Maxi furto di farmaci tumorali, bottino da 400 mila euro

Colpo grosso all’ospedale di Rho in provincia di Milano. Qualcuno si è introdotto nei laboratori i oncologia e ha portato via diverse confezioni di farmaci anti-tumorali per un valore complessivo di 400mila euro. La denuncia è stata fatta ieri pomeriggio dal primario del reparto direttamente ai carabinieri di Rho. Da quanto si è appreso, i ladri hanno forzato le porte del laboratorio e hanno prelevato 570 confezioni di farmaci da due frigoriferi separati. Dai primi rilievi si è accertato che il portellone è stato forzato dall’esterno. Il numero di confezioni, pur ingente, è comunque una minima parte dei medicinali a disposizione dell’ospedale. Il furto è avvenuto durante il fine settimana, presumibilmente di notte. Ma anche questo andrà accertato. Anche se davanti i carabinieri hanno una seria difficoltà: le telecamere. All’interno del reparto di oncologia, infatti, non c’è sistema di videosorveglianza. Inoltre le telecamere poste all’esterno della struttura che è molto grande potrebbero essere state spente o addirittura non funzionanti. Certo la cifra del bottino è molto alta. Da tempo, questi medicinali sono nel mirino del crimine organizzato.

La Procura: “Il cantante Bravi a processo per omicidio stradale”

Per una manovra, secondo l’accusa, azzardata e irregolare che ha causato la morte quasi otto mesi fa di una donna di 58 anni che era in sella a una moto, il cantante 24enne Michele Bravi rischia di finire a processo con l’accusa di omicidio stradale. La Procura di Milano, infatti, dopo aver chiuso le indagini lo scorso aprile avvalendosi anche di una consulenza per ricostruire l’incidente, ieri ha chiesto il rinvio a giudizio per il giovane e il gup Luigi Gargiulo ha fissato l’inizio dell’udienza preliminare per il 5 dicembre. Bravi, che vinse il reality musicale “X Factor” nel 2013 e che partecipò nel 2018 a Sanremo aveva espresso sin da subito il suo “profondo dolore” per la morte della donna, annullando tutti i suoi impegni. L’incidente era avvenuto la sera del 22 novembre. Il cantante era alla guida di un’auto di una società di car sharing e, secondo quanto ricostruito dalle indagini della Polizia locale, coordinate dal pm Alessandra Cerreti, avrebbe effettuato un’inversione vietata. In quel momento, stava arrivando la donna, Rosanna Colia, in sella ad una Kawasaki, che non ha fatto in tempo a frenare e si è schiantata contro la portiera dell’auto. Nel corso delle indagini, il pm ha affidato ad un perito ingegnere una consulenza cinematica per ricostruire l’accaduto e dalla relazione è emerso che il cantante avrebbe effettuato quella manovra senza sincerarsi se stesse arrivando qualcuno. La difesa di Bravi ha spiegato, invece, che “vi sono seri elementi per dimostrare l’innocenza del nostro assistito”. Ora spetterà al gup Gargiulo, al termine dell’udienza preliminare, decidere se mandare a processo o meno il cantante. Teoricamente non è esclusa nemmeno la possibilità, comune in casi di questo genere, di tentare la strada del patteggiamento.

Altri 30 furbetti del cartellino. Bongiorno: “Ora impronte digitali, finita l’era delle truffe”

Un medico andava a comprare il pesce e lo metteva in frigorifero nell’ospedale, un’impiegata si faceva diagnosticare una cefalea ma andava a fare shopping. La Guardia di Finanza di Molfetta (Bari) ha chiuso una inchiesta di due anni, coordinata dalla Procura di Trani, trovando circa 300 episodi di assenteismo nell’ospedale Don Tonino Bello, per i quali sono indagate 30 persone, 12 delle quali poste agli arresti domiciliari. Le Fiamme gialle descrivono “un sistema di fraudolenta solidarietà per timbrare il cartellino ed assentarsi dal lavoro durante l’orario di servizio”. Tra gli indagati ci sono cinque medici, anche dirigenti, una Capo sala e una infermiera professionale, 17 impiegati amministrativi, cinque tecnici e anche un collaboratore esterno all’ospedale che si prestava a “timbrare”. I reati contestati, a vario titolo, sono truffa aggravata ai danni di ente pubblico, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e peculato. Inoltre, le indagini proseguono per definire altre posizioni. Le ordinanze sono state emesse dal Gip di Trani, Maria Grazia Caserta. I provvedimenti sono stati notificati, oltre che a Molfetta, anche a Foggia, Giovinazzo (Bari), Bisceglie e Barletta nella provincia Bat. La Guardia di Finanza parla di “sistematiche assenze dal luogo di lavoro in orario di ufficio”, spesso autorizzate da permessi sindacali o da Legge 104/92 ma usate “per svolgere attività presso altre strutture o per motivi privati, anche utilizzando le autovetture di servizio”. Nel frattempo da ieri è entrata in vigore la cosiddetta legge Correttezza proprio per contrastare i cosiddetti furbetti del cartellino. La legge è stata fortemente voluta dal ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno che ha commentato: “Fino ad oggi, di fatto, la facevano franca in troppi; adesso, con le impronte digitali e la videosorveglianza, preveniamo il fenomeno. È finita l’epoca delle truffe”.

Senzatetto straniero picchiato a sangue e bruciato vivo, sospetti su una baby gang del posto

Selvaggiamente picchiato e poi dato alle fiamme. Vittima un uomo di 42 anni di origini romene. L’uomo, probabilmente abituato a passare le notti tra i vagoni vuoti dello scalo ferroviario di VIllafranca (Verona), è stato trovato ieri dal macchinista di un treno in arrivo nella stazione. Era riverso sulla banchina accanto al binario, privo di conoscenza, con ustioni gravi sul corpo. Soccorso dagli operatori sanitari del 118, è stato trasportato in gravissime condizioni al Centro Ustioni dell’ospedale di Borgo Trento. Il volto dell’uomo era tumefatto. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Questura di Verona, con la Squadra mobile e la Polizia scientifica. La ricostruzione del grave episodio è al vaglio degli investigatori, e gli accertamenti sono in corso anche con l’ausilio delle immagini acquisite dal circuito di videosorveglianza della stazione, per consentire di far luce sull’intera dinamica e individuare gli eventuali responsabili. Un episodio che richiama alla mente le aggressioni di altri soggetti deboli avvenute nel nostro Paese negli scorsi mesi, con persecuzioni e pestaggi che hanno portato anche alla morte delle vittime. Ad aggravare queste vicende il fatto che a compiere le violenze siano stati giovanissimi componenti di ‘baby gang’. Nel caso dell’aggressione a Villafranca tuttavia questa circostanza non trova per ora conferma, anche se gli investigatori non escludono alcuna pista. Al senzatetto romeno è subito giunta la “vicinanza e solidarietà” del sindaco di Villafranca di Verona, Roberto Dall’Oca. “Se accertati – ha sottolineato il primo cittadino – episodi di questa gravità non appartengono alla comunità civile villafranchese che da sempre, sia a livello di servizi sociali che di volontariato, ha una tradizione di accoglienza e attenzione verso la fragilità, e rinnoviamo la disponibilità ad aiutare questa persona nel momento in cui lo richieda”. L’assessore alle politiche sociali Nicola Terilli, si è detto certo “che le forze dell’ordine sapranno fare piena luce sulla dinamica dei fatti”.

La curia in crisi dimezza le parrocchie: la Chiesa di Francesco punta sui laici

Parrocchie dimezzate , da 241 diventeranno poco più di cento. Accade nella diocesi di Modena-Nonantola, ma la nuova ‘strategia’ potrebbe fare da apripista per tutta l’Italia. Modena nel cuore dell’Emilia che una volta era rossa, ma dove la Chiesa era viva, presente. Parrocchie spesso perse nella campagna, parroci contadini che dovevano seminare il Vangelo nei campi. Come il don Camillo di Giovannino Guareschi (d’accordo, lui era di Brescello nella diocesi di Reggio Emilia, ma siamo a due passi).

La diocesi di Modena-Nonantola ha reso nota la sua ‘rivoluzione’ delle parrocchie, un piano costato tre anni di lavoro, di consultazioni con sacerdoti e fedeli. Il risultato ha fatto saltare sulla sedia tanti cattolici modenesi: si parte con un taglio di trenta parrocchie, per poi passare a cinquanta e arrivare infine a oltre cento. La metà di quelle presenti sul territorio. Si va dalla città alle campagne che si arrampicano verso l’Appennino. La crisi delle vocazioni alla fine ha presentato il conto, perfino il duomo non sarà più parrocchia, ma sarà diviso tra quelle del centro storico.

Una resa? La Curia assicura di no: la Chiesa, dice, ha deciso di puntare molto di più sui laici per tenere vivi gli edifici di culto e la pratica religiosa. Come ha spiegato il vescovo Erio Castellucci (impegnato anche come amministratore della diocesi di Carpi dopo le tumultuose dimissioni del vescovo) alla Gazzetta di Modena: “Le strutture, non solo murarie ma organizzative e burocratiche, finiscono per schiacciare i parroci. Non è un allontanamento dai fedeli e dalle periferie. Anzi, il contrario, vorremmo pesare meno sui parroci, favorire una presenza capillare di laici, ministri, diaconi che costruiscano un ponte lavorando in una realtà più grande”. Insomma, si punta sulle cosiddette diaconie, la chiesa che si affida ai fedeli dove non ci sono abbastanza sacerdoti. Laici che potrebbero arrivare ad abitare negli edifici religiosi per conservarli, tenerli vivi: “Le piccole realtà che non saranno più parrocchie – spiega Castellucci – dovranno essere abitate da persone che siano punti di riferimento per le attività che insieme, nella nuova parrocchia, verranno decise. La messa domenicale, dove la comunità è sufficiente, ci sarà. Accorpare le parrocchie non significa sopprimere messe”. Sarà l’esperienza a dire se al dimezzamento delle parrocchie modenesi corrisponderà una ritirata della Chiesa o una presenza diversa. L’esperienza emiliana potrà essere applicata in altre diocesi. Il problema delle chiese senza prete ormai si è presentato in tutta Italia, soprattutto nelle zone rurali, come nel vicino Veneto. Nel nostro Paese, secondo una ricerca del dipartimento di Sociologia dell’università Roma Tre, i sacerdoti erano 80 mila nel 1881 quando la popolazione era di 29 milioni di persone. Alla fine del ’900 erano scesi intorno ai cinquantamila. Oggi sono 34.610 (dati 2016); siamo sempre a un prete ogni millecinquecento abitanti, un rapporto tra i più alti in Europa (Francia e Spagna stanno peggio), ma i seminari di molte città anche grandi ormai sono quasi vuoti e per il 2025 si stima di scendere ben sotto i 30 mila. E c’è anche il problema dell’età media sempre più alta. In altri Paesi, come la Germania, oltre il 10 per cento dei sacerdoti (in Italia siamo al 4,5 per cento) è di origine straniera, quasi tutti asiatici.

Trattativa, il pg chiede i verbali sull’incontro tra Graviano e B.

Al processo d’Appello ora in corso per la trattativa tra Stato e mafia, il sostituto procuratore generale Giuseppe Fici ha chiesto la riapertura dell’istruttoria dibattimentale. Lo scrive on line IlsitodiSicilia.it. L’obiettivo della richiesta è acquisire anche il verbale delle ultime dichiarazioni rese ad ottobre 2018 da Giovanni Brusca, secondo il quale il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e Silvio Berlusconi si sarebbero incontrati . Queste dichiarazioni sono già entrate nell’abbreviato in cui è imputato l’ex ministro Calogero Mannino, assolto in primo grado. Qualora il verbale non potesse essere acquisito, il procuratore Fici ha chiesto, in subordine, di potere sentire Giovanni Brusca, Mannino e Subranni. Sono queste alcune delle novità del processo che si sta discutendo in Appello. In primo grado invece la sentenza è stata emessa ad aprile 2018. Una condanna a dodici anni di carcere è stata inflitta agli ex vertici del Ros Mario Mori e Antonio Subranni. Stessa pena per l’ex senatore Marcello Dell’Utri e Antonino Cinà, medico fedelissimo di Totò Riina. Otto gli anni di detenzione inflitti all’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno, ventotto quelli per il boss Leoluca Bagarella.

Piano Condor: 23 ergastoli per le repressioni degli anni ‘70

Ribaltata in appello la sentenza per il cosiddetto “Piano Condor”. La prima Corte d’assise d’appello di Roma, infatti, ha inflitto 24 ergastoli ad ex Capi di Stato ed esponenti delle giunte militari e dei servizi di sicurezza di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay in carica tra gli anni ’70 e ’80, accusati di aver realizzato in quegli anni una repressione ai danni degli oppositori, tra i quali 23 italiani. In primo grado c’erano state 8 condanne all’ergastolo e 19 assoluzioni. I giudici hanno disposto il risarcimento delle 47 parti civili costituite da stabilirsi in sede civile, stabilendo una provvisionale di un milione di euro per la Presidenza del Consiglio e di cifre comprese tra i 250mila e i 100mila euro per le altre parti civili. Tra i condannati al carcere a vita ci sono l’ex ministro dell’Interno della Bolivia, Luis Arce Gomez, l’ex presidente del Perù, Francisco Morales Bermudes, l’ex ministro degli Esteri dell’Uruguay, Juan Carlos Blanco (assolto per solo uno dei capi d’imputazione), e il tenente di vascello Jorge Nestor Fernandez Troccoli, già a capo del sistema di repressione della Marina militare uruguaiana, unico a vivere in Italia dopo essere scappato dal suo Paese (in primo grado era stato assolto). Le accuse per tutti erano di omicidio volontario pluriaggravato.

Molestie, revocata l’immunità vaticana al nunzio in Francia

Il viaggio a Roma di Mathieu non era vano: “Mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta”. E invece il Vaticano di papa Francesco ha revocato l’immunità diplomatica a monsignor Luigi Ventura, nunzio apostolico in Francia, per le plurime accuse di molestie sessuali. Ora il vescovo sarà processato a Parigi.

Impiegato al cerimoniale del Comune con la sindaca Anne Hidalgo, Mathieu de La Souchèr è il primo caso, è il coraggio che ha ispirato il coraggio degli altri e squarciato silenzio e omertà.

Il gennaio scorso, Mathieu ha denunciato alla polizia l’aggressione sessuale di Ventura durante una funzione ufficiale al Comune di Parigi, ha mobilitato il ministero degli Esteri per incalzare la Santa Sede, ha trascorso con l’avvocato l’ultima settimana di giugno a Roma per depositare una querela in Vaticano, con le testimonianze di altre presunte vittime ha tracciato un inquietante profilo di Ventura: “Dopo di me, altre sei persone – ha detto al Fatto – hanno deciso di denunciare e altre vittime di svelare le loro esperienze. Uomini giovani e fragili, tra cui un seminarista di 19 anni che per le sue lamentele è stato minacciato e cacciato. Il modus operandi del nunzio è spesso simile, come se fosse studiato; le aggressioni avvengono sovente in pubblico, in modo da sentirsi protetto dall’occasione: difficile reagire in presenza di decine se non centinaia di persone. Molte volte, quando Ventura presenzia a delle messe nei seminari, il segretario personale si annota i giovani seminaristi che piacciono al nunzio, poi li contatta e organizza delle cene nella sede diplomatica, come una specie di Ius primae noctis: in un anno almeno 6 amici del giovane seminarista sono stati invitati. Tutti i fatti esposti alla polizia si sono svolti in circa 2 anni e coinvolgono uomini tra i 18 e i 45 anni”.

La vita di Mathieu, 27 anni, è cambiata il 17 gennaio, quel giorno, riferisce alla polizia, ha ricevuto e respinto i palpeggiamenti del diplomatico vaticano, nel cortile del Municipio, in ascensore alla presenza di una collega e nel salone d’onore. Ventura s’è difeso con una smentita totale e poi s’è rifugiato nel complottismo: è una trama ordita dalla sinistra che vuole screditare la Chiesa. Adesso, però, la stessa Chiesa lo accompagna nel tribunale parigino. La notizia della revoca dell’immunità a Ventura, che viene annunciata dal ministero degli Esteri di Parigi, ha un valore epocale per i rapporti tra la Francia e il Vaticano. Tre anni fa la Santa Sede ha negato le credenziali all’ambasciatore Laurent Stefanini, perché apertamente gay. All’Eliseo c’era Francois Hollande, a San Pietro c’era già Jorge Mario Bergoglio, adesso il Vaticano accoglie una delicata richiesta di Parigi, cioè consentire le indagini al nunzio.

La notizia è arrivata dal ministero degli Esteri di Parigi, poi la Sala Stampa del Vaticano l’ha confermata per rimarcare le aperture diplomatiche della Santa Sede: “Si tratta di un gesto straordinario che conferma la volontà del nunzio, espressa fin dall’inizio della vicenda, di collaborare pienamente e spontaneamente con le autorità giudiziarie francesi, competenti per il caso. La Santa Sede ha atteso, per assumere questa decisione, la conclusione della fase preliminare del procedimento – comunicata a fine giugno – a cui monsignor Ventura ha liberamente partecipato”.

Il futuro di Ventura in Francia, a ogni modo, non sarà lungo. Il 9 dicembre il vescovo compirà 75 anni e dovrà presentare le dimissioni a Francesco, un pontefice che più volte, anche con un motu proprio, ha ribadito l’obbligo di rispettare i limiti di mandato e l’importanza di “imparare a congedarsi”. Più chiaro di così.

La Cassazione: “Assolti i sei poliziotti e i due carabinieri”

È stataemessa ieri sera dalla Cassazione l’assoluzione di sei poliziotti e due carabinieri per la morte di Giuseppe Uva, deceduto in ospedale a Varese nel giugno del 2008, dopo essere stato portato in caserma a seguito di un controllo. Gli imputati, accusati di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona, erano stati assolti sia in primo grado che in Appello, con formula piena. Il ricorso era stato depositato dalle parti civili e dalla Procura. Il pg, Tomaso Epidendio, al termine della requisitoria aveva chiesto un nuovo processo per i sei poliziotti e i due carabinieri. “Siamo soddisfatti – hanno spiegato gli avvocati degli imputati – anche se non ci aspettavamo che il procuratore generale chiedesse l’annullamento della sentenza di assoluzione. La vicenda è comunque chiusa ed è stato stabilito che carabinieri e poliziotti agirono rispettando le regole del nostro Ordinamento”. Dal canto suo, Fabio Anselmo, storico legale di Ilaria Cucchi e in prima fila nella difesa delle vittime di abusi da parte della polizia, ha commentato: “Sono profondamente addolorato, veramente addolorato. Speravo di non avere questa notizia. Non ho altro da aggiungere”.

“D’Urso e Sgarbi testi inutili”: i pm contro la lista della difesa B.

Ci sono diversi testimoni “inutili”, che non possono riferire sulle serate hard di Arcore, tra cui la conduttrice tv Barbara D’Urso e il critico d’arte Vittorio Sgarbi, due delle persone indicate nella lista della difesa di Silvio Berlusconi per il processo sul caso Ruby ter, che vede l’ex premier imputato assieme ad altri 28, tra cui molte “olgettine”. Lo ha sostenuto ieri in aula il pm Luca Gaglio che ha chiesto ai giudici di tagliare la lunga lista testi presentata dall’avvocato Federico Cecconi e composta da un’ottantina di nomi. Il pm, infatti, ha ricordato che D’Urso venne ascoltata nel 2012 nel processo Ruby, ma la sua testimonianza fu “imbarazzante perché lei non conosceva nemmeno queste ragazze”, non aveva partecipato “agli eventi di Arcore” al centro dell’inchiesta. Per il pm, poi, “non si capisce la richiesta di ammettere Sgarbi come teste”, perché la difesa “parla genericamente di sue interviste senza spiegare quali”. I giudici decideranno sui testi e sull’ammissione prove il 25 luglio. Infine, nella lista di testimoni della difesa di Berlusconi, imputato per corruzione in atti giudiziari, secondo i pm, “non vengono indicate le circostanze su cui dovrebbero deporre” molti testimoni.