della consegna alle forze “amiche” di Haftar di missili Javelin meno efficaci.
Ultimo elemento: i missili Javelin sono stati ritrovati a Gharian non in un luogo a parte, ma in un deposito con altre armi delle forze ribelli, tra cui droni di fabbricazione cinese, armi di fabbricazione russa e due granate degli Emirati arabi uniti. I missili francesi non presentano inoltre nessuna particolare protezione che potrebbe far ipotizzare che non facessero parte dell’arsenale ribelle. A questo punto, pare poco probabile che il governo francese possa fermarsi a spiegazioni così imprecise. Le commissioni specializzate del Congresso americano potrebbero decidere di occuparsi del caso e dell’eventuale violazione della Francia degli accordi commerciali. Anche gli ispettori delle Nazioni Unite, che hanno già documentato una serie di violazioni dell’embargo, in particolare da parte dell’Egitto e degli Emirati, potrebbero a loro volta intervenire. Per il ricercatore Jalel Harchaoui, uno dei rari specialisti della crisi libica in Francia, “la scoperta di questi missili è la prova inconfutabile di ciò che sapevamo già: la Francia porta avanti una guerra segreta in Libia e sostiene Haftar, anche sul piano militare. La Francia vuole che il suo pupillo Haftar vinca perché è favorevole alla dittatura in Libia, vede in lui quello che plaude in Egitto, un autoritarismo rigido senza alcuna libertà individuale”. Anche tra le Ong francesi le nuove rivelazioni creano una certa agitazione. Emergono le stesse domande che si fanno anche i deputati dell’opposizione: “Perché dei missili francesi si trovavano sul territorio libico se dovevano assicurare la protezione di francesi? Sono stati dichiarati alle Nazioni Unite? Il Congresso americano ha autorizzato la loro utilizzazione in Libia? Come ha fatto Haftar a mettere le mani su questi missili? Cosa prova che questi missili siano inutilizzabili, come sostiene il ministero?”, si chiede Aymeric Elluin di Amnesty International. Elluin ricorda la vicenda dei droni Male (sigla che sta per Medium Altitude Long Endurance). Acquistati d’urgenza all’americana General Atomics nel 2013, per essere dispiegati nella guerra in Mali e nel Sahel, i droni Male sono al centro di un feuilleton politico-industriale: il Congresso americano esige che venga fornita una nuova autorizzazione ogni volta che si intende cambiare la regione di dispiegamento, mentre Parigi vorrebbe evitare di ripassare ogni volta davanti al Congresso. L’Ong, che ha inviato una dozzina di domande precise ai deputati in vista della convocazione della ministra, trova che sia un bene che il caso dei missili francesi in Libia sia venuto a galla: “Ormai la Francia dovrà piegarsi al dovere di trasparenza”.