L’avvocato massone che si dice “apolitico” ma ritwitta Salvini

L’“italiano 2” della conversazione all’hotel Metropol di Mosca ha un nome: Gianluca Meranda, professione avvocato. Ha ammesso di essere stato all’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre 2018 in una lettera a Repubblica. Partecipazione non legata a motivi politici, sostiene: “Confesso apertamente di non votare da dieci anni. Non mi sono mai occupato di finanziamento ai partiti – si legge nella lettera –. Non ho mai avuto incarichi in nessun partito e non ho intenzione di cominciare”. Dai profili social, però, sembra chiara la sua predilezione per Salvini.

L’ultimo aggiornamento sulla sua pagina Facebook, del luglio 2018, segnala l’iscrizione al “Comitato Salvini premier”. Su Twitter, tra giugno e dicembre 2018 ha rilanciato 15 volte i cinguettii del Capitano. Quest’anno la presenza più assidua sul suo profilo è Germano Dottori, politologo di fama della Luiss di Roma, noto per le sue posizioni filo-atlantiste e per il suo apprezzamento di Putin come leader non ostile all’Occidente. Il suo ultimo libro, La visione di Trump, secondo Il Giornale è uno dei saggi studiati da Salvini. Meranda compare di frequente anche su Acacia Magazine, considerata l’agenzia stampa della massoneria italiana. In particolare nel 2015, si legge il suo nome tra i creatori della Fondazione Massonica (“la prima nella storia della massoneria italiana”). Nello stesso anno è menzionato come Gran Cancelliere della Serenissima Gran Loggia d’Italia, particolarmente frequentata in Calabria, terra d’origine di Meranda. Sempre su Acacia Magazine appare in un gruppo di uomini agghindati con i tradizionali paramenti massonici. E tra i firmatari di un breve testo: “Siamo un gruppo di maestri muratori di varie obbedienze regolari, che si riconoscono come fratelli e vogliono dare un contributo concreto, fraterno e neutrale al mondo della comunicazione massonica”.

Meranda esercita la professione forense nello studio SQ Law, con sedi a Roma e a Bruxelles: specializzazione in controversie commerciali. Si trovava all’ormai famoso incontro moscovita quale “General Counsel di un banca d’affari anglo-tedesca”, scrive a Repubblica. Si dice stupito per l’inchiesta della Procura di Milano per finanziamento illecito ai partiti e corruzione internazionale e difende la correttezza della trattativa. Tra i clienti dello studio SQ Law “ci sono compagnie petrolifere e banche d’affari italiane ed estere” e, a parte Gianluca Savoini, gli interlocutori presenti a Mosca erano “professionisti” che si occupano di “compravendite internazionali”, “oil products”, “che in quel momento erano oggetto di negoziato”. La trattativa, però, dice che non si è perfezionata.

“Luca”, al Metropol, è l’italiano che sciorina i nomi delle aziende da coinvolgere nell’affare: Eni, Banca Intesa, Lukoil. Lo studio di cui Meranda è partner, in effetti, vanta importanti collegamenti in tutto il mondo attraverso la Legal Netlink Alliance. Nel board del network internazionale, di base a Londra, c’è anche l’avvocato italiano Marco Padovan, fondatore dello studio legale che porta il suo nome. Nel 2014, appena iscritto alla Camera di commercio italo-russa (Ccir), lo studio legale ha organizzato un convegno dal titolo “Lavorare con la Russia dopo le sanzioni”: “Obiettivo del seminario si legge in un comunicato – era illustrare la normativa e le criticità di natura legale e tecnico-scientifica relative alle operazioni commerciali e finanziarie con la Russia”. In quello stesso anno, la Ccir aveva lanciato “il corridoio verde” per sburocratizzare le procedure doganali. Del resto, il 2015 è stato un anno cruciale per cementare i rapporti tra i contrari alle sanzioni per Mosca. E la Camera di Commercio italo-russa è stata un collante fondamentale anche tramite i politici locali e in particolare alcuni consiglieri regionali.

*IRPI – Investigative
reporting project Italy

Conte: “Alla cena Savoini invitato dall’uomo di Salvini”

La doccia fredda, per Salvini, arriva in tarda serata, con una nota firmata Presidenza del Consiglio. Quel Gianluca Savoini che da giorni il capo della Lega fa finta quasi di non conoscere era alla cena del 4 luglio, a Villa Madama a Roma, con il premier Giuseppe Conte e con il presidente Vladimir Putin, su richiesta di Claudio D’Amico. Ovvero, “del consigliere per le attività strategiche di rilievo internazionale del vicepresidente Salvini”. In altri termini, “l’invito è stato sollecitato” da uno stretto collaboratore del capo della Lega, Matteo Salvini. La nota di Palazzo Chigi precisa di “aver compiuto tutte le verifiche del caso” e aggiunge: “D’Amico, tramite l’Ufficio di vicepresidenza ha giustificato l’invito, in virtù del ruolo dell’invitato di Presidente dell’Associazione Lombardia-Russia e ha chiesto ai funzionari del Presidente del Consiglio di inoltrarla agli organizzatori”.

Intanto la Procura di Milano studia cellulari e celle telefoniche. Si indaga su un’ipotesi di corruzione internazionale con al centro una compravendita di gasolio tra una società russa e l’Eni. Prezzo 1,5 miliardi di dollari. Di questi circa 65 milioni, ovvero il 4% del “discount” sul prezzo totale sarebbero finiti nelle casse della Lega per finanziare le ultime elezioni europee. Il resto dello sconto, circa il 6%, sarebbe andato a funzionari del governo di Mosca. Una bella fetta di denaro che secondo le ultime attività della Procura sarebbe rimasto concretamente in Russia. Un riscontro importante e che proverebbe che in qualche modo l’affare è andato avanti. Che poi si sia chiuso realmente è ancora da capire.

Di certo,a oggi, c’è un’accusa di corruzione internazionale nei confronti di Gianluca Savoini, ex giornalista della Padania e presidente dell’associazione Lombardia Russia che ha gli uffici nella sede della Lega in via Bellerio a Milano. Poi c’è l’ormai famoso audio dell’incontro avvenuto all’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre scorso, reso noto da BuzzFeed. A quell’incontro per pianificare l’affare del gasolio c’erano tre russi e tre italiani. Tra questi Gianluca Savoini, un tale Francesco, sulla cui identità la Procura pare abbia chiuso il cerchio, e tale Luca, ovvero l’avvocato d’affari di origine calabrese Gianluca Meranda. Presenza ammessa dallo stesso legale con una lettera inviata ieri alla stampa e nella quale spiegava di un incontro del tutto legittimo. Per questo la prossima settimana sarà sentito in Procura. Ancora da capire in che veste: da indagato o da testimone. Con buona probabilità, Savoini sarà interrogato già domani.

A questo punto non vi è dubbio che “Ita 2” nell’audio è Meranda che dice: “Francesco (Ita 1, ndr) dice che non c’è problema ad avere una quarta compagnia in mezzo. La cosa più importante è che si tratti di un’azienda nota (…). L’ideale sarebbe da grande compagnia a grande compagnia con la banca in mezzo”. Ed è sempre “Ita 2”, ovvero Luca, a spiegare il piano di rientro a favore della Lega: “L’idea come concepita dai nostri ragazzi politici è che con uno sconto del 4 per cento 250.000 più 250.000 al mese per un anno, possono sostenere una campagna”. E ancora: “Il 4% a noi è sufficiente. Hanno fatto i loro piani con un 4 netto, quindi se ora dici che lo sconto è del 10 per cento, direi che il 6 per cento è vostro. Ok? “. È sempre “Ita2” che parla. Dall’audio si capisce che Francesco è “Ita1”. Pare, dunque, che le trattative vengano portate avanti dall’avvocato Meranda (allo stato non indagato).

C’è poi la parte russa. Tra i tre c’è un tale Ylia, che dovrebbe essere Ylia Yakunin, manager di Mosca, legato all’avvocato Vladimir Pligin, parlamentare della Duma dal 2003 al 2016. Ed è lo stesso Pligin che viene citato nel’audio: “Stiamo aspettando che Pligin torni per discuterne”. Pligin è vicino al vicepremier russo Dmitry Kozak. Negli anni Novanta i due fondarono una società giuridica nei cui uffici il 17 ottobre 2018, secondo quanto riportato dal settimanale l’Espresso, si sarebbe svolto un incontro tra lo stesso Salvini e Kozak. Il giorno dopo, la mattina, avviene l’incontro dell’hotel Metropol.

Gli altri due interlocutori russi restano, allo stato, sconosciuti. Ma c’è poi altro su cui lavora la Procura e cioè la rete di contatti che orbitano attorno allo stesso Savoini. Tra questi c’è, ad esempio, Claudio D’Amico, ex parlamentare del Carroccio, ex capo di gabinetto del ministro Calderoli, nonché attuale consulente di Salvini per quanto riguarda gli affari internazionali. D’Amico allo stato non risulta indagato né tantomeno gli si attribuisce un ruolo nella trattativa. L’indagine, dunque, sembra poter accelerare. In attesa degli interrogatori, della rogatoria e di possibili acquisizioni documentali negli uffici dell’Eni, la società che avrebbe dovuto comprare il gasolio e che già giovedì ha smentito ogni sua partecipazione all’affare.

Il n. 1 del Carroccio 9 volte in Russia in appena 4 anni

“MY Official representatives Gianluca Savoini and Claudio D’Amico”. Mio rappresentante ufficiale. Intervistato dal sito International Affairs il 17 novembre 2014, Matteo Salvini definiva così Gianluca Savoini, il presidente dell’associazione Lombardia-Russia che il 18 ottobre 2018 al Metropol Hotel della Capitale russa parlò con tre russi di un presunto finanziamento di 65 milioni di dollari alla Lega. Incontro per il quale l’ex portavoce è indagato per corruzione internazionale dalla procura di Milano. Savoini è l’uomo che da sempre cura i rapporti tra via Bellerio e la Russia. Sputnik News, braccio mediatico di Vladmir Putin in Occidente, lo definisce “responsabile dei rapporti con la Russia per la Lega Nord”. IlFattoQuotidiano.it ha ricostruito 9 viaggi ufficiali fatti dal leader del Carroccio nel Paese di Vladimir Putin tra il 2014 e il 2018. E Savoini era sempre presente.

Queste le date dei nove viaggi ufficiali: 10-15 ottobre 2014; 8 dicembre 2014; 14 febbraio 2015; 24 febbraio 2015; 16-17 dicembre 2015; 19 novembre 2016; 6-7 marzo 2017; 15-16 luglio 2018; 17-18 ottobre 2018.

Email, tweet, tante foto e selfie. E il ministro dice: “Savoini chi?”

Mai come questa volta, Facebook e Twitter sono diventati un boomerang per il ministro più social di sempre. E dagli archivi del web riaffiorano le immagini che inchiodano Matteo Salvini alla decennale amicizia con Gianluca Savoini, il giornalista “intercettato” mentre discuteva con i russi di un presunto finanziamento illecito alla Lega. Mentre il leader del Carroccio prova in tutti i modi a prendere le distanze dal suo ex collaboratore, BuzzFeed ieri ha pubblicato una email in cui Savoini sosteneva di aver viaggiato con Salvini in Russia nel luglio 2018 “in veste di membro dello staff del ministro”. Lo twittava pure in quei giorni, “con enorme piacere”. Ieri la Lega ha smentito che Savoini fosse nella delegazione ufficiale in nessuna delle trasferte a Mosca del vicepremier.

Fascioleghista con Borghezio, ama Mosca senza parlare russo

A Laigueglia, il suo paese, non ha amici, solo la mamma. Torna per lei, nemmeno mette piede in spiaggia. I Bagni Ondina sono il patrimonio della famiglia, abbiente e affluente, di Gianluca Savoini e rappresentano il centro di gravità permanente della Capalbio ligure. Solo per dire, Attilio Invernizzi, mega direttore delle Generali, Alberto Talan, della Rolex, e tutta la borghesia genovese sono ospiti dei Savoini. A vent’anni Gianluca resta però già inebriato della forza propulsiva delle idee di destra estrema. È milite di Orion, gruppo guidato da Maurizio Minelli, condannato per aver ucciso un poliziotto. Non il mare ma la Patria ha nel cuore, la lotta al comunismo, la difesa dell’identità. Al pari di Mario Borghezio, stesso ambiente e stesse idee, sceglie di trasferire nella Lega le conoscenze e i valori, arricchirla della forza delle sue battaglie. La Lega diviene infatti presto la sua casa, Milano la sua città, e Bobo Maroni, al tempo (1994) il suo primo ministro di riferimento. “A Laigueglia sapevamo che Gianluca era nello staff di Maroni”, scrive Iltruciolo.it, il foglio locale ricordando il periodo pre-salviniano.

Stempiato, segaligno, tristissimo nei suoi abiti da vice cumenda, Gianluca conosce Bobo ma anche Matteo Salvini. Circa trent’anni fa l’incontro. È il 1991, Savoini, giornalista professionista, lo intervista per l’Indipendente (scriverà anche per Il Giornale, Italia settimanale e La Padania, oggi collabora con Libero). Il giovanissimo Salvini, appena eletto consigliere comunale a Milano, racconta il suo sogno leghista. L’orizzonte di Matteo a quel tempo sono al massimo i mercati rionali meneghini. Gianluca è già oltre gli Urali. Ha 28 anni e si trova nel Parlamento russo, la Duma, nei suoi giorni drammatici. Ottobre 1993: i cannoni di Eltsin anneriscono la Casa bianca moscovita. Si conteranno 500 morti. Dentro il palazzo assediato c’è Savoini. “Ero lì”, giura a Vanity Fair, il settimanale che decide di svelare il volto italiano del rappresentante ufficiale della Lega a Mosca. Savoini il plenipotenziario. Così attesta Sputnik news, braccio mediatico di Putin e così dirà Salvini a International Affairs. Savoini e D’Amico sono “my official representatives”. Con Claudio D’Amico, già deputato del Carroccio, Savoini fonda – è il 2014 – l’associazione Lombardia-Russia che ha sede sul retro di via Bellerio, nella ex portineria. Ha la sede ma non una targa, un numero civico ma non un citofono. L’associazione ha come missione la promozione dell’amicizia tra la Padania e Putin. La cultura, più che altro.

Gianluca ha appena lasciato l’ufficio di portavoce di Matteo, si è intanto sposato con Irina, russa di San Pietroburgo. Mentre Claudio, membro attuale dello staff del ministro del- l’Interno, è convolato a nozze con Svetlana, anch’ella di nazionalità russa. L’associazione, dice Savoini, deve valorizzare i rapporti tra Italia e Russia. Lui intanto sottoscrive la partnership strategica a nome della Lega con il partito putiniano di Russia Unita nel 2017.

Savoini non parla il russo (“da giovane l’ho considerata una lingua nemica, poi da adulto è difficile imparare”) però ha una connessione sentimentale fortissima con quella terra. Ama Tolstoj, anche Dovstoevskij, ma più di tutti Nicolai Lilin, l’autore dell’Educazione siberiana. Ama ed è riamato. Irina è la sua compagna di vita e Mosca la sua sede permanente, il luogo dell’amicizia e degli affari. Nel 2016 apre nella Capitale dell’ex impero la Orion Loc, società di consulenza. Di Orion è socio D’Amico. Savoini sceglie, forse perché la memoria è sempre maestra, lo stesso nome del suo primo movimento politico. Consulente. Ma di che? Solo valori culturali o anche offerte commerciali? Solo eventi politici o anche vendite di gasolio, come quella proposta alla Avangard Gas&- Oil? Scambi di vedute o proiezioni di fatturato?

A Milano la sua associazione chiama Alexey Komov, oligarca moscovita, classe 1974, laureato in legge, fondatore della Marshall Capital, società di investimenti, alla presidenza onoraria. Komov è un nome pesante e influente. E la sua organizzazione per la difesa della famiglia sceglie una delle patrie leghiste, Verona, per tenervi il congresso mondiale. E Komov, guarda un po’ tu, è anche segnalato nelle diplomazie occidentali come uno dei possibili finanziatori della campagna russa di Crimea. È il 2014, l’intervento militare di Mosca chiude vittorioso un drammatico confronto militare con l’Ucraina per la sovranità della penisola di Crimea. E Savoini, guarda un po’ tu, sarà chiamato a fare l’osservatore internazionale del referendum che i russi organizzano per formalizzare il ritorno della Crimea alla casa madre. La Lega ha tanto a cuore la Crimea russa che nell’ottobre del 2014, giunge a Mosca Salvini, il segretario. Accompagnato da Savoini incontra Oleg Saveliev, il ministro russo per la Crimea. Annuncia Savoini: “Terremo anche una conferenza stampa a Simferopoli e incontreremo vari ministri della Crimea”. Anche il consiglio regionale lombardo riconoscerà la Crimea come parte della Russia. Due mesi dopo, l’anno è sempre il 2014, Salvini è di nuovo a Mosca, naturalmente accompagnato da Savoini. Per la prima volta parla di soldi, di finanziamenti possibili. Dice a Repubblica: “Non cerco regali ma un prestito conveniente come quello concesso alla Le Pen lo accetterei volentieri. Lo accetterei da chiunque mi offrisse condizioni migliori di, per esempio, Banca Intesa”.

Nove volte sarà a Mosca, nove volte accompagnato da Savoini. In un mese – è il febbraio del 2015 –, ci va il 14 e poi il 24 e poi ancora il 16 dicembre e poi il 28. Salvini va più a Mosca che a Gemonio, dove ormai i rapporti con Umberto Bossi, il padre fondatore, sono azzerati.

Di chi è il successo, se non di Savoini? “Ho sempre fatto parte delle delegazioni in Russia di Matteo Salvini”, garantisce. E noi gli crediamo.

Lilin difende la Lega: “Non c’è notizia, caso montato ad arte”

Secondo lo scrittore Nicolai Lilin, famoso per il successo di Educazione Siberiana quello dell’asse tra Lega e Russia è solo “l’ennesimo scandalo costruito ad arte da politica e media”. Interpellato da Adnkronos, Lilin ha aggiunto: “Semmai verranno fuori documenti che attesteranno i finanziamenti al partito, allora sì che si potrà parlare di grave atto e aprire, casomai, una questione etica sul tema. Ma fino a che i magistrati non appureranno, io credo che non ci sia alcun scandalo in atto”. Lo scrittore poi utilizza un argomento molto in voga tra gli opinionisti di destra in questi giorni: “La sinistra accusa la Lega di prendere i soldi da Mosca, e quando era il Partito comunista a incassare?”. Un altro intellettuale, l’eccentrico russo Eduard Limonov, divenuto celebre soprattutto grazie alla biografia di Emmanuel Carrère, si è espresso sul caso in un’intervista a Repubblica. Limonov difende in modo ancora più energico Matteo Salvini e la Lega: questo caso sarebbe “un fake di pessima qualità”, anche perché, sostiene, “Matteo Salvini non era presente a questo presunto incontro all’hotel Metropol, quindi non gli si può rimproverare nulla. I tre russi potrebbero essere chiunque, persino specialisti delle prese in giro…”.

Alitalia, Di Maio: “Nessuna preferenza sui player. No rinvii”

L’operazione per il salvataggio di Alitalia vive di ore decisive nel tentativo di arrivare a formare entro lunedì il consorzio che salverà la compagnia di bandiera. Chi si dice totalmente neutro rispetto ai potenziali partner è il ministro Luigi Di Maio che, secondo rumors di stampa, vedrebbe con favore Toto. “Il Mise e il ministro esprimono la totale neutralità rispetto ai players che ad oggi hanno manifestato interesse, formale e non formale, nella newco”, riferiscono fonti del dicastero. “Non esistono pregiudizi così come non esistono preferenze, questo nel rispetto di un’operazione di mercato la cui quota maggioritaria della stessa newco sarà detenuta da Fs e Mef. Si ribadisce ancora una volta che la scadenza ultima e inderogabile per la chiusura del consorzio sarà il 15 luglio”. Intanto oggi pomeriggio verranno presentate a Mediobanca le manifestazioni di interesse, non vincolanti ma che l’advisor di Fs vuole rigorosamente corredate da apposite garanzie. Un modo per fare da filtro alle lettere di intenti e creare intorno a Ferrovie una compagine il più possibile solida, in grado di imprimere finalmente una svolta alla compagnia, commissariata da più di due anni.

Ici, tasse “insolute” da 5 miliardi nella partita tra Italia e Vaticano

In questi giorni, Caf e commercialisti stanno inoltrando le ultime dichiarazioni dei redditi all’Agenzia delle Entrate. Ma già dall’inizio dell’anno spot televisivi, radiofonici e social sono stati messi in campo dalle principali confessioni religiose per accaparrarsi le simpatie dei contribuenti e i cospicui finanziamenti dello Stato destinati alle chiese ufficialmente riconosciute. Il numero dei contribuenti che esprimono una preferenza sulla destinazione dell’8 per mille sono però costantemente in calo. Erano circa 17,5 milioni nel 2015, si sono ridotti a 17 milioni e 207 mila nel 2017. Vuol dire che su circa 40 milioni e 700 mila dichiarazioni Irpef presentate, 27 milioni non riportavano alcuna scelta. Ma l’8 per mille di quei redditi viene ripartito ugualmente tra i beneficiari, compreso lo Stato, in modo proporzionale e in base alle preferenze espresse. Chi si astiene non conta.

Nel 2019 il finanziamento erogato è stato di un miliardo e 401 milioni euro. La gran parte è andata come di consueto alla Chiesa cattolica, scelta dal 79,87% dei sottoscrittori (e il 34,46% dei contribuenti). In totale, tra il pagamento di un anticipo (previsto solo per i cattolici) e il conguaglio, quest’anno sono affluiti dall’Erario italiano nelle casse vaticane un miliardo 131 milioni 962 mila euro. L’obolo laico rimasto allo Stato – grazie a 2 milioni e 564 mila scelte espresse – si colloca distanziato al secondo posto e ammonta a 197 milioni 722 mila euro. Nel gruppo delle inseguitrici, la Chiesa evangelica valdese con un incasso di 43 milioni 198 mila euro sopravanza l’Unione buddista, che si vede assegnare quest’anno quasi 13 milioni e 550 mila euro.

Nella partita del “dare e dell’avere” tra lo Stato italiano e la Santa Sede rimane da definire un grande “insoluto”: le imposte che il Vaticano sarebbe tenuto a pagare come un qualsiasi contribuente per le attività commerciali e le proprietà detenute oltre Tevere. Un’inchiesta del quotidiano romano Il Tempo ha stabilito che un immobile su 5 in Italia sarebbe di proprietà della Chiesa di Roma. Si tratta di 115 mila indirizzi riferibili a diocesi, congregazioni, confraternite che solo nella Città Eterna disporrebbero di 23 mila tra terreni e fabbricati intestati a diverse entità. Molti di questi edifici sono adibiti a pensionati, cliniche, scuole, attività di assistenza a pagamento. Nel novembre scorso una sentenza della Corte di Giustizia europea ha accolto un ricorso presentato da alcune strutture italiane e ha imposto a tutte le organizzazioni non profit che gestiscono esercizi commerciali di pagare l’Ici arretrata sugli immobili dal 2006 al 2011. Per la Chiesa cattolica si tratterebbe – secondo l’Anci (l’associazione dei Comuni italiani) di quasi 5 miliardi di euro.

Il governo gialloverde, al pari di quello passato, nicchia. Non ci sarebbe documentazione sufficiente per ricostruire quanto effettivamente dovuto. A giugno la Commissione europea è tornata alla carica. Un nuovo invito è partito da Bruxelles in una lettera spedita al Tesoro in cui si ribadisce che “le argomentazioni delle autorità italiane non dimostrano l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti” concessi agli enti ecclesiastici. E anche il mondo laico si mobilita di nuovo in nome del principio “Libera Chiesa in libero Stato”.

Stop all’ora di religione, ricalcolo dell’8 per 1000, Imu per la Chiesa e recupero dell’Ici sono i 4 punti di una mozione bibartisan che intende rivedere il Concordato con lo Stato italiano firmato 90 anni fa. La raccolta di firme è stata promossa dal segretario del Psi Riccardo Nencini e firmata da Emma Bonino (+Europa), Maurizio Buccarella (M5S), Roberto Rampi (Pd), Loredana De Pretis (Leu), Carlo Martelli (Gruppo Misto), Elena Fattori (M5S), Tommaso Cerno (Pd) e Matteo Mantero (M5S) e fa seguito a un appello firmato da associazioni, centinaia di intellettuali e due ex giudici della Corte costituzionale. “Ci sono immobili della Chiesa destinati a opere di misericordia e altri ricettivi e di natura commerciale: perlomeno quel lato lì sia soggetto a fiscalità”, spiega al Fatto Nencini, per il quale il problema dell’acquiescenza dei vari governi nei confronti del Vaticano non è tecnico ma politico: “Non si può scambiare l’affinità culturale e religiosa con l’essere eterodossi rispetto allo Stato. È un principio costituzionale che siamo tenuti a rispettare”.

La Cassazione assolve Barani: “Si chiude un calvario giuridico”

L’ex senatore verdiniano Lucio Barani è stato assolto in Cassazione nell’inchiesta sui “doppi rimborsi” risalente a quando era sindaco di Villafranca (Massa Carrara). A darne notizia è proprio l’ex parlamentare di Ala, che esulta: “Finalmente la Cassazione ha messo la parola fine a un calvario che ingiustamente mi ha perseguitato per dieci anni, a seguito di una contestazione assurda relativa a 1.380 euro di rimborsi spese richiesti e ottenuti mentre ricoprivo la carica di sindaco di Villafranca”. La Suprema corte, continua Barani, “nella decisione di assolvermi ha di fatto confermato l’istituzionalità di quelle spese, ammesse a rimborso dal ragioniere capo del Comune, che erano finalizzate alla crescita e all’arricchimento dell’ente da me amministrato. Non c’è ristoro più gratificante di questa assoluzione, ma è mia intenzione chiedere un risarcimento danni a quei miei competitor del territorio che hanno ritenuto di travalicare la normale e giusta battaglia politica danneggiandomi per via giudiziaria”. Barani era stato assolto in primo grado, mentre la Corte d’appello di Genova l’aveva condannato a 3 anni, prima del nuovo (e definitivo) ribaltamento della sentenza in Cassazione.

Si è spento a Roma l’ex professore e ministro Fantozzi

È morto ieri a Roma l’ex ministro e docente di Diritto tributario Augusto Fantozzi. Nato 79 anni fa, è stato a lungo professore ordinario, alcuni dei suoi testi sono ancora in uso nelle università per lo studio delle materie fiscali. Ha ricoperto anche numerosi incarichi politici: è stato ministro, deputato e presidente della commissione bilancio della Camera. È stato, inoltre, commissario straordinario di Alitalia. Fantozzi è stato docente universitario di Diritto tributario all’Università di Perugia nel 1971, e poi alla Sapienza di Roma e alla Luiss. Oltre al diritto, la sua grande passione è stata appunto la politica. Nel 1994 si candida con il Patto per l’Italia di Mario Segni ma non viene eletto. Diventa però ministro delle Finanze nel 1995 nel governo Dini, quindi assume anche l’interim del Bilancio e della Programmazione Economica. Nel 1996 viene eletto nelle liste di Rinnovamento Italiano al fianco di Dini e tra il 1996 e il 1998 ricopre il ruolo di ministro del Commercio del primo governo Prodi, poi quello di presidente della commissione Bilancio della Camera.