Un gigante da 397.200 tonnellate di combustibile da rifiuti bruciate l’anno producendo energia elettrica. Ci lavorano 86 persone e le emissioni, secondo le tabelle pubblicate sul sito dell’Acea, multinazionale proprietaria dell’impianto, sarebbero ampiamente al di sotto del consentito dalle norme. Ma c’è una denuncia già da qualche giorno sulle scrivanie della procura presentata dall’associazione ambientalista Fare Verde onlus di Cassino. E c’è un’attività d’indagine avviata dal Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Roma. Perché sul termocombustore di San Vittore, provincia di Frosinone, emergerebbero “gravi irregolarità inerenti l’iter autorizzativo”, si legge nella querela, oltre a sforamenti dei limiti di legge rispetto alle emissioni.
Cominciamo dall’ambiente. Acqua e aria a forte rischio e lo dicono i numeri delle relazioni dell’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente): almeno dal 2011 il ciclo di termocombustione dell’impianto di San Vittore “sta comportando il riversamento di sostanze nocive come ferro, alluminio, arsenico, cloro, cromo, manganese, ossidi di azoto” e altri agenti tutti “molto pericolosi: in grado di poter deteriorare e compromettere in maniera significativa l’aria, l’acqua e il sottosuolo posti nei dintorni dell’inceneritore in esame”. Qual è il raggio d’influenza di un impianto di questa portata (appena più piccolo di quello di Acerra, 81 km più a sud)? Venti chilometri. Un’infinità. Tanto che in questi anni si sono già associati alle azioni di Fare Verde onlus, oltre alla stessa San Vittore, anche i comuni di Cassino e Cervaro della provincia di Frosinone, Rocca d’Evandro, Mignano Monte Lungo e San Pietro Infine della provincia di Caserta. C’è anche una relazione dell’Ispra sul biennio 2014-2015: anni in cui l’inceneritore di San Vittore non ha bruciato soltanto rsu (rifiuti solidi urbani) ma anche materiali “altri” che hanno prodotto ceneri pericolose finite anche su Ferentino e Patrica, a oltre 70 chilometri di distanza. Secondo la denuncia di Fare Verde onlus “la consistente diffusione di neoplasie nella zona del Cassinate potrebbe essere ricondotta a queste emissioni nocive e incontrollate: da uno studio realizzato dai medici dell’ospedale di Roma Regina Elena risulterebbe”, inoltre, “tra la popolazione che vive nell’area ove è ubicato l’impianto in esame, un alto indice di incidenza tumorale alle vie respiratorie e al sistema digerente”.
A tutto questo si accompagna quello che Fare Verde onlus definisce “numerose e gravi irregolarità inerenti l’iter autorizzativo”. Senza cadere in tecnicismi burocratici e per fare un esempio l’associazione ambientalista ritiene “palese la violazione della legge 152/2006 e degli articoli 9 e 32 della Costituzione per omessa acquisizione del parere favorevole dell’Arpa Lazio e dunque per omessa valutazione coerente e corretta dell’impatto del termocombustore di San Vittore sulla salubrità ambientale delle popolazioni allocate nei siti adiacenti e vicini”. Quindi Fare Verde lamenta l’illegittimità dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), che andrebbe rinnovata ogni 5 anni, e che per l’impianto di San Vittore è stata concessa nel 2007 e rinnovata solo nel 2016 dalla Regione Lazio al termine di un “procedimento pieno di illegittimità e irregolarità”: senza ottenere, appunto, un parere dell’Arpa Lazio, ma con “carenze documentali attribuibili” anche “alla condotta di Acea Ambiente”.