“Se non riesco a superare il bicameralismo perfetto non considero chiusa l’esperienza del governo, considero chiusa la mia esperienza politica”. Matteo Renzi, 12 marzo 2014. La madre di tutte le fake news, come direbbe forse lui oggi in uno dei suoi convegni. Proprio ora che le fake news sono l’oggetto principale della sua campagna e il bersaglio a cui imputare la sua disfatta politica. Eppure di fake news (ma una volta si chiamavano “balle”) è piena la pur breve epopea renziana. A partire certo dalla promessa di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale, ma spaziando poi sui più diversi temi.
Qualche esempio. Tav: “Prima lo Stato uscirà dalla logica ciclopica delle grandi infrastrutture e si concentrerà sulla manutenzione di scuole e strade, più facile sarà riavvicinare i cittadini alle istituzioni. Iniziative come il Torino-Lione non sono dannose, sono inutili: sono soldi impiegati male” (nel libro Oltre la rottamazione, 2013). Sei anni dopo: “Basta con quelli che vogliono fermare la crescita. Chi ferma la Tav ferma la crescita”. (12 gennaio 2019).
Andrà meglio sulla benzina? Maggio 2014, ospite a Porta a Porta, si lamentava: “Ma le sembra normale che si paghi le accise della benzina per la guerra in Etiopia? Io qui prendo un impegno: entro l’anno noi andiamo a razionalizzare, che vuol dire pulire, a decurtare, a eliminare tutte queste voci ridicole”. Promessa mancata.
Tema Giustizia: “Io credo in una regola aurea: dove il campo di gioco è presieduto dalla magistratura, la politica non dovrebbe metterci bocca. Dove la magistratura interviene, evidentemente ha delle buone motivazioni per farlo. Un politico serio aspetta che l’indagine venga portata avanti. Non partecipa al bar sport del commento del giorno dopo. Da politico, le indagini non le commento. Le rispetto” (18 gennaio 2013). La regola aurea vacilla, per così dire, per colpa delle vicende dei genitori: “Lo scandalo Consip è nato per colpire me, finirà per colpire chi ha falsificato le prove contro il presidente del Consiglio” (15 settembre 2017). “Privare persone della libertà personale per una cosa come questa è abnorme” (19 febbraio 2019).
Senza dimenticare che tutto iniziò con una celebre rassicurazione: “Diamo un hashtag: #enricostaisereno. Vai avanti, fai le cose che devi fare. Io mi fido di Letta, è lui che non si fida. Non sto facendo manfrine per togliergli il posto” (16 gennaio 2014). Andò in altro modo.
Renzi a Palazzo Chigi senza passare da elezioni? Follia: “Sono tantissimi i nostri che dicono: ma perché dobbiamo andare al governo senza elezioni? Ma chi ce lo fa fare? Ci sono anch’io tra questi” (9 febbraio 2014).
Poi: 23 marzo, al debutto in Senato da segretario dimissionario e senatore semplice (così si era definito): “Ora sto zitto per due anni”. Un mese dopo, a Che tempo che fa: “No all’accordo tra Pd e 5 Stelle”.
Ma si può stare anche su argomenti più d’attualità. L’altro giorno, per esempio, si è scagliato contro Minniti sull’immigrazione: “Nel funesto 2017 abbiamo considerato qualche decina di barche che arrivava in un Paese di 60 milioni di abitanti, una minaccia alla democrazia”. Peccato che il 12 febbraio 2018 Renzi dicesse altro: “Il Pd non ha alcuna remora a dire grazie a Minniti e al governo per il lavoro straordinario che è stato fatto”. Ora: quale delle due dichiarazioni è una fake news?