La reputazione di Ursula von der Leyen è migliore all’estero che in patria, è un fatto. È molto amata nei paesi Baltici e nei paesi di Visegrad per il sostegno di questi anni come ministra della Difesa in chiave anti-russa ed è portata in palmo di mano dal presidente francese Emmanuel Macron per “il dna della comunità europea” e per il suo “essere perfettamente francofona”. Ma non è così che la vedono in patria, dove per il 56% dei tedeschi la candidata designata alla guida della Commissione Ue non è adatta al ruolo, secondo il sondaggio di oggi per Ard.
La spiegazione è facile: la ministra con il parterre più europeo che la Germania possa offrire lascia al ministero della Difesa una lunga scia di fallimenti e di inchieste aperte. Secondo la Corte dei Conti tedesca tra il 2015 e il 2018 sono stati aggiudicati dal ministero della Difesa in modo non corretto contratti con esterni per un valore di 200 milioni. Per questo a marzo si è aperta una commissione parlamentare di inchiesta ancora in corso che dovrà vagliare 1600 folder da 500 pagine l’una e dare udienza a 36 testimoni.
La super-nave da 10 a 135 milioni. Ancora ferma
Quando è arrivata al dicastero nel 2013 von der Leyen aveva obiettivi ambiziosi: modernizzare e risollevare le forze armate sempre più a secco di risorse, potenziare i sistemi di difesa, rivoluzionare le prestazioni con un nuovo sistema di digitalizzazione e il progetto di una cyber security. Per fare tutto questo c’era da invertire la rotta dei tagli ed è quanto è successo a partire dal 2015, quando per la prima volta dalla riunificazione delle due Germanie, il budget della Difesa ha ripreso a salire, complice la guerra in Ucraina e l’annessione russa della Crimea. Per razionalizzare le spese nel 2014 viene nominata la ex-McKinsey Katrin Suder come sottosegretaria alla Difesa. Ruder, che si porta dietro una scia di consulenti tutti rigorosamente ex McKinsey, resta fino al marzo 2018. Quando se ne va i progetti sulla carta sono aumentati, gli esborsi per le consulenze sono saliti ma i risultati languono. Le forze armate rimangono mal equipaggiate, mal armate e i progetti restano sulla carta.
La Corte dei Conti comincia a indagare e diversi programmi finiscono sotto la sua lente: la corazzata multiuso MKS180, il sistema tattico di difesa aerea (TLVS), il progetto di Product-Lyfecycle Management per la gestione delle informazioni nelle Forze armate (PLM@Bw), il progetto di informatizzazione chiamato CITquadrat. E infine la nave di addestramento Gorch Fock, che con il suo lievitare infinito dei costi di ristrutturazione ha assurto a simbolo delle spese incontrollate e incompiute del ministero.
Ristrutturare la nave avrebbe dovuto costare 10 milioni di euro, ne sono stati spesi più di 70 e si è poi fissato il tetto limite di 135 milioni di euro. Ma la nave è ancora in cantiere a Brema, e non si sa quando entrerà davvero in acqua. A destare il maggiore interesse dei revisori è stato lo sviluppo del progetto fiore all’occhiello della marina, la corazzata multiuso MKS 180.
Dai documenti riservati della Difesa, presentati in un’inchiesta di Spiegel, si legge come McKinsey abbia ottenuto dei ricchi contratti di subappalto senza gara. “L’acquisto delle quattro navi corazzata Mks 180 pesa nel bilancio federale per un totale di 5,3 miliardi di euro” ha detto a gennaio scorso il sottosegretario della Difesa Thomas Silberhorn, peccato che nel bilancio dell’anno precedente la previsione di spesa, secondo lo stesso sottosegretario, fosse di 4,2. Su 65 contratti di consulenza in 47 casi i revisori non hanno trovato giustificazioni che spiegassero la necessità della consulenza. Inoltre la Corte ha rilevato che la stragrande maggioranza dei funzionari di von der Leyen aveva firmato contratti con trattativa privata.
Il fattore-McKinsey e i 2 figli assunti
McKinsey è un tema delicato per von der Leyen dal momento che due dei suoi sette figli lavorano nella società, ma non è il suo unico problema. Nel progetto PLM@Bw le accuse di trattamento preferenziale hanno riguardato i rapporti tra la società di consulenze Accenture e il generale Erhard Bühler, allora responsabile del dipartimento di pianificazione. Nella maggior parte dei casi le accuse a von der Leyen non sono di essere stata personalmente coinvolta in casi di corruzione ma di non aver saputo tenere in mano la situazione. Il quotidiano conservatore Faz , nel ritrarre von der Leyen, la dipinge con le parole dell’ex ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble come “la ragazza dei debiti”, per il largheggiare con cui avrebbe voluto affrontare la crisi greca. Che questa suo “laissez faire” sia gradito ai suoi sostenitori a Bruxelles?