L’audio russo era già dai pm Savoini adesso è indagato

Diciotto ottobre 2018, hotel Metropol di Mosca, ai tavolini del bar ci sono sei persone: tre russi presumibilmente legati al Cremlino e tre italiani, tra questi Gianluca Savoini, ligure, ex giornalista della Padania, con simpatie di destra. In tasca non ha tessere di partito, e nonostante questo è uno degli uomini più ascoltati dal vicepremier Matteo Salvini. Con lui ci sono anche tali Luca e Francesco non meglio identificati, uno di loro è un avvocato. Sul piatto una commessa di gasolio da 1,5 miliardi di dollari: vende una società russa, acquista l’italiana Eni. Dalla compravendita, però, dovranno saltare fuori circa 65 milioni di dollari da girare alle casse della Lega e finanziare così la campagna elettorale per le Europee. Eni dal suo punto di vista ha già smentito di aver mai partecipato a quella vendita. Comunque sia, il dialogo viene registrato. Giovedì il sito americano Buzzfeed lo rende pubblico. È molto lungo, ma c’è un passaggio decisivo. Chi parla è un italiano, non Savoini: “L’idea come concepita dai nostri (…) politici è che con uno sconto del 4%, 250.000 più 250.000 al mese per un anno, possono sostenere una campagna (…). Direi che hanno fatto i loro piani con un 4% netto, quindi se ora dici che lo sconto è del 10%, direi che il 6% è vostro. Ok?”. È il passaggio decisivo.

Lo è in particolare per la Procura di Milano che dal febbraio scorso ha aperto un fascicolo sulla scorta di un’inchiesta pubblicata il 21 febbraio dal settimanale l’Espresso. A quella data il fascicolo ha solo un valore esplorativo. Dopodiché in mano ai pm, Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, che indagano assieme all’aggiunto Fabio De Pasquale, arriva l’audio. Il file viene recuperato dalla Procura molto prima che il sito americano lo renda pubblico. L’ascolto indirizza le indagini verso l’accusa di corruzione internazionale. A questo punto l’inchiesta passa al modello 21, ovvero con accuse e indagati. Uno su tutti, Gianluca Savoini, l’uomo di fiducia di Salvini nonché presidente dell’associazione Lombardia-Russia con sede in via Colombi 18 a Milano che altro non è se non un secondo ingresso della sede della Lega di via Bellerio. Savoini così è indagato nell’ambito dell’indagine per corruzione internazionale. “Non ho mai preso soldi dalla Russia – ha commentato Savoini –, non ho mai parlato a nome della Lega e di Salvini, non ho mai fatto cose illegali e non ho mai incontrato emissari del Cremlino”.

L’inchiesta milanese va avanti da almeno sei mesi. Durante questo periodo diverse persone sono state interrogate come testimoni. Sul piatto dell’indagine, oltre alle ricostruzioni giornalistiche, c’è un’ipotesi definita molto concreta e cioè che parte dei soldi del presunto patto siano rimasti in Russia. E siano finiti nelle tasche di funzionari pubblici. Da qui, evidentemente, l’accusa di corruzione internazionale. Si tratta di un dato nuovo visto che nella ricostruzione dell’Espresso si spiegava di non aver accertato se poi effettivamente l’affare si fosse concluso.

L’ipotesi spiegata ieri dalla Procura, ovvero che parte del denaro sia rimasto in Russia, confermerebbe che l’affare possa essersi definito almeno in parte. Secondo la ricostruzione dei magistrati, poi, il quanto della corruzione sta proprio nelle percentuali di cui parla l’italiano in compagnia di Savoini. Ricapitoliamo: il discount e cioè lo sconto sulla commessa sarà per un 4% rigirato alle casse della Lega per un valore di 65 milioni di dollari (cifra quantificata dagli analisti di BuzzFeed), il rimanente sconto, che può variare, stando alla registrazione, fino al 6%, resterà in Russia. Questo, secondo la Procura, è il prezzo della corruzione.

Individuato il presunto corrotto, c’è da capire chi corrompe. Stando all’iscrizione di ieri, un ruolo viene dato a Savoini che in Russia è di casa, visto che durante il governo gialloverde, ci è venuto quattro volte. Ma Savoini agisce su mandato di chi? L’omissis è d’obbligo. Nessun mistero, invece, che Savoini sia politicamente vicino al vicepremier. Dice: “Salvini è il primo uomo che vuole cambiare tutta l’Europa”. Lo schema della presunta corruzione viene, poi, spiegato nell’audio da uno dei tre russi: “Abbiamo l’Eni per la parte italiana. Abbiamo una compagnia petrolifera russa per la nostra parte e abbiamo due società in mezzo. La banca, tu sei la banca, e una società russa che firmerà il contratto con la banca”. Aggiunge uno degli italiani. “Spetta a voi individuare la migliore strategia per vendere i prodotti. La banca è inglese. Se l’operazione sarà grande società a grande società, non ci sono problemi. Tutti conoscono Eni. Tutti sanno”.

Taglio parlamentari, ok anche al Senato Pd e Leu votano contro

Ha superatola terza delle quattro votazioni necessarie. La sforbiciata al Parlamento che dalla prossima legislatura taglierebbe 345 tra deputati e senatori è stata approvata ieri al Senato con 180 sì e 50 no. Contrari alla riforma costituzionale sono il Pd e il gruppo Misto e Autonomie, mentre Forza Italia ha preferito non partecipare al voto. Se questi numeri rimanessero invariati anche alla quarta votazione, sarebbe dunque necessario un referendum confermativo: ogni modifica costituzionale ha infatti bisogno di approvazione a due terzi del Parlamento (con doppia lettura ad ogni Camera) per diventare effettiva, altrimenti l’ok definitivo è subordinato alla consultazione popolare. Ora il testo giungerà alla Camera probabilmente dopo la pausa estiva. Se fosse approvato, la Camera avrebbe così 400 deputati (oggi sono 630), portando a 8 quelli eletti nella circoscrizione Estero (oggi sono 12), mentre i senatori diventerebbero 200 rispetto agli attuali 315, riducendo da 6 a 4 gli eletti fuori dall’Italia.

Lega, Bagnai al Mef se Garavaglia venisse condannato

Per ora Luigi Di Maio non vuole sentire parlare di rimpasto. Ma il contraente di governo, la Lega, potrebbe trovarsi presto a cambiare almeno un paio di caselle pesanti. Questa l’aria dentro l’esecutivo gialloverde, con il Carroccio che attende per il 17 luglio la sentenza sul suo viceministro all’Economia, Massimo Garavaglia, sotto processo a Milano per turbativa d’asta. In caso di condanna, contratto di governo alla mano, Garavaglia dovrebbe dimettersi. “Il Carroccio ce lo ha garantito”, dicono dai 5Stelle. Di certo la Lega sta già pensando al possibile sostituto, e il primo nome è quello del presidente della commissione Finanze del Senato, Alberto Bagnai, già in corsa come ministro per le Politiche europee. E a proposito di Europa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti rimane il più accreditato come commissario europeo a una materia economica per l’Italia. Nel caso Giorgetti dovesse accettare, per la sua sostituzione sono in ascesa le quotazioni di Nicola Molteni, attuale sottosegretario all’Interno con Salvini. L’altra opzione rimane Giulia Bongiorno, l’attuale ministra della Pubblica amministrazione.

“Rubli? Come Siri e Rixi: M5S rigido sulla questione morale”

Lo dice, almeno un paio di volte: “Io sono un fatalista”. Quindi Luigi Di Maio, vicepremier, pluriministro e capo politico del M5S ostenta tranquillità sul futuro prossimo del governo: “Per me la finestra elettorale di settembre non si è mai aperta, poi non dipende solo da me. Ma non credo che un partito come la Lega, che ha la mia età, voglia tornare al passato con il centrodestra. Siamo diversi dal Carroccio, è vero, ciononostante c’è un contratto che evidenzia altri aspetti comuni”.

È esploso il caso dei rapporti tra la Lega e la Russia. Si è letto e sentito di fondi richiesti, di coordinate bancarie, di percentuali. La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta. Che idea si è fatto?

Noi ci aspettiamo massima trasparenza, non siamo mai finiti in storie del genere, perché abbiamo reso sempre tutto tracciabile e aperto. Noi rispondiamo al Pd che mercoledì ci provocava e rilanciamo proponendo una commissione d’inchiesta su finanziamenti a partiti e fondazioni.

Qui però è in ballo il vostro alleato di governo.

Mi auguro che possano essere chiariti tutti gli aspetti della vicenda. So che c’è un audio.

Ha chiesto chiarimenti a Matteo Salvini?

Oggi l’ho visto al tavolo delle autonomie e non abbiamo parlato di questo. I chiarimenti glieli abbiamo chiesti pubblicamente.

Ha mai incontrato Savoini?

Mai visto né conosciuto. Ho saputo della sua esistenza leggendo di questa storia.

Avete indagato su chi l’ha invitato alla cena di governo?

No, c’erano molte persone.

Ieri al Senato qualcuno dei vostri ha applaudito alla presidente Casellati che ha bollato la storia russa come “pettegolezzi”.

Non ho seguito i lavori in aula. Ma il Parlamento ha tutti gli strumenti per chiedere che venga a riferire.

Ma non è il caso di dire che sta deflagrando una questione morale nella Lega? Prima della Russia c’erano stati i 49 milioni di euro spariti e poi i casi di Siri e Rixi.

Sul caso Siri abbiamo dimostrato quanto siamo rigidi. E per quanto riguarda i 49 milioni, io non avrei concesso la dilazione della restituzione dei soldi in 80 anni come ha fatto il Tribunale di Genova. Ma non sono un magistrato.

A proposito del rapporto con il Carroccio: sembrate schiacciati sulle loro posizioni per ciò che riguarda l’immigrazione. Avete perfino presentato un emendamento al dl Sicurezza bis per confiscare le navi dopo la prima violazione.

L’emendamento lo abbiamo depositato perché deve finire questo show, alimentato dalle Ong e da alcuni partiti italiani. Se le imbarcazioni violano le regole si confiscano subito, altrimenti dal giorno dopo si ricomincia daccapo.

Quelle navi salvano le vite, no?

Le vite in mare vanno salvate, è sacrosanto, ma le devono salvare la nostra Guardia costiera, la nostra Marina e la Guardia costiera libica. Queste sono le regole che valgono per le acque Sar libiche. Vedo che la maggior parte della stampa ogni giorno parla di Carola contro Salvini, celebrando finte eroine. È un doping informativo, per parlare solo di immigrazione, e deve finire, altrimenti la gente si allontanerà dalla politica.

Il problema esiste. E la Guardia costiera libica non ha dato prova di affidabilità.

Le Ong combattono con la Guardia costiera di Tripoli per prendere i migranti. Ma le regole dicono che sono i militari libici ad avere la competenza.

Quando raccoglie i migranti li riporta in autentici lager.

Noi non possiamo prendere tutta la Libia con i problemi che ha e portarla in Italia. Salvare le persone in mare significa salvarle dal naufragio. Dopodiché noi dobbiamo implementare misure come i corridoi umanitari. Ma non possiamo salvare i migranti dalla Libia, per essere chiari. Per farlo servono accordi a livello europeo.

Lei prima ha accennato al vertice sulle autonomie con la Lega. Pare sia andato molto male: conferma?

Com’è andato lo sapete (sorride, ndr). Oggi abbiamo toccato il tema Scuola e la questione è semplice: quando si parla di fare concorsi per i docenti, l’obiettivo è aumentare gli stipendi per gli insegnanti di alcune Regioni. E il ministro dell’Istruzione Bussetti è arrivato a dire che le Regioni con più soldi devono poter assumere a tempo indeterminato più docenti, mentre quelle più povere devono andare avanti con quelli che hanno. Ma è un’idea che non si può neanche ipotizzare.

Quindi è strappo totale?

Queste cose gliele abbiamo dette, e si sono arrabbiati. Ma l’autonomia si fa se si fa bene. A un certo punto hanno sostenuto che gli insegnanti veneti e lombardi vanno pagati di più, perché lì il costo della vita è più alto. E allora l’ho detto: è più onesto parlare di gabbie salariali.

Come si va avanti?

Si va avanti sull’autonomia, ma alla regionalizzazione della scuola noi del M5S diciamo di no. Adesso sarà fondamentale fissare il criterio di riparto delle risorse. E va calcolato sulla spesa storica, incrociandolo con i livelli essenziali di prestazione e con un fondo di perequazione e fissando un’aliquota oltre la quale una Regione che cresce più delle altre redistribuisca le risorse aggiuntive con le altre. Altrimenti invece che autonomia sarà uno spacca-Italia.

Sul salario minimo invece avete trovato un accordo con la Lega?

Daremo un periodo di tempo entro cui i contratti collettivi sotto i 9 euro lordi all’ora, come quelli dei riders (le persone che trasportano cibo, ndr), andranno adeguati. Altrimenti si interverrà. E su questo c’è un accordo con il Carroccio.

Le aziende non saranno entusiaste.

Entro fine anno presenteremo una proposta per ridurre il cuneo fiscale alle imprese fino a 15 dipendenti. Ma se vieni pagato 2 o 3 euro non è lavoro, sfruttamento. E comunque la Lega non può affossarci la legge, visto che il salario minimo lo aveva nel suo programma elettorale. La cosa che mi colpisce è che stiamo trovando resistenze soprattutto tra i sindacati, e lo trovo assurdo.

Del salario minimo ha parlato anche l’aspirante presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Manca solo a noi e ai Paesi dell’Est Europa. Ma non voglio aspettare l’Unione europea, anche perché non si sa come andranno le votazioni la prossima settimana.

Voi che posizioni terrete? Eravate severi, ora sembra che vi siate ammorbiditi.

Avere ottenuto il Commissario alla Concorrenza è un ottimo risultato. Passa tutto di lì, è lo snodo fondamentale: procedure d’infrazione, Antitrust, aiuti di Stato. Io con la Vestager (la commissaria uscente, ndr) ho lavorato più che con alcuni ministri del governo italiano. Sul resto ascolteremo le proposte dell’aspirante presidente, valuteremo se c’è credibilità in quello che dicono. Tuttavia il Parlamento Ue è fatto in modo che si possa collaborare sui temi. E il nostro obiettivo è dare il salario minimo orario, rivedere le regole dell’austerity, eliminare i paradisi fiscali all’interno della Ue.

A proposito di paradisi fiscali, vi impegnate per le manette agli evasori? Quanti soldi si potrebbero recuperare se aumentasse il rischio penale…

Se entro fine anno vogliamo mettere in piedi una riforma fiscale che tagli il cuneo fiscale, è chiaro che dobbiamo andare a colpire chi in questo momento non sta pagando le tasse. Il veicolo migliore sarà la riforma del processo che sta portando avanti il ministro Bonafede.

Voi potreste dire: avete tempo fino a fine anno per mettervi a posto, poi arriva la stangata.

Lo diciamo da un anno, con la rottamazione e il decreto fiscale. Se riusciamo a fare addirittura la flat tax – mi aspetto che sia la Lega a trovare le coperture – a quel punto abbiamo una riforma fiscale straordinaria e possiamo dire a chi evade che va in galera.

Cosa intendete per flat tax?

Nessun regalo ai ricchi: significa intercettare quei redditi che non vanno oltre i 60 mila euro annui. Finora con decreto Dignità, reddito di cittadinanza, quota 100 ci siamo occupati di chi sta a ridosso della no tax area, ora pensiamo al ceto medio, quello vero.

Capitolo Alitalia: ieri il cda di Atlantia ha dato mandato all’ad Castellucci per approfondire il piano industriale. Per lei è ancora un’azienda decotta?

Io ho fatto un ragionamento, nel solo interesse della solidità di Alitalia: se un’azienda come Atlantia, che possiede Autostrade, subisce la revoca della concessione, quali effetti produce? Atlantia ci dice che le due cose non sono collegate e che se la sente di assumersi questa responsabilità. Bene, l’importante è che non si mettano in testa che ci possano essere scambi sul tavolo del ministero delle Infrastrutture.

Tradotto, la concessione si revoca comunque?

Per me queste due cose non sono collegabili. Il ministero ha una relazione che dice che la revoca si può fare e che ci sono clausole vessatorie. Abbiamo dei punti di vantaggio, dunque per me si deve avviare la pratica della revoca, con l’obiettivo di abbassare i pedaggi e incamerare parte di quei profitti che i Benetton ingiustamente hanno fatto.

Se restituiscono il “maltolto” ci si può dialogare?

La procedura di revoca si deve avviare, poi ovviamente in ogni procedura c’è un momento di confronto.

Li volete spaventare?

No, non è questo il punto. Il mio obiettivo è che Autostrade paghi per i morti del Morandi: vedremo tutto quello che si può ottenere avviando la procedura di revoca. Quale sarà l’esito dipenderà dal lavoro dei tecnici.

La finestra elettorale si è chiusa?

Per me non si è mai aperta. Leggo i retroscena, ma se nomini due ministri non credo voglia farli durare nove giorni.

Lei si è fatto un’idea di cosa vuole fare Salvini?

Tutti e due lavoriamo per le cose concrete. Poi ci siamo scannati, gli abbiamo detto di tutto quando se lo meritavano, loro fanno lo stesso con noi. Ma entrambi crediamo nel cambiamento. Ed essere nel governo del cambiamento, per un partito come la Lega che ha la mia età, credo sia un bel vantaggio…

Oggi presenterete lo schema di riorganizzazione.

Prevediamo una sorta di segreteria con 18 persone, 12 per aree tematiche e 6 per quelle organizzate. Non saranno dei decisori, li chiameremo facilitatori. Dovranno facilitare i processi.

Saranno solo non eletti?

Anche eletti, a patto che non facciano parte del governo o non siano presidenti di commissione. Saranno 3 nelle regioni piccole e 5 nelle altre.

Potranno essere nominati anche autori di libri, come Alessandro Di Battista?

Se dovessi scrivere un libro lo farò verso la fine della mia vita (sorride, ndr). Comunque potranno esserci anche non eletti. E sarà previsto il mandato zero per i consiglieri comunali, ovvero il primo mandato non verrà conteggiato.

Ha deciso queste novità in solitudine. Eppure aveva promesso di allargare e di riformare il Movimento assieme ad altri.

Questa è la sintesi del lavoro di 20 assemblee regionali e delle mie riunioni con tutti gli eletti a vario livello del M5S. A metà mandato è previsto il recall sul web. E comunque tutte le nuove regole verranno votate dagli iscritti.

Ci saranno sedi fisiche?

No, perché avremmo dovuto dotarci di tesorerie. E comunque su 8 mila Comuni abbiamo 400-500 meet up.

Che tempi prevede per il nuovo assetto?

Conto di avere entro fine agosto una struttura organizzativa votata dagli iscritti, e ai primi di settembre di diffondere i nomi con i vari incarichi. Mentre a Italia5Stelle, la nostra festa che si terrà a Napoli il 12 e il 13 ottobre, voglio iniziare un percorso su una Carta del futuro.

Beppe Grillo sul Fatto ha ricordato che il M5S deve essere biodegradabile.

E lo sarà sempre. Significa che ogni incarico e tutto il M5S sono al servizio dei cittadini. Il vero pericolo di una struttura è che una forza politica si metta al servizio di essa. Ma deve essere il contrario.

Di Battista avrà posto nella segreteria?

I ruoli saranno contendibili, ci si potrà candidare presentando dei progetti. Spero che Alessandro possa dare una mano, c’è bisogno di tutti. Ma vorrei chiarire: si dice sempre che io voglia mettere fuori dal Movimento Roberto Fico, ma con lui ci vediamo ogni 15 giorni. Quanto ad Alessandro, al di là di qualche malinteso, credo che rimanendo nel M5S possa solo rafforzarlo.

Sul Tav cosa succederà?

Il presidente del Consiglio Conte ha dimostrato di poterci stupire nella sua capacità di mediazione. E potrà dimostrarlo anche con la Francia.

Cosa aspettate a fare la riforma della Rai?

A settembre presenteremo la proposta che Roberto Fico aveva elaborato quando era presidente della Vigilanza.

Basta battute: risponda

I fatti sono ormai stranoti, ne parlano tutti i quotidiani e i siti italiani, ma anche internazionali: il 18 ottobre 2018, mentre Matteo Salvini era in visita a Mosca e il giorno prima aveva parlato alla Confindustria russa, il suo ex portavoce Giampaolo Savoini, leghista a 24 carati e presidente dell’Associazione Lombardia-Russia, incontrava cinque personaggi di cui si ignora l’identità nella hall dell’hotel Metropol: due italiani (Luca e Francesco) e tre russi. I quali parlavano di una commessa di gasolio e cherosene all’Italia da 1,5 miliardi di dollari, per ricavarne una commissione del 6%, cioè una cresta da spartire tra faccendieri russi (2%) ed emissari leghisti (4%). Così la Lega si sarebbe garantita un finanziamento illecito estero su estero di circa 65 milioni di dollari per la campagna elettorale delle Europee del 26 maggio 2019: tutta manna dal cielo, viste le “casse vuote” del partito dopo la condanna per i 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici rubati o comunque spariti. La conversazione è stata registrata non si sa bene da chi, ma molto probabilmente da un russo (uno dei presenti o qualche spione o cimice), a meno che Savoini non sia stato tradito da uno dei due amici italiani. Infatti l’audio è finito alla redazione del sito americano Buzzfeed, alcuni mesi dopo che la notizia del colloquio e del suo contenuto era giunta all’Espresso.

Lo scoop del settimanale italiano, meno dettagliato, era uscito il 2 marzo, dopo la repentina svolta filo-americana della Lega salviniana, da sempre ritenuta la quinta colonna di Putin in Italia. Ora il secondo scoop, con tutti i particolari, esce in America e fa il giro del mondo proprio all’indomani della visita a Washington di Salvini e di quella a Roma di Putin, che gli ha ricordato pubblicamente la vecchia amicizia, ma con scarsi risultati, visto che ormai il Carroccio si è legato mani e piedi agli Usa. Al momento, nessuno può dimostrare che l’affare si sia concluso, anzi è probabile che si sia inceppato (l’Eni, citata come destinataria delle forniture petrolifere, smentisce tutto e annuncia querele). Idem per la mazzettona concordata dai russi e dai misteriosi Luca e Francesco (il loro amico Savoini vola alto e fa propaganda sulla svolta storica della Lega che cambierà l’Europa con un nuovo New Deal targato Mosca). Ma la Procura di Milano ha aperto un’indagine fin dallo scoop dell’Espresso per corruzione internazionale: che è reato, come quella domestica, anche quando è soltanto tentata. Salvini ha annunciato querele e giurato che la sua Lega non ha mai ricevuto “un centesimo di rublo né un goccio di vodka”.

Ma, a parte il fatto che qui si parla di dollari, non può certo cavarsela con qualche battuta da Cazzaro Verde. Qui la faccenda è seria, serissima, anche se non fosse girato neppure un cent, checché ne dicano la presidente del Senato Casellati (“pettegolezzi”) e i giornali che spacciano lo scandalo per l’ennesima “lite M5S-Lega” (il Messaggero). E le domande a cui il segretario della Lega, nonché vicepremier, nonché ministro dell’Interno, deve rispondere per un elementare dovere di trasparenza sono parecchie.

1. Chi sono il Luca e il Francesco che accompagnano Savoini in Russia a metà ottobre al seguito di Salvini? Noi non possiamo saperlo, ma Savoini lo sa e, visti i rapporti strettissimi con lui, anche Salvini può e deve saperlo. Ieri la sua portavoce ci ha risposto che non conosce i loro cognomi: può Salvini domandarli a Savoini, renderli pubblici e spiegare quale ruolo ricoprono nella Lega, e qual è quello di Savoini, visto che tutti e tre parlavano a nome del partito?

2. Chi intende querelare esattamente Salvini, in presenza di quell’audio? Savoini e i due compari che parlano a nome della Lega, o i giornalisti che raccontano doverosamente quell’incontro e pongono legittime domande?

3. Sia la Lega sia Savoini sostengono che né Salvini né altri dirigenti hanno mai incaricato nessuno di trattare finanziamenti russi al partito. Ma purtroppo risulta dall’audio che i tre l’hanno fatto. Quanti faccendieri come loro si agitano nel mondo leghista, magari per acquisire benemerenze presso il capo? Salvini può garantire che non esistono conti esteri in qualche modo riferibili alla Lega o a suoi intraprendenti emissari come i tre del Metropol?

4. Salvini ribadisce che Savoini non ha mai agito in nome e per conto suo né della Lega. E allora perché se l’è portato appresso come membro ufficiale della sua delegazione in tutti i suoi viaggi a Mosca, prima da eurodeputato e poi da vicepremier, così come alla cena di gala offerta dal premier Conte a Putin a Villa Madama il 4 luglio scorso?

5. Per escludere qualunque passaggio occulto di denaro, la Lega invita a controllare online i bilanci del partito e i suoi conti bancari da tempo sotto la lente di diverse Procure. Ma chi prende mazzette non le registra a bilancio, né le infila nei suoi conti ufficiali, dunque la prova è deboluccia. Può dirci Salvini quanto ha speso la Lega per l’intera campagna per le Europee e con quali fondi l’ha saldata?

6. Quando Salvini partì per Mosca a metà ottobre, si apprese che si sarebbe imbarcato con lui anche Massimo Casanova, patron del “Papeete Beach” di Milano Marittima dove l’amico Salvini trascorre le vacanze estive, poi candidato dalla Lega alle Europee e ora eurodeputato. Ora Casanova conferma: che ci andava a fare, di preciso, in Russia?

7. Dopo lo scoop dell’Espresso, Savoini dichiarò al giornale filorusso Sputnik di non aver mai partecipato all’incontro del 18 ottobre al Metropol, mentre ora dopo la diffusione degli audio ammette che c’era anche lui, anche se comicamente “non si riconosce” nelle sue parole registrate. Salvini gli ha chiesto lumi sul colloquio, ora che ne conosce le parole precise? E qual è la sua esatta ricostruzione dei fatti, al di là del giuramento di non aver preso soldi? Può pubblicare l’agenda completa dei suoi impegni a Mosca nel pomeriggio-sera del 17 ottobre, dopo il discorso alla Confindustria, per dissipare i sospetti su quel lungo “buco” temporale?

8. Molti leghisti gridano al complotto e alla trappola, ricordando le analogie col tranello in cui cadde il vicecancelliere austriaco Christian Strache, costretto a dimettersi alla vigilia delle Europee per un video che lo immortalava mezzo ubriaco in una villa di Ibiza mentre prometteva appalti alla (finta) nipote di un miliardario russo in cambio di tangenti al suo partito nazionalista. Ma, anche se ci fosse un complotto russo, sarebbe un bel guaio non solo per Salvini e per la Lega, ma per l’Italia e per il suo governo: significherebbe che i russi, infuriati per la repentina conversione della Lega da filo-Putin a filo-Trump, stanno facendo uscire notizie (per giunta vere) contro la Lega. Che così avrebbe reso ricattabile il nostro governo. Salvini sta conducendo indagini interne presso i suoi mediatori con Mosca, per garantire che i russi non posseggano altre armi di ricatto o di vendetta contro la Lega, che si ritorcerebbero inevitabilmente sul governo italiano?

9. Tornato dal viaggio a Mosca, il 24 ottobre Salvini fu convocato dall’ambasciatore americano a Roma, e da allora divenne un soldatino obbediente agli Usa sulla Via della Seta, il Venezuela, l’Iran ecc. C’è qualcosa che non sappiamo di quel colloquio riservato in ambasciata? La piroetta diplomatica da Putin a Trump ha comunque finito col rendere Salvini inaffidabile sia per l’uno sia per l’altro partner, per non parlare dell’Unione europea. Con le conseguenze facilmente immaginabili sulla credibilità internazionale del nostro governo. Non sarebbe il caso che il ministro dell’Interno si limitasse d’ora in poi a fare il ministro dell’Interno, evitando incursioni e interferenze nella politica internazionale e lasciando che se ne occupi chi è deputato a farlo, cioè il premier Conte e il ministro degli Esteri Moavero?

10. Quello russo è il terzo scandalo che coinvolge la Lega e imbarazza il premier e gli alleati da quando è tornata al governo, dopo il sequestro di tutti i conti del partito alla ricerca dei 49 milioni scomparsi e l’indagine sul trio Siri-Arata-Nicastri (per non parlare della condanna di Rixi). Non è venuto il momento che Salvini si scusi con i 5Stelle, con il premier, con gli elettori leghisti e con tutti gli italiani?

Addio al “selvaggio” Torn, beffato da una lama e da Jack Nicholson

In pochi sanno che avrebbe dovuto essere lui il George Hanson di Easy Rider, ma fu un coltello a separarlo da quel ruolo. Il regista Dennis Hopper raccontò in uno show televisivo di aver avuto con Rip Torn, scelto per la parte, una discussione in punta di lama. Torn lo citò in giudizio, sostenendo che era stato Hopper a tirare il coltello contro di lui. Il tribunale gli diede ragione e gli assegnò 475.000 dollari di danni morali, ma intanto a prendere il suo posto nella storia era subentrato Jack Nicholson.

Torn è morto martedì, nella sua casa nel Connecticut, a 88 anni, molti dei quali passati a gestire la gloria (celebre la sua interpretazione dell’agente Z al fianco di Will Smith in Men in black e nell’84 era stato candidato all’Oscar come miglior attore non protagonista per La foresta silenziosa) e a sedare l’irruenza. Durante le riprese del film dello scrittore Norman Mailer Maidstone (1970), per esempio, Torn colpì il regista con martello e poi tentò di strangolarlo; quegli rispose mordendone l’orecchio. Era descritto come un “selvaggio”, ma sapeva ridere di sé e del mondo, come aveva abilmente dimostrato nella sit-com The Larry Sanders Show.

Tutta la verità sui “Promessi sposi”. A confessarla è Leonardo Sciascia

Ho affermato più volte che uno dei culti della mia vita è Leonardo Sciascia. Su queste colonne ho raccontato che l’estate del 2017, mentre attendevo alla correzione di un impegnativo libro, l’ho dedicata a rileggere l’intera opera di questo genio. L’avevo anche conosciuto, seppur poco. Ricordo, a tavola, lunghissimi silenzî, quegli occhi pazienti che ti scrutavano da lontananze difficili da calcolare, la ceneriera sempre accanto al piatto: un boccone, una boccata. Sciascia non è soltanto il narratore che sappiamo, il saggista che sappiamo. Ricorda Salvatore Silvano Nigro che nella sua narrazione c’è sempre il saggio, che nel suo saggio c’è sempre la narrazione. L’induzione a interrogarsi, che ti viene anche solo da un inciso. Nel mio piccolo, lo considero anche il mio modello di prosa.

La ricerca storica di Sciascia è di quelle fatte per appassionare i viziosi della lettura, quale sono io. L’amore per i cosiddetti petits faits. La capacità archivistica alla ricerca di quella carta da far parlare, e parlare sì che un sol particolare cambia il piano d’insieme. L’esempio massimo sono le ricerche manzoniane del Sommo di Racalmuto. Con l’occasione debbo ribadire quanto egli, e Nigro con lui, dichiarano: la Storia della Colonna Infame è parte integrante dei Promessi sposi, e che le edizioni correnti del Romanzo dei Romanzi la omettano mostra ancora che l’Italia e la cultura in genere con Manzoni non sono stati all’altezza di fare i conti. A partire da Goethe.

Dunque, a leggere La funesta docilità (Sellerio, pp. 210, euro 15), l’ultimo libro di Salvatore Silvano Nigro, si apre davvero il cuore. E non solo ai viziosi della lettura. Questa splendida opera letteraria è un dialogo con Manzoni attraverso Sciascia (in parte anche Natalia Ginzburg): è dedicata a costringere Manzoni a confessioni che non vuol fare attraverso dubbî che già Sciascia insinuò. Le parti generali sono impressionanti.

In quale misura Manzoni è davvero cattolico? Come mai un paese che cattolico si dichiara lo respinge? Qual è l’autentica funzione del cardinale Federico? Come può conciliarsi il totale pessimismo storico di Alessandro con la sua dichiarata fede nella Provvidenza? E chi è il vero vincitore, alla fine del romanzo? C’ero arrivato persino io, da solo: Don Abbondio. Che è anche colui al quale Alessandro commette di dire le verità, la verità.

Nigro parte da una cronachetta (ch’è poi grande e tragica) prettamente sciasciana. L’assassinio crudelissimo da parte di una marmaglia filoaustriaca del ministro delle finanze del Regno d’Italia, Giuseppe Prina (1814). Manzoni non volle dolersene. Sciascia e Nigro leggono spettrograficamente il romanzo per trovare un’eco di un tardivo rimorso a tanto egoismo, ch’è poi la funesta docilità. E rileggono l’assalto al palazzo del Vicario di Provvisione, il terribile sadismo della folla. Nessuno come Manzoni descrive la violenza della massa; e quella del potere, nel caso degli “untori”. E nessuno come Nigro, che si muove in Manzoni guidato da Sciascia come Dante è guidato da Virgilio, sa far confessare la prosa del Sommo. (Sia chiaro, e senza offesa: Virgilio è poeta superiore a Dante).

A questo libro difficile come tutte le cose a lungo pensate e che fanno pensare auguro gran fortuna. Posso permettermelo. Nigro e io siamo insieme nella terna di un importante premio.

Non posso augurarmi ch’egli mi superi. Ma se ciò avvenisse, non potrei dire che si tratta di un atto d’ingiustizia, e di esser superato da lui sarei comunque fiero.

L’amor Cortese di Valentina, diva sfrontata dei due mondi

“Ma il film che mi rese popolare per davvero fu La montagna di cristallo con le musiche di Nino Rota. Il più grande critico inglese disse: ‘First Garbo, then Bergman, now Cortesa’, Cortesa, come mi chiamavano in Inghilterra e in America per avvicinarsi alla pronuncia corretta del mio nome. Lo so, dovrei essere un po’ più modesta”. Morta ieri a 96 anni, Valentina Cortese tra palco, schermo e realtà non è stata solo un superlativo assoluto, ma un superlativo relativo: non è una diminutio. Già silfide piagnucolosa e zabetta nei primi anni Quaranta, crebbe, conquistò questo e il Nuovo Mondo, fece di Roma città libera (1946) trampolino e si tuffò a Hollywood, messa sotto contratto dal mogul della 20th Century Fox, Daryl F. Zanuck. Volle tutto, anzi, volle essere di più, più bella, più brava, più indimenticabile, delle altre. Ce la fece e non lo nascose. Sfrontata e cattiva nelle interviste, preferì eludere il contraddittorio e rivelarsi nell’autobiografia Quanti sono i domani passati (a cura di Enrico Rotelli, Mondadori, 2012). Il passo a due con Ingrid Bergman è sintomatico: la successione “prima Garbo, poi Bergman, ora Cortesa”, quindi l’apparentamento a “Ingrid Bergman, della quale sono diventata grande amica. Ci incontravamo sempre al Festival di Herbert von Karajan a Salisburgo, magari anche in compagnia di Grace Kelly… Che bei giorni!”, infine il sorpasso. Nel 1975 le non protagoniste Bergman e Cortese concorrono all’Oscar con Assassinio sull’Orient Express di Sidney Lumet ed Effetto notte di François Truffaut, già insignito dell’Academy Award per il film straniero l’anno precedente: “Accettando il premio, Truffaut rilasciò una dichiarazione da strapparmi il cuore: ‘È facile vincere un Oscar quando si lavora con Valentina Cortese’”. Alla 47ª edizione vince Bergman, ma stravince Cortese: “Ingrid salì sul palcoscenico, ringraziò velocemente la giuria e subito disse che non riusciva a credere che la mia performance non fosse entrata nella lista delle nomination dell’anno prima. (…) Concluse il suo discorso dicendo: ‘Questo Oscar non mi appartiene. Appartiene a Valentina Cortese. Alzati Valentina’ e mi mandò un bacio. Fu un momento bellissimo, incredibile”.

Ne aveva per tutte, per Jacqueline Kennedy Onassis: “Era invecchiata dentro, da non sembrare umana quasi, ma pensai che nella vita di cose brutte ne aveva vissute molte”, per Maria Callas: “Un’altra donna sola e dalla vita drammatica. Povera creatura”. Ed ebbe molti amori: l’attore Richard Basehart, che sposò nel 1951 e lasciò nove anni più tardi dopo averci fatto un figlio; il direttore d’orchestra Victor de Sabata; Giorgio Strehler, che “aveva l’aggressività tipica dei timidi e per lui provai lo stesso amore che si prova per un bambino ferito incapace di controllare le proprie emozioni”. Nel mentre, fece di sé l’attrice per antonomasia, la diva d’elezione, l’amor Cortese di cinema e teatro: costretta a dire di no alle originali di Charlie Chaplin, “perché avrei partorito dopo pochi mesi”, ebbe tutte le rimanenti Luci della ribalta, fossero quelle de La cena delle beffe di Alessandro Blasetti (1942), di Malesia con James Stewart e Spencer Tracy (1949) o de Le amiche di Michelangelo Antonioni, che le vale il Nastro d’Argento nel 1955, quelle di Franco Zeffirelli, da Fratello sole, sorella luna (1971) a Storia di una capinera (1993), o di Strehler, che dal cechoviano Platonov e gli altri (1958) a Arlecchino servitore di due padroni (1963) e fino a Il giardino dei ciliegi ne eleva a potenza icastica il talento interpretativo. Come lei nessuna mai? Senza forse. Valentina Cortese è stata l’eroina dei due mondi: l’esordio, regia di Guido Salvini (1941), L’orizzonte dipinto avrebbe finito per rivelare la sua immagine nel nostro immaginario. Tornò in Italia nei primi anni Cinquanta, non prima di essersi chiusa la porta alle spalle: l’orgia hollywoodiana – “C’erano delle coppie che ballavano senza la cravatta al collo. La cravatta era legata più giù. Capito dove?” – non faceva per lei, e nemmeno Zanuck, che “mi si avvicinò e mi mise brutalmente le mani addosso proprio mentre stavo bevendo un sorso di whisky: sciaff! Glielo sbattei con disprezzo in faccia”. Era Valentina Cortese.

“Quei mafiosi comunisti di Garboli e Giudici”

In libreria per Fazi il “Diario 2000” di Valentino Zeichen, raccolta di testi inediti del poeta. Ne pubblichiamo alcuni.

 

Sabato 1° gennaio

Si passa il Capodanno da Christine Flery, P.R. Ci sono diversi artisti del Circo di Mario Pieroni, gallerista. Mario e Marisa Merz, Renato Mambor, Vettor Pisani e consorte, poetessa frustrata, e anche Carla Accardi. Dopo i brindisi ripeto un discorso già fatto, credo l’anno passato. Negli artisti commensali non vedo nessun senso di vertigine, neanche qualche linea di febbre spirituale. Manca quel senso di decadenza da Belle Époque, che prende la gente per la gola a ogni fine di secolo; che fa sì che le opere d’arte somiglino a fuochi d’artificio. È anche vero che gli esponenti sopraccitati appartengono tutti all’Arte Povera, ma c’è un limite anche nella miseria, sebbene da costoro non c’è da aspettarsi grandezza.

 

Mercoledì 2 febbraio

La signora Kikka Monicelli, che non sentivo più da oltre due anni, mi invita a una cena in occasione del compleanno di A. Arbasino. Mi sorprendo per l’invito, e le propongo di sostituirmi con un altro invitato, un possibile amico intimo del festeggiato. Mi chiede: “Non gli sei nemico?”. Rispondo: “No”. Lei: “E allora accetta”.

 

Giovedì 9 marzo

Giorgio Napolitano: ex notabile del Pci, ex ministro dell’Interno Ds, presidente di varie commissioni parlamentari ecc., ha avuto l’impudenza di dire che il presidente Usa, inventore del New Deal, aveva contro tutta l’industria americana perché era di sinistra; mentre è stata la sua tenacia interventista, andata a buon fine, a moltiplicare la potenza degli Usa. Come faccia un uomo, presumibilmente intelligente, a credere, e a volerci far credere, a simili “palle”? Cena da Kikka Monicelli.

 

Sabato 15 aprile

Non solo penne alla salsa di pomodoro, con battuto a base di cipolla soffocata nel soffritto, ma anche carciofi ripieni con pane grattugiato, prezzemolo, aglio. Entrambe le pietanze vengono salutate da un unanime gradimento. Settimana con le borse mondiali in calo; invece le mie quotazioni di cuoco sono visibilmente in salita, la presenza di ben quindici ospiti accresce la propagazione della mia fama in cucina.

 

Martedì 30 maggio

9 milioni dai troppi zeri, questo era l’ammontare del premio Gatto, assegnato al vincitore Maurizio Cucchi. Mi confida F. Cordelli, giurato e sostenitore del mio libro Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio, che fra le motivazioni a sostegno della mia causa c’era anche quella sulle mie condizioni economiche difficili, perciò Franco era per l’assegnazione del premio a me. E Alba Donati ha riferito a Franco la reazione di Cucchi: “E che dobbiamo pagare noi per lui perché ha pochi soldi?”. Questo è un buon motivo per diradare le telefonate fra noi.

 

Giovedì 29 giugno

Purtroppo, l’intero staff della Fazi ha abboccato all’invito di partecipare al premio Viareggio, siamo caduti nella trappola del concorrere, e siamo stati eliminati. Quella banda di mafiosi comunisti, capeggiata da Cesare Garboli e Giovanni Giudici, non rispetta nessuna oggettività basata sulle valutazioni critiche delle opere, avvalorate dalle recensioni. È la seconda volta che mi impediscono di entrare in cinquina. I nomi dei prescelti sono tutti di secondo piano, e fra questi spicca il modesto De Signoribus, onesto poeta delle Marche.

 

Venerdì 8 settembre

Devo limitarmi nel bere, in modo da difendermi dall’autodistruzione; non mi è consentita poiché sono troppo povero e non posseggo né case di proprietà né pensione futura. Se mi accadesse qualcosa, al momento, non saprei su chi gravare, non essendoci nessuno intorno a me, su cui posso interamente confidare. Io mi sento solo, profondamente solo. Cena all’Augustea con L. Ontani.

 

Lunedì 30 ottobre

Film: The Golden Bowl.

L’addetto della biglietteria mi chiede se ho qualche forma di riduzione sul prezzo del biglietto. Io nego, seccato. Vuol dire che riconosce i sessantenni oppure è prassi rivolgersi in questo modo a tutti coloro che vanno al cinema di pomeriggio. Dopo cena si accentua il diverbio con l’amico Nick, a cui avevo dato del cameriere del regista Mario Martone. E io, secondo Nick, lo sarei dell’amico F. Cordelli. M. Martone ha preteso di ricavare un teatro da un capannone industriale situato lungo il Tevere, all’altezza del Gazometro. Ha gettato 22 miliardi di denaro pubblico nella discarica di rifiuti industriali, costituiti da edifici fatiscenti, strade sterrate, e incerte condizioni igieniche. Le zanzare avranno il compito di tenere svegli gli spettatori dagli spettacoli noiosi. Cena Garrone.

Chi ha incastrato il Generale Inverno?

Per carità, di certezze nella vita bisogna averne poche. Però fate un po’ voi. Russia, agosto 2010, una settimana di vacanza. Voi direte (e io dicevo): be’, un po’ di refrigerio dalla insopportabile calura italica. Qui Napoleone quasi ci lascia le penne, i nazisti son tornati indietro, meglio portarsi un maglioncino per la sera e la mattina. Per dire, oggi 11 luglio 2019 la minima a Mosca è 8 gradi: o-t-t-o. E invece? Come potrà mai esser ricordata l’estate russa del 2010? Come la più calda di sempre, ovvio. Funestata da temperature record e incendi. Settantadue morti. Settecento ricoverati.

Noi scendiamo dall’aereo tipo Totò e Peppino a Milano, ci manca solo il colbacco (“Lo prendiamo quando arriviamo là”). Il sudore ci appiccica vestiti e tracolle, l’aria condizionata è un miraggio. Già, perché cosa gli vuoi dire a un Paese che col freddo c’ha costruito un impero? Mica si attrezza per ondate di caldo del genere. E infatti appena fuori dalle grandi catene non c’è bar, negozio o ristorante che abbia il condizionatore. Appoggiamo le cose in albergo e ci diamo appuntamento per l’ora di cena: “Sarà più fresco”. Stolti. Il sole va giù più o meno alle dieci di sera e alle sette ci sono ancora 41 gradi in centro a Mosca. Quarantuno dannatissimi gradi. Passeggio per strada e invidio Jack Torrance nel finale di Shining: praticamente morto, ma almeno congelato. Il viaggio è organizzato: la guida ci porta sopra un ponte dove, ci assicura, ci sarà una bella vista della città. Sì, certo, peccato che siamo nel 2010, l’estate dei record. Ma che bello questo panorama: una coltre di fumo grigio che si alza dagli incendi fuori città. Me l’immaginavo diversa, ‘sta Russia.